Addio al regime di non proliferazione nucleare?

La gente si sta “svegliando” ora rispetto al rischio incombente di una guerra nucleare, che gli organi nostrani di (dis)informazione hanno occultato per più di due decenni, dopo avere diffuso nell’opinione pubblica la convinzione che dopo il crollo dell’URSS queste armi ormai non fossero più un problema: ho molti colleghi, intellettuali, non certo disinformati, che si stupiscono quando gli dico che il rischio delle armi nucleari non è mai scomparso, ed anzi negli ultimi 15 anni è diventato più grave che ai tempi della Guerra Fredda, perché le armi nucleari sono oggi considerate come armi da usare nel campo di battaglia, con l’idea folle che una guerra nucleare possa essere combattuta e vinta!

Ulteriore paradosso: il rischio oggi viene agitato attribuendolo a quelle “teste calde” della Corea del Nord, mentre è estremamente più grave e pericoloso il progetto, coltivato dall’amministrazione del “Nobel per la Pace” Obama, di portare gli Stati Uniti nella condizione di sferrare un first stike alla Russia potenzialmente capace di decapitare le sue forze nucleari!

Storia sintetica del regime di non proliferazione

Fino agli anni Ottanta

Nel 1970 con la firma del Trattato di Non Proliferazione Nucleare (NPT) venne istituito il cosiddetto regime di non proliferazione nucleare, che pur facendo acqua da tutte le parti (la consistenza degli arsenali aumentò da 40.000 testate al livello ancora più demenziale di circa 70.000 verso il 1985, la cosiddetta proliferazione verticale; il numero di Stati nucleari proliferò da 6, includendo Israele, a 7 con il Sudafrica che poi smantellò il proprio arsenale, poi a 9 nel 1998, con India e Pakistan, la cosiddetta proliferazione orizzontale; il numero di stati in grado di sviluppare la bomba atomica aumentò), è diventato un punto di riferimento, o meglio l’unico riferimento esistente; e dopo il crollo dell’URSS ha portato a trattati che, per quanto insufficienti, hanno posto un tetto condiviso da Stati Uniti e Russia alla consistenza degli arsenali. Ma oggi quel regime viene di fatto violato nella sostanza (anche quando ne venga conservata la forma), proprio mentre gli armamenti nucleari entrano sempre più a far parte dell’armamentario bellico utilizzabile, mettendo in soffitta il concetto che essi avessero una funzione di sola deterrenza e che il loro utilizzo effettivo fosse un’evenienza fuori dal mondo.

Prima di vedere come e perché questo regime sta per crollare, con conseguenze incontrollabili, riassumiamone brevemente i termini, perché temiamo che molte persone non li conoscano (vi sono tuttavia numerosissimi aspetti rilevanti che qui non ci sembra il caso di approfondire).

Il primo trattato di effettiva riduzione degli armamenti nucleari si ebbe nel 1987 con il Trattato sulle Forze Nucleari Intermedie (INF) firmato da Reagan e Gorbachev, che pose fine alla “crisi degli Euromissili” (durante la quale le lancette del Doomsday Clock vennero avvicinate nel 1984 ad appena 3 minuti dalla Mezzanotte) imponendo il ritiro di tutte le testate nucleari statunitensi e sovietiche schierate in Europa su missili a medio e corto raggio (nel 1988 il Doomsday Clock fu riportato a 6 minuti). Il trattato costituì il primo credito di fiducia tra le due super-potenze (stabilì per la prima volta verifiche reciproche in situ) e aprì la strada ai trattati successivi.

Il trattato INF comunque non risolse i problemi, giacché: rimasero, e rimangono tuttora, le testate statunitensi a caduta trasportate da aerei (che oggi gli USA stanno ammodernando, v. oltre); corrispondentemente le testate sovietiche vennero rimosse ma, almeno in gran parte, non smantellate, e poiché nessun trattato successivo ha considerato le testate tattiche, esse rimangono un’incognita e un’ipoteca sui successivi trattati START (vi ritorneremo).

Gli anni Novanta

Nel 1991 venne stipulato il primo Trattato di Riduzione delle Armi Nucleari Strategiche((Negli anni Ottanta vi furono solo trattati di Limitazione delle Armi Strategiche (SALT). Comunque, come si è detto, sia i trattati SALT che START riguardavano solo le testate strategiche schierate di USA e URSS, oggi Russia.)) (START-I), che poneva un tetto di 6.000 testate strategiche schierate per parte di USA e URSS (vi erano al mondo in totale quasi 60.000 testate, delle quali circa 29.000 sovietiche e 19.000 statunitensi schierate). L’URSS crollò 5 mesi dopo, e nel 1993 venne siglato da USA e Russia il trattato START-II, che imponeva riduzioni fino a un tetto massimo di 3000-3500 testate per parte entro il 2003 (poi prolungato al 2007), e il divieto di schierare testate multiple (MIRV) sui missili intercontinentali basati a terra.

Sul piano giuridico, il risultato più avanzato è l’autorevole (ma non vincolante) parere emesso dalla Corte Internazionale di Giustizia nel 1996, su richiesta dell’Assemblea Generale dell’ONU, sulla illegalità dell’uso, ma anche della minaccia (quindi in sostanza della deterrenza), delle armi nucleari(( Legality of the Threat or Use of Nuclear Weapons, Advisory Opinion of 8 July 1996, International Court of Justice, 10 5 ( 2) F)) . Un parere molto autorevole, ma che lasciò la bocca amara perché la Corte, con una votazione 7 a 7 in cui fu decisivo il voto del Presidente, non poté “concludere definitivamente se la minaccia o l’uso delle armi nucleari sarebbe legale o illegale in una situazione estrema di auto-difesa, nella quale la sopravvivenza stessa di uno Stato fosse minacciata” ((Si veda ad esempio Louis Maresca, “Nuclear weapons: 20 years since the ICJ advisory opinion and still difficult to reconcile with international humanitarian law”, ICRC, 8 luglio 2016. In generale per gli aspetti giuridici romando a due articoli nel Dossier di Mosaico di Pace “Apocalisse nucleare?”, aprile 2017: Joachim Lau, “Non uccidere”, pp. 23-24, e di Claudio Giangacomo, “Sul suolo italiano”, pp. 27-28.)) . Non si può certo escludere che vi siano state forti pressioni degli Stati nucleari sulla Corte per evitare un parere di assoluta illegalità, senza nessuna eccezione. In ogni caso, per converso, il parere della Corte non contiene un’autorizzazione ad usare le armi nucleari.

Verso l’anno 2000 gli arsenali nucleari mondiali ammontavano a un totale di circa 35.000 testate, mentre USA e Russia avevano ridotto gli arsenali operativi a poco più di 10.000 testate ciascuno.

Il nuovo millennio: si riaccendono le tensioni internazionali

Ma proprio alla fine degli anni Novanta le tensioni internazionali si acuirono nuovamente. Inoltre riprese la proliferazione nucleare: nel 1998 vi furono i test nucleari del Pakistan e dell’India, che oggi hanno arsenali di circa 120 testate ciascuno. La somma degli arsenali nucleari di Gran Bretagna, Francia, Cina, Israele, India, Pakistan e Corea del Nord ammonta a quasi 1.000 testate.

Con l’aumento delle tensioni anche le riduzioni degli arsenali degli USA e Russia rallentò (v. figura), i negoziati per un trattato START-III si arenarono, e alla scadenza dello START-II, nel 2006, si generò un vuoto nel regime di proliferazione.

Nel 2002 George Bush Jr. e Putin presero una scorciatoia, firmando il trattato SORT (Strategic Offensive Reductions Treaty), detto anche Trattato di Mosca, che limitava a 1700-2200 il numero di testate operative per ciascuna parte entro il 31 dicembre 2012, e proibiva l’uso di testate multiple.

Barak Obama inaugurò la sua presidenza nel 2009 con vari discorsi visionari, in uno dei quali, a Praga nell’aprile 2009, vagheggiava un mondo libero da armi nucleari: ma trascorse un anno di faticosi negoziati per giungere al Nuovo START, che ad una seria analisi risulta piuttosto deludente. Infatti esso fissa, in sintesi, un limite di 1.550 testate strategiche operative per parte (quelle 50 in più dimostrano quanto sia stata contrastata la trattativa), e di 700 vettori nucleari operativi (missili balistici intercontinentali basati a terra e su sommergibili, e bombardieri), ma . . . per l’anno 2017! (Scadrà nel 2021.) Salta agli occhi il netto arretramento rispetto al SORT: da 1.700-2.200 per il 2012, a 1.550 per il 2017! Inoltre il nuovo trattato conta ogni bombardiere come una testata, mentre ne può portare da 6 a 20, aumentando significativamente il numero di armi nucleari a disposizione dei due paesi. Il punto cruciale è che il trattato (come anche i precedenti) non limita il numero di testate effettivo, ma solo il numero delle strategiche operative, lasciando indeterminato il numero delle testate a disposizione nelle riserve (conservate, in caso di nuove crisi). Ma soprattutto il trattato non ha modificato lo stato di allerta in cui continuano ad essere mantenuti i missili nucleari, pronti al lancio su allarme (launch on warning), come se la Guerra Fredda non fosse finita: condizione che mantiene un rischio altissimo di una risposta, e quindi di una guerra nucleare, per errore! Rischio che è stato sfiorato molte volte.

Un aspetto positivo del trattato era comunque che segnava una ripresa della collaborazione tra Stati Uniti e Russia nel campo del controllo delle armi nucleari, superando le tensioni degli anni dell’amministrazione Bush, e creava un clima di trasparenza e stabilità dell’assetto strategico, reintroducendo un regime di ispezioni in situ, pur con dei limiti.

Questo era comunque il nuovo regime di non proliferazione nucleare dopo il 2010. O almeno appariva tale. Ma nascondeva molte insidie e punti deboli che stanno manifestando ora i loro effetti, tanto più gravi con la nuova presidenza Trump (ma partiti dall’amministrazione Obama).

Il grave effetto destabilizzante del sistema di difese antimissile

Intanto è istruttivo chiedersi perché il Nuovo START sia stato così … prudente, o conservativo. Una risposta è che da più di vent’anni gli USA stanno sviluppando, e schierando (anche in altri paesi) l’innovativo (e costosissimo) sistema di difese antimissile, del quale la Russia ha un grande timore (e non è in grado di imbarcarsi in una competizione su questo terreno, che già aveva contribuito a fiaccare l’URSS). Il paese che si doti di questo sistema acquisisce una superiorità strategica, perché, potendo almeno in teoria distruggere i missili di una ritorsione, potrebbe sferrare un first strike: potrebbe essere una superiorità teorica – ma comunque profondamente destabilizzante – perché il sistema non può essere infallibile, e consente all’avversario molte contromisure, come false testare o mantenere un alto numero di testate e missili per una ritorsione, in modo da ingannare e saturare le difese missilistiche. È quindi più che logico che Mosca non abbia accettato maggiori riduzioni, anche per ovviare all’invecchiamento del proprio arsenale. In ogni caso si deve sottolineare il carattere falsamente difensivo del sistema di difese missilistiche, ma il realtà aggressivo, e gravemente destabilizzante.

Da tempo il Pentagono afferma che, anche quando il Nuovo START verrà attuato, il prossimo anno, gli USA avranno fino a un terzo di testate nucleari in più di quelle necessarie per assicurare la sicurezza interna e internazionale.

Cosa si nasconde sotto i programmi di “gestione” (stewardship) e di “allungamento della vita” (life extension) delle armi nucleari

Ma un’altra insidia si nasconde dietro il regime stabilito nel 2010. Infatti, contemporaneamente al Nuovo START l’amministrazione Obama adottava la nuova strategia nucleare statunitense (Nuclear Posture Review, NPR) nella quale dichiarava che gli USA non produrranno armi nucleari nuove. Senonché prevedeva una serie di procedure per il problema molto complesso (e dispendioso) di garantire nei decenni futuri l’efficienza delle testate esistenti senza riprendere i test nucleari. Tra questi, il riutilizzo di componenti nucleari da diverse testate e la sostituzione di componenti nucleari, “apparentemente” tecnologie non nuove; in particolare, il Life Extension Program, che “userà solo componenti nucleari basate su progetti testati in precedenza, e non sosterrà nuove missioni militari o nuove capacità militari”. Proprio qui si cela l’inganno. Uno dei maggiori esperti di armamenti nucleari commentava immediatamente nel 2010

“Questa politica lascia la porta aperta per ampie modifiche delle testate nucleari … dal mio punto di vista [la sostituzione di componenti da testate diverse e non necessariamente nell’arsenale attuale] costituirebbe una ‘nuova’ testata” ((Hans Kristensen, “ What’s Wrong with What’s Wrong with the Nuclear Posture Review ”, 11 aprile 2010.)).

Infatti il Life Extension Program sta dietro, per esempio, alle “modifiche” delle testate tattiche (rieccole!) a gravità B-61 schierate in Europa su bombardieri statunitensi (dopo il Trattato INF del 1987), ma anche di molti paesi della NATO, tra i quali l’Italia. La concezione di questa testata termonucleare risale agli anni Sessanta, e ne sono poi state realizzate varie versioni di potenze diverse, alcune penetranti nel terreno. Combinando parti di tre tipologie esistenti di B-61, ed inserendo innovazioni sostanziali ma non nucleari, con la modica spesa di 10 miliardi di $, si sta ottenendo una testata nuova! La B-61-12 infatti unirà quattro opzioni di potenza selezionabili a seconda dell’obiettivo da colpire, sarà dotata di alette di guida di coda che consentiranno una precisione molto superiore su bersagli che altrimenti richiederebbero potenze esplosive superiori, avrà la capacità di penetrare nel terreno per distruggere i bunker dei centri di comando in un first strike nucleare: una testata progettata per poterla usare in situazione di combattimento reale .

Ecco dunque uno dei trucchi sostanziali: rispettare formalmente i tetti numerici di testate consentiti, ma ammodernarle in modo sostanziale, ottenendo un’efficacia potenziata. Questo vale non solo per le testate nucleari, ma per tutto il sistema degli armamenti nucleari (missili, sommergibili, aerei, ecc.), che diverrà molto più efficace, flessibile, e anche potente.

Si spiega così il perché tutti gli Stati nucleari, malgrado i trattati di riduzione degli arsenali e le dichiarazioni di volere eliminare queste armi, stanno spendendo cifre da capogiro negli armamenti nucleari, con programmi che coprono i decenni a venire! Questa è proliferazione tout court! Gli USA hanno in bilancio un trilione di $ (migliaia di miliardi) nei prossimi 30 anni per gli armamenti nucleari. I media statunitensi agitano il pericolo di strabilianti innovazioni e progressi di Mosca nel campo degli armamenti: cosa che appare per lo meno poco credibile se solo si pensa che la spesa militare degli USA è circa 10 volte maggiore di quella russa. La proporzione c’è anche per le forze nucleari, nelle quali Mosca ha investito quest’anno … “solo” 754 milioni di $. Ma sulla spinta degli USA – che ovviamente addossano la responsabilità agli altri, e alle presunte minacce che essi pongono – tutti gli stati nucleari investono grandi somme, in proporzione ai loro bilanci, per l’ammodernamento degli armamenti nucleari (testate, sommergibili, missili, aerei, ecc.).

Da questi esorbitanti investimenti a lunghissimo termine emerge chiaramente che le potenze nucleari non hanno nessunissima intenzione di liberarsi (e liberarci) dalle armi nucleari! ((Una discussione approfondita e aggiornata dei programmi di “modernizzazione” in corso in tutti gli stati dotati di arsenali nucleari è presentata dalla WILP ( Women’s International League for Peace and Freedom), “Assuring destruction forever: 2017 edition”, aprile 2017.))

La fine del regime di non proliferazione e la nuova corsa agli armamenti nucleari

Al caso del “programma di modernizzazione” della B-61-12 se ne stanno aggiungendo altri, che a mio parere decretano la fine del regime di non proliferazione che era stato stabilito, almeno formalmente, in passato .

Un ulteriore risultato estremamente inquietante è stranamente passato sotto silenzio sui nostri medialo sviluppo di una “super-spoletta” sviluppata nel programma decennale di life-extension triplica le capacità offensive, la letalità, delle testate W76-1/Mk4A schierate sui missili balistici della marina USA collocati sui sommergibili ; in altre parole, è come se ne triplicasse il numero (ma il paragone non è realmente appropriato, perché quella che aumenta è la capacità della testata del missile di essere innescata sempre ad una distanza dall’obiettivo tale da investirlo con l’intera potenza esplosiva della testata). Prima dell’invenzione di questo nuovo meccanismo di innesco anche le testate dei missili balistici più precisi potevano passare sul bersaglio e detonare troppo lontano da bersagli rinforzati, mentre la nuova super-spoletta è progettata in modo da detonare sul bersaglio, a distanza molto più ravvicinata (volume letale, v. figura).

Il commento degli esperti della Federation of American Scientists è molto efficace:

“Il programma [di modernizzazione] ha sviluppato nuove tecnologie rivoluzionarie che accresceranno enormemente le capacità dell’arsenale dei missili balistici USA di colpire gli obiettivi ( targeting capability). Questa accresciuta capacità è stupefacente – triplicando approssimativamente l’attuale potenza di fuoco complessiva delle forze missilistiche USA [v. figura] – e genera esattamente quello che ci si aspetterebbe se uno stato dotato di armi nucleari progettasse di avere la capacità di combattere e vincere una guerra nucleare disarmando il nemico con un first strike di sorpresa ”((Hans M. Kristensen, Matthew McKinzie e Theodore A. Postol, “How US nuclear force modernization is undermining strategic stability: The burst-height compensating super-fuze”, The Bulletin of the Atomic Scientists, 1 March 2017.)) [il corsivo è mio, A.B.]”

“… i funzionari governativi si sono occupati della riduzione del numero di testate. Il risultato è un arsenale nucleare che si sta trasformando in una forza che ha l’inequivocabile caratteristica di essere ottimizzato per attacchi di sorpresa contro la Russia e per combattere e vincere guerre nucleari. Mentre la letalità a la potenza di fuoco delle forze USA sono state enormemente aumentate, i numeri delle testate di entrambe le forze USA e russe sono diminuiti, con il conseguente aumento drammatico della vulnerabilità delle forze nucleari russe ad un first strike degli USA. Secondo le nostre stime … l’esercito USA può ora distruggere tutti i silos degli ICBM [missili basati a terra] russi con appena circa il 20% delle testate schierate sui missili balistici basati a terra e in mare.

… Inoltre spostando la capacità ai sommergibili che possono spostarsi e lanciare i missili molto più vicino ai loro obiettivi rispetto ai missili basati a terra, le forze armate USA hanno raggiunto una capacità assai maggiore di effettuare un first strike di sorpresa contro i silos degli ICBM russi.

La decisione dell’amministrazione Obama nel 2009 di schierare il sistema di difesa missilistica Aegis European Phased Adaptive Approach basato su navi ha creato un programma con il quale gli USA possono avere alla fine tra 500 e 700 intercettori antimissile che potrebbero in teoria essere usati per difendere gli Stati Uniti continentali da navi al largo delle coste del paese”.

Gli esperti del Bulletin sostanziano queste considerazioni con complesse valutazioni quantitative((Si veda anche Alex Gorka, “ US Navy Prepares Decapitating Attack against Russia”, 3 aprile 2017.)) , da un lato delle forze missilistiche che la Russa sarà in grado di schierare sui propri sommergibili (che sopravviverebbero a un attacco che pure eliminasse tutti i missili basati a terra, e possibilmente, ma più problematicamente, anche quelli che Mosca schiera su rampe mobili), e dall’altro del futuro potenziamento e perfezionamento delle difese missilistiche statunitensi e della loro capacità di abbattere tutti i missili della ritorsione dai sommergibili((Gli autori non mancano di osservare che Mosca ha recentemente reagito a questi progetti degli USA. Nel settembre 2015 Putin in persona ha descritto pubblicamente, forse intenzionalmente, un innovativo sistema di lancio di testate nucleari basato in mare, i cui test sarebbero iniziati nel dicembre 2016: un vettore sottomarino a propulsione nucleare senza pilota né equipaggio che potrebbe lanciare per mezzo di robot una testata dell’enorme potenza di 100 Megatoni sulle città costiere e i porti degli Stati Uniti.)) (e, c’è da aggiungere, selezionando le vere testate dell’attacco tra le innumerevoli esche e testate fake che i russi hanno sicuramente montato sui missili proprio per ingannare e saturare le difese missilistiche): i calcoli dei militari sono sempre ottimistici, basterebbe qualche che testata sfuggisse alle difese missilistiche per provocare negli USA decine di migliaia di morti e distruzioni immani! Tuttavia, il potenziamento della potenza aggressiva dei missili balistici dei sommergibili statunitensi sarà solo il primo passo, a cui seguirà il potenziamento delle altre testate dell’intero arsenale.

Se queste considerazioni sono agghiaccianti, lo è ancora di più il fatto che il progetto di un first strike alla Russia capace (in teoria) di decapitare le sue forze nucleari non tenga conto del fatto che esso implicherebbe comunque l’esplosione di un numero di testate nucleari che provocherebbe sconvolgimenti climatici e un “inverno nucleare” di dimensioni colossali, tale da mettere a rischio la sopravvivenza stessa del genere umano! ((Si vedano le impressionanti analisi molto dettagliate curate da Beatrice Finn, “Unspekable suffering: the humanitarian impact of nuclear weapons”, febbraio 2013.)) Non si scappa dalla conclusione che il ricorso effettivo alle armi nucleari rischierebbe di mettere fine alla società umana quale la conosciamo. Occorre ribadirlo, è pura follia pensare di vincere una guerra nucleare, TUTTI perderebbero (e perderemmo) .

Ecco dunque il senso dell’apparente innocua “modernizzazione” degli armamenti nucleari:

Modernizzazione suona bene. Ma dovrebbe venire chiamata il progetto della Nuova Corsa agli Armamenti Nucleari. Secondo gli USA tutti gli altri stati nucleari hanno annunciato il proprio programma di “modernizzazione”. Così, a parte il costo esorbitante di questa “priorità” per lo meno dubbia, l’intero progetto renderà gli USA ed il mondo meno, e non più sicuri. Esso fermerà la non proliferazione nucleare e riempirà il mondo di scintillanti armi nuove.

Chi ne trarrà beneficio? Indubbiamente Lockheed Martin, Boeing, Northrop Grumman, Raytheon e i contraenti di armi nucleari negli altri paesi (e i politici che fanno assegnamento sul finanziamento delle loro campagne). Qualcun altro? I bambini? L’ambiente?” ((Kevin Martin (Direttore esecutivo di Peace Action, la più grande associazione della società civile, con più di 200.000 sostenitori nel mondo), “Nuclear weapons modernization: a new nuclear arms race? Who voted for it? Who will benefit for it?”, Counterpounch, 5.12.2016.))

“I “miglioramenti” in molti casi forniscono nuove capacità al sistema di armamenti. Essi estendono anche le loro vite oltre la metà di questo secolo, assicurando che la corsa agli armamenti durerà indefinitamente.”((“Assuring destruction forever: 2017 edition”, cit. in nota 4.))

Quanto al regime di non proliferazione, si deve osservare che il solo fatto della ricerca di una superiorità strategica capovolge il criterio in base al quale esso era stato faticosamente costruito, cioè quello dell’equilibrio delle forze nucleari , che dissuada ciascuno stato dall’attaccare l’altro, perché subirebbe comunque una ritorsione devastante. Il 21 marzo scorso Trump ha affermato che vorrebbe vedere scomparire le armi nucleari, ma nel frattempo l’arsenale degli USA deve essere senza rivali!

Ma la fine del regime di non proliferazione non sta solo qui: se Washington non offrirà garanzie sufficienti ai giapponesi e ai sudcoreani, Tokyo e Seul saranno le prossime potenze nucleari in Estremo Oriente.

Un altro mattone a rischio, il trattato INF del 1987

Il trattato INF del 1987 tra USA e URSS fu, come abbiamo ricordato, il primo trattato di effettiva riduzione delle armi nucleari e, pur con tutti i limiti che in parte abbiamo discusso, rimane un caposaldo del regime di non proliferazione. Ma oggi anche il trattato INF sembra a rischio. Il problema è complesso e non intendiamo affrontarlo qui. Dal 2014 gli USA accusano la Russia di violarlo sperimentando dei missili cruise con gittata proibita dal trattato, e successivamente di sviluppare un numero di missili superiore a quelli necessari per eseguire test di lancio((Un’analisi dettagliata è svolta nel lungo lavoro di Ulrich Kühn a Anna Péczeli, “Russia, NATO, and the INF Treaty”, Strategic Studies Quarterly, Carnegie Endowment for International Peace, primavera 2017, pp. 66-99)) . Mosca ha replicato muovendo accuse a Washington. Ci sarebbe da osservare anche che il cosiddetto “ammodernamento” delle testate tattiche B-61-12 anche se formalmente non viola il trattato, poiché non si tratta di tesate montate su missili a medio raggio, deve essere considerato un potenziamento sostanziale delle capacità nucleari degli USA e della NATO in Europa.

Ci sembra superfluo ricordare l’escalation di tensioni in cui il problema si inquadra: la crisi ucraina, l’accerchiamento della Russia da parte della NATO, l’annessione della Crimea, l’intervento di Mosca nella crisi siriana, nonché lo schieramento sempre più aggressivo del sistema di difese antimissile da parte degli Stati Uniti. Sta di fatto che questo mattone fondamentale del regime di non proliferazione e dell’equilibro strategico rischia seriamente di saltare! Tre senatori statunitensi hanno già proposto che gli USA sviluppino proprie armi proibite dal trattato((https://www.stratfor.com/analysis/farewell-arms-treaty)) ,

Ricerca di testate nucleari radicalmente nuove?

Last but not least , è il caso di ricordare una cosa che non viene quasi mai citata nelle analisi sulle armi nucleari: la National Ignition Facility (NIF), un gigantesco impianto costruito al Lawrence Livermore National Laboratory (laboratorio militare dedicato alle armi nucleari) per realizzare la fusione nucleare per confinamento inerziale di un pellet (una sfera delle dimensioni di un grano di pepe) contenente deuterio e trizio (isotopi pesanti dell’idrogeno), concentrando su di esso i fasci di ben 192 super-laser di altissima potenza per comprimerlo, alzandone la temperatura a milioni di gradi, per l’innesco della reazione di fusione. La NIF è il più grande e più energetico impianto di confinamento inerziale al mondo, terminato nel 2009, costato 3,5 miliardi di $, e fa anch’esso formalmente parte dei progetti di manutenzione delle testate nucleari senza eseguire test esplosivi.

Non è questa la sede per discutere in dettaglio questo progetto ((Internet è pieno di articoli e materiale sul tema. Per una discussione introduttiva dettagliata rimando al mio A Volte Ritornano, Il Nucleare. La Proliferazione Nucleare Ieri, Oggi e Soprattutto Domani , Jaca Book, 2005, Paragrafi 9.3-9.6, pp. 331-343.)) , ma esso ha un fondamentale interesse militare, per le armi nucleari: infatti non è chiaro se la NIF riuscirà a realizzare la fusione nucleare controllata, ma certamente otterrà risultati militari molto importanti, essendo

“riuscita nel suo scopo primario di fornire il collaudo non-critico e la convalida dei codici di simulazione per il progetto e la manutenzione delle armi nucleari. In futuro la NIF si concentrerà nel miglioramento della performance della convalida dei codici per le testate, così come in scienza fondamentale per utenti part-time dell’impianto. La promessa della fusione a confinamento inerziale come fonte illimitata di energia civile rimane quindi una prospettiva distante per l’immediato futuro.”((Michael Baumer, “Why Has the National Ignition Facility Failed to Live Up to Its Name?” [Perché la National Ignition Facility non è riuscita ad essere all’altezza del suo nome?], 16 marzo 2015.))

Ma quello su cui qui importa è insistere è che si sta in tutti i modi cercando di aggirare l’intero regime di non proliferazione . Infatti, sotto sotto vi sarebbe il progetto di realizzare micro-esplosioni a pura fusione nucleare. Non è chiaro se questo obiettivo verrà raggiunto, ma l’interesse militare è evidente: nelle attuali bombe termonucleari si utilizza l’esplosione di una bomba a fissione per ottenere la temperatura di innesco della fusione, ed è pertanto impossibile evitare la potenza (massa critica) e tutti gli effetti (fall out radioattivo, ecc.) delle attuali bombe atomiche. Se si realizzasse la fusione di un pellet di nuclei leggeri per confinamento inerziale invece che con un’esplosione a fissione, si aprirebbe la strada verso la prospettiva di realizzare mini-bombe nucleari a fissione radicalmente nuove. In ogni caso, lo studio della fusione nucleare in condizioni almeno prossime all’ignizione conserva ancora molti aspetti da chiarire, che hanno connessioni dirette con l’ottimizzazione delle testate termonucleari, anche se l’impianto del laboratorio militare viene utilizzato part-time anche per ricerche di fisica fondamentale.

Non a caso, gli USA non sono il solo paese nucleare a portare avanti progetti del genere: la Francia sta costruendo un impianto simile, chiamato Laser Mégajoule.

Un diretto interesse militare hanno anche, per i calcoli che consentono la progettazione di nuove armi, i super computer, che consentono capacità di calcolo di migliaia di trilioni di calcoli al secondo! In questo campo si contendono il primato Stati Uniti, Cina e Giappone.

La sola strada che abbiamo: il bando delle armi nucleari

Di fronte a questa situazione, che è destinata a peggiorare con l’aggravarsi delle tensioni internazionali e dei focolai di guerra, in modo particolare con le scelte imprevedibili dell’amministrazione Trump, la sola strada che abbiamo è aumentare ed estendere la sensibilizzazione e la mobilitazione della società civile che si è sviluppata nell’ultimo decennio in tutto il mondo, e convergere sul negoziato promosso dall’ONU e tuttora in corso, per giungere ad un trattato di messa al bando delle armi nucleari che vada a costituire una componente fondamentale del diritto internazionale. Ed imporne con la volontà collettiva il rispetto agli Stati nucleari.