Arcipelago verde 1970-1984

Michele Boato, Arcipelago Verde, Ecoistituto del Veneto, Mestre, 2020, pp. 252, € 10,00. 

Lo scrittore, docente e ambientalista veneziano Michele Boato ha pubblicato Arcipelago Verde, secondo tomo, dopo La lotta continua, di una quadrilogia che ripercorre dal dopoguerra a oggi i prodromi, la nascita e gli sviluppi del movimento ambientalista in Italia.

“Con il primo volume, ci eravamo fermati al’68 studentesco e al ’69 operaio – spiega Boato – quando l’ambientalismo ancora non c’era se non nell’ultimissima parte, quando si parla delle lotte del polo chimico di Porto Marghera e della nascita della consapevolezza ambientale ma ancora dentro la fabbrica: un esempio di questa storia è Medicina Democratica”.

Il nuovo volume riparte dagli anni ’70 e racconta gli sviluppi del percorso ambientalista, prima con i contributi del mondo antimilitarista, i proletari in divisa, gli obiettori di coscienza del movimento nonviolento e poi con la sgradita scoperta del rischio chimico associata alle lotte contro i colossi dell’industria, che ebbero spazio anche nel meridione d’Italia: i disastri degli impianti petrolchimici di Manfredonia e Brindisi, per esempio, negli stessi anni di Seveso fra il 1976 e il 1977.

“Fu un’altra tappa, ancora non di ambientalismo puro nel senso dell’attenzione diretta alla fauna e alla flora – ricorda Boato – ma di ambientalismo derivato dalle esigenze di difesa della salute nell’ambiente di lavoro e nei territori adiacenti alle fabbriche”.

Boato spiega che nel 1977 ci fu un giro di volta durante i cosiddetti “tre giorni di Bologna”, dal 22 al 24 settembre 1977, durante il Convegno contro la repressione. Fu una svolta anche nel senso della violenza politica ideologica che accompagnò quegli anni.

“Ma in quegli stessi giorni e in quella stessa città si tenne anche la prima assemblea nazionale antinucleare – prosegue Boato. – Ci ritrovammo con i movimenti contro la centrale di Montalto di Castro e con quelli contro le miniere di uranio di Novazzo nel bresciano della Bassa Mantovana, a San Benedetto Po”.

Fu lì infatti che nacquero i primi intrecci e si creò un coordinamento che nel 1980, durante un convegno dell’ARCI sempre a Bologna, sarebbe sfociato nella rete ambientalista chiamata “Arcipelago verde”.

“C’erano i rappresentanti dell’agricoltura biologica – aggiunge l’autore –Terranuova per esempio o Tecnologie appropriate, c’eraAzione nonviolenta di Verona, c’eravamo noi di Smog e dintorni di Mestre e gli Amici della Bicicletta di Firenze. Un po’ alla volta questo Arcipelago verde è cresciuto dandosi appuntamento ogni due mesi a Bologna (sempre ospiti di qualcuno, ricordo il circolo sardo o altri luoghi di questo genere). Nacque anche un’agenzia di stampa gestita dal WWF di Milano Lombardia”.

Da quel miscuglio di conoscenze nacquero prima le università verdi la prima nel 1982 a Mestre e poi a Lugo di Romagna, a Bologna e a Pescara/Ancona.

“Nel 1983 fummo in grado di presentare le prime liste Verdi, a Trento, a Viadana – conclude Boato – poche inizialmente, ognuna fra l’altro con un simbolo diverso. Nel 1984 decidemmo di fare un’assemblea a Firenze affidando ad Alexander Langer il compito di fare la prima relazione e lasciando un po’ nell’angolo le grandi associazioni che invece volevano far nascere tutto a Roma, nelle segreterie di partito. Ma ci fermiamo qui – conclude Boato – perché il resto sarà il contenuto del prossimo libro, che si chiamerà Le liste verdi“.