Bicarbonato di sodio
Il bicarbonato di sodio, o carbonato acido di sodio, con formula NaHCO3, è un sottoprodotto – o, meglio, un coprodotto – dell’attuale processo di fabbricazione del carbonato di sodio, una merce ben più importante. Il carbonato di sodio, o carbonato neutro di sodio, o “soda”, di formula Na2CO3, noto da millenni e usato come ingrediente del vetro e dei preparati per lavare, per secoli è stato ricavato, in forma abbastanza impura, da alcuni laghi salati o dalle ceneri delle piante.
Quando è nata l’industria chimica, alla fine del 1700, la richiesta di carbonato di sodio è aumentata e sono state tentate varie strade per fabbricarlo artificialmente. In Francia fu anche indetto un premio nazionale in denaro, che fu vinto da un medico, Nicola Leblanc (1742-1806), che, intorno al 1783, mise a punto un processo industriale. Il processo Leblanc partiva da sale marino (cloruro di sodio), dal carbonato di calcio (il comune calcare), da acido solforico e carbone; attraverso vari passaggi si otteneva alla fine il carbonato di sodio insieme a vari sgradevoli sottoprodotti inquinanti: l’acido cloridrico (un gas irritante e corrosivo) e il solfuro di calcio (un solido che, esposto all’aria, si decomponeva liberando acido solfidrico, un altro gas puzzolente e irritante).
L’inquinamento provocato dal processo Leblanc diede vita ai primi movimenti di protesta popolare e alle prime leggi di difesa dell’ambiente: l’Alkali Act, la prima legge inglese contro l’inquinamento atmosferico provocato dall’industria chimica, fu emanato nel 1863.
Per non dover chiudere le fabbriche, gli industriali dapprima si spostarono lontano dai paesi e dalle città, poi impararono a modificare i cicli produttivi e scoprirono che dai rifiuti inquinanti era possibile ricuperare merci utili, come il cloro e lo zolfo. I rimedi però arrivarono troppo tardi perché, intorno al 1875, i fratelli belgi Solvay misero a punto un ingegnoso processo che permetteva di ottenere il carbonato di sodio dal sale marino senza forti inquinamenti e con un quasi totale ricupero dei sottoprodotti.
Il processo Solvay, ormai usato in tutto il mondo – la prima e ancora oggi la più grande fabbrica italiana, fu installata in Toscana a Rosignano, in provincia di Livorno – consiste nel trattare il cloruro di sodio con ammoniaca e anidride carbonica. Si ottiene dapprima il bicarbonato di sodio, che viene trasformato in carbonato di sodio; l’unico sottoprodotto è un sale praticamente neutro, il cloruro di calcio, che può essere smaltito senza grandi difficoltà e che ha anche qualche uso commerciale. Il processo Solvay, insomma, produce congiuntamente due merci: il bicarbonato di sodio e il carbonato di sodio. Una certa parte del bicarbonato ha alcuni usi domestici..
Il bicarbonato di sodio, in miscela con un acido solido, per esempio, è l’ingrediente di alcuni “lieviti artificiali” e delle “polveri” per la preparazione domestica delle acque gassate; addizionato al bucato o ai preparati per lavare ha qualche effetto positivo in quanto reagisce con i sali di calcio delle acque, evitando che si depositino sui tessuti sotto forma di sali insolubili. E, infine, esplica anche la funzione di neutralizzare l’eccesso di acidità dello stomaco.