Cacao

Invece che Costa d’Avorio, sarebbe più giusto chiamare “Costa del cacao” il grande paese africano, che si affaccia sull’Oceano Atlantico, che produce il 40 % del cacao mondiale. La Costa d’Avorio ha più o meno la stessa superficie dell’Italia, ma una popolazione di poco più di 15 milioni di abitanti, un quarto di quella italiana. La capitale è Yamoussoukro, ma la città più importante è Abidjan, con altre due milioni di abitanti, porto importante e il maggior centro di pesca del tonno di tutta l’Africa. Oltre al cacao il paese esporta caffè, e altri prodotti agricoli, produce un po’ di petrolio, e diamanti, oro, minerali di ferro, gomma e altre “ricchezze” che fanno della Costa d’Avorio e dei suoi abitanti, gli ivoriani, un paese abbastanza ricco, pur avendo una economia esposta a crisi di produzione e di clima. Nella Costa d’Avorio convivono numerose etnie e immigrati dai paesi vicini, attratti dal lavoro agricolo. Il paese è stato a lungo colonia francese; dopo l’indipendenza (1960) è stato attraversato da guerre tribali, motivate dal controllo delle materie prime, soprattutto cacao.

Il cioccolato che ha alle spalle una lunga storia, che comincia in Africa, continua in Europa fino ad arrivare ai nostri negozi. Una storia che ha visto conflitti, sfruttamento della mano d’opera, speranze, delusioni, ricerca botanica, chimica e tecnologica. Il cioccolato si ottiene dai semi della pianta del cacao, dal nome botanico di Theobroma cacao, spontanea e originaria delle regioni tropicali dell’America. I semi e le loro virtù alimentari sono stati importati dai conquistatori in Europa e, quando il cacao è diventato una merce di largo consumo, la coltivazione delle piante è stata spostata e diffusa nell’Africa occidentale e nel sud-est asiatico. Il ciclo produttivo del cioccolato comincia con al lavorazione del frutto, un guscio lungo circa 10-20 centimetri che contiene al suo interno i semi. Circa 25-40 per ogni frutto. I semi vengono separati, ammucchiati con speciali accorgimenti e lasciati fermentare per qualche giorno in modo che si sviluppi il sapore caratteristico del cioccolato.

I semi di cacao sono costituiti da un guscio che rappresenta il 10-15 % del peso e al cui interno si trova una polpa. I semi fermentati, dopo una pulizia delle parti estranee, sono scaldati a temperatura di circa 100 gradi col che i gusci diventano fragili, il colore della granella diventa più scuro e si formano le sostanze aromatiche caratteristiche. A questo punto i gusci vengono frantumati, asportati con una corrente d’aria e separati dalla granella di cacao. Dalla granella, ridotta in pasta e con tutto il suo contenuto originale di sostanze grasse, si ottiene il “cacao in massa” o “pasta di cacao” che viene in genere sottoposta a spremitura per separare una frazione grassa, il “burro di cacao” (circa la metà della pasta di cacao). Il burro di cacao viene poi raffinato e si presenta come massa solida di colore bianco-giallastro che viene impiegato nella produzione del cioccolato solido da consumo diretto.

Come residuo della spremitura si ottiene il panello di cacao da cui, per macinazione, si ottiene il cacao in polvere usato per le bevande e come ingrediente per dolciumi, torte, eccetera. Il cioccolato solido a sua volta si divide in cioccolato scuro, costituito da burro di cacao e  pasta di cacao e zucchero, e cioccolato al latte costituito da burro di cacao con polvere di latte e zucchero. Le tavolette di cioccolato contengono all’incirca 25-35 % di grassi e 50 % di zucchero. Il cacao contiene numerose sostanze, fra cui, oltre a grassi e proteine, anche piccole quantità di polifenoli, sostanze che si dice manifestino attività antiossidanti, e le due sostanze stimolanti teobromina e caffeina. Sembra niente, ma dietro ogni tavoletta di cioccolato o ogni uovo di cioccolato c’è tutta una tecnologia che richiede controlli chimici, fisici e merceologici.

Per esempio occorre regolare la viscosità dell’impasto per evitare che il cioccolato si appiccichi alle dita ed esiste una scienza del cioccolato. La produzione mondiale del cacao si aggira, attualmente, intorno a 3,6 milioni di tonnellate all’anno. Il principale produttore è la Costa d’Avorio (circa 1,3 milioni di tonnellate), seguita da Ghana, Indonesia, Nigeria. La trasformazione dei semi in cioccolato avviene principalmente in Olanda, Stati Uniti e in Inghilterra da cui i semilavorati arrivano nei paesi che confezionano i diversi prodotti come cioccolato o polvere di cacao. La “guerra del cacao” si è svolta principalmente nella Costa d’Avorio per il controllo politico e militare della parte di sud-ovest adatta alla coltivazione del cacao.

Per incrementare la produzione di cacao, Felix Houphouët-Boigny, presidente dal 1960 al 1993, emanò nel 1967 un decreto secondo cui la terra apparteneva a chi la coltivava. Questo determinò un vasto movimento di immigrazione dal Burkina-Faso, che si trova a nord della Costa d’Avorio, ma anche da altre parti della stessa Costa d’Avorio abitate dal gruppo etnico a cui apparteneva lo stesso presidente; gli immigrati bruciarono vasti tratti di foresta vergine per ottenere terra da coltivare a piante di cacao e questo fece esplodere conflitti fra le etnie locali, che sostenevano che la terra era “loro”, per antiche tradizioni tribali, e gli immigrati.

La rapida espansione della produzione del cacao, determinò nella Costa d’Avorio una rapida crescita economica da cui trassero benefici principalmente le classi privilegiate, mentre la miseria continuava nella maggior parte del paese. Nel 2000 divenne presidente Laurent Gbagbo, della etnia dei popoli espropriati della loro terra che cercarono di mandare via gli immigrati. Sono seguiti anni di guerriglia, incoraggiata dai paesi europei interessati al commercio internazionale del cacao, con riflessi sui prezzi internazionali, per cui se pagate di più il cioccolato chiedetevi da dove viene e troverete guerriglie e ingiustizie, arricchimenti di pochi e miseria di tanti; è la globalizzazione.