Costi e benefici della Nuova Linea Torino Lione. Per chi?
La vicenda dell’Analisi Costi Benefici (ACB) relativa alla Nuova Linea Torino Lione (NLTL) è lunga e tormentata. La prima osservazione è che (ma non è certo l’unico caso) prima è stata assunta, negli ambienti “che contano”, la decisione di fare l’opera e poi, molto dopo e, per così dire, per dovere d’ufficio, si è proceduto a fare una ACB. L’analisi è stata effettuata nell’ambito dei lavori dell’Osservatorio tecnico istituito dalla presidenza del consiglio, ma solo nella seconda fase della sua attività, quella, per intenderci, dalla quale, a partire dal gennaio 2010, sono stati esclusi i rappresentanti dei comuni che non dichiarassero a priori di accettare l’opera. Nel 2011 l’ACB risultava completa ma continuava a non essere resa pubblica, finché una fuga di notizie fece sì che il documento comparisse in anteprima sui siti NOTAV; solo a seguito di ciò, l’ACB venne ufficialmente pubblicata, nel 2012, sotto forma di Quaderno n. 8 (Q8) dell’Osservatorio. Si sente di quando in quando parlare di ulteriori nuove valutazioni, nulla però è stato finora reso pubblico.
Una qualsiasi analisi costi/benefici ha una motivazione piuttosto ovvia. Dovendo spendere del denaro, tanto più se a debito e quindi con un costo effettivo crescente nel tempo, occorre ragionevolmente valutare le probabilità di recuperare l’investimento e ottenere in seguito vantaggi durevoli. La cosa è ancor più delicata quando il denaro è pubblico ed a carico di un bilancio strutturalmente in disavanzo. La dimensione pubblica fa sì che non debba essere tenuto in conto il solo aspetto commerciale e che di conseguenza non solo i ritorni monetari vadano considerati ma anche quelli socioambientali, i quali però debbono comunque essere valutati in moneta. Ciò detto, al di là dei modelli matematici, è chiaro che, trattandosi di un’infrastruttura di trasporto, il punto chiave dell’ACB è la previsione del volume atteso dei traffici lungo la linea, in quanto il ritorno economico a quello sarà proporzionale.
Nel caso della NLTL, l’entità dell’investimento complessivo, stimata dalla corte dei conti francese in valuta 2012, è all’incirca di 26 miliardi di euro, di cui non meno di 23 miliardi resterebbero a carico diretto dei due stati, Italia e Francia. Un investimento ingentissimo dunque. Per trovare una giustificazione economica (e economico-sociale) a una tale opera sarebbero necessari dei flussi di merci attesi molto rilevanti. Per poter decidere occorre dunque avanzare delle previsioni ragionevoli; cosa che si può fare adottando metodi e criteri consolidati.
Innanzitutto si partirà dalla situazione attuale e dalle tendenze in atto. Qui la storia è vecchia e non ci sono novità: i dati sono quelli riassunti nelle Fig. 1 e 2 e provenienti dai bollettini Alpinfo del governo confederale svizzero. La linea ferroviaria esistente è utilizzata oggi più o meno a un sesto della sua capacità e i flussi sono in continuo calo dal 1997. L’intero traffico commerciale terrestre tra Italia e Francia da Ventimiglia al Monte Bianco, sommando strada e ferrovia, è in calo dal 2001. Con questi flussi la NLTL sarebbe economicamente una voragine senza fondo; perché l’opera si giustifichi occorrono flussi futuri molto più alti. E in effetti per una quindicina d’anni i proponenti hanno spudoratamente continuato a proclamare che la ferrovia storica della Valle di Susa era prossima alla saturazione e vi sarebbe arrivata in breve tempo. Essendo la realtà più testarda dei proclami, i proponenti, con inalterata elegante spudoratezza hanno cominciato a dichiarare (e non hanno ancora smesso) che certamente la linea è ben lontana dalla saturazione, ma ciò è dovuto alla sua inadeguatezza tecnologica, alle pendenze, ai raggi di curvatura, etc. Anche questa argomentazione non regge se si confrontano gli andamenti Italia-Francia con quelli Italia-Svizzera e Italia-Austria, negli stessi anni (Fig. 3). Come si vede, fino al 2007 (prima dell’entrata in funzione di nuove infrastrutture), il traffico attraverso la Svizzera centrale (oltre che da e verso l’Austria) ha continuato ad
aumentare pur in presenza di una ferrovia con caratteristiche pari a quelle della linea storica in Valle di Susa/Maurienne: quota del valico intorno ai 1300 m (in Svizzera si tratta del Lötschberg); pendenze; raggi delle curve; necessità della doppia o tripla trazione… In realtà le opposte tendenze lungo le direttrici nord-sud (crescita) e est-ovest (calo) sono legate a caratteristiche strutturali dei mercati. Gli assi nord-sud collegano il cuore dell’Europa coi porti del Mediterraneo settentrionale e questi ultimi sono collegati coi mercati e le aree di produzione dell’estremo e vicino oriente; quei mercati non sono materialmente saturi e possono ancora crescere. Le direttrici est-ovest (specie quella tra Italia e Francia) connettono mercati simili in condizione di maggiore o minore saturazione fisica: il volume materiale degli scambi (le tonnellate) tende a stabilizzarsi, con fluttuazioni occasionali. Per completezza è il caso di aggiungere che dal 2007 in poi (non considerando la brusca contrazione legata alla crisi finanziaria nel 2008) il traffico complessivo attraverso l’intero arco alpino accenna a stabilizzarsi e anche nell’andamento del trasporto di merci a scala mondiale si manifesta qualche crepa (fallimento del colosso internazionale delle supernavi portacontainer Hanjin Shipping nel settembre 2016).
Con questa situazione sullo sfondo, l’ACB presentata nel Q8, sfoderando tanto di modello matematico, riesce a prevedere una fantastica inversione di tendenza: secondo le previsioni del modello, nel 2035 il flusso di merci lungo il corridoio Torino-Lione sarebbe grande più di tre volte quello odierno (12,5 volte quello ferroviario e 1,8 volte quello stradale includendo il Monte Bianco)((Nel 2053 il traffico risulterebbe addirittura 15-20 volte quello attuale.)) . Alla base del risultato vi sono, nel modello matematico utilizzato, essenzialmente due ipotesi. La prima è che il Prodotto Interno Lordo medio europeo (dei paesi interessati dal corridoio) cresca regolarmente nei prossimi decenni (sia pur con tassi diversificati a seconda del periodo): questa naturalmente non è una previsione ma tutt’al più un auspicio, smentito per altro dagli andamenti in essere non soltanto in Europa. La seconda è che, sempre per i decenni a venire, si mantenga un “fattore di elasticità” maggiore di 1 (i valori variamente utilizzati sono andati da 1,4 fino a 1,6 e 1,7): in pratica l’ipotesi è che, se il PIL aumenta, il volume di traffico mercantile aumenti di più (per 1% in più di PIL, 1,6% in più di tonnellate trasportate). Questa assunzione ad hoc (per ottenere il risultato voluto) è palesemente infondata, quando la si utilizzi non per un transitorio ma per un periodo di lunga durata. L’esito paradossale di un andamento simile sarebbe che se la ricchezza lorda prodotta crescesse, il costo del trasporto crescerebbe più in fretta (il costo è proporzionale alla quantità di merce movimentata) per cui la ricchezza disponibile diminuirebbe progressivamente; insomma si finirebbe per lavorare per mantenere il sistema dei trasporti. Per altro il disaccoppiamento tra PIL e flussi materiali, con flussi che crescono meno del PIL o non crescono affatto anche quando il PIL aumenta, è un fenomeno osservabile a scala mondiale soprattutto nei paesi ad economia avanzata, come gli Stati Uniti((È legato alla parziale smaterializzazione dell’economia.)) , e fa parte degli obiettivi dell’Unione Europea.
Altri paradossi legati alle previsioni di traffico dell’ACB sono che non solo il traffico ferroviario è dichiarato in crescita, ma anche quello stradale, vanificando così uno degli argomenti utilizzati a volte nella propaganda a favore dell’opera, e cioè il “ togliere i camion dalla strada”. Si aggiunge il fatto che, nella versione attuale della proposta, è previsto il cosiddetto fasaggio che prevede di realizzare il tunnel di base e di rinviare a data da destinarsi, comunque oltre il 2030, la realizzazione del resto della linea tanto in Francia quanto in Italia. Va da sé che la costruzione di una infrastruttura di grande portata inserita a metà della linea esistente non modifica la capacità di quest’ultima. Di conseguenza ci sarebbero subito i costi, molto ingenti, rinviando a data da destinarsi i benefici, posto che ci fossero.
Un altro aspetto caratteristico dell’ACB ufficiale è che gli stessi enormi incrementi di traffico previsti non risultano sufficienti a produrre un ritorno economico tradizionale accettabile per la nuova linea. Per poter affermare che l’opera ha un bilancio positivo occorre includere diverse esternalità o benefici socioambientali cui attribuire un valore monetario adeguato. Al riguardo le forzature sono numerose, come rilevato da membri della stessa commissione di redazione dell’ACB e verbalizzati, come critiche, nel citato quaderno n.8 (considerazioni della dr.ssa Maffii), o dal rapporto redatto dal Fraunhofer Institute per conto della Commissione Trasporti del Parlamento Europeo. Un esempio è quello della attribuzione di un valore all’ipotetico risparmio nelle emissioni di CO2 che si conseguirebbe con la nuova linea: i valori usati nel Q. 8 sono da 50 a 80 volte più grandi di quelli indicati correntemente in altri studi e ricerche a scala europea; tanto da far pensare ad un errore di stampa, senonché la redditività è poi calcolata usando proprio quei valori spropositati. Un altro esempio è quello della valutazione del vantaggio dovuto alla riduzione del numero di incidenti sull’autostrada: i valori monetari associati agli incidenti sono sovrastimati per quanto riguarda la strada e sottostimati per quanto riguarda la ferrovia. Inoltre per quantificare il numero degli incidenti “risparmiati” si fa riferimento alle statistiche relative alla viabilità ordinaria, molto più grandi (in termini di incidenti per km/anno), piuttosto che a quelle della viabilità autostradale che sarebbe quella pertinente. Ancora: fra i benefici viene conteggiato anche un ipotetico risparmio nella costruzione di veicoli stradali.
Nel complesso un’ACB che venisse effettuata secondo i criteri standard e con parametri corretti fornirebbe, per l’investimento nella NLTL, un ritorno pesantemente negativo. Non raggiungendo poi i volumi di traffico considerati nel Q8 anche la gestione ordinaria della nuova linea risulterebbe in perdita aggiungendo così un deficit cumulativo permanente al mancato rientro dell’investimento.
Tirando le somme, un decisore serio e responsabile non potrebbe far altro a questo punto che concludere per l’insensatezza di un’opera come la NLTL, ma sappiamo che gran parte del ceto politico è su posizioni ben diverse. Ciò che emerge è che, per lo più, in politica (lasciando da parte disonestà e interesse privato, che pure esistono) ciò che prevale non è il merito dei problemi da affrontare, ma l’opportunità da cogliere nell’insieme delle relazioni fra gruppi diversi. Il mondo reale, per la politica, sembra essere una “esternalità” marginale. Il fatto è che, nel nostro paese, un sindaco o assessore o anche consigliere di una pubblica amministrazione che assuma, per insipienza, una decisione visibilmente nociva dell’interesse pubblico, può essere sottoposto ad azione di responsabilità ed essere chiamato a risarcire il danno. Questa regola però non vale per i parlamentari e per i membri del governo; perché dunque costoro dovrebbero preoccuparsi di capire personalmente quali siano le conseguenze delle decisioni che assumono o a cui partecipano?
Angelo Tartaglia è membro della commissione tecnica della città di Torino, del comune di Rivalta e di quelli dell’Unione Montana della Valle di Susa. Si ringrazia la redazione di “Medicina Democratica” di averci consentito la pubblicazione del testo del Prof. Tartaglia (ndr).
2 È legato alla parziale smaterializzazione dell’economia.