Dalla goccia alla scintilla

A chi arriva in treno, appena sceso alla stazione di Cedegolo, si presenta esattamente la situazione illustrata in una cartolina d’epoca: la linea ferroviaria Brescia-Edolo che “buca” la roccia incombente, il fiume Oglio, che qui ha scavato una suggestiva gola, attraversato dal veneziano e storico ponte della Noce e, quindi, la massa algida e geometrica della Centrale idroelettrica.
La Centrale venne costruita dalla Seb (Società elettrica bresciana) per sfruttare la caduta delle acque derivate dal fiume Oglio e rimase in attività sino al 1962. I tre blocchi volumetrici distinti che la compongono erano adibiti rispettivamente a sala macchine, alla trasformazione dell’energia elettrica e a locali di servizio.
L’impressione complessiva dell’edificio è severa: i grandi pilastri perimetrali emergono dal piano di fondo della facciata poggiandosi su un basamento in blocchi di granito dell’Adamello lavorati a bugnato rustico, che ne accentuano la monumentalità.
L’edificio appare uniforme e unitario ed esprime efficacemente l’esigenza di serialità e di severità congrua alla Società committente. Se pochi dettagli possono ascriversi alla cultura liberty di fine Ottocento, l’edificio si colloca decisamente all’interno del filone ingegneristico che in Europa trova nei primi anni del Novecento i migliori interpreti negli architetti Garnier, Perret, Wagner e Peter Behrens.
Oggi che i lavori di restauro sono completati, la Centrale appare nella sua forma originaria, bianca e austera, come se i suoi cento anni di vita fossero trascorsi in un lampo: la velocità dell’elettricità, della luce e della modernizzazione.

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