Ecologia umana, luci e ombre
Inizio con alcuni concetti fondamentali, senza i quali non è possibile comprendere la complessità dell’ecologia umana ed i diversi aspetti.
L’ecologia umana ha una storia relativamente recente, contrariamente ad ecologia, termine coniato fin dal 1866 dal biologo tedesco, Ernst Haeckel per significare la scienza dell’habitat (oikos in greco casa, dimora) e cioè l’ambiente in cui vivono ed agiscono gli organismi. L’ecologia in sé è quindi nata, e si è sviluppata, da più di un secolo.
Il Padre Pedro Calderon Beltrao nel suo libro del 1985 ((Pedro C. Beltrao, (a cura di) “Ecologia umana e valori etico-religiosi”, Editrice Pontificia Università Gregoriana, Roma ,1985)), vale a dire 25 anni fa, scrisse che ecologia costituisce uno dei “nodi della crisi attuale e dell’avvenire dell’umanità” e faceva risalire alla Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite a Stoccolma nel 1972 su “L’ambiente umano”, l’inizio della consapevolezza mondiale nei riguardi dell’ambiente naturale e dei suoi limiti, si trattava quindi di ecologia e non ancora di ecologia umana.
L’ecologia umana chiama in causa la triplice responsabilità dell’essere umano: verso se stesso, verso il prossimo e verso il creato. In termini etici potremo dire verso il rispetto dei fondamentali valori umani ed in termini cristiani, verso il creatore.
L’inizio nelle Università Pontificie dell’interesse per l’ecologia umana cominciò con un corso ad hoc, che continua a tutto oggi, fin dagli inizi degli anni 90 alla Pontificia Università Gregoriana avendo come base il lavoro interdisciplinare condotto dal Padre Beltrao, sociologo e demografo, insieme a teologi, epistemologi oltre che a storici del pensiero delle diverse religioni, in rapporto alla natura. Questo lavoro interdisciplinare cominciò già negli anni 80 ed io vi partecipai come docente della Gregoriana e membro del Club di Roma. Non a caso il volume del 1985 fu dedicato dal Padre Beltrao ad Aurelio Peccei che era scomparso nel 1984.
Mi pare importante a questo punto ricordare che alla Pontificia Università Lateranense negli anni accademici 1974/75, 1975/76 e 1976/77, Giorgio Nebbia tenne un corso di “Ecologia” in cui parlava anche di ecologia umana. I corsi furono poi interrotti, ma indicano chiaramente come Nebbia avesse già allora dato un notevole contributo all’insegnamento dell’ecologia e dell’ecologia umana.
Un altro studioso italiano che si è occupato di ecologia umana nella seconda parte degli anni 70, è Raimondo Strassoldo, allora direttore dell’Istituto di sociologia internazionale a Gorizia con un libro dal titolo “Sistema ed ambiente. Introduzione all’ecologia umana” ((Raimondo Strassoldo, “Sistema e ambiente.Introduzione all’ecologia umana”,Franco Angeli editore, Milano, 1977))
L’ecologia è nata come studio biologico, però è interessante ricordare che il biologo Thomas Huxley già nel 1863 aveva scritto un saggio che potrebbe essere definito di ecologia umana, sul “posto dell’uomo nella natura”.
Alcuni studiosi, a partire dagli anni 70, cominciano a indicare la possibilità di un concetto di ecologia umana, abbozzando la presenza di un rapporto tra ambiente naturale e azione umana. Si tratta di Fracoise Ramade in Francia, Eugene Odum negli Stati Uniti o ancora Ramon Margalef in Spagna. Un concetto di ecologia umana più ampio a fini didattici, si ritrova addirittura nel 1959 con Otis Dudley Duncan dell’Università di Chicago, che, nel 1959, scrisse un contributo col titolo: “Lo studio della popolazione umana”, nel capitolo dal titolo “Ecologia umana e popolazione”, per l’antologia edita da Hauser/Duncan. Il concetto si può riassumere come “lo studio dell’interazione tra le popolazioni umane e gli ambienti naturali tramite la tecnologia regolata dall’organizzazione umana” come riporta Beltrao ((Otis Dudley Duncan, “Human Ecology and Population studies”, in Hauser/ Duncan, eds, “The Study of Population-An Inventory and Appraisal, The Univ. of Chicago Press, 1959)).
Questa definizione di ecologia umana apre la sua storia ed è importante prima di tutto perché sottolinea l’interazione tra le popolazioni umane e tutti gli ambienti naturali nella loro complessità, cosa che appare ancora più che attuale ai nostri tempi. Inoltre dà anche la possibilità di guardare al futuro sottolineando le interazioni tra l’utilizzo delle tecnologie, sempre più complesse, con la popolazione e l’ambiente naturale. Basti pensare a quanti e sempre più sofisticati, siano e saranno gli strumenti tecnologici realizzati e utilizzati dall’uomo. La tecnologia al tempo stesso è creata dall’uomo e dalla sua scienza ed essendo tale interagisce con l’uomo e con la società a cui appartiene. Infatti l’uomo utilizza le strutture sociali sia per la creazione delle stesse tecnologie sia per il loro utilizzo secondo criteri diversi.
Le variabili per l’ecologia umana, secondo Padre Beltrao, sono tre:
1. La prima è la variabile strettamente ecologica di cui fanno parte, l’ambiente fisico (le risorse minerali, l’energia, l’acqua e l’aria ecc.), l’ambiente vegetale e l’ambiente animale che, insieme, forniscono le risorse naturali rinnovabili.
2. La seconda variabile è la popolazione umana, o variabile demografica, di cui fa parte la dinamica demografica e cioè i fatti e i fattori dell’incremento della popolazione nel tempo, l’insediamento umano e il profilo professionale delle varie popolazioni.
3. La terza variabile è la tecnologia o tecnologia-economia la quale rafforza l’influenza dell’essere umano sugli ambienti naturali.
4. La quarta variabile è l’organizzazione sociale o meglio etico-sociale, di cui fanno parte le associazioni private, le istituzioni politico–amministrative, le scelte ideologiche–politiche ed i valori etico sociali ed etico religiosi.((Pedro C. Beltrao, “Concetto e problematica dell’ecologia umana” in “Ecologia umana e valori etico-religiosi” id. pp. 33-35))
Come appare chiaro, l’ecologia umana è per sua natura interdisciplinare e dovrebbe tendere ad essere transdisciplinare. L’interdisciplinarietà si può definire come l’apporto delle diverse discipline alla tematica dell’ecologia umana, che necessita infatti di molte di esse. Questo è già un passo importante, sarebbe tempo però anche di tendere alla transdisciplinarietà in cui le varie discipline tendono ad una comune base teorica (molto difficile) ed almeno ad un approccio metodologico di base. Questo vorrebbe dire coinvolgere sia le scienze naturali che le scienze umane e sociali per dare risposte adeguate al fenomeno dei rapporti uomo-natura-società che è in sé complesso. L’ecologia umana affrontata in termini transdisciplinari coinvolge anche più dell’approccio interdisciplinare ed in particolare le scelte ed i valori etici su cui tali rapporti si basano.
Come si vede l’ecologia umana è una necessità che deriva dalla complessità dei fenomeni ambientali che non possono prescindere dalle scelte umane e sociali, in quanto in funzione non solo della sopravvivenza umana, valore fondamentale, ma anche di una vita accettabile e quindi veramente umana per le persone e le società nel loro complesso. Di qui l’importanza degli aspetti etici nell’ecologia umana,
Interessante a questo proposito il pensiero del filosofo Peter Henrici ((Peter Henrici, “Essere umano e natura nell’era tecnologica”,in Pedro C. Beltrao, id. pp71-94)) il quale scrive che l’essere umano, contrariamente all’animale, é caratterizzato dal non-adattamento all’ambiente naturale e dalla conseguente necessità che egli ha di crearsi un ambiente artificiale. Tale ambiente artificiale va dall’ambiente familiare alla cultura intesa in senso lato, cioè a un mondo che sia specificamente umano e che dà all’uomo la possibilità di un rapporto ricco e positivo con la natura.
Naturalmente, attraverso i tempi e i luoghi, la cultura varia, di conseguenza, il vero problema ecologico dal punto di vista umano, consiste dai rapporti dell’ambiente culturale con l’ambiente naturale. Da questi rapporti derivano i cambiamenti della natura prodotti, per esempio, dalla scienza e dalla tecnologia e quindi dall’uomo stesso oltre che dalle strutture sociali, le quali sono basate sui valori che in tali strutture prevalgono. Questa è la ragione per la quale vi è, nei rapporti uomo-società e natura, la centralità degli aspetti etici e le conseguenti responsabilità da parte dell’ambiente culturale in quanto mediatore tra l’uomo e l’ambiente naturale. Entrambi possono, indubbiamente, soffrire in tale mediazione e questo attraverso i tempi e lo sviluppo della storia. Si può dire, con Jacques Ellul che, quando l’ambiente tecnologico domina la cultura tende a fagocitare l’ambiente naturale. Non a caso un articolo di Giorgio Nebbia su “La Gazzetta del Mezzogiorno”, del marzo 2007, era intitolato “L’apocalisse alla porta”, dovuta alla mancanza di un ottica di ecologia umana nel rapporto uomo-ambiente.
Nebbia tra l’altro, ricorda una frase del premio Nobel, Albert Schweitzer che disse “L’uomo ha perso la capacità di prevedere e prevenire; finirà per distruggere la terra”. Questo pensiero di Schweitzer inserisce nel rapporto uomo natura, l’importante dimensione del prevedere per prevenire,
È infatti necessario, per l’ecologia e ancora più per l’ecologia umana, avere un approccio previsionale nel senso di guardare avanti alle possibili conseguenze delle decisione ed azioni prese nel presente ed alle tendenze che provengono anche dal passato, dando così la possibilità di prevenire i danni ed addirittura le catastrofi naturali. La previsione opera sempre in termini alternativi ed é quindi necessario, non solo guardare avanti ai possibili, ma anche ai probabili e perfino ai desiderabili futuri alternativi. Prevedere un solo futuro non è utile perché si tratta del “non ancora accaduto” e quindi si può solo parlare di diversi futuri.
L’importanza delle previsioni sta nella capacità di chiarire le varie possibilità future ed evitare almeno il peggio. Di conseguenza anche nelle previsioni è fondamentale l’etica e quindi i valori in base ai quali si prendono le decisioni che possono evitare i futuri peggiori. Emerge così la responsabilità di chi fa previsioni e la necessità dell’etica che indica le responsabilità sia di chi decide sia di chi fa previsioni. Le previsioni riguardano l’ecologia ed ancor più l’ecologia umana. Si crea quindi un legame tra previsione ed ecologia umana in quanto in entrambe risultano importanti i valori etici e la responsabilità delle scelte anche in funzione delle future generazioni o, come ancora scrive Nebbia in: “Un’etica dell’ambiente” nel febbraio 2008 della Gazzetta del Mezzogiorno, che i danni sull’ambiente coinvolgeranno anche “il prossimo del futuro” (( Giorgio Nebbia, “Un etica dell’ambiente”, La Gazzetta del Mezzogiorno, febbraio 2008,)).
Tra ecologia umana e previsione, vi sono anche legami metodologici quali la necessità dell’interdisciplinarietà oltre che di una rigorosa analisi sia del passato che del presente. Il carattere interdisciplinare (o,in futuro, come si diceva, transdisciplinare), sia dell’ecologia umana che della previsione sociale, coinvolge sia i rapporti tra uomo e cultura sociale che tra natura e cultura umana e sociale.
È molto importante, in questo momento, vedere l’ecologia umana in rapporto al cristiano. E’ necessario, come ricorda Giorgio Nebbia (( Giorgio Nebbia, “Per una visione cristiana dell’ ecologia”, Ecologia n.3 pp.5 anno 1972)), partire dalla Genesi (Genesi:2,15) in cui l’uomo per la sua sopravvivenza deve lavorare la terra, ma ne è anche il custode e quindi responsabile. Muovendoci in questo argomento a ritroso nella storia, si trovano i Padri Cappadoci, in particolare, Gregorio di Nissa e Gregorio di Naziano con Giovanni Crisostomo, patriarca di Costantinopoli, teologi che nella transizione tra il IV e V secolo, i quali scrissero molto sulla creazione. Essi furono ricordati da Benedetto XVI durante le udienze del mercoledì nei mesi di agosto e settembre del 2007 ((Vandana Shiva, “Sopravvivere allo sviluppo”, ISEDI Petrini, Torino, 1990.)). Questo particolare è interessante per quanto vedremo più avanti a proposito delle encicliche che si sono occupate dell’ambiente e dell’ecologia umana. Infatti come vedremo varie delle Encicliche della Chiesa soprattutto negli ultimi tempi, hanno fatto e fanno riferimento alla questione ambientale e all’importanza dei rapporti uomo -natura attraverso la cultura. Anche l’impatto delle Encicliche sul mondo cristiano si rapporta ai problemi che il mondo sente come importanti in alcuni momenti storici come il recente passato, il presente ed il possibile futuro.
Ancora Nebbia nel citato articolo: “Per una visione cristiana dell’ecologia”, ricorda la lettera enciclica “Divina Redemptoris”, del 1937 in cui il papa Pio IX scrive che l’uomo deve rendere conto a Dio dei beni della terra. Molte sono le encicliche negli ultimi anni che devono essere ricordate in quanto approfondiscono questa tematica.
La tematica dell’ambiente nella Dottrina Sociale della Chiesa e nelle encicliche si abbina spesso con il concetto di sviluppo e questo dimostra la consapevolezza dei problemi attuali da parte di vari Papi.
Già nella Populorum Progressio del 1967, di cui oramai si sono celebrati da tempo i 40 anni, Paolo VI ricorda quanto già scritto nella Gaudium et Spes in cui ”Dio ha destinato la terra e tutto ciò che contiene all’uso di tutti gli uomini e di tutti i popoli” (G S, 1964 n. 69. p.1) e scrive: “Nessuno è autorizzato a riservare a suo uso esclusivo ciò che supera il suo bisogno, quando gli altri mancano del necessario” (PP n.3,p.23). Il numero 2 p.13 della stessa Lettera Enciclica e precedente a quello citato, è dedicato alla Chiesa e il mondo e Paolo VI scrive di “una visione globale dell’uomo e dell’umanità”
Giovanni Paolo II si è molto occupato della questione ambientale e già nella Sollecitudo Rei Socialis del 1988 in cui tratta o di un autentico sviluppo umano, sottolinea tra i segnali positivi nel presente, “la preoccupazione ecologica” che indica la necessità del rispetto per la natura in connessione con la programmazione dello sviluppo, (SRS p.26).
Nella Centesimus Annus, Giovanni Paolo II nel 1991 scrive chiaramente della questione ecologica e ancora più importante, scrive di ecologia umana. Egli sottolinea che, se ci si preoccupa giustamente di preservare l’habitat delle specie animali ”ci si impegna troppo poco per salvaguardare le condizioni morali di un autentica ecologia umana” (CA p.38). E’ interessante che nel paragrafo successivo (CA p.39), Giovanni Paolo II scrive che “La prima importante struttura a favore della ‘ecologia umana’ è la famiglia, in seno alla quale l’uomo riceve le prime e determinanti nozioni intorno alla verità e al bene”. Nel paragrafo ancora successivo, sottolinea il compito dello Stato “ alla difesa e alla tutela dei beni collettivi, come l’ambiente naturale e l’ambiente umano” (CA p.40). Importante è anche ricordare il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1990 in cui Giovanni Paolo II scriveva che”non pochi valori etici, di fondamentale importanza per lo sviluppo di una società pacifica, hanno una diretta relazione con la questione ambientale” (n.2)
Papa Benedetto XVI nella Caritas in Veritate, scrive ”Le modalità con cui l’uomo tratta l’ambiente influiscono sulle modalità con cui tratta se stesso”(CV p.51) e, ricordando la responsabilità della Chiesa verso il creato, sottolinea l’importanza di tale responsabilità nel pubblico e aggiunge che: “Il degrado della natura è strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana: quando l’«ecologia umana» è rispettata dentro la società, anche l’ecologia ambientale ne trae beneficio; come le virtù umane sono tra loro comunicanti, tanto che l’indebolimento di una espone a rischio anche le altre, così il sistema ecologico si regge sul rispetto di un progetto che riguarda la sua convivenza in società sia il buon rapporto con la natura” ( CV p. 51).
Interessante notare che di ecologia umana Papa Benedetto XVI aveva parlato già nel Messaggio per Giornata Mondiale della Pace nel 2007. Inoltre il Messaggio per la Giornata della Pace del gennaio 2010 di Benedetto XVI, ha il titolo “Se vuoi coltivare la pace proteggi il creato”, in cui è evidente, nel pensiero del Papa, la responsabilità del creato come via per la pace.
Il Messaggio per la giornata della Pace di Benedetto XVI del 2010 sottolinea inoltre l’importanza di una pedagogia dell’ecologia umana: “Volentieri, pertanto, incoraggio l’educazione ad una responsabilità ecologica, che, come ho indicato nell’Enciclica Caritas in veritate, salvaguardi un’autentica «ecologia umana» e, quindi, affermi con rinnovata convinzione l’inviolabilità della vita umana in ogni sua fase e in ogni sua condizione, la dignità della persona e l’insostituibile missione della famiglia, nella quale si educa all’amore per il prossimo e al rispetto della natura [29]. Occorre salvaguardare il patrimonio umano della società.”(Messaggio per la pace 2010, p12 ). Questa affermazione di Benedetto XVI dimostra chiaramente che la chiesa ha colto l’importanza anche dell’educazione per l’ecologia umana.
Tale educazione, a mio avviso, dovrebbe partire sia dalla famiglia come afferma ancora Benedetto XVI che anche dalla scuola primaria per rendere le nuove generazioni consapevoli non solo dei problemi ambientali, cosa che comincia ad apparire nelle scuole, ma anche delle responsabilità delle azioni umane e sociali. La necessità di educazione all’ecologia umana è suffragata dalle previsioni già esistenti dei danni ambientali che potranno aggravarsi nei prossimi ed anche lontani anni per la società umana. Il primo passo, ancora poco riconosciuto, è educare gli insegnanti affinché trasmettano sia la conoscenza della natura che il senso di responsabilità dei giovani nei confronti di tutte le questioni ambientali dal proprio giardino e terrazzo e ai corretti comportamenti nei confronti dei rifiuti oltre che alla consapevolezza in generale, che i comportamenti umani sono grandemente responsabili dei danni ambientali.
Si parla raramente del rapporto donna-natura e quindi del ruolo della donna nell’ecologia umana che è invece fondamentale anche se poco conosciuto e riconosciuto. Si tratta di un ambito di invisibilità della donna che si aggiunge ad altri in cui essa è ugualmente importante. Si pensi che in molti paesi soprattutto in Africa ed Asia dove la donna, come era in un passato oramai dimenticato, anche in Europa, sia proprio colei che si occupa principalmente dell’acqua, del cibo e del piccolo campo dove coltiva il necessario, assicurando così la sopravvivenza ai propri figli e quindi la continuazione della vita nel suo villaggio od altro territorio. Vandana Shiva, scienziata indiana, vede un parallelo tra quella che lei chiama “la desacralizzazione della natura” e la “marginalizzazione della donna”. Ed ancora la Shiva, a proposito della natura, dice che “la distruzione è violenta e visibile mentre l’equilibrio e l’armonia non si vedono” (8). Vandana Shiva ha fatto conoscere al mondo le donne Cipko che, in India, salvarono gli alberi da cui dipendeva la loro sopravvivenza, da coloro che li volevano tagliare per vendere il legname. Le donne Chipko abbracciarono fortemente gli alberi, anche se i tagliatori cercavano di strapparle dagli stessi.
Al di là del quotidiano ancora presente, come si diceva in alcune parti del mondo, vi sono altri gruppi significativi di donne che hanno lottato e lottano ancora per la salvaguardia della natura come Wangari Mattai, premio Nobel per la pace, che in Kenya, incoraggiò le donne delle periferie di Nairobi, a piantare un albero davanti alla casa, creando così la ben conosciuta Cintura Verde di Nairobi. Ancora vorrei ricordare le quasi sconosciute nonne di Chernobyl che si so sono occupate dei nipoti malati a causa del disastro ecologico o le Papeiras in Brasile che selezionando i rifiuti delle grandi città e vendendolo per la sopravvivenza dei figli, compivano anche un grande servizio alla società. Potrei nominare varie iniziative ma basta ricordare che nonostante i cambiamenti economici e sociali nel mondo sono ancora le donne a gestire il cibo per la famiglia.
Vorrei concludere dicendo che molto vi è da fare per la salvaguardia dell’ambiente e che l’ecologia umana è uno strumento importante per meglio conoscere il rapporto uomo-società -natura. Il ruolo dell’ecologia umana come indicatore di responsabilità umana e sociale non è molto accettato, come dimostrano le scarse ed incerte decisioni per preservare il dono ricevuto dal creatore, per i credenti, delle risorse naturali che devo essere trasferire alle prossime generazioni per la loro sopravvivenza. Come mi insegnava un anziano in Costa d’Avorio molti anni fa, siamo solo custodi di quanto ricevuto e non proprietari, in quanto dobbiamo poterli trasmettere alle future generazioni. Credo che in questo momento storico il ruolo dell’essere umano, come anche indicato dai pontefici prima ricordati, sia proprio quello di sentirsi responsabili di quanto ricevuto. Questo pensiero pare essere più riconosciuto nei così detti paesi in via di sviluppo e dalle donne che ancora in questo campo, come si diceva, sono spesso costrette a ritenersi invisibili. Purtroppo i decisori a livello internazionale attenti a questa grande responsabilità non sono molti, come appare dalle recenti conferenze, in cui si sono dimostrati incapaci di decidere insieme. La responsabilità per la sopravvivenza di ogni uomo o donna nel mondo rimane, comunque, di ciascun essere umano nelle società oltre che dei decisori ai vari livelli.