Editoriale
Il “novecento” (avete visto che è stato scritto con la lettera minuscola) a cui si ispira questa rivista telematica è uno strano insieme di anni. Con la lettera maiuscola dovrebbe comprendere gli anni che vanno dal 1900 al 1999, ma in realtà, secondo l’intenzione di ”altronovecento”, non si tratta di cento anni ma di un insieme temporale esteso a eventi che hanno rivoluzionato il mondo. I lettori si saranno meravigliati nel vedere riferimenti ad eventi che vanno indietro nell’Ottocento o anche nel Settecento, e che riguardano questi primi anni del Duemila. Ma lo si è fatto intenzionalmente proprio alla ricerca delle radici delle fonti delle contraddizioni e delle violenze del “novecento”, quelle che si vorrebbero correggere alla ricerca di un “altronovecento”.
Anche in questo numero 14 dell’undicesimo anno di vita della rivista i lettori troveranno articoli e commenti che comportano e che cercano di riconoscere queste contraddizioni. A cominciare dal dibattito sul “nucleare”, inteso come ricorso alle modificazioni artificiali del nucleo atomico di alcuni elementi per trarne elettricità, energia commerciale e forza esplosiva per armi di distruzione di massa. Oggi, nei primi anni del XXI secolo, il dibattito è centrato sulla volontà da parte di alcuni e al rigetto da parte di altri della costruzione di nuove centrali nucleari per produrre elettricità in Italia. E così si discute se ”conviene”o no il ricorso all’energia nucleare, se c’è sufficiente uranio nel mondo, se l’elettricità di origine nucleare costa qualche soldo di più o di meno di quella ottenuta dal carbone o dalle forze del Sole.
Ma la risposta alla domanda centrale si può avere ricostruendo la maniera in cui è stata scoperta la struttura dell’atomo e sono stati riconosciuti i caratteri degli elementi coinvolti nel “nucleare”, i minerali, gli elementi fissili e i in prodotti di fissione, e per questo bisogna andare a Mendeleev e alla metà dell’Ottocento, là dove comincia la comprensione dell’atomo e dei suoi caratteri, e a questo è rivolta l’analisi che Vincenzo Caniglia ha fatto della “merceologia” degli elementi coinvolti nella produzione di elettricità nucleare.
Ugualmente per comprendere il “novecento” occorre analizzare il “contenuto” di violenza della società “moderna”. E anche qui bisogna andare a cercare le radici, addirittura risalendo, come hanno fatto Consolandi e Carlo Tombola, all’evoluzione delle armi da fuoco, dal XIII secolo ad una delle più fiorenti industrie di morte, di “merci oscene” di oggi. Rientrano in questa ricerca delle fonti di violenza i saggi di Pier Paolo Poggio e di Marino Ruzzenenti che cercano di dare una risposta alla domanda, di ieri, di oggi e di domani, c’è pane per tutti?, intendendo con “pane” tutti i beni fisici materiali da cui dipende la vita degli ormai sette miliardi di persone che abitano la Terra, dalle megalopoli dell’opulenza, alle megalopoli della miseria, alle foreste e ai deserti e alle montagne.
È poi vero che ci sono dei limiti nella disponibilità di risorse materiali fisiche o le infinite risorse dell’ingegno e della fantasia umana possono superare alcuni dei problemi di scarsità? O non si rischia, come nota Ruzzenenti, di cascare da una trappola all’altra, di superare la scarsità del petrolio necessario per i SUV con la produzione di biocarburanti che tolgono, letteralmente, il pane di bocca agli abitanti dei paesi poveri, costretti ad abbandonare le coltivazioni alimentari per “fabbricare”, con un’agricoltura intensiva e ecologicamente devastante, le materie prime da trasformare in alcol etilico carburante o in “biodiesel”?
Comunque il filo conduttore della rivista ha cercato di essere la necessità di giudicare il presente ricordando il passato; si è cercato, insomma, di presentare, in questi undici anni, una rivista di “storia” ispirata all’idea che “il passato è prologo”. Da qui l’attenzione per la conservazione fisica delle testimonianze del passato, il compito, come spiega Poggio nel suo saggio sui musei, da realizzare in “musei” che siano non magazzini di cose morte, ma raccolte di “cose” vive, parlanti.
A questo fine l’editore di “altronovecento” – la Fondazione Biblioteca Museo fondata da, e intestata a, Luigi Micheletti, e il suo Museo dell’Industria e del Lavoro MuSIL – sono impegnati nella realizzazione di strutture museali che raccolgano e offrano alla pubblica comprensione macchinari, oggetti e carte e libri e testimonianze “cosologiche” legate al lavoro, all’industria, alle modificazioni ambientali associate all’uso delle risorse naturali a fini umani, alle fonti di energia, compresa quella solare e quelle rinnovabili, “nuove” ma vecchissime con radici che affondano nel tempo dei Greci, dei Cinesi, degli Arabi, nel Rinascimento. “Musei” che continuano e si fanno più visibili in tutto il ”novecento” fino ad oggi e domani, che salvino dalla distruzione e dalla dimenticanza oggetti, “cose” appunto, da cui sia possibile ricostruire il “novecento”, musei che sorgono fortunatamente nel territorio come a Margherita di Savoia, per la storia delle saline la cui modernità risale all’epoca romana.
Di particolare interesse “storico” ambientale sono gli articoli di Giulio Maccacaro sulle diossine di ieri – Seveso del 1976 – di Ruzzenenti sulle diossine di oggi e di Vaschetto sull’IPCA, la fabbrica di mortali intermedi e coloranti
Un ultimo commento. Come si è ricordato nell’editoriale del n. 13 dell’anno 10 del 2008 ”altronovecento” ha subito varie vicissitudini di carattere informatico (a dimostrazione della fragilità anche della “più modernissima” modernità); si sta finalmente andando verso una unificazione del “sito” telematico in cui in lettori potranno trovare tutti i numeri di altronovecento, che comprendono ormai oltre duemila “pagine”.