Editoriale n°15

Avvertenza

Lo scopo di “Altronovecento” è stato sempre quello di fornire elementi di conoscenza e di documentazione su pagine trascurate della storia del secolo passato. Il filone nettamente predominante è stato quello concernente la tecnica e l’ambiente, anche perché, a causa di un istruttivo paradosso, sono tra gli argomenti meno frequentati, almeno da noi, da parte degli studi storici. Succede così che i temi al centro del dibattito intellettuale e filosofico, oltre che scientifico, occupino un posto del tutto marginale nella produzione storiografica.

Il problema è ad un tempo culturale e politico, infatti l’impianto della contemporaneistica è innegabilmente politicocentrico, ma la politica tuttora organizzata sull’asse destra-sinistra, si trova a disagio nell’affrontare le questioni, per altro intrecciate, che discendono dalla tecnica e dall’ambiente. Gli schieramenti si mescolano, le distinzioni reggono a fatica. Al contrario la storiografia, nonostante i dinieghi e le pretese di scientificità e neutralità, si orienta e si colloca sulla base di opzioni ideali e ideologiche. Un assunto questo che in linea di principio può essere respinto da chi pretende di fare ricerca storica in modo neutrale, oggettivo, rankiano si sarebbe detto, ma che trova riscontro in qualsiasi resoconto intellettualmente onesto sulla produzione storiografica italiana e internazionale, concernenti questioni da qualche rilevanza, specie della storia del Novecento.

In sostanza la tesi che sosteniamo è che l’inadeguatezza palese della politica nell’affrontare la tecnica e l’ambiente si riflette pesantemente nel carattere asfittico della storiografia dedicata allo studio dell’evoluzione e fenomenologia della tecnica in età contemporanea, così come, e in termini più accentuati, nella mancata tematizzazione delle radici storiche della crisi ecologica.

Con piena consapevolezza dei limiti del tentativo fatto e in corso, “Altronovecento” ha inteso segnalare tale situazione, fornendo un piccolo contributo e colmando qualche lacuna.

E però le pagine bianche o poco conosciute del Novecento concernono molti altri territori, anche di storia politica e sociale. Per questo motivo e non mirando alla rispettabile ma non sempre utile e produttiva specializzazione e distinzione degli ambiti di ricerca, della disciplina e diramazioni delle stesse, con le relative cattedre, questo numero monografico della rivista è dedicata ad un altro argomento, nella forma non nuova della messa a disposizione di testi, anche relativamente recenti ma introvabili o comunque degni di attenzione.

Tra l’altro l’autore del contributo incarna l’incontro tra storia e scienze fisiche che, palesemente, è uno degli obiettivi della rivista. Non perché affronti questioni di storia della fisica e della sua applicazione ma perché è personalmente un fisico che ha scritto un saggio pionieristico, per il nostro paese, sugli International Workers of the World.

Quello che segue è quindi un testo di storia sociale e politica, e un americanista di valore come Nando Fasce spiega l’interesse dell’opera e l’opportunità della sua risposta.

Senza entrare nel merito almeno un aspetto ci pare che vada sottolineato. Come è noto gli Usa sono stati una costruzione e proiezione dell’Europa; successivamente l’epicentro dello sviluppo specialistico industriale, posizione che con qualche fatica mantengono tuttora. Però mentre in Europa la rivoluzione industriale, nella sua successiva ondata, dava vita al movimento operaio, al socialismo, al comunismo, niente di tutto ciò sarebbe successo negli Stati Uniti. Avremmo così una colossale “eccezione americana”: l’America terra per eccellenza della tecnica e della sua incessante innovazione, dovrà forse fare i conti con la questione ambientale, ma è stata capace di saltare la questione sociale, di qui deriva la sua superiorità.

Questa narrazione crediamo che sia tuttora egemone, e che anzi venga, sotto altre vesti, continuamente riproposta. Il lavoro di Renato Musto dimostra che la storia è molto più complessa e che anche in America c’è stato un “Altronovecento”, la cui conoscenza, oltretutto, è utile per capire la realtà americana di oggi.