Editoriale n°17
I primi mesi del 2011 sono stati segnati da straordinari eventi politici: dalle incredibili vicende della politica italiana alle rivolte che hanno interessato milioni di abitanti del “mondo islamico” – estesesi dalle coste del Mediterraneo a quelle dell’Oceano Indiano, nella contestazione di governi autoritari e dittatoriali – dal flusso di migranti dall’Africa verso l’Italia al resto dell’Europa, alla preparazione dei referendum del giugno 2011 chiesti per revocare le leggi che consentono la cessione a imprese private della maggioranza delle azioni delle aziende acquedottistiche, le leggi che prevedono la costruzione di nuove centrali nucleari, la legge che consente ai governanti, in nome di un preteso “legittimo impedimento”, di sfuggire ai processi in cui sono coinvolti.
Ci limiteremo qui a considerare i tentativi di resurrezione in Italia del nucleare che sembrava sepolto dopo la catastrofe di Chernobyl del 1986 e il referendum del 1987. A dire la verità da allora la voglia di nucleare in Italia non è mai cessata e si è manifestata vigorosa quando, il 22 maggio 2008, il ministro dell’industria del IV governo Berlusconi, appena insediato, ha annunciato davanti ad un congresso della Confindustria, la decisione di costruire alcune centrali nucleari. Il 24 febbraio 2009 il presidente del consiglio italiano, nel corso di una riunione col presidente francese Sarkozy, ha firmato un protocollo di intesa per la costruzione di centrali nucleari del tipo EPR di fabbricazione della francese Areva, subito seguito da accordi fra l’ENEL e EDF, la società statale francese dell’elettricità.
I reattori nucleari EPR, cosiddetti “di terza generazione”, sono moderati ad acqua e raffreddati ad acqua sotto pressione, del tipo PWR, quindi, della potenza di circa 1600 megawatt; due prototipi sono in costruzione, uno, da tempo, in Finlandia ad Olkiluoto, e uno previsto in Francia a Flamanville.
Va notato che nel marzo dello stesso 2009 in cui vennero stretti accordi con la Francia, hanno avuto luogo contatti fra l’Italia e la società americana Westinghouse che vende i reattori AP1000, simili a quelli francese EPR della Areva, ma ai quali è interessata l’industria italiana Ansaldo, e anche i reattori “piccoli” IRIS da 100-300 MW. Si tratta della stessa furbesca maniera di cercare di compiacere, con pubblico denaro, interessi economici concorrenti e anzi contrastanti, proprio come era successo negli anni Sessanta quando, sempre per compiacere diversi gruppi di pressione economici e industriali, le tre prime centrali nucleari italiane del Garigliano, di Latina e Trino, sono state realizzate con tre diversi tipi di reattori, col che ci è stato impossibile acquistare adeguate e consolidate conoscenze ed esperienze di esercizio e sicurezza utili per le scelte future.
La o le centrali dovrebbero essere installate in una zona dove è disponibile molta acqua di raffreddamento (dato lo stato e la portata dei nostri fiumi, l’unica soluzione sarebbe l’uso dell’acqua di mare), su suolo geologicamente stabile e senza rischi di terremoti, lontano da zone abitate, da importanti linee di comunicazione, da sedi di attività militari.. Nel corso del 2010 è cominciato il balletto delle indicazioni delle località condannate ad ospitare tali centrali; i luoghi a cui pensa al governo sono stati tenuti segreti ma le varie regioni sono entrate in fibrillazione, alcune dichiarando esplicitamente che nel loro territorio non volevano nessuna centrale.
Per decidere dove localizzare le future eventuali centrali il 23 luglio 2009 veniva emanata la legge 99 che, all’art. 25 delegava al governo le scelte per la localizzazione degli impianti nucleari e per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi. Il primo dei decreti di attuazione della legge 99 è stato quello n. 31, del 15 febbraio 2010, che stabiliva i criteri che avrebbero dovuto essere seguiti in tali scelte e anche i compensi monetari per le popolazioni delle località in cui fossero insediati centrali e depositi di scorie. In tali scelte non era prevista la consultazione delle Regioni che sono ricorse alla Corte Costituzionale la quale ha respinto il ricorso delle Regioni ma, con la sentenza n. 31 del 2011, ha sancito l’illegittimità dell’art. 4 del decreto 31 del 2010, tanto che il governo è stato costretto a scrivere un altro decreto legislativo che è stato pubblicato col numero 41 del 23 marzo 2011.
Nel frattempo il 29 marzo 2010 (si noti il febbrile succedersi delle date) è stata depositata la richiesta di un referendum abrogativo di varie norme della Legge 99 del 2009 e del decreto 31 del 2010, richiesta che è stata accolta, per cui è stata anche fissata la data del referendum per il 12 giugno 2011.
Fretta e disordine normativo che ben presto hanno dovuto fare i conti con le conseguenze del terremoto giapponese e dello tsunami dell’11 marzo 2011 e con la conseguente catastrofe in ben quattro reattori della centrale nucleare di Fukushima, ben presto rivelatasi in tutta la sua gravità, dello stesso ordine di quella di Chernobyl del 1986. Si è così avuta una forte svolta nell’opinione pubblica nei confronti della convenienza e sicurezza della scelta nucleare, proprio come dopo Chernobyl, come ricorda bene il documentato saggio di Edgar Meyer: “Chernobyl, la madre di tutta la comunicazione ambientale” che appare in questo stesso numero di altronovecento. Una svolta che ha fatto pensare ad una probabile vittoria dei contrari al nucleare, nell’imminente referendum del giugno, come si era verificato col referendum del 1987.
Davanti a questo “pericolo”, il governo si è affrettato ad infilare in tutta fretta, nel decreto legge n. 34 del 31 marzo 2011, che si occupava di tutt’altro, un articolo 5 che prevedeva una “sospensione” delle decisioni nucleari. Troppo poco convincente per sventare il temuto (dal governo) successo del referendum antinucleare del giugno 2011, così il 20 aprile 2011, nel corso della discussione al Senato del decreto legge 34, il governo ha proposto un emendamento che contiene l’abrogazione di tutti gli articoli che avrebbero dovuto essere sottoposti a referendum. Il decreto legge 34, così modificato, è stato inviato alla Camera per la conversione in legge che dovrebbe avvenire entro il 20 maggio 2011, giusto pochi giorni prima della data fissata per il referendum che potrebbe così essere annullato.
Che si tratti soltanto di una manovra tattica contro la possibilità che si esprima la volontà popolare in tema di opzione per il nucleare è stato dimostrato dallo stesso presidente del consiglio italiano che, il 26 aprile 2011, in una conferenza stampa col presidente francese Sarkozy, ha pubblicamente dichiarato: “Siamo assolutamente convinti che l’energia nucleare sia il futuro per tutto il mondo. La gente era contraria, fare il referendum adesso avrebbe significato eliminare per sempre la scelta del nucleare. L’accadimento giapponese ha spaventato ulteriormente i nostri cittadini. Se fossimo andati oggi al referendum, non avremmo avuto il nucleare in Italia per tanti anni. Per questo abbiamo deciso di adottare la moratoria, per chiarire la situazione giapponese e tornare tra due anni a un’opinione pubblica conscia della necessità nucleare. Siamo assolutamente convinti che il nucleare sia il futuro per tutto il mondo. L’energia nucleare è sempre la più sicura. Anche perché il disastro giapponese si è verificato perché la centrale di Fukushima era stata edificata su un terreno che non lo permetteva”.
Per necessità interrompiamo qui la narrazione degli eventi del primo quadrimestre 2011. I lettori sapranno come è continuata questa estenuante storia di errori e approssimazioni, di mancanza di scelte coerenti fra vari tipi di centrali, di mancanza di visione sul futuro energetico dell’Italia e del mondo, di perdita di autorevolezza del mondo scientifico, troppo pronto a compiacere gli affari legati all’energia nucleare e timoroso di raccontare al pubblico la verità sui costi energetici, ambientali e monetari del nucleare, sulla sicurezza delle centrali, di affrontare con coraggio il più grosso problema che continuerà a sussistere quando l’età nucleare civile e militare sarà finita: quello della sistemazione, controllo e sicurezza delle scorie nucleari per i futuri secoli.