Editoriale n°31
L’archeologia industriale è stata ed è per la Fondazione Micheletti una chiave di interpretazione e di lettura della storia contemporanea, intrecciata strettamente e necessariamente con la storia della tecnica. Il saggio di apertura di Andrea Turchi sulla Leo Penicillina, fabbrica abbandonata alla periferia di Roma, e già stabilimento chimico farmaceutico di primaria importanza, è una esemplificazione eccellente delle potenzialità di tale approccio, che stupidamente alcuni hanno considerato una moda passeggera. A tecnica e tecnologia, prevalentemente ma non esclusivamente in chiave storica, sono dedicati diversi contributi: da quello di Enzo Ferrara con riferimento al crollo della diga del Vajont a quello di Sergio Bologna che analizza il fallimento della grande compagnia marittima coreana, Hanjin, alla luce della globalizzazione e del gigantismo navale. Come sempre la rivista si avvale del generoso e molteplice contributo di Giorgio Nebbia, che in due testi sintetici quanto efficaci ci introduce al tema, talvolta fumoso, del cosiddetto “antropocene”. Di forte interesse sono i temi dell’intervista, del 2007, a Luciano Gallino, ancora di Enzo Ferrara, in cui, tra le altre cose, il grande sociologo torinese (1927-2015) tocca la questione del “non sapere” (nicht wissen) in ambito scientifico e per estensione sociale (mentre dobbiamo stendere un pietoso velo su quello politico). A mio modesto parere un nodo assolutamente centrale nel nostro tempo e che emerge ugualmente nell’articolo di Aldo Zanchetta dedicato alla nuova, discussa, e inquietante biotecnologia genetica (la cosiddetta CRISP).
La questione della salute dei lavoratori e non solo è al centro degli interventi dedicati a Luigi Mara, animatore instancabile di Medicina Democratica, da poco scomparso, e alla cui esperienza la Fondazione ha dedicato un primo momento di riflessione nel novembre 2016, da cui derivano i contributi qui pubblicati. Essi possono essere letti assieme al saggio di Diego Alhaique, incentrato sulla figura di Gastone Marri, cogliendone le diversità e i parallelismi. Consistente è la presenza di contributi incentrati su tematiche ambientali, a partire dall’impegnativo intervento di Marino Ruzzenenti che, partendo da Seveso, invita a non rimuovere la realtà dei siti e territori inquinati con tecniche varie di manipolazione, assumendoli invece come stimoli per la necessaria conversione ecologica. Una transizione d’epoca e civiltà che abbisogna di nuovi e vecchi saperi, inclusi apparenti ritorni al passato che lo stesso Ruzzenenti esemplifica con il rinnovato interesse, manifatturiero e non edonistico per la coltivazione della canapa.
Questo numero di Altronovecento dà un piccolo contributo alla riscoperta di Murray Bookchin, figura di primo piano dell’ecologia sociale statunitense, a lungo sottovalutato nel nostro paese, ripubblicando un suo testo del 1972, prezioso per chi voglia cimentarsi sul nodo agricoltura-tecnica-ambiente. Ad un rapido inquadramento del percorso di Bookchin è dedicata la scheda dovuta a Giorgio Nebbia, con l’opportuna sottolineatura dell’influenza che ebbe su di lui il fondamentale Technics and Civilisation (1934) di Lewis Mumford. I conflitti ambientali attuali e i rischi che corrono gli archivi e le biblioteche sull’ambiente sono oggetto rispettivamente degli interventi di Luigi Piccioni e ancora di Giorgio Nebbia. Alla storia politica e culturale del ‘900 e a scenari contemporanei sono dedicati i testi di Gian Piero Brunetta su cinema e storia e sulla straordinaria stagione del cinema italiano dal 1945 al 1970. Anche da questo punto di vista il Sessantotto, ambivalente e enigmatico, segna uno spartiacque su cui si interroga il mio intervento, mentre su questioni di scottante attualità si soffermano Modonesi-Svampa e Carlo Tombola, di cui la Fondazione ha appena pubblicato Ventisei lezioni di storia del Novecento.