Editoriale n°37

Questa rivista ospita studi che offrono una lettura non convenzionale del “novecento”. L’esperienza mostra quanto sia difficile porre dei limiti ai periodi storici; un esempio è offerto dal neologismo “antropocene” che alcuni fanno cominciare diecimila anni fa, alla transizione del Neolitico, altri all’inizio della Rivoluzione industriale a metà del Settecento, altri nel Novecento con la scoperta della bomba atomica.

Lo stesso vale per la parola “ecologia”: alcuni la riconducono all'”economia della natura” di Linneo, altri a Haeckel nella metà dell’Ottocento, altri la datano al 1970, e così via.

Il Novecento è stato considerato un secolo breve, secondo il fortunato libro di Eric John Hobsbawm, o ne sono stati proposti altri limiti, al di là di quello tradizionale di cento anni. Io condivido la tesi di Pier Paolo Poggio e altri secondo cui il “novecento” è cominciato con la Rivoluzione industriale e continua nel XXI secolo, una tesi che ha suggerito di pubblicare in questa rivista, “altronovecento” appunto, scritti che si estendono lungo tutto questo “secolo lungo”.

In questo numero siamo invitati a conoscere uno dei personaggi del “secolo lungo”, Alexander von Humboldt (1769-1859), poco noto al pubblico eccetto che in ambiti specialistici, nonostante il valore del suo lavoro e benché i suoi scritti – specialmente il capolavoro Kosmos (La Terra) (1845-1862) -, abbiano contribuito alle conoscenze sui rapporti fra l'”uomo” e l’ambiente e sulle modificazioni che gli esseri umani, con le loro attività, hanno portato alla natura.

Dobbiamo essere grati al professor Paolo Repetto che ci ha offerto una bella storia, anzi una vivace narrazione, della lunga avventurosa vita di Humboldt e una accurata analisi dell’effetto che le sue opere hanno avuto, direttamente e indirettamente, sulla cultura mondiale.

Prima di tutto vi presento l’autore e lo faccio con le spiritose parole con cui lui stesso si definisce:

” Il decano. Cerca di imparare da quasi settant’anni, ha tentato di insegnare per più di quaranta.
Bibliomane certificato (ma senza sostegno), frequentatore di libri e di sentieri anziché di mostre e convegni e festival culturali.
Vezzi: ama considerarsi l’ultimo (e l’unico) degli anarchici.
Virtù: la sete euforizzante di conoscenza.
Difetti: la sete paralizzante di conoscenza “.

https://viandantidellenebbie.jimdofree.com/chi-siamo/profili/

Per gli altri scritti di questo singolare studioso si può utilmente visitare il sito Viandanti delle Nebbie.

Il racconto comincia con la ricerca, molti anni fa, da parte di Repetto, dell’opera principale di Humboldt, e anche a lui è capitato, come è successo a molti di noi, che il libro cercato gli sia venuto incontro su una bancarella di libri usati.

Da qui decenni di ricerche su Humboldt fino alla presente biografia.

Straordinario personaggio questo Alexander, fratello del più noto Wilhelm, erede di una fortuna che dilapiderà in studi e viaggi in tutto il mondo nei turbolenti anni della fine del Settecento e della prima metà dell’Ottocento.

La sua vita comincia come dirigente di alcune miniere dove incontra le meraviglie che la natura nasconde nel proprio ventre e il dolore e la fatica dei lavoratori, alla cui salute presta attenzione, così come racconterà sempre il dolore dei lavoratori che incontrerà nei suoi viaggi, dai cavatori del guano, ai contadini costretti a trasformare i propri campi in coltivazioni della pianta dell’indaco, richiesto dai tessitori europei all’alba dell’industrializzazione.

Di tutti i luoghi che visiterà, Humboldt registra rocce, minerali, fenomeni strani e terribili come quelli dei vulcani che scalerà fino alle vette, e poi coltivazioni, pratiche agricole, piante, oggetti di commercio. I suoi scritti potrebbero essere chiamati di geografia economica anche se l’aggettivo “geografo” è riduttivo per la complessa figura di Humboldt, la cui vita si affianca e si intreccia con quella di altre autorità scientifiche.

Nei suoi viaggi Humboldt osserva che le coltivazioni agricole intensive impoveriscono il terreno di “qualcosa” che è utile per la crescita delle piante, una osservazione che Justus von Liebig – quel chimico che lo stesso Humboldt aveva “raccomandato” per l’assegnazione della cattedra di chimica a Giessen – spiegherà attraverso l’analisi chimica riconoscendo le sostanze nutritive che le colture traggono dal terreno e che, una volta “consumate”, devono essere reintegrate con fertilizzanti tratti dalla natura, come il guano, o fabbricati artificialmente per trattamento chimico dei fosfati naturali.

Il libro di Liebig La chimica organica e le sue applicazioni all’agricoltura e alla fisiologia , del 1840, pubblicato quando il suo protettore era ancora in vita, sarà lodato da Karl Marx nel Capitale come uno dei “meriti immortali” del chimico tedesco.

Come Repetto fa giustamente notare, Humboldt, dopo la celebrità ottocentesca, è rimasto piuttosto in ombra fino a quando è stato scoperto e addirittura considerato, specie in Germania, uno dei padri dell'”ecologia”. Anche se la parola è riconducibile a Ernst Haeckel (1834-1919), il divulgatore del pensiero di Darwin, che la usa nel 1866, dopo la morte di Humboldt, non c’è dubbio che Humboldt si inserisce al primo posto fra i geografi e i viaggiatori dell’Ottocento che hanno osservato e descritto i rapporti fra l'”uomo” e la natura.

Nel 1831 l’inglese Charles Darwin aveva iniziato il suo viaggio, che sarebbe durato fino al 1836, sulla nave Beagle durante il quale avrebbe visitato tantissimi paesi e “ambienti” e conosciuto i loro abitanti vegetali e animali, una massa di informazioni che gli consentiranno di scrivere la celebre Origine delle specie, del 1848, quando Humboldt era ancora in vita.

Al 1864 risale la prima edizione del libro Man and Nature dell’americano George Marsh (1801-1882), che racconta, attraverso le osservazioni fatte in molti paesi anche europei e asiatici, come l’uomo modifica la Terra. Nello stesso filone si inseriscono il francese Elisée Reclus (1830-1905), con il libro La Terra del 1868, e il russo Aleksandr Voejkov (1842-1910) che pubblicò Il clima del mondo nel 1884.

A questa multinazionale di viaggiatori, esploratori e narratori dell’ambiente i moderni “ecologisti” dovrebbero essere riconoscenti e riferirsi se vogliono capire e contrastare i fenomeni di erosione del suolo, di frane delle valli, di allagamento delle pianure, di perdita di fertilità delle terre agricole, di inquinamenti dell’aria e delle acque, e se vogliono cercare risposta alla crisi di oggi nell’esperienza di altri popoli, come i nativi di tante parti dell’America e dell’Asia, raccontati già da Humboldt.

Nel corso della sua lunga vita, novanta anni, Humboldt ha avuto occasione di conoscere e di raccontare le sue esperienze a innumerevoli protagonisti della vita intellettuale, politica e scientifica europea e americana del suo tempo.

Per darvi modo di saperne di più vi affido alle pagine che seguono.