Editoriale n. 46
Il 1972 è un anno fondamentale, non solo per la pubblicazione di The Limits to Growth, maldestramente tradotto in italiano I limiti dello sviluppo invece del letterale I limiti alla crescita: fu il culmine di quella che Giorgio Nebbia chiamò la “primavera ecologica” per il sommarsi di eventi decisivi, e per certi versi definitivi, al fine di inquadrare i temi della crisi ecologica e di come si sarebbe dovuto affrontarla.
Per questo, abbiamo ritenuto di offrire un numero monografico della nostra rivista “Altronovecento” esclusivamente dedicato a questo anno cruciale, pubblicando alcuni materiali che ci sembrano utili alla sua comprensione.
Dopo un saggio introduttivo che tratteggia per sommi capi quanto avvenne di rilevante in quell’anno, nella prima sezione riprendiamo The Limits to Growth, che, come è noto, venne lanciato il 12 marzo e riscosse subito una vastissima risonanza a livello internazionale. Al di là dei grafici e dei numeri con cui venivano espresse le previsioni, rivelatisi più o meno esatti, conveniamo con quanto detto dal principale autore di quella ricerca, Dennis Meadows, oggi 79enne, in una importante intervista recentemente rilasciata alla rivista francese “Socialter” e che noi riprendiamo integralmente in esclusiva in versione italiana, grazie alla disponibilità della stessa rivista. In questa intervista, Meadows ribadisce la sostanziale validità di quel rapporto e, come non dargli ragione, aggiunge un’amara constatazione sul presente: “Noi oggi entriamo in un periodo di esplosione di crisi”.
Quel rapporto era stato predisposto anche in vista della 1a Conferenza dell’ONU sull’ambiente umano che si sarebbe tenuta a Stoccolma sempre in quell’anno cruciale, tra il 6 e il 15 giugno. Un’analisi del dibattito che si sviluppò in quella sede è offerta da un saggio della docente di storia contemporanea all’Università di Trento, Sara Lorenzini, già uscito qualche anno fa e che la stessa gentilmente ci ha permesso di ripubblicare integralmente.
La seconda sezione del numero è dedicata ai Documenti. Si inizia, ovviamente, con alcuni resoconti da Stoccolma di Giorgio Nebbia, usciti sul quotidiano “Il Giorno”, che con freschezza ci restituiscono il clima e i temi di quell’evento, nonché il testo integrale della Dichiarazione conclusiva della Conferenza e la successiva valutazione dello stesso Nebbia, pubblicata al suo ritorno.
A quel dibattito innescato da The Limits to Growth partecipò direttamente anche un grande economista che avrà sempre più un ruolo fondamentale negli anni successivi a livello internazionale, Nicholas Georgescu-Roegen: come ricostruisce puntualmente Alberto Berton, Georgescu-Roegen utilizzò per la prima volta il termine “bioeconomia” in una conferenza tenuta alla Yale University l’8 novembre del 1972, che riportiamo nei Documenti, in cui propose un “programma bioeconomico minimale”.
Giorgio Nebbia, sempre in quell’anno, avrà l’opportunità di chiarire ulteriormente la sua posizione sul dibattito in corso a livello internazionale relativamente al controverso rapporto tra sviluppo e limiti naturali, nella presentazione dell’edizione italiana del testo di E. Goldsmith e R. Allen, La morte ecologica, da lui curata e tradotta da sua moglie, Gabriella Menozzi – presentazione che riprendiamo nella sezione Documenti.
Lo stesso Nebbia, sempre in quel fatidico 1972, istituirà nella Facoltà di Economia di Bari un corso di ecologia, il primo in Italia e forse in Europa. Fino ad allora l’ecologia era sostanzialmente una disciplina appartenente alle scienze naturali. Nella prolusione presentata il 13 novembre del 1972, che riproponiamo integralmente sempre nella sezione Documenti, Nebbia motiva il perché di questo corso all’interno di una Facoltà di economia e traccia il suo futuro programma di ricerca che lo impegnerà nei successivi trent’anni.
Sempre in quel decisivo 1972, troviamo particolarmente attivo sul fronte del dibattito sul rapporto tra scienza e diritto alla salute e tra scienza e potere Giulio Alfredo Maccacaro, di cui la nostra rivista si è già occupata, anche, ma non solo, nel dossier dedicato al 1970 e che qui riprendiamo nella sezione Documenti, con altri significativi interventi sulla salute minacciata dai prodotti che incontriamo sugli scaffali dei supermercati, nonché dall’asservimento ai meccanismi del potere.
Infine per completare, pur in estrema sintesi, quel 1972, non possiamo ignorare un altro soggetto, questa volta collettivo, il movimento operaio, della cui precoce attenzione ai temi dell’ambiente di lavoro abbiamo già trattato in precedenza. Verso la fine di marzo i sindacati confederali unitariamente si trovano a Rimini per metter a punto e rilanciare la propria strategia per la tutela della salute in fabbrica e quindi per la rimozione dei rischi negli ambienti di lavoro, un evento unico nella storia del sindacalismo italiano, di cui riportiamo nella sezione Documenti diversi materiali di cruciale importanza: alcuni interventi rappresentativi di Consigli di Fabbrica e di alcuni protagonisti di primo piano di quell’evento, nonché la mozione conclusiva. Inoltre, il 2 ottobre, a Genova, la Federazione dei lavoratori metalmeccanici, flm, dei sindacati confederali approva la piattaforma unitaria per il contratto di categoria, il cui testo riproponiamo nella sezione Documenti: inquadramento unico per operai e impiegati, aumenti salariali e delle ferie uguali per tutti, potenziamento dei diritti e dei controlli sull’ambiente di lavoro, 150 ore retribuite per il diritto allo studio. Gli ultimi due punti, rappresentano forse il più alto livello qualitativo raggiunto dall’elaborazione del sindacato italiano dal secondo dopoguerra ad oggi, obiettivi che saranno realizzati dopo mesi di lotte e di scioperi. Sempre in quell’anno pubblica un importantissimo saggio Ivar Oddone, il medico del lavoro di Torino, già partigiano Kim protagonista de Il Sentiero dei nidi di ragno di Italo Calvino, che con alcuni gruppi operai della Cgil di Torino, in particolare della Farmitalia e della Fiat, aveva ideato negli anni Sessanta la Dispensa del “modello operaio” di intervento sull’ambiente di lavoro: in questo saggio, che riprendiamo integralmente nei Documenti, dopo aver ricostruito nei dettagli il lavoro compiuto in oltre un decennio, avanza una proposta lungimirante tesa ad estendere quell’esperienza dalla fabbrica al territorio.
Dunque un 1972 straordinario, in cui il tema della crisi ecologica era già stato compiutamente sviscerato e anche delineata l’unica possibile fuoriuscita. Rileggere quella stagione è più che mai indispensabile per riflettere, a distanza di mezzo secolo, sui meccanismi perversi che l’hanno resa sterile, aggravando la crisi ecologica. Una riflessione a nostro parere ineludibile se si vuole rimettere seriamente in carreggiata una strategia efficace per la salvezza dell’ambiente e dell’umanità futura.