Energia nucleare e ambiente
Andrea Candela, Storia ambientale dell’energia nucleare. Gli anni della contestazione, Mimesis-Centro Internazionale Insubrico, 2017, 334 pp.
Il libro offre una attenta e critica ricostruzione dei principali eventi della contestazione delle centrali nucleari in Italia nei turbolenti anni settanta nel Novecento, ricorrendo anche a molte fonti non ancora utilizzate, fra cui quelle conservate presso la Fondazione Luigi Micheletti di Brescia.
L’Italia è arrivata agli inizi degli anni settanta con tre piccole centrali nucleari: quella del Garigliano, BWR da 150 MW, la prima costruita, entrata in funzione nel 1964, quella di Latina a gas/grafite da 216 MW, entrata in funzione nello stesso 1964, e quella di Trino Vercellese PWR da 270 MW, entrata in funzione nel 1965. Nel 1971 era cominciata la costruzione a Caorso (PC) della centrale BWR da 850 MW che sarebbe diventata operativa nel 1981.
I dubbi sulle centrali nucleari circolavano già nei primi anni settanta, in quella che è stata definita la “primavera dell’ecologia”, e riguardavano la sicurezza dei reattori, l’inquinamento dovuto a emissioni di elementi radioattivi, le alterazioni ambientali, l’inevitabile formazione di residui ad alta radioattività da tenere isolati “per 200.000 anni” da esseri viventi e dalle acque.
La lunga serie di aumenti del prezzo del petrolio, a partire dall’ottobre 1973, indusse il governo a condurre delle indagini sulla possibilità di ottenere elettricità senza dipendere da questa fonte di energia.
Fu così redatto il primo “piano energetico nazionale” PEN, approvato dal CIPE, il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, il 23 dicembre 1975, il quale prevedeva la costruzione di varie centrali nucleari; la loro localizzazione sarebbe stata fissata dalla Legge 393, approvata il 2 agosto 1975.
Già il progetto di installazione di due unità da 1000 MW ciascuna vicino Termoli in Molise destò, dal 1976 al 1978, una lunga protesta per imprevedibili effetti ambientali negativi, per la vicinanza di importanti strade di comunicazione.
Finì rapidamente nel nulla anche la proposta di installare, nel 1976, a San Pietro Vernotico, in provincia di Brindisi, un grande impianto di arricchimento dell’uranio, alimentata da quattro centrali nucleari da 1000 MW ciascuna.
Si erano intanto messe in moto, superando peraltro dure opposizioni, le procedure per la localizzazione e costruzione della centrale da 2000 MW di Montalto di Castro, prevista dal primo piano energetico nazionale,
Le successive centrali avrebbero dovuto essere localizzate in Lombardia, nel Mantovano, fra Torre d’Oglio, Viadana o San Benedetto Po, e nel Pavese fra Sartirana di Lomellina e Monticelli Pavese
Nei primi mesi del 1977 cominciarono le proteste nel Mantovano, e nel dicembre 1977, dopo un acceso dibattito parlamentare, il governo preparò un nuovo piano energetico nazionale (il secondo) che venne approvato dal CIPE il 3 dicembre 1977, con un ridimensionamento del programma nucleare.
Il nulla osta e l’autorizzazione alla costruzione della centrale di Montalto di Castro furono rilasciate dal governo con un decreto del 19 febbraio 1979, alla vigilia di eventi tempestosi.
Il 28 marzo 1979 si verificò un grave incidente al reattore nucleare di Three Mile Island, vicino Harrisburg, in Pennsylvania, negli Stati Uniti; non morì nessuno ma la favola della sicurezza delle centrali nucleari venne ancora più messa in discussione e il 19 maggio 1979 si svolse una grande marcia antinucleare a Roma.
Negli Stati Uniti fu istituita una commissione di indagine sulle cause dell’incidente di Three Mile Island per ricavarne indicazioni sulle azioni per aumentare la sicurezza dei reattori nucleari e della popolazione; i lavori si conclusero nell’ottobre 1979 raccomandando più rigorose norme di sicurezza, la redazione di piani di emergenza, in caso di incidenti, e la creazione di una vasta zona di rispetto, con bassa densità di popolazione, intorno alle future centrali.
In queste condizioni il governo italiano ordinò una indagine sulla sicurezza nucleare; fu nominata una commissione, presieduta dal prof. Salvetti, che lavorò dal settembre al dicembre 1979 e produsse un documento abbastanza tranquillizzante sulla sicurezza delle centrali nucleari italiane, ma che fu approvato soltanto a maggioranza.
Intanto, nel settembre 1979 il CNEN, allora Comitato Nazionale Energia Nucleare, aveva pubblicato un documento denominato “Carta dei siti”, un inventario dei luoghi in cui non è possibile costruire tali centrali perché sono troppo vicini a paesi e città, per le condizioni sismiche o idrografiche, per la scarsità di acqua di raffreddamento. Esclusi i luoghi non idonei restava un piccolo numero di “zone residue” considerate idonee alla localizzazione delle future centrali.
Alla “carta dei siti” Candela dedica una dettagliata analisi mettendo in evidenza le osservazioni sulla limitata attendibilità di tale documento alla luce delle conoscenze geologiche.
La relazione finale della Commissione Salvetti fu discussa pubblicamente a Venezia nel gennaio 1980. Apparve così che le norme sulla sicurezza nucleare seguite fino allora in Italia erano meno rigorose di quelle internazionali e questo offrì sostegno agli oppositori delle centrali nucleari italiane,
“Venezia — conclude Candela nel suo interessante e ben documentato libro, — fu forse, l’atto conclusivo”. Con il documento reso pubblico in quella conferenza, sembravano sfumate le ambizioni nucleari italiane.
Non sfumarono però del tutto perché nei successivi anni ottanta furono predisposti altri piani energetici nei quali le centrali nucleari erano ancora previste, ci sono stati altri progetti di insediamenti di centrali nucleari in Puglia, Lombardia, Piemonte, con altre vivaci contestazioni per la prima metà degli anni ottanta, fino all’aprile 1986 quando l’incidente al reattore di Chernobyl sembrò porre definitivamente la parola fine ai programmi nucleari.
Sembrò, perché un altro “ritorno” ci fu fra il 2009 e il 2010, con il patetico tentativo da parte del governo di far comprare all’ENEL due o quattro reattori EPR di produzione francese Areva, gli stessi che stanno avendo innumerevoli guai e ritardi nelle due località in Francia e Finlandia in cui sono in costruzione. Nel giugno 2011 ci fu un nuovo referendum con cui tale tentativo fu respinto a larga maggioranza anche sull’onda del terzo grave incidente nucleare ai reattori della centrale giapponese di Fukushima.
Ancora oggi qualcuno tenta di proporre l’energia nucleare per la produzione di elettricità senza emissioni di gas serra, in un mondo alle prese con i cambiamenti climatici.
Resta irrisolto il problema della sistemazione definitiva dei materiali radioattivi che si sono accumulati in Italia e che finora nessuno ha indicato dove mettere. Un maldestro tentativo di sistemarli, nel 2003, in una vecchia miniera di sale a Scanzano in Basilicata è fallito per la ben motivata protesta delle popolazioni locali.
Il racconto della contestazione nucleare offerto dal libro di Candela ha una utile morale. I critici del Potere, per quanto fastidiosi, spesso vedono segni che il Potere non riesce a vedere o anticipare nella sua fretta di “fare” qualcosa, nel caso migliore presunta utile, che metta in moto soldi e affari.