Estratti per brodo
Ai tempi della storia della “mucca pazza”, quando c’erano tanti sospetti sulla innocuità delle carni, qualcuno si ricordò che nei preparati per brodo è presente dell’estratto “di carne” e cominciò a chiedersi se i dadi non finiscano per essere anche loro un veicolo di epidemie. I fabbricanti si scatenarono assicurando che non c’è nessun pericolo nei “dadi” e tutto finì lì.
Fermiamoci allora un momento su questi “dadi” così diffusi e venduti con norme che risalgono ad un decreto n. 567 del 30 maggio 1953. A parte i “preparati per brodo”, che vedremo fra poco, si trovano in commercio dei prodotti chiamati “estratti di carne”, definiti come “estratto ottenuto dalla carne bovina fresca”. Il prodotto contiene meno del 20 per cento di acqua e circa il 70 per cento di sostanze azotate fra cui la legge prescrive che debba essere presente almeno circa il 7 % di creatina. Devono essere presenti anche sostanze azotate contenenti fosforo e meno del 25 % (sul tale e quale) di sali inorganici.
L’estratto di carne ha una interessante storia; intorno al 1840 il grande chimico tedesco Justus von Liebig (1803-1873) aveva di fronte un’Europa in cui la popolazione, in continuo aumento, soprattutto nelle classi proletarie e operaie, rischiava di andare incontro a scarsità di alimenti a causa delle basse rese agricole e dell’impoverimento delle campagne in seguito alle continue guerre. Liebig dedicò la vita alla lotta contro la fame, cercando di comprendere come potevano essere aumentate le rese agricole integrando i terreni con concimi artificiali contenenti fosforo e azoto. Ma l’aumento delle rese agricole non bastava; molte malattie derivavano dal fatto che i cereali contengono proteine con basso contenuto di alcuni amminoacidi, quelli che oggi chiamiamo essenziali e che sono presenti maggiormente nella carne. Ma la carne era un alimento costoso in Europa, mentre nel Sud America esistevano grandissimi pascoli con allevamenti di bestiame che non poteva essere trasportato, né vivo, né macellato, nell’Europa lontana settimane di viaggio.
In un celebre libro del 1847, “Sulla composizione della carne”, Liebig propose di preparare nel Sud America un concentrato delle sostanze nutritive della carne, facilmente trasportabile e conservabile; si trattava di cuocere la carne del bovini, di preparare un brodo concentrato che veniva poi essiccato e venduto, appunto, come “estratto”. Un ingegnere ferroviario inglese raccolse il suggerimento e costruì una fabbrica di estratto di carne, secondo la ricetta del prof. Liebig, a Fray Bentos, un piccolo porto dell’Uruguay sulle rive del fiume omonimo. L’estratto di carne fu il risultato di un’impresa scientifica messa al servizio dell’umanità; una scienza, uno scienziato, Liebig, e una etica che oggi sono così rari. Su Liebig si può vedere la scheda nella rubrica “Persone”, di questo stesso numero di altronovecento.
Gli estratti di carne non sono gli unici estratti in commercio. La legge dal 1953 prevede che possano essere prodotti e venduti anche un “estratto di lievito” e degli “estratti per brodo”.
L’estratto di lievito è ottenuto sospendendo i lieviti attivi in acqua e concentrando la soluzione così ottenuta; in questo caso il contenuto in sostanze azotate solubili in acqua è di circa il 50 per cento.
Gli “estratti per brodo” sono invece ottenuti sottoponendo a idrolisi con acidi, per lo più acido cloridrico, delle proteine di origine vegetale o animale (cereali, legumi, vegetali in genere) o animale (proteine del sangue, del latte, della carne, di pesce, eccetera). Le proteine sono le materie fondamentali per la vita e sono costituite da “catene” di amminoacidi uniti chimicamente fra loro; in generale nelle proteine alimentari gli amminoacidi sono una ventina. Se si scompongono per idrolisi le proteine, si ottiene una miscela di amminoacidi di limitato valore alimentare, ma di sapore gradevole e che per questo sono addizionati, come “estratti per brodo”, appunto ai brodi e alle minestre.
La legge del 1953 non impone ai fabbricanti di dichiarare da quali proteine sono stati ottenuti tali “estratti”; tanto meno prescrive che il consumatore sia informato sugli amminoacidi presenti.
A parte gli “estratti di carne” e alcune marche di “estratti per brodo” denominati “estratto vegetale” (ottenuti da proteine solo vegetali), in genere i consumatori trovano in commercio numerosi tipi di “dadi” o tavolette. I più diffusi sono quelli contrassegnati col nome di “Preparato per brodo e condimento a base di glutammato”, costituiti da miscele di sale (nella maggiore quantità), glutammato monosodico e altri ingredienti fra cui uno o più degli estratti prima ricordati.
A proposito di merci “mute” si può ricordare che dal 1953 al 1982 il consumatore trovava sull’etichetta l’esatta composizione percentuale dei vari ingredienti; una “opportuna” legge del 1982 ha stabilito che devono essere indicati soltanto gli ingredienti presenti, in ordine decrescente di quantità, ma non la loro percentuale.
Il sale è sempre al primo posto, ma il consumatore non sa se ce n’è il 20 o il 50 %: tranquilli in genere circa la metà dei preparati per brodo è comune sale.