Fabrizio Giovenale
Il 22 dicembre 2006 é scomparso Fabrizio Giovenale, uno degli studiosi e scrittori che hanno dato molto alla comprensione dei problemi dell’ambiente e del territorio. I protagonisti della cultura ecologica e ambientale degli anni settanta e ottanta del Novecento – Laura Conti, Valerio Giacomini, Antonio Iannello, Giorgio Bassani, Antonio Cederna, Mario Fazio, Dario Paccino, e adesso Fabrizio Giovenale – sono scomparsi uno dopo l’altro e le nuove generazioni di ambientalisti non sanno probabilmente neanche quanto devono a queste persone.
I grandi movimenti popolari e civili – quello delle lotte operaie e della guerra di Liberazione – hanno lasciato delle storie e degli archivi; invece il movimento ambientalista o ecologista o verde, chiamatelo come volete, non ha avuto adeguata ricostruzione storica. Ci sono tante storia parziali, ma manca una “storia” delle persone e delle idee che hanno cambiato veramente il mondo e migliorato l’aria, le acque, la comprensione della natura e del territorio. Soltanto la Fondazione Micheletti di Brescia sta raccogliendo faticosamente quanto resta degli scritti e dei libri dei testimoni delle lotte per il miglioramento dell’ambiente; la maggior parte dei materiali archivistici è sparsa o in via di dispersione o è andata perduta. Speriamo che non avvenga lo stesso per l’archivio di Fabrizio Giovenale che, della storia dell’ambiente, è stato protagonista di primo piano. Architetto, urbanista e, soprattutto, persona di cultura, attento ai mutamenti in atto, Giovenale fu coinvolto, fra l’altro, nella grande avventura della ricostruzione di Gibellina, in Sicilia, dopo la distruzione per il terremoto del 1968. In quella occasione il governo mobilitò i migliori ingegni urbanistici e artistici per far nascere, dalle macerie della città distrutta, una “città nuova” che avrebbe dovuto essere una “comunità” di persone circondate da opere d’arte. Con queste basi culturali avanzate Giovenale fu attivo nell’associazione Italia Nostra nella stagione più bella, quando era presieduta dallo scrittore e poeta Giorgio Bassani ed aveva come segretario l’urbanista Bernardo Rossi Doria; erano gli anni della Conferenza di Stoccolma sull’ambiente umano (1972), alla quale Italia Nostra partecipò con la celebre mostra “Italia da salvare”; era quella breve “primavera dell’ecologia” in cui in tanti speravano (speravamo) di realizzare un mondo meno violento e inquinato. Giovenale fu per molti anni vicepresidente di Italia Nostra ed era instancabile nel girare città e paesi per conferenze che hanno gettato le basi di una educazione ambientale popolare, delle “Università verdi” alle quali Giovenale contribuì anche con alcuni libri che sono attualissimi ancora adesso: “Come leggere la città” (1977); “Il tempo delle vacche magre” (1981), e con innumerevoli articoli e saggi.
Con gli anni ottanta del Novecento arrivò l’ondata della contestazione energetica, la critica ai piani energetici nazionali sovradimensionati, la lotta contro le centrali nucleari, la protesta contro gli incidenti e gli inquinamenti industriali. Nel frattempo si affacciavano nuovi soggetti della contestazione; al fianco delle “vecchie” associazioni Italia Nostra e WWF, nacque la Lega per l’Ambiente, oggi Legambiente, con una connotazione di sinistra e con un piglio più giovanile e movimentista. E Giovenale, che conservava un cuore e una passione giovanile, fu in prima fila nelle nuove numerose iniziative, rivolte soprattutto ai ragazzi, agli studenti, agli insegnanti. Fu una delle “firme” prestigiose della rivista “Nuova Ecologia” che, dopo una breve presenza nei primi anni settanta col titolo “Ecologia”, divenne (ed è tuttora) la rivista ufficiale della Legambiente.
Il “pensiero” di Giovenale di questi anni appare bene leggendo la testimonianza che ha raccolto qualche anno fa nel libro, rivolto ai “nipoti”, a quelli familiari e a tutti quelli che ha spiritualmente adottato, intitolato, appunto: ”Nipoti miei: discorso sui futuri possibili” (1995). Giovenale fu tra i primi a cogliere il contenuto “politico” di alcune realtà ambientali, prima fra tutte la consapevolezza dei “limiti” fisici della Terra: non è possibile continuare a crescere come popolazione terrestre, come consumi di merci e di energia, come sfruttamento delle risorse naturali del pianeta, senza andare incontro a quelle catastrofi che oggi in tanti cominciano a riconoscere: mutamenti del clima, violenza urbana, inquinamento delle acque e del mare, erosione delle coste, siccità e alluvioni. La necessità di distinguere fra crescita dei consumi e sviluppo umano Giovenale ha ripetuto innumerevoli volte negli articoli, migliaia, che ha pubblicato, addirittura con sempre maggiore frequenza e intensità emotiva, su riviste e quotidiani, in incontri pubblici ai quali non mancava mai e nei quali non si stancava di rammaricarsi per la insufficiente attenzione dei governi, anche di quelli di sinistra a cui era più vicino, per una visione globale del futuro ambientale. Non si dimenticava mai di essere un urbanista e ricordava la breve stagione in cui in Italia si era pur fatta una politica dei suoli; figuratevi come poteva essere accolta la sua voce in un tempo in cui per “fare cassa”, come si suol dire con un linguaggio bottegaio, lo stato è disposto a vendere spiagge, fiumi, edifici pubblici, perfino strade. Eppure Giovenale non ha mai perso il suo ottimismo in un futuro ambientale migliore, di cui ha indicato le vie possibili nel suo ultimo libro “La risalita” (2006); quello che ha detto e scritto in quasi mezzo secolo è destinato a restare e probabilmente darà i frutti in futuro, per merito di quei ragazzi che lo accoglievano e lo ascoltavano sempre a bocca aperta.