Franz von Soxhlet (1848-1926)
Il “soxhlet” è un ingegnoso apparecchio di laboratorio, in genere di vetro, che consente di estrarre una sostanza da una miscela solida con un flusso continuo di un solvente. Il “soxhlet” è costituito da un cilindro di vetro posto al di sopra di un pallone contenente il solvente e collegato a un refrigerante. Nel cilindro si pone un “ditale” di carta porosa contenente la miscela solida da cui si vuole estrarre la sostanza cercata. Il solvente evapora dal pallone, entra nel cilindro allo stato di vapore, si condensa nel refrigerante e ricade liquido nel cilindro occupato dal ditale. Il solvente, contenente ora una parte della sostanza da estrarre, dopo avere riempito parte del cilindro, ritorna nel pallone sottostante, come per magia, attraverso un sifone laterale e ricomincia il ciclo di evaporazione, condensazione e estrazione, un’operazione che si osserva con curiosità. Il “soxhlet” viene usato nell’analisi degli alimenti, dei pannelli oleosi, della plastica, dei carboni fossili, del terreno, eccetera (*). Ma perché si chiama così?
Il merito dell’invenzione va a Franz von Soxhlet, figlio di un belga immigrato nella Moravia, nato nel 1848 a Brno, attuale Repubblica Ceca, e morto a Monaco di Baviera nel 1926. Dopo aver completato gli studi universitari a Lipsia, nel 1873 era stato nominato assistente nell’Istituto di agricoltura e fisiologia animale di Lipsia e, l’anno dopo, nell’Istituto di chimica agraria di Vienna. Dal 1879 al 1913 fu professore di Fisiologia animale e di Industrie lattiero-casearie nella Scuola Tecnica Superiore di Monaco. L’invenzione dell’apparecchio che porta il suo nome risale al 1879 ed è descritta nell’articolo: “Die gewichtanalytische Bestimmung des Milchfattes”, pubblicato in quell’anno nel “Dingler’s Polytechnisches Journal”, pagine 461-465. A dire la verità un apparecchio per l’estrazione continua era stato descritto negli anni 30 dell’Ottocento dal chimico francese Anselme Payen (1795-1861) ma i perfezionamenti di Soxhlet sono stati determinanti per il successo dell’utile apparecchio.
A Soxhlet si devono numerosi altri contributi. Nel 1865 Louis Pasteur aveva inventato un sistema di sterilizzazione per frenare l’epidemia di vaiolo in Francia a la pastorizzazione era stata applicata a numerosi materiali e alimenti. Nel 1886 Soxhlet la applicò al latte; il processo incontrò dapprima opposizioni, ma presto fu adottato industrialmente. Attento alla difesa della salute dei bambini, nel 1891 Soxhlet inventò anche un semplice dispositivo domestico per sterilizzare il latte: si trattava di un flacone che veniva riempito del latte richiesto per un pasto, veniva fatto bollire per 40 minuti, e poi chiuso ermeticamente e raffreddato. Per questa invenzione è considerato il “riformatore dell’alimentazione infantile”.
Soxhlet descrisse il meccanismo di formazione del burro (1876), descrisse ed analizzò il lattosio, lo zucchero del latte (1880, 1892) e propose (1883) un semplice dispositivo per misurare il contenuto in grassi del latte
Nel 1893 Soxhlet descrisse la differenza fra latte umano e latte di mucca e, nel 1900, studiò il rapporto fra il contenuto di calcio del latte e la comparsa del rachitismo. L’indice SH per la misura dell’acidità del latte e dei prodotti lattiero-caseari deve il nome (1893) a Soxhlet e a Thedoor Henkel (1855-1934): è definito come il numero di ml di idrato sodico 0,25 molare necessari per portare 50 ml di latte a pH 8,3 (indicatore fenolftaleina), così come si chiama “Unità Soxhlet” una misura della capacità di coagulazione del latte in una unità di tempo e a determinata temperatura. Uno degli ultimi lavori di Soxhlet riguardò il rapporto fra il contenuto di ferro del latte e l’anemia infantile. A Soxhlet si attribuisce la separazione e classificazione delle proteine del latte in caseina, albumina, globulina e lattoproteine.
(*) Chiedo scusa per l’autocitazione, ma ricordo di averlo applicato, molti anni fa, per la contemporanea disidratazione e estrazione dei grassi, mediante acetone, da prodotti vegetali per recuperare coloranti liposolubili, o da polpa di pesce fresco o per ottenere farina di pesce essiccata e disidratata. G. Nebbia, “Un nuovo metodo di estrazione dei lipocromi”, Olearia, 8, 147-151 (1954); Chemical Abstracts,. 49, 417 (1955).