Il Centro ricerche e documentazione dei rischi e danni da lavoro (Crd), perno del movimento per l’ambiente (1974-1985)
«Io vorrei correggere – se mi è permesso indicarla come tema per lo meno di discussione – un’accentuazione che è contenuta nella relazione di Ravenna e che è fondamentale. Ravenna ha sottolineato continuamente, con forza, che in fondo noi siamo un’organizzazione che è costruita, è fatta per la contestazione, e io sono d’accordo, a condizione però che questa definizione venga, sempre a titolo di discussione, perfezionata, completata con tutta quella parte positiva che fa riferimento alla natura della nostra organizzazione e poi della nostra funzione che è quella di promuovere la partecipazione e qualche cosa di più e di diverso dalla contestazione, anche se ne è parte integrante, quel qualcosa che porta poi allo sbocco positivo. Ma lo sbocco positivo è la ricerca delle soluzioni attraverso forme di potere che tolgono tutte le deleghe, tutti gli intermediari e tutte le decisioni che passano sopra la testa dei lavoratori e che, solo per questo, non sono feconde, non possono dare risultati. Quindi, saldatura fra contestazione e partecipazione come sbocco di potere; ecco il tema che io proporrei sui problemi dell’ambiente, e noi di esempi ne possiamo fare molti in questo senso».
Con queste parole, pronunciate alla Conferenza di Rimini del marzo 1972, Gastone Marri, allora responsabile della Sezione prevenzione infortuni dell’Inca-Cgil e già leader affermato del movimento per l’ambiente, annunciava implicitamente l’ispirazione di fondo che avrebbe guidato l’azione del Crd, il Centro ricerche documentazione dei rischi e dei danni da lavoro, che in quelle assise fu deciso di costituire e che egli diresse dal 1974 al 1981. Marri prospetta una visione secondo la quale i lavoratori e le loro organizzazioni, non solo si oppongono, “contestano”, ma propongono soluzioni, individuate attraverso una ricerca propria, senza delegare ad altri, ai tecnici e agli “esperti”.