Il “diesel” fraudolento

Le frodi commerciali, a cominciare da quelle alimentari, sono fra le attività “economiche” criminose più antiche, da quando una persona — oggi si chiama “consumatore” — è stato costretto a comprare qualcosa da un venditore. Se il fine del venditore è quello di guadagnare qualche soldo dal suo commercio, è probabile che sia tentato di aumentare il suo profitto vendendo merce di peggiore qualità come merce più pregiata, pane con un maggiore contenuto di acqua per farlo pesare di più, oro miscelato con metalli vili al posto dell’oro puro, eccetera. Quella delle frodi è una pagina di grande interesse nella storia della tecnica, dei commerci e delle imprese e la Fondazione Luigi Micheletti di Brescia,www.fondazionemicheletti.it, ha raccolto, nei suoi fondi archivistici (fra cui quello Giorgio e Gabriella Nebbiahttp://www.fondazionemicheletti.eu/italiano/documentazione/archivio/dettaglio.asp?id=119&pagina=2 ) una vasta documentazione sulle frodi commerciali e sui metodi per svelarle. Molte notizie si trovano nella rivista telematicawww.fondazionemicheletti.it/altronovecento, digitando la parola “frodi” nella casella “cerca”.

Con l’avanzare dell’industrializzazione sono aumentati i controlli e però anche le frodi. Il colmo si à avuto di recente con la denuncia del trucco con cui la grande società automobilistica tedesca Volkswagen è riuscita a vendere automobili che, alla analisi dei gas di scarico sembravano poco inquinanti, “pulite”, mentre su strada emettevano elevate quantità di gas nocivi inquinanti.

Chi sa come rimarrebbe male Rudolf Diesel (1858-1913) se vedesse che il motore che porta il suo nome è stato coinvolto in tale grande frode internazionale, e proprio ad opera di una industria automobilistica gioiello della sua Germania. Oltre la metà del miliardo di autoveicoli esistenti nel mondo funzionano con il motore diesel che brucia gasolio, un derivato petrolifero costituito da una miscela di idrocarburi con un numero di atomi di carbonio e idrogeno maggiore di quelli della benzina, e che non ha bisogno di una scintilla per far bruciare tali idrocarburi. Nei motori diesel una miscela di gasolio e di aria viene compressa nei cilindri, raggiunge una elevata temperatura e qui gli idrocarburi si combinano con l’ossigeno; il calore che si libera fa espandere i gas che tengono in moto i pistoni e quindi le ruote. I gas di combustione escono dal tubo di scappamento e finiscono nell’aria circostante, quella che è respirata dai passanti sulla strada.

I prodotti di reazione sono principalmente anidride carbonica, ossido di carbonio che è tossico, idrocarburi che non hanno fatto in tempo a bruciare del tutto, e ossidi di azoto che si formano per una combinazione secondaria dei due componenti dell’aria, ossigeno e azoto. Nell’aria, infatti, l’ossigeno è miscelato con quattro volte il suo peso di azoto, un gas normalmente inerte ma che reagisce con l’ossigeno alle alte temperature, quelle, appunto, del cilindro del motore a scoppio o quelle dei lampi durante le tempeste. Dalla reazione fra azoto e ossigeno si formano vari “ossidi”: il protossido di azoto N2O è “buono”, tanto che è usato come anestetico in chirurgia; dal traffico automobilistico derivano invece il monossido di azoto NO e soprattutto il biossido di azoto NO2 che sono “cattivi” e inquinanti e sono indicati genericamente come NOx, in cui x è un numero variabile da uno a due. Per ulteriori reazioni nell’aria gli NOx si trasformano in ozono O3, la forma di ossigeno con tre atomi di ossigeno, e in nitrati organici tossici per le persone, gli animali e la vegetazione; per esposizione alla radiazione ultravioletta solare contribuisco alla formazione dello “smog fotochimico”, una fastidiosa nebbiolina giallastra e irritante.

Per diminuire l’inquinamento le autorità sanitarie impongono che un autoveicolo immetta nell’atmosfera una quantità di NOx non superiore a 180 milligrammi per chilometro, nel caso dei motori diesel EURO 5, e non superiore a 60 milligrammi per chilometro, nel caso dei motori diesel EURO 6. I costruttori devono progettare quindi i loro motori perché rispettino questi standard, pur sapendo che così gli autoveicoli sono meno efficienti e “brillanti” e consumano di più; sono quindi presi fra incudine e martello: progettare motori che rispettino gli standard internazionali di emissioni inquinanti, ogni anno più severi, e accontentare i clienti che esigono automobili sempre più efficienti. I controlli delle emissioni vengono effettuati facendo girare su dei rulli le ruote degli autoveicoli “fermi” e regolando il funzionamento dei motori per simulare le condizioni di traffico su autostrada o nella città, in diverse modalità di guida.

I gas che escono dai tubi di scappamento vengono prelevati e analizzati con speciali apparecchi; oltre a quelle degli ossidi di azoto vengono analizzate le emissioni degli altri gas nocivi, ossido di carbonio e idrocarburi. Le emissioni nell’atmosfera di questi altri inquinanti però possono essere tenute abbastanza basse facendoli passare prima su speciali catalizzatori, a base di metalli come platino, rodio, palladio, che li trasformano in anidride carbonica. Nel caso degli NOx sono stati inventati vari processi per assorbirli prima che finiscano nell’atmosfera, mediante catalizzatori o mediante reazione con ammoniaca o urea, ma tali sistemi sono costosi e non tanto efficienti.

Adesso immaginate che un costruttore sappia bene che i motori diesel delle sue automobili emettono più ossidi di azoto NOx di quanto ammesso dalle autorità e che voglia continuare a vendere tali automobili, facendo credere che rispettino gli standard. Questo risultato fraudolento può essere ottenuto inserendo un dispositivo elettronico che “riconosce” che l’autoveicolo è sottoposto al controllo delle emissioni e regola il funzionamento del motore in modo da far uscire dallo scappamento una quantità di NOx inferiore a quella che l’autoveicolo emetterà effettivamente su strada o autostrada. Il costruttore sarà autorizzato alla vendita, ma su strada le emissioni e l’inquinamento delle sue automobili e i danni alla salute saranno molto più grandi.

E’ quanto è successo con gli autoveicoli con motori diesel EURO 5 della società Volkswagen, la seconda se non prima nel mondo come numero di vetture vendute, un marchio di cui la Germania, i tedeschi e i lavoratori della società erano sempre andati orgogliosi.

Un terremoto non solo per la fabbrica tedesca ma per tutta l’industria automobilistica perché adesso le autorità di tutto il mondo vogliono vedere se ci sono altri casi di simili frodi commerciali ed esigeranno controlli più severi. Una brutta storia che potrebbe gettare sospetti sui motori diesel, finora più convenienti di quelli a benzina, forse su tutti gli autoveicoli attuali, forse a vantaggio degli autoveicoli elettrici, peraltro ancora lontani nel futuro. Brutta soprattutto perché mostra che anche l’industria automobilistica, che traina tutta l’economia mondiale, ha fra i suoi prestigiosi membri dei furbi che, nel nome del profitto, si fanno beffe dei clienti e dell’ambiente.