Il fantasma di Jevons perseguita la transizione energetica

Questo articolo è stato pubblicato originalmente in inglese sull’Institute of Art and Ideas: The dark side of the energy transition: How efficiency leads us astray | Franco Ruzzenenti » IAI TV https://iai.tv/articles/the-dark-side-of-the-energy-transition-auid-2853.

Sul tema della transizione energetica ci sono due partiti che hanno monopolizzato il dibattito circa i mezzi e strategie da perseguire. Un partito ritiene che la questione sia principalmente, se non esclusivamente, tecnologica, un mero processo di sostituzione all’origine delle emissioni (fonti energetiche prive di fossili) o di bonifica alla foce (sequestro o compensazione del carbonio). Andrew Lo, professore di finanza del MIT Sloan, sostiene che il concetto di transizione energetica è improprio oltre che poco appetibile e gli dovremmo preferire quello addizone energetica, alludendo non solo alle nuove tecnologie da aggiungere a quelle già esistenti (come la fusione nucleare), ma anche appellandosi al bisogno di rappresentare la transizione come una frontiera in espansione invece che in contrazione. L’altro partito, al contrario, considera la transizione principalmente come una rivoluzione comportamentale o, per usare una formulazione molto più alla moda, un comportamento emergente. Ciò non significa che questa parte ignori il fatto che “la transizione comporterà una trasformazione radicale della panoplia di tecnologie coinvolte nella produzione”1, ma che una mera sostituzione delle fonti sia ritenuta insufficiente, se non addirittura insostenibile. Il loro motto preferito è “dobbiamo consumare meno”2 perché le energie rinnovabili non sono in grado di supportare l’attuale livello di consumo. Su quest’ultimo punto, entrambe le parti sono d’accordo ed è per questo che, in genere, entrambe sostengono una maggiore efficienza energetica, anche se una guarda più alla riduzione del denominatore e l’altra all’aumento del numeratore. Coloro che credono nella frugalità vedono nell’efficienza un precursore della sufficienza e coloro che hanno a cuore la ricchezza e la crescita vedono nell’efficienza una soluzione all’enigma della diminuzione delle risorse (o dell’aumento dell’impatto ambientale e della forzante radiativo del clima)3. Ma, per dirla con Stanley Jevons, è una “confusione di idee supporre che l’uso efficiente del carbone equivalga a una diminuzione del suo consumo”4.

Il dibattito se l’efficienza riduca o meno il consumo di energia non è nuovo, come dimostra questa famosa citazione di Jevons (datata 1866), ed è emerso periodicamente, come un mostro di Loch Ness, come sapidamente definito da Lee Schipper5, ogni volta che l’efficienza è stata brandita come rimedio ai timori per la sicurezza energetica (come negli anni Settanta) o alle preoccupazioni ambientali (come oggi). Tuttavia, oggi, a differenza del passato, sono ancora in pochi a sostenere che il paradosso di Jevons (o Rebound Effect, effettorimbalzo) non esista e, come Loch Ness, sia solo un mero prodotto dell’immaginazione umana. Le prove del paradosso di Jevons sono schiaccianti e i suoi effetti dannosi sono sempre più studiati e insegnati in accademie e riconosciuti in documenti ufficiali. La saggezza comune è che l’efficienza riduce il costo dell’uso dell’energia e una conseguente maggiore domanda compenserá parzialmente, o totalmente, i risparmi previsti. È semplice? No, il problema è molto più complesso e sfumato. La domanda potrebbe aumentare a favore altre applicazioni energetiche rese accessibili dai risparmi ottenute dalla miglior efficienza (effetto di ri-spesa) o a causa di nuove strutture di costo di servizi, beni o fattori (effetto di sostituzione). Inoltre, un nuovo processo a maggiore efficienza energetica può avere effetti strutturali a lungo termine nel sistema e creare una nuova domanda di nuovi beni, nuovi servizi o modificare la relazione (spaziale) tra quelli esistenti (effetti sistemici o, come si dice, effetto frontiera). Un esempio di effetto frontiera è il chip, la cui crescita esponenziale in termini di efficienza energetica ha trasformato un oggetto massivo in una nano-tecnologia, mutando i computer da stranezze per scienziati e militari in un prodotto di massa. Un esempio di effetto strutturale è il processo Haber-Bosch, che ha permesso la fissazione economica dell’azoto atmosferico in ammoniaca, innescando la cosiddetta rivoluzione verde. Fin dagli albori del Neolitico (la cui superiore efficienza energetica rispetto alla caccia e alla raccolta ha dato vita alle città) circa il 90% della popolazione era costituita da agricoltori che vivevano in campagna. Oggi, meno del 5% lavora nel settore agricolo e tra il 10 e il 20% vive in aree rurali. Questa grande rivoluzione nella storia dell’umanità è stata consentita, da un lato, dalla meccanizzazione e dalla conseguente crescita della produttività del lavoro (guidata dall’efficienza del motore a combustione interna), dall’altro, dal drammatico aumento della produttività della terra portato dai fertilizzanti sintetici. Inutile dire che i due effetti sono spesso intrecciati, come ad esempio il caso del motore diesel che, nelle intenzioni del suo inventore, Rudolf Diesel6, avrebbe dovuto evitare la congestione delle città favorendo il trasferimento della produzione industriale nelle aree rurali ma, sul lungo periodo, ha alimentato il processo di globalizzazione attraverso il commercio e l’outsourcing, diffondendo l’industrializzazione e l’urbanizzazione in tutto il mondo7.

Ora, la domanda che rimane inevasa è: possiamo aspettarci che l’auspicata transizione energetica sia immune dalla maledizione del paradosso di Jevons? Ovviamente no. Quindi, data la lezione della storia, dove e come potrebbe essere la transizone più esizialmente esposta a questa maledizione?

Anche se prevedere l’Effetto Rebound (d’ora in poi RE) è un’impresa più adatta agli astrologi che agli scienziati, ricorrerò alle mie personali effemeridi per azzardare qualche previsione circa gli ambiti e aspetti della transizione che piú probabilmente saranno soggetti al RE.

A mio avviso, oltre ai soliti sospetti, come ad esempio il piano appena votato dal Parlamento europeo per l’efficienza energetica degli edifici – una fonte storica e ben nota di RE8 -, due grandi fonti di incertezza legate a incombenti tecniche o strategie politiche gettano la loro ombra sulla transizione energetica: l’elettrificazione e l’automazione.

Se vi state chiedendo cosa c’entri l’efficienza con l’elettrificazione o l’automazione, potrebbe essere utile spendere qualche parola per rivedere il suo background storico. L’efficienza è un concetto relativamente nuovo per l’umanità. Molti sforzi sono stati fatti per radicarne l’etimo prima della rivoluzione meccanica, cioè nel XVII secolo, ma senza successo9. Prima di allora, efficiens significava la capacità di un agente di cambiare lo stato di un oggetto ed è solo quando una fonte ausiliaria di energia – come, ad esempio, quella del vento o dell’acqua – partecipa a questo processo di trasformazione che l’idea moderna di efficienza prende forma. In effetti, il concetto di efficienza si è manifestato a fondo dopo che l’energia esosomatica (ad esempio, la macchina a vapore), in contrapposizione all’energia endosomatica (la forza umana o animale), è diventata la fonte predominante del lavoro meccanico nella società e nell’economia. Mentre l’energia endosomatica è limitata dalla produzione primaria della terra, l’energia esosomatica è essenzialmente illimitata o, per meglio dire, limitata dalla velocità con cui siamo in grado di convertire le fonti di energia primaria (fossili) in lavoro meccanico. Il ritmo di conversione dell’energia nello sviluppo economico è stato quindi determinato finora dall’efficienza, dal lato della sorgente, e dall’estensione e dalla complessità delle strutture dissipative sociali ed economiche (o, potremmo dire metaforicamente, dal lavandino dell’entropia meccanica), dal lato della foce.

Inutile dire che l’elettrificazione può essere vista solo come un altro capitolo dell’espansione illimitata dell’energia esosomatica. Tuttavia, idealmente, potrebbe anche rappresentare la porta, il locus, per riconnettere la tecnosfera alla biosfera, per mezzo delle energie rinnovabili, vincolando ancora spazialmente la conversione energetica e dettando il ritmo del progresso lungo un nuovo percorso solare metabolico (circolare?).

Tuttavia, l’elettrificazione potrebbe anche attingere all’energia nucleare o essere impiegata con le tecnologie CCS (cattura e sequestro dell’anidride carbonica), svincolandone nuovamente lo sviluppo e resuscitando così il fantasma di Jevons. Si ritiene che l’elettrificazione sia in espansione in quasi tutti i settori, dal riscaldamento all’industria, e forse anche in quello delle applicazioni industriali ad alta temperatura, ma è in quello dei trasporti che la maledizione di Jevons si fa presagine maggiormente. I veicoli elettrici causeranno forse un’impennata della domanda di energia e, forse, finché la rete si baserà su un mix di energia che comprende i combustibili fossili, sia nel luogo di utilizzo che in quello di produzione, un aumento delle emissioni. È interessante notare che, a parte l’intera catena cinematica, l’efficienza energetica dei motori elettrici è già massima (tra il 70% e il 90%), il che lascia poco spazio al RE. La trappola per topi si trova altrove, probabilmente nei RE dovuti alla distanza (distance rebound effect) o alla potenza (power rebound effect). Che cosa é distance rebound effect? Poiché i prezzi dei veicoli elettrici sono molto più alti rispetto agli equivalenti veicoli a combustione interna (ICV), ma il costo del carburante è generalmente più basso per unità di distanza (€/km), ci si aspetterebbe che i proprietari di veicoli elettrici siano incentivati a guidare di più per ripagare più velocemente l’investimento di capitale dell’auto (a maggior ragione se percepiscono una licenza morale ad usare l’auto o, peggio ancora, incentivi pubblici come il parcheggio gratuito o l’assenza di oneri di congestione). I veicoli elettrici esibiscono ad oggi un distance rebound effect? Purtroppo non sono ancora disponibili molti studi, ma una prima analisi negli Stati Uniti suggerisce che i conducenti di veicoli elettrici non aumentino o aumentino poco le distanze percorse rispetto a quelli di veicoli a combustione interna10; mentre alcuni nostri colleghi cinesi del Beijing Transport Institute sostengono che i loro dati soggeriscono il contrario. Forse, l’ansia da autonomia compensa il già citato elenco di stimoli per un uso intensivo dei veicoli elettrici, ma sono necessarie ulteriori ricerche.

Il power rebound effect si riferisce alla perdita di efficienza dovuta all’aumento della potenza nominale del veicolo. Spesso un aumento dell’efficienza comporta un aumento della potenza, tanto più in relazione al motore (nei cicli Otto e Diesel, ad esempio, entrambi dipendono dal tasso di compressione) e infatti si vedono molti spot pubblicitari che sbandierano “un’auto più efficiente e più potente”11, che aiuterebbe a risparmiare sia carburante che tempo. Purtroppo, i guadagni di efficienza – misurati in termini di risparmio di carburante (litri per km) a velocità costante – non si concretizzano mai del tutto, perché il consumo di energia è l’integrale del tempo, non dello spazio. In altre parole, si può percorrere la stessa distanza con un andamento regolare di accelerazioni e decelerazioni o con una sequenza frenetica di accelerazioni e interruzioni che portano a due bollette energetiche nettamente diverse. Un motore più potente non farebbe che amplificare il divario. Abbiamo dimostrato, nel campo della combustione interna, che il power rebound effect riduce l’efficienza sia nei camion12 che nelle automobili13. Dato che i motori elettrici generano una coppia maggiore rispetto ai motori a combustione interna (perché i motori a induzione assorbono una corrente elevata all’avvio), ci si aspetterebbe una power rebound effect ancora maggiore nei veicoli elettrici. Sorprendentemente, secondo i nostri risultati preliminari, ancora da pubblicare, in cui abbiamo confrontato i test di guida di 71 veicoli elettrici con 573 modelli ICV, i veicoli elettrici non hanno mostrato alcun power rebound effect rispetto a quelli ICV. Perché? Forse proprio perché la coppia è più elevata, ma anche istantanea e fluida nell’erogazione della potenza alle ruote: i veicoli elettrici non hanno attrito, spesso non hanno nemmeno il cambio e, soprattutto, non hanno il problema di convertire un movimento assiale in uno rotatorio, ma questa è solo un’ipotesi e sono necessarie ulteriori ricerche.

Come ho già suggerito, la seconda grande fonte di incertezza potrebbe essere l’automazione o, come alcuni dicono, la quarta rivoluzione industriale. È interessante notare che la nascita dell’automazione è profondamente legata all’avvento degli idrocarburi. David Landes nel suo famoso libro14 spiega, con l’esempio paradigmatico del destino del fuochista del treno, come lo stato liquido del petrolio rispetto a quello solido del carbone permetta l’automatizzazione della catena di combustione. Non a caso, in quasi tutte le lingue, le chiamiamo automobili. Era il presagio di una nuova era che avrebbe trovato nell’elettricità la spinta finale per liberare l’automazione in modo ubiquitario nella nostra società. L’elettrificazione permise di recidere il legame secolare tra fonte di energia e luogo di lavoro meccanico, consentendo la diffusione e l’ingrandirsi della manifattura (come nota Smil, “nonostante l’abbondanza di manodopera schiava gratuita, nessuna civiltà antica fece passi efficaci verso una vera manifattura di massa”15). L’elettrificazione ha anche portato l’energia esosomatica nelle nostre case: una potenza installata di 3 kW avrebbe richiesto circa 15 schiavi per pareggiare quella edosomatica. Il risultato fu la grande accelerazione dei decenni successivi alla seconda guerra mondiale e l’avvento di un nuovo regime energetico.

Quella che si sta profilando all’orizzonte è probabilmente una rivoluzione di portata paragonabile. I robot e l’intelligenza artificiale provocheranno un nuovo picco di consumi di energia in diversi settori del lavoro umano, dall’industria manifatturiera all’assistenza sanitaria, dai colletti bianchi all’esercito, traslando ancora una volta una quantità imprevedibile di energia dai campi endosomatici a quelli esosomatici. Secondo alcune stime, il consumo energetico della blockchain è ammontato globalmente a 2,3×10^4 TWh16 nel 2021 (più di dieci volte il consumo di energia primaria dell’Italia); e questo solo per il gusto di liberarsi dal fardello di un notaio. Probabilmente, la ventura ondata di consumi energetici non sarà determinata solo dalla sostituzione diretta dell’energia endo-esosomatica (effetto rimbalzo diretto?), ma anche dai cambiamenti strutturali che l’automazione provocherà nella società e nell’economia. Una volta che le auto a guida autonoma saranno diffuse, lavorare durante il pendolarismo diventerà un’abitudine, se non un obbligo, come lo è già per le persone ricche che possono permettersi un autista. Quali saranno le conseguenze, un’ulteriore espansione delle città o una rinascita delle aree rurali? Sarà l’ultimo chiodo nella bara della mobilità pubblica? Sarà la fine del vincolo assoluto del ritmo circadiano che da sempre limita gli spostamenti (una catena alberghiera avveniristica sta già promuovendo suite da viaggio autonome17)? Qualunque cosa accada, la bolletta energetica globale subirà un’impennata.

La transizione energetica non potrà essere all’altezza delle sue ambiziose aspettative senza l’aiuto dell’efficienza energetica, ma, allo stesso tempo, il fantasma di Jevons dovrebbe ricordarci i pericoli degli effetti sistemici, imprevedibili e non voluti. Qui ne ho elencati due tra i più probabili, a mio avviso più un invito alla riflessione che un avvertimento.

1 Perelman, Lewis J. “Speculations on the Transition to Sustainable Energy.” Ethics 90, no. 3 (1980): 392-416.

2 Alcott, B., 2008. The sufficiency strategy: Would rich-world frugality lower environmental impact?. Ecological economics64(4), pp.770-786.

3 Ruzzenenti, F., & Wagner, A. (2018). Efficiency and the rebound effect in the hegemonic discourse on energy. Nature and Culture, 13(3), 356-377.

4 Jevons, W. S. (1866). The coal question; an inquiry concerning the progress of the nation and the probable exhaustion of our coal-mines. Macmillan (traduzione personale).

5 Schipper, L., 2000. On the rebound: the interaction of energy efficiency, energy use and economic activity. Energy policy28 (6-7).

6 Smil, V., 2019. Growth: from microorganisms to megacities. Mit Press.

7 Ruzzenenti, Franco, and Riccardo Basosi. “The rebound effect: An evolutionary perspective.” Ecological economics 67, no. 4 (2008): 526-537.

8 Galvin, Ray. “Making the ‘rebound effect’ more useful for performance evaluation of thermal retrofits of existing homes: Defining the ‘energy savings deficit’ and the ‘energy performance gap’.” Energy and buildings 69 (2014): 515-524.

9 Dunlop, T., 2019. Mind the gap: A social sciences review of energy efficiency. Energy Research & Social Science56, p.101216.

10 Zhao, L., Ottinger, E. R., Yip, A. H. C., & Helveston, J. P. (2023). Quantifying electric vehicle mileage in the United States. Joule, 7(11), 2537-2551. https://doi.org/10.1016/j.joule.2023.09.015

11 https://www.press.bmwgroup.com/netherlands/article/detail/T0023499NL/more-efficiency-instead-of-power-loss:-bmw-group-research-and-engineering-is-using-combined-heat-and-power-in-a-car-for-the-first-timenhancing-efficiency-by-up-to-15-percent-feasible-1-5-litres-of-petrol-less-consumption-realistic-in-mid-range-car-basis:-the-principle-of-the-steam-engine?language=nl.

12 Galvin, Ray, Alessandro Martulli, and Franco Ruzzenenti. “Does power curb energy efficiency? Evidence from two decades of European truck tests.” Energy 232 (2021): 120867.

13 Galvin, Ray, Alessandro Martulli, and Franco Ruzzenenti. “Does power curb energy efficiency? Evidence from two decades of European truck tests.” Energy 232 (2021): 120867.

14 Landes, David S. The unbound Prometheus: technological change and industrial development in Western Europe from 1750 to the present. Cambridge University Press, 2003.

15 Smil, Vaclav. Energy in nature and society: general energetics of complex systems. MIT press, 2007, P. 175. (traduzione personale).

16 Kohli, V., Chakravarty, S., Chamola, V., Sangwan, K.S. and Zeadally, S., 2023. An analysis of energy consumption and carbon footprints of cryptocurrencies and possible solutions. Digital Communications and Networks, 9(1), pp.79-89.

17 https://www.aprilli.com/autonomous-travel-suite