Il principio di precauzione e l’attuale dibattito sulla nuova rete 5g

Il principio di precauzione: le lezioni di Hans Jonas e Jean Pierre Dupuy

Purtroppo, la cultura scientista si sottrae alla sfida che discende dalla crisi ecologica, evento assiale della modernità, e non sa cogliere le lezioni e le opportunità che l’ecologia offre a tutti i saperi. Non sorprende allora che non sia stata accolta, come meritava, l’importante e imprescindibile lezione filosofica di Hans Jonas((

Il presente saggio riprende, con i necessari aggiornamenti, una parte del capitolo Il ruolo della scienza in P. P. Poggio e M. Ruzzenenti, “Primavera ecologica” mon amour. Industria e ambiente cinquant’anni dopo, Jaca Book, Milano 2020. L’ultimo capitoletto, Il 5G ed il principio di precauzione nelle scelte dell’attuale governo, è stato aggiunto da Marino Ruzzenenti
H. Jonas, Il principio responsabilità, Einaudi, Torino 1990. Il testo originale è del 1979. Un approccio critico sulla tecnica è al centro della riflessione di altri autori novecenteschi imprescindibili, tra cui segnaliamo almeno Gunther Anders e Ivan Illich (per una ricognizione generale su queste correnti di pensiero si veda P.P. Poggio, a cura di, L’Altronovecento. Comunismo eretico e pensiero critico, voll. 1 e 2, Fondazione Luigi Micheletti-Jaca Book, Milano 2010, 2011).)), giunta in Italia con un decennio di ritardo, ma comunque sempre anticipatrice di una riflessione che, con difficoltà, sta ancora proseguendo. Jonas parte dalla constatazione della novità “ontologica” di un uomo che, grazie alla scienza e alla tecnica, è diventato per la natura più pericoloso di quanto un tempo la natura fosse per lui. La conseguenza immediata di questa inedita forza distruttiva dell’uomo nei confronti della natura, da intendersi come l’ambito di vita dell’umanità, determina una contraddizione antagonistica, una frattura drammatica tra il mondo e l’umanità di oggi e il mondo e l’umanità di domani, potenzialmente privati delle stesse condizioni biologiche necessarie alla propria sopravvivenza. Muovendo da questa diagnosi, Jonas cerca di andare alle radici filosofiche del problema della responsabilità che, in questa nuova situazione, non concerne soltanto la sopravvivenza e la dignità della specie intesa come convivenza degli attuali esseri umani, ma anche l’unità e la continuità della specie, quindi il rapporto con le generazioni future.

E qui Jonas rileva l’insufficienza dell’etica tradizionale, dell’imperativo categorico kantiano: «Agisci in modo che anche tu possa volere che la tua massima diventi legge universale». Imperativo che concerne i rapporti diretti dell’uomo con l’uomo e che si alimenta della reciprocità. Ma quali rapporti possiamo intrattenere con le generazioni future (non ancora esistenti), e quale reciprocità di comportamenti possiamo attenderci da esse, se, allora, noi non esisteremo più? Tuttavia Jonas, partendo dal presupposto che l’uomo ha comunque il dovere di far sua la volontà di autoaffermazione dell’essere, pronunciando il proprio sì nei confronti della vita, individua nel principio di responsabilità questa disponibilità a favorire il diritto alla vita, non più solo dei contemporanei, ma anche di quelli che verranno in futuro. E il superamento necessario della reciprocità, Jonas lo attinge da un archetipo preesistente, quello della cura parentale dei figli, dei neonati, che si rivolge alla vita a partire dal suo grado estremo di indigenza e vulnerabilità. È evidente che questo nuovo imperativo riguarda molto di più la politica pubblica che non il comportamento privato ed evoca un’altra coerenza: non quella dell’atto con se stesso, ma quella dei suoi effetti ultimi con la continuità dell’attività umana nell’avvenire. L’elaborazione di Jonas, al di là della sua intrinseca forza argomentativa, ha comunque riflessi importanti sul dibattito relativo ad etica, scienza e natura, appunto sul tema della presunta “neutralità” della scienza. Infatti, il principio di responsabilità verso le “generazioni future” ed i loro diritti ad una vita dignitosa pone non pochi problemi ai fondamenti e presupposti della scienza e della tecnologia, ma anche dell’economia, della politica e della stessa idea di democrazia, così come si sono definiti nel corso della modernità.

Da qui la straordinaria fecondità del «principio responsabilità» di Hans Jonas. Infatti, da questa riflessione, ad esempio, scaturisce tutta la vasta tematica del principio di precauzione che è stata trattata diffusamente in due importanti rapporti dell’Agenzia europea dell’ambiente, Lezioni tardive da avvertimenti precoci, del 2001 e del 2013((Sul principio di precauzione si veda: European envirronment agency, Late lessons from early warnings. The precautionary principle. 1896–2000,Copenhagen, 2001; European environment agency, Late lessons from early warnings: science, precaution, innovation, Report n.1, Copenhagen 2013.)), materiali che avrebbero meritato una maggiore divulgazione. La prima edizione, con sottotitolo Il principio di precauzione, oltre a proporre le storie di alcuni ben noti pericoli pubblici e ambientali, come, ad esempio, la radiazioni ionizzanti e il piombo tetraetile nella benzina, a partire dai primi avvertimenti precoci scientificamente fondati sui danni potenziali, alle successive misure precauzionali e preventive, assunte con troppi ritardi, fa il punto su alcune delle questioni controverse che emergono dal rapporto e dai successivi dibattiti, come la natura contingente della conoscenza, e cerca di definire i concetti di precauzione, prevenzione, rischio, incertezza e ignoranza. Inoltre si sofferma sulla natura e sulla direzione principale dei pregiudizi metodologici e culturali all’interno delle scienze della salute ambientale, affermando la necessità di trasparenza nella valutazione dei rischi e della partecipazione pubblica nell’analisi del rischio. Il secondo rapporto del 2013 interviene tra l’altro su alcuni temi emergenti, come gli incidenti nucleari di Chernobyl e Fukushima, gli ogm e l’agroecologica, i telefoni cellulari e i rischi di tumori al cervello, le nanotecnologie.

Insomma il principio di precauzione dovrebbe rafforzare ancor più quella priorità della prevenzione, che il «pensiero unico» oggi dominante vorrebbe semplicemente spazzar via. Precauzione significherebbe, dunque, non solo evitare quelle iniziative che si sa essere destinate a produrre un danno, ma anche quelle della cui innocuità non si è certi. Né è possibile limitarsi, secondo un’ottica antropocentrica, a considerare i diritti dell’umanità attuale e futura: la natura, il “creato”, sono l’altro che non abbiamo diritto di ridurre a nulla, nientificare, distruggere.

La riflessione di Jean-Pierre Dupuy, ingegnere e filosofo francese, è forse ancor più radicale e suggestiva di quella di Jonas. Parte anche lui dalla constatazione che l’attuale tecno-scienza “provoca l’estensione smisurata del potere degli uomini sul mondo”((J.-P. Dupuy, Per un catastrofismo illuminato, Medusa,Milano 2011, p.11.)). Ma poi si spinge a criticare alla radice il “principio di precauzione” che da alcuni decenni si è pacificamente affermato, analogamente all’altra idea guida della postmodernità, lo “sviluppo sostenibile”. Il principio di precauzione si fisserebbe come obiettivo il “rischio zero”, alimentando così l’illusione che vi possa essere una tecnologia assolutamente sicura. D’altro canto “imporrebbe il ‘rovesciamento dell’onere della prova’: vale a dire toccherebbe all’innovatore provare l’innocuità del suo prodotto, e non a quelli che potrebbero esserne le vittime, di provare la sua nocività. Ora il ‘rischio zero’ è un ideale impossibile e paralizzante”((Ibid., p. 73.)). Del resto la stessa legislazione ambientale più avveduta è viziata dall’incapacità di valere retroattivamente, per cui agisce solo perseguendo i danni che al momento dell’emanazione sono conoscibili e riconoscibili. Interviene, cioè, dopo che il danno è stato provocato e solo se quel danno è stato dalla stessa legislazione contemplato. Ovvero la “catastrofe” la riconosciamo solo quando è già avvenuta. Dunque, secondo Dupuy, è più razionale affidarsi all’«euristica della paura»e per superare quell’ostacolo logico intrinseco al principio di precauzione, “occorre inserire la catastrofe nell’avvenire in un modo molto più radicale. Occorre renderla ineluttabile. È rigorosamente quello che si potrà dire allorquando agiamo per prevenirla nel ricordo che abbiamo di essa”((Ibid., p. 139.)). Un ricordo in questo caso paradossale, perché deve essere il ricordo di un futuro possibile. Da qui la suggestiva proposta, che si colloca su un terreno etico e filosofico, del “catastrofismo illuminato”, come atteggiamento razionale per affrontare la potenza smisurata e distruttiva oltre ogni limite dell’attuale tecno-scienza. “Sappiamo ormai che siamo imbarcati, con a bordo, una bomba a scoppio ritardato. Non spetta che a noi che la sua esplosione, iscritta come una fatalità poco probabile, non si produca. Siamo condannati alla vigilanza permanente”((Ibid., p. 180.)). “Il catastrofismo illuminato consiste nel pensare la continuazione dell’esperienza umana come risultante della negazione di un’autodistruzione, un’autodistruzione che sarebbe come iscritta nel suo avvenire irrigidito in destino. Con la speranza, come scrive Borges, che questo avvenire, sebbene ineluttabile, non abbia luogo”((Ibid., p. 181.)).

La nuova rete 5G e l’inquinamento da radiofrequenze

A proposito di “vigilanza permanente” e di difficoltà di mettere in pratica il principio di precauzione, non possiamo non richiamare l’acceso dibattito che sta accompagnando la messa in opera della nuova rete 5g. Di che cosa si tratta? 5g significa tecnologia di rete di quinta generazione, rispetto a quella attuale 3g e 4g, basata su radiofrequenze che vanno dalle centinaia di mega-hertz fino a pochi gigahertz, che si trasferirà in parte in quella che è un’altra finestra dello spettro elettromagnetico, ovvero quella delle onde millimetricheo addiritturasub millimetriche. Quindi, la frequenza delle onde coinvolte nella nuova tecnologia del 5g aumenterà da 10 a 100 gigahertz, semplicemente per trasmettere dati a velocità superveloci. Nell’idea delle compagnie telefoniche vi è la prospettiva di passare al cosiddetto ‘Internet delle cose’, o Internet of Things in inglese, ovvero un mondo nel quale noi saremo immersi in un mare di onde elettromagnetiche ed avremo gran parte degli oggetti in nostro possesso, dal frigorifero alla lavatrice, etc., connessi l’uno con l’altro e con la rete Internet. Per le aziende è necessario costruire strutture wireless “a piccole celle” nei quartieri, sui lampioni e sui pali di servizio, per offrire il 5g. Ogni installazione può avere più di mille antenne che trasmettono simultaneamente, che potranno essere costruite nei diritti di passaggio, direttamente davanti alle case dei cittadini. E le comunità rischiano di essere private del loro diritto di prendere decisioni su questa nuova tecnologia, che di fatto prevede un’approvazione quasi automatica, per cui, anche se tutti i proprietari di case del quartiere si oppongono alle antenne sulla loro strada, l’opposizione sarà ignorata(AA. VV., 5g Wi-Fi. Un esperimento sulla salute di tutti, Copyleft, 2019. https://www.inquinamento-italia.com/libro-5g-cellulari-wi-fi-un-esperimento-sulla-salute-di-tutti-scarica-pdf-gratuito/; Environmental Health Trust, Top Facts on 5G: What You Need To Know About 5g Wireless and “Small” Cells ( Che Cosa bisogna sapere sul 5G senza fili e “piccole” celle). https://ehtrust.org/key-issues/cell-phoneswireless/5g-internet-everything/20-quick-facts-what-you-need-to-know-about-5g-wireless-and-small-cells/.)) Scenario inquietante sarebbe quello prodotto dalla generale implementazione del 5g:

Se i piani per il 5g delle industrie delle telecomunicazioni andranno in porto, nessuna persona, nessun animale, nessuna pianta sul pianeta saranno in grado di evitare l’esposizione, 24 ore al giorno, 365 giorni l’anno, a livelli di radiazioni in radiofrequenza (rf) che saranno da decine a migliaia di volte più alti di quelli attuali (ovvero del 3g e 4g), senza alcuna possibilità di rifugiarsi in nessun luogo del Pianeta((Cellular Phone Task Force, International Appeal. Stop 5g on Earth and in Space, usa, 2019, https://www.5gspaceappeal.org/the-appeal. Nostra traduzione.)).

Il dibattito sui potenziali rischi per la salute del 5G

Il Parlamento europeo, il 15 marzo 2017, ha dato il via all’installazione della banda 5g entro il 2020((https://www.eunews.it/2017/03/15/ok-del-parlamento-ue-alluso-della-banda-5g-in-tutta-europa-entro-il-2020-per-quasi-tutti/80319.)). Eppure non sono mancati in questi anni gli allarmi per i possibili effetti sulla salute delle onde elettromagnetiche, provenienti da diversi scienziati e centri di ricerca indipendenti, alcuni dei quali ci è già occorso di incontrare in questo saggio, come il Centro di Ricerca sul Cancro “Cesare Maltoni” dell’Istituto Ramazzini di Bologna o i Medici per l’ambiente di isde, nonché, sempre in Italia, l’ associazione Applelettrosmog((Associazione Per la Prevenzione e la Lotta all’Elettrosmog. http://www.applelettrosmog.it.)) coordinata da Angelo Gino Levis((http://www.applelettrosmog.it/file/scientifici/levis/Curriculum_Angelo_Levis.pdf.)), o autorevoli Istituti internazionali come l’Environmental Health Trust((https://ehtrust.org/key-issues/cell-phoneswireless/5g-internet-everything/.)) di Teton Village, Wyoming, usa, fondato da Devra Devis((Di questa straordinaria studiosa statunitense non possiamo non citare il fondamentale studio sulla storia del “negazionismo” degli effetti cancerogeni di tante sostanze: D. Davis, La storia segreta della guerra al cancro, Codice, Torino 2008.)), o la Cellular Phone Task Force((https://www.cellphonetaskforce.org/)) che opera dal 1993 a Santa Fe, New Mexico, usa. Non si contano gli studi scientifici pubblicati da costoro nelle più importanti riviste internazionali((Citiamo due studi italiani. Il primo del Centro di Ricerca sul Cancro “Cesare Maltoni” di Bologna pubblicato nel 2016: “L’esposizione per tutta la vita a campi magnetici sinusoidali a 50 Hz e radiazioni γ acute a basse dosi inducono effetti cancerogeni nei ratti. I risultati dello studio hanno mostrato significativi effetti cancerogeni per la ghiandola mammaria nei maschi e nelle femmine e un significativo aumento dell’incidenza di carcinomi maligni del cuore così come una maggiore incidenza di linfomi/leucemie nei maschi. Questi risultati richiedono una rivalutazione della sicurezza delle radiazioni non ionizzanti”. Cfr.: M. Soffritti, E. Tibaldi, M. Padovani, D.G. Hoel, L. Giuliani, L. Bua, M. Lauriola, L. Falcioni, M. Manservigi, F. Manservisi, S. Panzacchi, F. Belpoggi, Life-span exposure to sinusoidal-50 Hz magnetic field and acute low-dose γ radiation induce carcinogenic effects in Sprague-Dawley rats. In “Radiat Biology”, 92:202-14, (2016). https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26894944. Il secondo, coordinato da Angelo Gino Levis di Applelettrosmog, e pubblicato sulla prestigiosa rivista “Environmental Health”, così si conclude: “la nostra analisi degli studi di letteratura e dei risultati delle meta-analisi dei soli dati significativi mostra un quasi raddoppio del rischio di tumori alla testa indotti dall’uso o dalla latenza a lungo termine del telefono cellulare”. Cfr.: A.G. Levis, N. Minicuci, P. Ricci, V. Gennaro, S. Garbisa, Mobile phones and head tumours. The discrepancies in cause-effect relationships in the epidemiological studies – how do they arise?, in “Environmental Health”, 1186/1476-069X-10-59 (2011). http://www.applelettrosmog.it/file/scientifici/levis/Levis-Environmental_Health-Mobile_phones_and_head_tumours-June%202011.pdf..)) sulla relazione tra insorgenza di alcuni tumori ed esposizioni a onde elettromagnetiche da cellulari di 3g, nonché sentenze di tribunali che riconoscono i danni prodotti da queste esposizioni((Curiosamente, sul terreno, peraltro controverso, dei danni alla salute indotti dall’esposizione ai campi elettromagnetici, la magistratura italiana sta dimostrando un atteggiamento innovativo, ben diverso da quello che abbiamo visto quando i danni riguardavano lavoratori o cittadini esposti, solitamente di quartieri popolari. Numerose sono le sentenze relative agli elettrodotti, ma la vera svolta arriva con la sentenza della Corte d’Appello Civile, Sezione Lavoro, di Brescia sentenza n. 614 del 10 dicembre 2009 confermata dalla Corte di Cassazione, sentenza n. 17438 del 3-12 Ottobre 2012: “La sentenza di Brescia ha riconosciuto – per la prima volta nel mondo – l’origine professionale di un tumore (neurinoma del trigemino) in un funzionario, utilizzatore per lungo tempo e per ragioni di lavoro di telefoni mobili (tm: cellulari e cordless), ed ha condannato l’inail a corrispondergli la rendita prevista per il grado di invalidità accertato (80%)”. A questa si sono accompagnate altre sentenze della Cassazione che supportano indirettamente la relazione causale tra tumori ed esposizioni a cem: sulla “causalità specifica”, Cassazione, Sezione iii, sentenza 23676/2009; sulla “probabilità qualificata”, Cassazione, sezione iii, sentenza 15991/2011. Cfr. A.G. Levis, La posizione innovativa della Magistratura italiana sui rischi per la salute da campielettromagnetici non ionizzanti (cem), Applelettrosmog, Padova, 2014. http://www.applelettrosmog.it/file/scientifici/posizione_innovativa_Magistratura_italiana.pdf.)). Ebbene da questi autorevoli esperti sono partiti diversi appelli, con decine di migliaia di firme, indirizzati all’ONU((L’Appello degli Scienziato alle Nazioni Unite si può vedere: https://emfscientist.org/)), ai governanti degli USA e dell’UE((Le lettere di decine di scienziati di tutto il mondo sui rischi per la salute di 5g si possono vedere: https://ehtrust.org/small-cells-mini-cell-towers-health-letters-scientists-health-risk-5g/.)), al Parlamento europeo e a quello italiano per chiedere una moratoria all’installazione della banda 5g. Riportiamo, a mo’ di esempio, quello del 13 settembre 2017 rivolto all’Unione europea:

Noi sottoscritti, più di 180 scienziati e medici provenienti da 37 Paesi, proponiamo una moratoria per il roll-out della quinta generazione – la 5g – della telecomunicazione, fino a quando i potenziali pericoli per la salute umana e l’ambiente saranno stati completamente studiati da scienziati indipendenti dall’industria. La tecnologia 5g aumenterà notevolmente l’esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza (rf-emf) rispetto alla 2g, 3g, 4g, Wi-Fi, ecc. già esistenti rf-emf sono state dimostrate dannose per l’uomo e per l’ambiente. La 5g porta ad un massiccio aumento dell’esposizione alle radiazioni wireless. La tecnologia 5g è efficace solo a breve distanza. E’ scarsamente trasmessa attraverso materiale solido. Molte nuove antenne saranno necessarie e l’implementazione su larga scala comporterà antenne ogni 10-12 case nelle aree urbane, aumentando così massicciamente l’esposizione obbligatoria. Con “l’uso sempre più ampio delle tecnologie wireless”, nessuno può evitare di essere esposto. Perché oltre il numero aumentato di trasmettitori a 5g (anche all’interno di abitazioni, negozi e negli ospedali) secondo le stime, “da 10 a 20 miliardi di connessioni” (frigoriferi, lavatrici, telecamere di sorveglianza, autovetture e autobus, ecc. .) saranno parti del cosiddetto Internet of Things. Tutto ciò sicuramente porta ad un notevole aumento dell’esposizione complessiva a lungo termine di rf-emf a tutti i cittadini dell’ue. Gli effetti nocivi dell’esposizione rf-emf sono già stati dimostrati. Oltre 230 scienziati provenienti da più di 40 Paesi hanno espresso le loro “serie preoccupazioni” per quanto riguarda l’onnipresente e crescente esposizione a emf generata da dispositivi elettrici e wireless già prima dell’ulteriore 5 roll-out. Si riferiscono al fatto che “numerose pubblicazioni scientifiche recenti hanno dimostrato che l’emf colpisce gli organismi viventi a livelli ben al di sotto della maggioranza degli linee guida internazionali e nazionali”. Gli effetti includono l’aumento del rischio di cancro, lo stress cellulare, l’aumento dei radicali liberi dannosi, i danni genetici, i cambiamenti strutturali e funzionali del sistema riproduttivo, i deficit di apprendimento e di memoria, i disturbi neurologici e gli impatti negativi sul benessere generale degli esseri umani. I danni vanno ben oltre la razza umana, poiché vi è una crescente evidenza di effetti nocivi sia per le piante che per gli animali. Dopo l’appello degli scienziati che è stato scritto nel 2015, ulteriori ricerche hanno confermato con convinzione i gravi rischi per la salute dei campi rf-emf provenienti dalla tecnologia wireless. Lo studio più grande del mondo (25 milioni di dollari usa) del National Toxicology Program (ntp) mostra un aumento statisticamente significativo dell’incidenza del cancro del cervello e del cuore negli animaliesposti a emf, al di sotto dei valori di esposizione della linea-guida icnirp(Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti) seguite dalla maggior parte dei Paesi. Questi dati supportano risultati di studi epidemiologici umani su radiazioni rf e rischio tumorale cerebrale. Un gran numero di rapporti scientifici riesaminati a livello scientifico dimostrano danni alla salute umana da emf. L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (iarc), dell’Organizzazione mondiale della sanità (who), nel 2011 ha concluso che emf di frequenze da 30 KHz a 300 GHz sono possibili cancerogeni per l’uomo (Gruppo 2B). Tuttavia, nuovi studi come lo studio ntp di cui sopra e diverse indagini epidemiologiche tra cui gli ultimi studi sull’utilizzo di telefoni cellulari e sui rischi di cancro al cervello confermano che la radiazione rf-emf è cancerogena per l’uomo((Eu 5g Appel. Gli scienziati e medici avvertono dei potenziali gravi effetti del 5g sulla salute umana, 13 settembre 2017. http://www.5gappeal.eu/about/.)).

Ebbene, nel 2019, nel bel mezzo del dibattito politico e scientifico sul 5g, giunge, come un fulmine a ciel sereno, un documento, dell’Istituto superiore di sanità che perveniva a conclusioni molto tranquillizzanti((S. Lagorio, L. Anglesio, G. d’Amore, C. Marino, M. R. Scarfì, Radiazioni a radiofrequenze e tumori: sintesi delle evidenze scientifiche,Rapporti istisan 19/11, Istituto Superiore di Sanità, Roma 2019.)):

È stata raggiunta una maggiore chiarezza riguardo all’assenza di alcuni effetti negativi sulla salute che si sospettava potessero derivare dall’esposizione, mentre alcune domande non hanno ancora trovato risposte soddisfacenti e richiedono ulteriori approfondimenti scientifici. Ad esempio, per quanto concerne il rischio di tumori cerebrali in relazione all’esposizione a radiofrequenze da telefoni mobili, i dati ad oggi disponibili suggeriscono che l’uso comune del cellulare non sia associato all’incremento del rischio di alcun tipo di tumore cerebrale. Rimane un certo grado d’incertezza riguardo alle conseguenze di un uso molto intenso, in particolare dei cellulari della prima e seconda generazione caratterizzati da elevate potenze di emissione. In considerazione dell’assenza di incrementi nell’andamento temporale dei tassi d’incidenza e dei risultati negativi degli studi di coorte, anche piccoli incrementi di rischio sembrano poco verosimili, ma non si possono escludere.[…] Dal punto di vista delle implicazioni normative, a parere della who e di numerosi panel internazionali di esperti, le evidenze scientifiche correnti, sebbene non consentano di escludere completamente la possibilità di effetti a lungo termine dell’esposizione prolungata a bassi livelli di campi a radiofrequenza, non giustificano modifiche sostanziali all’impostazione corrente degli standard internazionali di prevenzione dei rischi per la salute.

Una valutazione, che, come viene fatto notare da un’analisi critica del documento dell’iss prodotta dall’ISDE((A. Di Ciaula, Presidente del Comitato scientifico isde, Esposizione a radiofrequenze e cancro: considerazioni sul rapporto istisan 19/11, 2019. https://www.isde.it/wp-content/uploads/2019/08/commenti-su-ISTISAN-ISDE-2.pdf.)), verrebbe in parte contraddetta dagli stessi estensori quando si occupano di 5g:

Nel paragrafo “Sviluppi delle telecomunicazioni: i sistemi 5g”, gli Autori del rapporto istisan ribadiscono in maniera chiara come la normativa nazionale vigente, nel caso delle bande di frequenza proprie della rete 5g, sia inadeguata a verificare l’esistenza di livelli di esposizione certamente sicuri per la salute pubblica: “In base alle caratteristiche previste per i sistemi radianti utilizzati, al fine di valutare correttamente l’esposizione, occorrerà pertanto considerare non solo i valori medi di campo elettromagnetico, ma anche i valori massimi raggiunti per brevi periodi di esposizione. Tale aspetto richiederà un adeguamento della normativa nazionale che, ad oggi, non considera esposizioni di breve durata ma solo esposizioni continuative”. Questa inadeguatezza è amplificata dall’evidenza che ci sarà un “incremento notevole del numero di impianti installati sul territorio” e che “L’introduzione della tecnologia 5g potrà portare a scenari di esposizione molto complessi, con livelli di campo elettromagnetico fortemente variabili nel tempo, nello spazio e nell’uso delle risorse delle bande di frequenza”. Gli Autori del rapporto istisan affermano che lo sviluppo del 5g avverrà “in un futuro non facilmente prevedibile”, che “al momento, non è possibile formulare una previsione sui livelli di campo elettromagnetico ambientale dovuti allo sviluppo delle reti 5g” e che “sarà dunque necessaria una revisione della normativa nazionale”((Ibidem.)).

Il 5G ed il principio di precauzione nelle scelte dell’attuale governo

Ma proprio quest’ultima considerazione del Rapporto dell’iss dovrebbe comportare necessariamente l’applicazione del principio di precauzione. Il 5g è con tutta evidenza un caso di scuola, se ci riferiamo a come la Commissione europea ha definito il principio di precauzione già nel 2000((https://eur-lex.europa.eu/summary/glossary/precautionary_principle.html?locale=it.)): “se vi è la possibilità che una data politica o azione possa danneggiare il pubblico o l’ambiente, e se non c’è ancora consenso scientifico sulla questione, la politica o l’azione in questione non dovrebbe essere perseguita”. Eppure l’iss non dice nulla al riguardo né chiede una moratoria nell’attuazione del 5g in attesa di studi più approfonditi, nonostante l’Istituto Ramazzini di Bologna, in un’audizione alla Commissione Trasporti della Camera, il 26 febbraio 2019, si fosse offerto per realizzarli proprio in collaborazione con lo stesso iss

L’Istituto Ramazzini ha ancora in essere l’apparato espositivo utilizzato per studiare le frequenze del 3g, facilmente adattabili al 5g, e si rende disponibile a condividere la propria struttura con le parti interessate, cittadini, istituzioni e industria. L’Istituto Superiore di Sanità potrebbe essere il partner ideale per uno studio così complesso, e auspichiamo che non venga ignorato questo appello. Si tratta a questo punto solo di volontà politica, agire per garantire la salute pubblica sarebbe solo un fatto di democrazia((Peraltro, la dottoressa Fiorella Belpoggi, Direttrice Area Ricerca dell’Istituto “Ramazzini”, aveva motivato la proposta con argomenti stringenti: “Sebbene l’evidenza sia quella di un agente cancerogeno di bassa potenza, il numero di esposti è tale (miliardi di persone) da rappresentare un enorme problema di salute pubblica: molte migliaia, se non milioni, potrebbero essere le persone suscettibili a danni biologici da radiofrequenze. L’introduzione senza cautela del 5g, nonostante gli allarmi, sembra non aver insegnato nulla ai governi rispetto alle lezioni del passato: amianto, fumo di tabacco, benzene, formaldeide, ed altri, la cui cancerogenicità è risultata evidente in studi sperimentali decenni prima che le agenzie regolatorie prendessero provvedimenti restrittivi, fino al bando. I governi dovrebbero prendere tempo prima di avviare la diffusione delle onde millimetriche del 5g, in attesa di valutazioni accurate sulla pericolosità di questa tecnologia sicuramente innovativa e dalle applicazioni straordinarie, ma sospetta di comportare problemi per la salute. Così come l’industria chimica produce corposi dossier di valutazione del rischio delle nuove sostanze immesse sul mercato, altrettanto bisognerebbe fare per le radiofrequenze”. 5g, Appello al Parlamento. La dott.ssa Belpoggi ascoltata in Commissione a Montecitorio, in“Ramazzini News”, n. 1 (2019), p. 7.)).

Sennonché, anche grazie alle conclusioni rassicuranti di autorità istituzionali, come l’Istituto superiore di Sanità, i decisori politici europei e nordamericani stanno andando avanti a tambur battente e l’unico tema che sembra preoccuparli non è certo quello delle possibili ricadute sulla salute di milioni di cittadini, ma se nel nuovo grande business possano essere coinvolti i cinesi di Huawei, tenendo conto delle complesse problematiche relative alla gestione in sicurezza e al controllo di enormi flussi di informazioni. E in Italia la Task force insediata in piena pandemia da Coronavirus per delineare una sorta di Piano di rinascita del Paese, presieduta da Vittorio Colao, già amministratore delegato di Vodafone dal 2008 al 2018, non solo sorvolava sulle criticità del 5g di cui abbiamo a lungo trattato, ma addirittura si permetteva di rilanciare pretendendo un ulteriore abbattimento dei residui vincoli ancora esistenti, in spregio al principio di precauzione, con innalzamento degli attuali limiti per lo smog da radiofrequenze e inibizione di qualsiasi possibilità di opposizione da parte delle comunità locali:

27. Sviluppo Reti 5g. Adeguare i livelli di emissione elettromagnetica in Italia ai valori europei, oggi circa 3 volte più alti e radicalmente inferiori ai livelli di soglia di rischio, per accelerare lo sviluppo delle reti 5g. Escludere opponibilità locale se protocolli nazionali sono rispettati. Contesto: Le reti a banda ultra larga 5g consentiranno alte velocità e ridotte latenze, rendendo possibili nelle aree coperte servizi ubiqui e istantanei per imprese (ad es. Robotica e Industria 4.0, logistica e distribuzione, manutenzione) e famiglie (ad es. multiparty applications e accesso banda larga wireless). Gli alti costi delle frequenze in Italia sono ulteriormente aggravati da una normativa specifica italiana sulle emissioni radiomagnetiche. Tale normativa impone limiti (pari a 20Volt/metro e 6Volt/metro nelle zone ad alta presenza umana) molto più restrittivi di quelli in vigore nella maggior parte degli altri paesi Europei, a loro volta molto al di sotto dei limiti di nocività ipotizzati. Poiché il 5g si basa su frequenze più elevate (che si propagano a minor distanza) il mantenimento degli attuali limiti implica che una completa copertura 5g richiederà un numero molto più elevato di stazioni radio di quello attualmente in uso per 3/4g, con implicazioni di costo e ambientali estremamente sfavorevoli e un lento sviluppo del servizio. Azioni specifiche: a. Riportare i limiti massimi di emissione elettromagnetica in Italia alle linee guida europee/in linea con i livelli richiesti dagli altri stati membri ue; b. Valori limite di campo elettrico (per frequenze 3.6-3.8 GHz): Linee guida icnirpi: 61 V/m; Francia, Germania, Regno Unito, Spagna: 61 V/m; Grecia: 47 V/m; Belgio: 31 V/m; Italia: 20 V/m((Comitato di esperti in materia economica e sociale, Iniziative per il rilancio “Italia 2020-2022”, Roma, 8 giugno 2020, scheda n. 40.)).

Ed ora, Vittorio Colao è stato chiamato da Mario Draghi a gestire il Ministero dell’innovazione con il compito di digitalizzare il Paese. Per ora sarebbe stato sventato il suo tentativo, in accordo con il ministro della “transizione ecologica” Roberto Cingolani: lunedì notte, 19 luglio 2021, un emendamento al decreto Recovery chiesto da Italia Viva in accordo con i ministri interessati finiva su un binario morto, con la motivazione che nel frattempo non era arrivato un parere formale del governo. L’emendamento prevedeva di adeguare immediatamente le norme italiane per i 5g ai valori meno restrittivi adottati in sede europea, innalzando le soglie da 6 Volt per metro fino a ben 61 volt/metro (limite fissato dall’Europa, che attualmente considera però solo il rischio termico e non quello biologico o cancerogeno). La battaglia, ovviamente è solo rimandata essendo troppo forte la pressione delle compagnie telefoniche per risparmiare costi aggiuntivi di alcuni miliardi di euro e troppo sensibili a queste esigenze alcuni esponenti dell’attuale governo((L. Margottini e I. Proietti, 5g: la ue insiste su rischio cancro, ma iv ci riprova, “Il Fatto Quotidiano”, 22 luglio 2021.)).

Tuttavia, forse, nel frattempo è sopraggiunto un serio inciampo ai “liberisti” nostrani del 5g e proprio dall’Unione europea: il 22 luglio 2021 veniva reso pubblico un importante studio, Impatto sulla salute del 5g, commissionato dal Parlamento europeo, al Panel for the future Science and tecnology, stoa((European Parliament, Panel for the Future Science and Technology, stoa. Health impact of 5g, June 2021.)), diretto da Fiorella Belpoggi, dell’Istituto Ramazzini di Bologna, una delle più importanti studiose a livello internazionale, che abbiamo già conosciuto e cui, probabilmente, va il merito dei limiti più conservativi per il 5g, esistenti ancora in Italia. Lo studio compie una ponderosa rassegna di tutti gli studi scientifici pubblicati nel mondo sul tema, con ben 19 pagine di riferimenti bibliografici, per giungere ad alcune conclusioni e opzioni politiche per i decisori. In verità non mancano anche importanti raccomandazioni per ridurre l’esposizione, più pericolosa per la salute degli utenti, alle radiazioni indotte dalla telefonia mobile, ma qui ci limitiamo a riportare i passi più significativi relativi al 5g e allo smog elettromagnetico indotto dalla relativa infrastruttura:

fr1 (da 450 a 6000 MHz): Come sintesi di ciò che siamo riusciti ad analizzare nella letteratura scientifica disponibile, in studi sia umani che animali, possiamo dire che le rf-emf alle frequenze di esposizione fr1 probabilmente causano il cancro, e in particolare gliomi e neuromi acustici nell’uomo((Ibdid., p. 150.)). […] fr1 (da 450 a 6000 MHz): Queste frequenze influenzano chiaramente la fertilità maschile. Queste frequenze possono influire sulla fertilità femminile. Possono avere effetti negativi sullo sviluppo di embrioni, feti e neonati((Ibdid., p. 151.)). Ciò che gli studi epidemiologici hanno già dimostrato nel 2011 (iarc, 2013) è stato confermato dagli studi sugli animali da laboratorio, soprattutto per quanto riguarda la connessione tra l’esposizione alle rf-emf e l’effetto cancerogeno nel sistema nervoso. Il livello di sicurezza attualmente consentito in Europa è di 61 V/m (icnirp, 2020a). La dose più bassa alla quale questi effetti sono stati osservati sperimentalmente per l’esposizione in campo lontano è di 50 V/m. Nello stesso studio sperimentale (Falcioni et al, 2018) nessun effetto cancerogeno è stato osservato a 5 V/m. Alla luce di questo risultato, un’opzione politica potrebbe essere quella di rivedere i livelli massimi di esposizione residenziale e pubblica in tutta Europa. I livelli potrebbero essere ridotti di almeno 10 volte, cioè a circa 6 V/m, che è un livello di esposizione a cui non sono stati osservati effetti cancerogeni negli animali da esperimento. 6 V/m sembra anche essere il limite di precauzione quando non ci sono effetti negativi sulla fertilità. Può sembrare impraticabilmente basso se vogliamo espandere le telecomunicazioni con il 5g, ma non è così((Ibdid., p. 152.)). In Italia, per esempio, la legge fissa un limite massimo di 20 V/m, anche se ovunque le persone siano costantemente esposte per più di quattro ore (case, luoghi di lavoro, scuole, centri di congregazione, ecc) il valore critico è fissato a 6 V/m. Questo limite è molto vicino ai 5 V/m che abbiamo menzionato prima come sicuri per gli animali da esperimento. I valori noael (“No Observed Adverse Effect Level”) negli studi sperimentali sono comunemente usati nella valutazione dei rischi e nella ricerca (Gaylor, 1999). In molte città italiane, tra cui Bologna, il 5g è già in funzione alla frequenza di 3600 MHz. I dati di monitoraggio mostrano che l’esposizione media nel comune di Bologna è stata di 1,97 V/m per il 2019 (con un picco di 4,62 V/m in un caso specifico). Le statistiche per il 2020 sono ancora in fase di elaborazione, ma in nessun caso sono stati superati i valori prescritti dalla legge italiana. Per il momento, quindi, sembra possibile sviluppare nuovi impianti restando entro i limiti di legge. Un altro esempio è Parigi. La città ha raggiunto un accordo con i quattro principali operatori di rete mobile francesi per introdurre norme più severe sulle radiazioni della rete. Il limite di esposizione alle rf-emf è stato abbassato a 5 V/m dai precedenti 7 V/m per gli spazi interni, rappresentando una riduzione del 30 per cento alla frequenza di riferimento di 900 MHz, stabilendo un limite più basso di quello adottato a Bruxelles (6 V/m) o a Roma (6 V/m). L’accordo, approvato dal comune di Parigi nel 2017, comprende anche piani per un nuovo servizio di monitoraggio per aiutare a misurare i livelli di campi elettromagnetici all’interno degli edifici. Bruxelles è un terzo esempio di adozione di un limite inferiore di 6 V/m((Ibdid., p. 153.)).

La vicenda del 5g appare, dunque, un interessante banco di prova per l’applicazione del principio di precauzione e nel contempo per valutare la qualità della cosiddetta “transizione ecologica” dell’attuale governo.