Il trentennale della Fondazione Cerviaambiente. Intervista a Giorgio Nebbia

1) Che cosa ricorda in particolare della sua esperienza con la Fondazione
Cerviaambiente e cosa significò quell’impegno per lei? In quale contesto si inserì?

Il primo contatto è stato quando Cervia Ambiente, allora agli inizi della sua esistenza, ha assegnato il premio Cervia a Barry Commoner per il libro “Il cerchio da chiudere”, a Franco Tassi per la sua attività come direttore del Parco di Abruzzo, a Gianfranco Amendola per la sua attività come magistrato in difesa dell’ambiente, e a me per gli articoli che andavo scrivendo su “Il Giorno” e altrove. La premiazione avvenne l’1-2 giugno 1973 con una bella cerimonia popolare in piazza, con la visita alla pineta e al depuratore delle acque che il Comune di Cervia, primo o fra i primissimi in Italia, aveva costruito per difendere la qualità del mare.

I premi sono stati assegnati anche negli anni successivi fino al 1981, ma non ho più partecipato.

Nel giugno-luglio del 1982 mi incontrai con Guido Pasi che propose – e mi sembrò una buona idea – la creazione di un centro di studio “sulle culture ambientali”. Culture al plurale. L’idea era di creare un punto di incontro fra la contestazione ecologica, una delle due culture, e le conoscenze scientifiche sull’ambiente. Pasi propose anche il logo che è poi stato usato per molti anni, con la sfera gialla del Sole, su un rettangolo blu, del mare, in tutto in equilibrio su un triangolo nero della Terra.

A me stava a cuore la creazione di un archivio storico in cui fossero raccolti documenti, testimonianze, scritti relativi alla contestazione ecologica; molto del materiale degli anni precedenti si stava ormai perdendo, anche in seguito al rapido ricambio dei protagonisti di tali lotte.

            Nell’ottobre dello stesso 1982 partecipai a Cervia ad un incontro sul tema “Dieci anni dopo” (la conferenza di Stoccolma sull’ambiente umano) e nei mesi successivi i miei rapporti con Cervia si sono fatti più frequenti. Erano gli anni della contestazione energetica, delle prime analisi sui rapporti economia/ambiente.

I miei contatti erano principalmente con Elio Gasperoni che propose di pubblicare un “Quaderno n. 1”, raccogliendo alcune migliaia di “schede” bibliografiche sull’ambiente e l’energia (apparse a puntate nella rivista Inquinamento) che furono pubblicate col titolo: “Risorse naturali energia ambiente”, 1984. Avevo molto altro materiale ma non fu pubblicato. Temo che il volume abbia avuto una limitatissima circolazione.

Il 27 ottobre 1985 c’è stato un altro seminario sul tema “Chiudere il cerchio”, i cui atti sono stati pubblicati dall’editore Maggioli. Non ricordo se è lo stesso che trovo  indicato come “Economia/ecologia”.

Il 25 ottobre 1986 si tenne un incontro sul tema: “Che cosa fare per le spiagge italiane ?”: ci tenevo molto e fu raccolto molto materiale ma non mi risulta che sia stato pubblicato niente. Nel mio archivio (ora alla Fondazione Micheletti a Brescia) ci sono alcuni di tali documenti.

            Fra i partecipanti alle varie riunioni ricordo la presenza attivissima di Laura Conti (morta nel 1993) che credo fosse il presidente del Comitato scientifico; aveva anche inviato a Cervia alcuni cartoni delle sue carte (in parte bruciacchiate da un incendio a Milano), ma credo che tutto sia andato perduto.

Ho un ricordo molto bello di quegli anni e penso che veramente Cervia Ambiente sia stato un polo di attrazione del movimento ambientalista che già era attraversato da tensioni, peraltro sempre generose, fra fautori del sostegno al PCI, fra nuove formazioni “verdi” (che sarebbero state presenti alle elezioni amministrative nel 1985), fra frange di sinistra come Democrazia proletaria, PdUP, radicali. Io avevo sempre pensato a Cervia Ambiente proprio come sede di confronto e incontro fra tali diverse anime.

I rapporti successivi si sono allentati. Credo che cominciassero ad affacciarsi problemi di soldi. Da tempo si parlava della costituzione di una “fondazione” che potesse usufruire di finanziamenti pubblici e la relativa legge credo che risalga al 1989. Fu allora costituito un consiglio di amministrazione; credo che il primo presidente sia stato il prof. Roversi Monaco dell’Università di Bologna.

Da allora non ho più avuto rapporti, al di fuori di notizie sui corsi che si tenevano regolarmente, credo con successo, soprattutto per funzionari, incontri con le scuole, organizzazione di mostre, eccetera. Col 1991 è stata ripresa l’assegnazione dei prestigiosi premi internazionali Cervia Ambiente. Forse per qualche anno sono stato cortesemente conservato come membro del Comitato scientifico, ma non ho più fatto niente. Forse le iniziative mi interessavano poco; la speranza di un grande centro di documentazione e archivio dell’ambiente mi sembrava svanita.

D’altra parte sono stato impegnato col lavoro parlamentare fino al 1992, poi sono tornato all’Università. La fine dell’epoca eroica (anche per un non iscritto come me) del PCI era tramontata e vecchi compagni hanno seguito diverse strade.

Del resto con i primi anni novanta è anche finita l’età dell’oro della contestazione ecologica. Le grandi associazioni – Legambiente, Italia Nostra, WWF – sono diventate grandi strutture impegnate nella collaborazione con i “governi” locali o nazionali; si è fatta strada l’“ecologia scientifica” intesa come necessità di collaborare alla soluzione dei problemi ambientali, invece di dire sempre “no”. Le associazioni si sono orientate a produrre servizi, anche se utili. I loro dirigenti sono diventati apprezzati membri delle istituzioni.

2)        Quali sono oggi le più importanti sfide ambientali e in che modo le piacerebbe che Cerviaambiente contribuisse ad affrontarle?

Le sfide sono sempre le stesse e si possono riassumere nel conflitto fra pubblico e privato. I guasti ambientali nascono dalla appropriazione privata dei beni collettivi: l’erosione delle spiagge deriva dalla compiacente costruzione di edifici o strade in riva al mare; l’inquinamento dall’accettare che le imprese per guadagnare di più non costruiscano depuratori; la congestione urbana dalla supina accettazione che le strade e i marciapiedi, beni pubblici, diventino parcheggi privati, eccetera.

Le istituzioni, i governi che dovrebbero essere difensori dei beni “pubblici”, della “res publica”, spesso, anche quando sono di sinistra o “verdi”, devono (credono di dover) “coniugare” ecologia e economia, arrivando a scelte “ragionevoli”, ma spesso in contrasto con la difesa della salute, della natura, con gli interessi collettivi.

Contro tale tendenza negli anni ottanta e novanta è nata una contestazione “municipale” vivissima, ma difficilmente organizzabile, spesso in polemica con le istituzioni. Il mio interesse era ascoltare questa contestazione – contro la fabbrica inquinante, l’inceneritore, la centrale, l’elettrodotto, la speculazione edilizia, la distruzione del verde, la caccia – e a tale ascolto pensavo che avrebbe potuto dare un contributo, secondo lo spirito originale, Cervia Ambiente.

Non si dimentichi che la contestazione spesso è stata ed è portatrice di valori che si sono poi affermati. Penso ancora, ma non so quanto sia realistico, che Cervia ambiente – almeno in una sua sezione – potrebbe svolgere un utile ruolo di punto di ascolto della contestazione, dando coraggio a coloro che si sentono abbandonati nella difesa dei loro diritti e valori e aiutando, nello stesso tempo, le istituzioni democratiche a capire le ragioni di chi protesta e a non considerarlo un nemico.

A tal fine la documentazione e la storia o cronaca delle proteste e la diffusione delle conoscenze sarebbero molto utili perché le dinamiche delle proteste sono sempre simili e spesso appare che la ragionevolezza delle istituzioni si è rivelata perdente e anzi dannosa, per le istituzioni stesse.

Per questo ho insistito, all’inizio dei contatti con Cervia, sull’importanza di un archivio storico della contestazione, dichiarandomi disposto a donare il mio archivio. Fortunatamente tale archivio, che ammonta ormai a 600 metri lineari di documenti e libri, finora disperso in varie sedi, è stato salvato dalla dispersione grazie alla Fondazione Micheletti di Brescia, la quale ha anche quanto resta dell’archivio di Laura Conti; l’indice dei documenti esistenti a Brescia, che comprendono anche lettere e documenti relativi a Cervia Ambiente, è ora disponibile nel n. 8 della rivista telematica <www.altronovecento.quipo.it>.

Nel “Fondo Giorgio e Gabriella Nebbia” c’è una parte del materiale relativo ai miei rapporti con Cervia Ambiente, lettere, rapporti, libri, manoscritti. Ci vorranno circa due anni per la schedatura del materiale che è stato donato a condizione che sia reso pubblico.

L’archivio della Fondazione Micheletti necessariamente copre solo una parte della storia e cronaca delle lotte ecologiche. Si pensi che solo i documenti relativi alla breve lotta (durata un mese) per evitare la localizzazione delle scorie radioattive a Scanzano in Basilicata occupano un migliaio di pagine, molte in Internet, peraltro facilmente “scaricabili”.

Se posso esprimere un modesto parere, una delle utili iniziative di Cervia Ambiente potrebbe occuparsi di “ambiente e potere”, cominciando a raccogliere una parte della documentazione in circolazione e invitando singoli gruppi locali a inviare a Cervia le proprie testimonianze.