Innovazioni e prospettive nel settore energetico

Introduzione

I problemi che l’attuale società deve affrontare con urgenza, in quanto riguardano il futuro energetico del XXI secolo, sono connessi all’esaurimento delle fonti di energia oggi utilizzate, all’aumento dei prezzi delle stesse e al crescente fabbisogno energetico annuo. Tutto ciò é aggravato dai cambiamenti climatici associati ai rilevanti volumi di emissioni di anidride carbonica e di altri gas serra generati dai consumi dei combustibili fossili nel settore dell’energia e dei trasporti.
Sembra una situazione senza soluzioni o, forse, con troppe alternative teoricamente possibili, molte delle quali, però, hanno tempi tecnici di realizzazione medio-lunghi; quindi di fatto non sono applicabili nel breve periodo in cui occorre dare una svolta decisiva ad una problematica che si va aggravando dagli anni 1970 e che, almeno per alcuni aspetti, richiede interventi ormai indilazionabili. Nonostante ciò, sembra che potranno essere disponibili solo una serie di ipotesi transitorie,  complementari le une con le altre, in attesa di tempi  maturi per scelte più ampie e definitive.
Secondo la maggior parte degli studiosi a livello mondiale, le innovazioni tecniche più urgenti che dovranno essere introdotte per una produzione energetica sostenibile riguardano i settori della produzione, conversione, stoccaggio e distribuzione dell’energia: in particolare, le alternative principali sono la decarbonizzazione delle fonti fossili, la diffusione dell’energia nucleare e l’incremento delle energie rinnovabili.
Ciò presuppone, ovviamente, ingenti investimenti in ricerca e soluzioni condivise, tenendo conto delle situazioni diverse e spesso tra loro contrastanti in cui vive la popolazione mondiale, e approfondendo, doverosamente, gli effetti economici, ambientali e sociali che le stesse potranno comportare.

ESAME DELLE PRINCIPALI OPZIONI

La risposta ai problemi sopra esaminati non è affatto scontata, anzi sembra che la nostra società sia stata insensibile, o forse poco attenta, alle situazioni che si andavano aggravando nel tempo, nella convinzione che le innovazioni tecnologiche sarebbero state in grado, ancora una volta, di porre riparo ai danni ambientali che le attività antropiche stavano causando. La conferma di queste scelte miopi appare evidente dalla lettura dei dati ufficiali pubblicati annualmente dall’International Energy Agency (IEA) e puntualmente analizzati e integrati dalle previsioni di esperti.
L’analisi dell’andamento dei consumi globali di energia primaria, più che raddoppiato nel periodo 1971-2007 (passando da 5,6  a 12,0 Gtep), evidenzia il costante aumento nell’uso delle varie fonti di energia, con il ruolo prevalente dei combustibili fossili che continuano ad attestarsi intorno a valori superiori all’80% degli impieghi (¬¬¬¬¬1-3). Ci si chiede, quindi, a quanto ammonterà il fabbisogno energetico dell’umanità,  ipotizzando un mondo futuro più equo e la riduzione dell’attuale rilevante sperequazione nei consumi di energia primaria pro-capite tra i PI e PVS.

Decarbonizzazione delle fonti fossili
Numerosi sforzi si stanno compiendo a livello mondiale per fare fronte al problema dei cambiamenti climatici indotti dall’uomo: un settore di ricerca in cui sono impegnati numerosi esperti è quello della decarbonizzazione dei combustibili fossili. Attualmente le tecnologie utilizzabili sono la decarbonizzazione post-combustione, pre-combustione e oxi-combustione, ma solo la prima ha alcune applicazioni di nicchia (interessante appare la tecnologia di estrazione diretta del carbonio dai combustibili fossili, con particolare vantaggio se si tratta di metano in quanto, oltre al C, si genera H2, utilizzabile come vettore di energia “pulita” per i trasporti o per la produzione di calore).
L’obiettivo è di eliminare o ridurre drasticamente la quantità di anidride carbonica generata da fonti energetiche primarie, come il carbone, il petrolio o il gas naturale (pari a circa 29 Gt nell’anno 2007), in quanto non vi è un altro sistema di contenimento delle emissioni nell’atmosfera. Secondo i trend attuali le suddette emissioni, comprese quelle  degli altri gas serra, continueranno ad aumentare, portando ad un rialzo della temperatura media globale fino a 6°C nel lungo periodo. Il principale fondamento logico della tecnologia in esame è quello di  prolungare, presumibilmente di circa duecento anni, l’era dei combustibili fossili, evitando l’impatto negativo sull’ecosistema del Pianeta.
La cattura e il confinamento dell’anidride carbonica (CCS) è un sistema teoricamente idoneo ad  impedire che le emissioni antropogeniche di tale gas raggiungano l’atmosfera. Ciò può realizzarsi con il suo stoccaggio in serbatoi particolari, come le formazioni geologiche (ad esempio strati carboniferi profondi, giacimenti esauriti di gas e di petrolio), gli oceani, gli acquiferi salini, gli ecosistemi terrestri, ecc.. L’elevato costo energetico e monetario del processo avrebbe come ricaduta la riduzione della concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera, che potrebbe stabilizzarsi al livello di 450-550 ppmv (rispetto ai circa 385 ppmv attuali), con un aumento di temperatura di 2-3°C, senza dovere abbandonare le infrastrutture operative. Non si può, tuttavia, ignorare l’inevitabile serie di conseguenze economico-ambientali, tecniche, di sicurezza, legali e di pubblica opposizione, ecc. che potrebbero emergere a livello applicativo.
Allo stato attuale le tecnologie menzionate sono ancora in fase di sviluppo e sperimentazione su larga scala. I principali progetti sono attuati in Norvegia, USA, Olanda, Canada, Algeria e Australia. L’UE ne ha in corso due: il progetto RECOPOL, a partire dall’anno 2004, consistente nella iniezione di anidride carbonica (3 Mt/anno) in un giacimento carbonifero; il progetto CO2 SINK, a partire dall’anno 2006, consistente nella cattura e confinamento dell’anidride carbonica (0,01 Mt/anno) in una profonda formazione salina  terrestre. Sistemi più recenti, ma non ancora sperimentati, definiti in letteratura come stoccaggio “benigno” della CO2 dal punto di vista ambientale (EBS), hanno l’obiettivo di assicurare un contenimento stabile e sicuro del gas (catturandolo sottoforma di carbonati, o mescolandolo allo stato liquido con calcare in polvere – o con microparticelle di carbone – e acqua e inviando l’emulsione che si forma nelle profondità marine ad oltre 500 m, ecc.), per evitare i possibili impatti  negativi dello stoccaggio (4).

Innovazioni nel settore nucleare
L’energia nucleare è considerata da molti una fonte di energia a zero emissioni di CO2 in grado di risolvere, potenzialmente, in futuro, il problema dei cambiamenti climatici e dell’esaurimento dei combustibili fossili. La produzione avviene con una tecnologia ormai matura (introdotta a metà del secolo scorso), utilizzata in vari paesi, come la Francia, che ottiene circa l’80% della sua elettricità dai reattori nucleari. Attualmente nel mondo operano 436 impianti (altri 43 sono in costruzione), che generano 710 Mtep di energia primaria globale (anno 2007), pari a circa il 5,9% dei consumi complessivi. Benché i sostenitori di tale fonte di energia ne prevedano per i prossimi anni una “rinascita”, vi sono valutazioni più caute sul suo ruolo futuro e sulle finalità di impiego, in particolare per quanto riguarda la sostituzione dei combustibili fossili. Se si tiene conto della prevista limitata disponibilità delle riserve di uranio (circa 10 Mt), appare imprudente basare la futura politica energetica sulla fissione nucleare, senza la sicurezza di disporre di “combustibile” sufficiente per il suddetto obiettivo. Anche facendo riferimento alle risorse non convenzionali, presenti nelle rocce fosfatiche e nell’acqua di mare, le prospettive non cambiano. Vi è, comunque, un certo scetticismo che si possa realizzare un incremento della produzione di energia nucleare, a causa dei forti limiti di natura economica, sulla disponibilità dei siti, la sicurezza, l’accettazione da parte delle popolazioni, la gestione dei rifiuti, ecc..
E’ stata, pertanto, esaminata nuovamente la possibilità di adottare la tecnologia dei reattori autofertilizzanti (essi ridurrebbero i vincoli connessi alla disponibilità dell’uranio, estendendo le riserve di un fattore di circa 30). Si potrebbero anche usare, vantaggiosamente, le più abbondanti riserve di torio per produrre materiale fissile (ciclo torio-uranio) da impiegare nei reattori nucleari. Tuttavia i reattori autofertilizzanti presentano alcuni problemi tecnici (un prototipo avanzato, il Superphoenix,  che ha operato in Francia dalla seconda metà degli anni 1980, ha avuto una serie di incidenti e avarie, fino alla chiusura definitiva nell’anno 2001). Si prevede, inoltre, che occorrerebbero circa 20-30 anni prima che, con la diffusione su scala commerciale, possano contribuire al soddisfacimento delle esigenze energetiche mondiali. I reattori a fusione nucleare richiedono tempi ancora più lunghi e si ritiene che si potrebbero realizzare per la fine del secolo.
Un altro aspetto, spesso trascurato, è la quantità di gas serra prodotti durante l’estrazione del materiale uranifero e il funzionamento degli stessi impianti. Nonostante l’opinione diffusa che l’energia nucleare non sia responsabile delle emissioni di CO2, in base all’analisi del ciclo di vita del “combustibile” è stato stimato che, benché si tratti di valori piuttosto bassi rispetto a quelli emessi dalle centrali elettriche alimentate a fossili, la quantità delle stesse aumenterebbe esponenzialmente con la riduzione del contenuto in uranio del minerale. Di recente negli USA lo sviluppo di nuove tecnologie (reattori della IV generazione) ha ricevuto un rilevante supporto da parte del governo e dell’industria,  al fine di individuare nuovi modelli di centrali nucleari a fissione, in attesa che la fusione nucleare diventi una realtà concreta. Si ritiene che questa innovazione tecnica consentirà di migliorare l’economicità, l’affidabilità, la sicurezza (compresa la resistenza alla proliferazione) dei reattori e del ciclo del combustibile e, soprattutto, la sostenibilità della fonte nucleare, per fare fronte alle necessità delle generazioni presenti e future. I suddetti reattori sono stati studiati per operare a temperature molto più elevate di quelli convenzionali ad acqua leggera, il che porterebbe ad un rilevante incremento dell’efficienza di conversione dell’energia termica in elettrica. Si prevede, tuttavia, che potrebbero essere immessi sul mercato  dopo il 2025. Occorre, comunque, rispondere ad altre esigenze tecniche sinora trascurate, vale a dire la chiusura del ciclo di produzione di energia e il decommissioning. Questa fase rappresenta un’attività d’importanza crescente a livello internazionale e un’opportunità per l’industria.
Le prospettive del nucleare sono ancora incerte: se da un lato la scarsità di petrolio e l’incremento dei prezzi del greggio imporranno l’individuazione di fonti energetiche alternative, dall’altro non sembra al momento condivisa la scelta del nucleare per i numerosi problemi non risolti. Molte centrali nucleari, costruite negli anni 1950, e pertanto in funzione da oltre cinquanta anni, sono ormai da tempo al termine della propria vita produttiva. Alcuni paesi come Germania, Spagna e Svezia sono orientati a smantellare i vecchi impianti senza costruirne dei nuovi. Altri, come la Francia, hanno invece optato per il rinnovo del parco con reattori di ultima generazione, più sicuri e produttivi. L’unico paese europeo ad avere in cantiere la costruzione di una nuova centrale nucleare è la Finlandia. I paesi asiatici si mostrano particolarmente attivi in questo settore e recenti dichiarazioni e iniziative negli USA e in Europa sono altrettanto significative, ma la ricerca e l’innovazione dovranno svolgere un ruolo essenziale per rispondere agli obiettivi di sviluppo durevole e di minimizzazione dei rifiuti radioattivi.
Applicazioni notevoli dell’energia nucleare potrebbero riguardare anche l’uso diretto del calore, la dissalazione delle acque, la produzione di idrogeno, ecc.,  risolvendo altri problemi pressanti della società  (4,5).

Potenziamento delle fonti rinnovabili
Le energie rinnovabili rappresentano già oggi una interessante realtà, ma soprattutto una promettente prospettiva per l’attuale società: come è noto, al momento esse partecipano solo per circa il 13% alla produzione globale di energia, ma si prevede che poco oltre il 2010 le tecnologie rinnovabili moderne  saranno la fonte più importante per la produzione di elettricità, dopo il carbone. L’avvento di una società basata sulle rinnovabili è possibile soltanto con mutamenti profondi della situazione attuale, che richiedono investimenti, ricerca, creazione di nuove industrie, ecc.: ciò sta di fatto avvenendo, se pure molto lentamente, per una serie di problemi tecnici, economici ed anche sociali. Le tecnologie di prima generazione, riguardanti l’energia idroelettrica, la combustione della biomassa e il calore e l’energia geotermica, sono maggiormente competitive nelle zone con abbondante disponibilità di risorse ed alcune di esse sono tuttora impiegate diffusamente. Il futuro incremento delle stesse dipende dalla verifica del potenziale di risorse disponibili, particolarmente nei PVS, e dalle problematiche relative all’ambiente e all’accettazione sociale. Il supporto degli investimenti nella ricerca, erogati a partire dagli anni 1980, ha contribuito all’attuale sviluppo di una seconda generazione di tecnologie sulle rinnovabili, che comprendono il raffreddamento e riscaldamento solare, l’energia eolica, moderne forme di bioenergia e il solare fotovoltaico, alcune delle quali sono commercialmente disponibili, sebbene spesso debbano essere supportate da incentivi per assicurare la riduzione dei costi conseguenti ai progressi tecnici. Queste stanno ora entrando nel mercato, ma gli investimenti iniziali sono stati sollecitati dai problemi della sicurezza energetica connessi alle crisi petrolifere di quel periodo; tuttavia il durevole e attuale interesse è dovuto, almeno in parte, ai benefici ambientali connessi al loro impiego. Le fonti di energia in esame sono fondamentali in alcuni paesi e danno un contributo di rilievo all’incremento della generazione elettrica: l’energia eolica ha una significativa quota nella produzione totale di elettricità in Danimarca (circa il 20%), Spagna (circa il 10%), Germania (circa il 7%); quella geotermica rappresenta circa un quarto dell’elettricità totale generata in El Salvador e un quinto nelle Filippine, in Kenia e in Islanda.
Molte delle innovazioni introdotte sono anche il risultato di rivoluzionari progressi nei materiali. La terza generazione di tecnologie è, al momento, in fase di sviluppo e può avere un potenziale simile ad altre tecnologie sulle rinnovabili, ma ancora dipende dall’interesse che susciteranno e dai finanziamenti a lungo termine che saranno erogati. Insieme con il miglioramento delle rete elettrica, maggiore possibilità di carico e la innovata gestione della generazione, è ragionevole supporre che in futuro le rinnovabili saranno parte di un più progredito sistema di erogazione di energia. Le nuove tecnologie riguardano i processi avanzati di trattamento della biomassa, le bioraffinerie, la concentrazione dell’energia solare, i sistemi geotermici progrediti (EGS) e la conversione di energia degli oceani (OTEC). Un ruolo interessante hanno anche i  progressi nel settore delle nanotecnologie. L’Europa e il Giappone sono i principali paesi produttori di tecnologie relative  alle fonti rinnovabili, grazie agli incentivi erogati dai rispettivi governi, e stanno acquisendo importanza in quanto contribuiscono all’incremento delle attività economiche e dell’occupazione (3, 4).

CONCLUSIONI

Il futuro energetico della nostra società presenta varie problematiche ed incertezze, dovute in particolare alla riduzione dell’entità delle riserve di combustibili fossili effettivamente utilizzabili e al limitato grado di disponibilità delle fonti non convenzionali. Se, come appare dalle previsioni, l’impiego dei primi continuerà ad aumentare o si attesterà sui valori attuali di oltre l’80%, per contenere gli ulteriori danni ambientali che ne conseguiranno sarà inevitabile fare ricorso alla cattura e confinamento dell’anidride carbonica, una tecnologia ancora non sperimentata e ad elevata intensità energetica. Le altre fonti di energia non fossili presentano, a loro volta, una serie di ulteriori incertezze: il futuro dell’energia nucleare è legato prevalentemente al successo e allo sviluppo in tempi brevi dei reattori autofertilizzanti o della tecnologia della fusione nucleare. Nonostante circa mezzo secolo di tentativi non si è ancora pervenuti ad alcuna fase commerciale e le tecnologie di fissione incontrano la forte opposizione dell’opinione pubblica. La disponibilità idrica (e anche idroelettrica) e di biomassa potrebbe essere influenzata negativamente dai cambiamenti climatici in atto. L’energia geotermica diverrà significativa solo se saranno diffusi su larga scala sistemi energetici avanzati, attualmente non sperimentati. Il potenziale delle fonti rinnovabili (solare, eolico), molto elevato, è distribuito in modo discontinuo nello spazio e, in ogni caso, per fornire energia in quantità adeguate, l’impiego delle stesse dovrà registrare un notevole incremento. Sarebbero, infine, necessari idonei sistemi di conversione, stoccaggio e distribuzione dell’energia generata, che influirebbero notevolmente sul costo di quella finale. Tutto ciò porta a concludere che è necessario prevedere un futuro a basso consumo di energia. Si ritiene infatti che l’ipotesi contraria presenti varie difficoltà a causa della disponibilità limitata delle risorse e dell’aumento del costo del denaro e dell’energia per unità prodotta, dato l’incremento della domanda annua. Alcune ipotesi a basso consumo energetico per unità  di prodotto e/o di servizio sono tecnicamente realizzabili, al fine di ottenere drastiche riduzioni nei consumi, benché comporteranno, probabilmente, anche cambiamenti nello stile di vita delle popolazioni dei paesi ad elevato consumo energetico. Nel frattempo le biomasse potranno acquisire un ruolo interessante, consentendo di ottenere energia da materiali lignocellulosici e residui forestali, agricoli e agro-alimentari, zootecnici e da  RSU, ecc. e/o da tecnologie più avanzate. In questo contesto anche la produzione di idrogeno potrebbe essere matura, essendo possibile generarlo a basso costo e senza emissioni di anidride carbonica. L’“economia dell’idrogeno” potrebbe consentire, nel medio-lungo termine, di costruire un sistema energetico sostenibile, in grado di operare senza i limiti ambientali, economici e sociali attuali. Nel frattempo, comunque, l’opzione irrinunciabile è quella della diversificazione delle fonti, dedicando attenzione agli investimenti nell’innovazione e nel settore delle rinnovabili. Occorre, tuttavia, evidenziare che molte delle innovazioni ipotizzate non sono ancora mature, oltre a richiedere notevoli investimenti finanziari, e ciò determina molta incertezza sul raggiungimento degli obiettivi ipotizzati.  

BIBLIOGRAFIA

1. International Energy Agency (IEA), “World energy outlook”, OECD/IEA, Paris, January 2009.
2. International Energy Agency (IEA), “Key world energy statistics”, OECD/IEA, Paris, January 2009.
3. International Energy Agency (IEA), “Renewables in global energy supply: an IEA fact sheet”, OECD/IEA, Paris, January 2007.
4. Muradov N.Z., Veziroglu, T.N., “’Green’ path from fossil-based to hydrogen economy: an overview of carbon-neutral technologies”, in International Journal of Hydrogen Energy,  vol. 33, n° 23, 2006, pp. 6804-6839.
5. Moriarty P., Honnery D., “Hydrogen’s role in an uncertain future”, in International Journal of Hydrogen Energy,  vol. 34, n° 1 , 2009, pp. 31-39.