La ricezione italiana degli studi urbani di Henri Lefebvre: un fiume carsico a cavallo fra XX e XXI secolo

Questo articolo è una versione più ampia di un testo simile che uscirà prossimamente per il numero monografico su Lefebvre della rivista parigina “Urbanisme”.

Henri Lefebvre (Hagetmau 1901 – Navarrenx 1991) è stato un filosofo e sociologo dell’urbano che ha attraversato intensamente l’intero “secolo breve”: compie sedici anni allo scoppio della Rivoluzione russa e muore, all’età di novant’anni, due anni dopo la caduta del Muro di Berlino e qualche mese prima dell’implosione dell’Unione Sovietica. La sua lunga vita ha coperto quasi tutto l’arco del Novecento e non è un caso che egli ne abbia attraversato i momenti e le questioni più decisive. Il dibattito italiano riscontra ancora diversi limiti ermeneutici e la ricezione dellasua opera appare del tutto insufficiente: molti dei suoi lavori non sono stati ancora tradotti, mentre dei pochi di cui disponiamo spesso la traduzione risale a trenta o quarant’anni fa. Si registra, inoltre, una profonda lacuna nella sua collocazione in bibliografia secondaria: la letteratura italiana, infatti, sembra aver recepito il pensiero di Lefebvre quasi esclusivamente attraverso la pubblicazione di alcune opere di David Harvey. ((Si vedano, in particolare, D. Harvey, Il capitalismo contro il diritto alla città, Ombre Corte, Verona, 2016 (2012 prima ed. italiana); Id., Città ribelli. I movimenti urbani dalla Comune di Parigi a Wall Street, Il Saggiatore, Milano, 2013; Id., La crisi della modernità, Il Saggiatore, Milano, 2015 (1997 prima ed. italiana).))

I suoi volumi, infatti, sono quelli che hanno iniziato a suscitare  il dibattito intorno al concetto di “diritto alla città” fin dall’anno 2012, stimolando, grazie alla casa editrice “Ombre Corte” di Verona, la ripubblicazione de Le droit à la ville nel 2014 e de Le Droit à la ville II – Espace et politique nel 2018 (con la curatela del sottoscritto). Nell’ultimo anno, la traduzione de La Production de l’espace, risalente agli anni Settanta, è ritornata a essere disponibile in copia anastatica per mezzo della casa editrice “Pgreco” di Milano, che, già nel 2015, aveva pubblicato Le temp des méprises.Inoltre, nell’anno 2012 le Edizioni Medusa di Milano hanno proposto per la prima volta la traduzione di Hitler au pouvoir, bilan de cinq années de fascisme en Allemagne configurando Lefebvre come un acuto osservatore del totalitarismo nazista.

La ricezione italiana del pensiero lefebvriano è dunque molto tortuosa. Inizialmente, nel 1947, le Edizioni Avanti pubblicano con una prefazione di Franco Fortini il volume Karl Marx: metaphilosophie de la liberté, nel 1949, Einaudi traduce Le materialisme dialectique di Lefebvre e, poi, nel 1969, Il Saggiatore stampa Sociologie de Marx, dando risalto all’autore come interprete della teoria marxista.

In seguito, tra i primi a interessarsi dell’innovativa analisi spaziale ci sono: nel 1973, la casa editrice Guaraldi dà alle stampe Du rural à l’urbain e Armando Editore La révolution urbaine, il 1976 invece è l’anno in cui Mazzotta edita La pensée marxiste et la ville e Moizzi Espace et politique. Le droit à la ville II La Production de l’espace. Tuttavia, è la casa editrice Moizzi, fra Milano e Firenze, che permette la diffusione della riflessione sull’urbano di Lefebvre, in quanto centro nevralgico del gruppo di urbanisti e architetti radicali formato da Leonardo Ricci, Riccardo Mariani e Giancarlo De Carlo. Quindi, nella rispettiva collana di Mariani (in quegli anni giovane ricercatore, poi professore di Teoria e Storia dell’Urbanistica presso l’Università di Ginevra e di Urbanistica a Firenze) viene tradotto per la prima volta La Production de l’espace (volume in cui la prefazione spetta a Ricci, allievo di Giovanni Michelucci, già molto conosciuto come docente di Urbanistica a Firenze) e il secondo volume de Le droit à la ville (dove la prefazione è di Mariani). Lefebvre era conosciuto direttamente da Mariani (il quale era assistente di Ricci e allievo di Carlo Doglio), tanto che l’autore francese offre proprio a Mariani la possibilità di editare un’edizione gemella della rivista Espaces et Sociétés e, dunque, in Italia, nasce nel 1975 con il supporto editoriale della stessa Moizzi. Inoltre, durante i suoi corsi a Firenze, Ricci invita Lefebvre per un seminario, di cui sono disponibili gli atti del dibattito nel n. 1 (1975) della rivista francese. ((Si veda l’intervista a Nicola Giuliano Leone, allievo di Carlo Doglio e testimone diretto delle vicende in: I. Daidone, Spazio e società. Giancarlo De Carlo e il tema della base sociale dell’architettura, tesi di dottorato discussa il 14 gennaio 2012 presso la Facoltà di architettura di Palermo, pp. 205-211. La rivista Espaces et Sociétés è consultabile online nel corrispettivo sito dove sono state riprodotte in formato digitale tutte le vecchie copie.))
L’edizione italiana nei primi quattro numeri fino al 1978, spesso ha coinciso con l’edizione francese, traducendo la gran parte degli articoli. Dal 1978, a causa di alcuni contrasti in seno alla redazione (si ipotizza fra Mariani e De Carlo), le pubblicazioni si fermanobrevemente, per poi riprendere con una nuova numerazione sotto la guida di De Carlo che acquista la testata e, pur mantenendo un legame teorico-ideologico con l’edizione francese, ne dà un indirizzo diverso e più autonomo.((Cfr.: I. Daidone, Giancarlo De Carlo. Gli editoriali di Spazio e Società, Gangemi, Roma, 2018.)) 
Di conseguenza, Moizzi si configura – per mezzo della rivista e della collana di riflessione urbana diretta da Mariani – come il principale mezzo attraverso il quale l’Italia conosce e discute gli studi urbani di Lefebvre.

In secondo luogo, Lefebvre ha iniziato a frequentare più assiduamente l’Italia negli anni Settanta, ma nell’ottobre del 1954 era già stato invitato dalla Casa della Cultura di Milano a un seminario per disquisire di “Proble­mi di estetica marxista”. ((E. Bertani, “Urbanistica e architettura. Il dibattito alla Casa della Cultura dal 1951 alla fine degli anni Sessanta”, in: R. Riboldazzi, Città bene comune. Per una cultura urbanistica diffusa, allegato al n. 4/2017 della rivista della Casa della Cultura di Milano “ViaBorgogna3”, pp. 20-43, online.))
Inoltre, tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta, frequentava molto spesso l’archivio della Fondazione Feltrinelli di Milano, dove conduceva le sue principali ricerche per la stesura del volume sulla Comune di Parigi. ((Cfr.: K. Ross, Lefebvre on the Situationists: An Interview, in “October”, n. 79, Winter 1997, p. 78 (pp. 69-84).))
Negli anni Ottanta, Lefebvre ha spesso intrattenuto rapporti con la redazione de “Il Ponte” di Firenze, in particolar modo con l’attuale direttore Marcello Rossi, il quale frequentava i seminari tenuti dall’autore nella sua casa di Navarrenx. ((Testimonianza diretta in un dialogo con Rossi, con il quale stiamo progettando una curatela degli articoli di Lefebvre per “Il Ponte” ricostruendo il legame intercorso con il gruppo della rivista fondata da Piero Calamandrei.))

In terzo luogo, è importante il ruolo della casa editrice Dedalo di Bari, che fra il 1976 e il 1978 pubblica i quattro volumi De l’État, nel 1977 da alle stampe i primi due volumi sulla Critique de la vie quotidienne e nel 1980 i due testi Le manifeste différentialiste La révolution n’est plus ce qu’elle était.Inoltre, nel 1971 appare in lingua italiana Le Langage et la société per mezzo di Valmartina Editore (Firenze), nel 1972 SugarCo (Milano) pubblica La fin de l’historie: Epilégomènes, nel 1979 Il Saggiatore propone una traduzione parziale a cura di Paolo Jedlowski di La vie quotidienne dans le monde moderne e, infine, nel 1983 gli Editori Riuniti (Roma) traducono Une pensée devenue monde con il titolo provocatorio Abbandonare Marx?.

Jedlowski nel 1978 lamentava il fatto che “una valutazione complessiva dell’opera di Lefebvre è vistosamente assente in Italia”, (( P. Jedlowski, Henri Lefebvre e la critica della vita quotidiana, introduzione a H. Lefebvre, La vita quotidiana nel mondo moderno, Il Saggiatore, Milano, 1978.))
infatti, in letteratura secondaria, l’unico a parlarne nella manualistica del secolo scorso è stato Gianfranco Bettin in un testo dedicato ai più importanti sociologi della città, riservando un intero capitolo alla “svolta urbana” del filosofo. ((G. Bettin, I sociologi della città, Il Mulino, Bologna, 1979, pp. 215-244.))
Tale affermazione di Jedlowski rimane ancora veritiera, nonostante alcuni tentativi stiano aprendo a fatica una nuova ondata di studi lefebvriani. Più recentemente, è utile menzionare anche i due contributi manualistici di Guido Borelli, ((Cfr.: G. Borelli, Henri Lefebvre: la città come opera, in G. Nuvolati (a cura di), Lezioni di sociologia urbana, Il Mulino, Bologna, 2011, pp. 149-177 e Id., La città come opera, in Id., Immagini di città. Processi spaziali e interpretazioni sociologiche, Mondadori, Milano, 2012, pp. 61-92.))
le pagine dedicate all’autore dal manuale di sociologia urbana di Simon Parker, ((Cfr.: S. Parker, Teoria ed esperienza urbana, Il Mulino, Bologna, 2004 (ed. or.: Urban theory and urban experience. Encountering the city, Routledge, London, 2015 [2004]).)) 
un’interpretazione di Luigi Mazza che riserva a Lefebvre un capitolo piuttosto esiguo nel volume dedicato al concetto di “cittadinanza” ((L. Mazza, Spazio e cittadinanza. Politica e governo del territorio, Donzelli, Roma, 2015.))
e il volume Spazio, differenza e ospitalità. La città oltre Henri Lefebvre (Carocci, Roma 2013), dove l’urbanista Attilio Belli rilegge i recenti processi migratori attraverso le riflessioni lefebvriane sul concetto di “differenza”. Infine, Agostino Petrillo nel volume La periferia nuova (Franco Angeli, Milano 2018), dedica un importante capitolo a Lefebvre utilizzando la sua eredità per leggere le attuali trasformazioni che investono le nuove trasformazioni delle periferie.

Tuttavia, la rinascita di un’attenzione più rigorosa per l’autore avviene solamente pochi anni fa, grazie all’interesse di giovani ricercatori che dedicano gli studi di dottorato al suo pensiero: innanzitutto, nel 2016, Simona De Simoni ha discusso una dissertazione dal titolo Filosofia politica dello spazio: il programma di ricerca di Henri Lefebvre e le sue conseguenze teoriche, svolgendo le sue ricerche fra l’Università di Torino e l’Université Paris Ouest Nanterre La Défense. Poi nel 2018 Chiara Stenghel, presso l’Università di Padova, ha redatto una tesi dottorale dal titolo Per una filosofia del quotidiano. Pensare il cambiamento a partire dalla riflessione di Henri Lefebvre e il sottoscritto, presso l’Università di Pisa, ha sviluppato un’altra dissertazione dal titolo Henri Lefebvre: una tetralogia dello spazio che nel gennaio 2019 è stata pubblicata dalla casa editrice Jaca Book di Milano con il titolo Henri Lefebvre: una teoria critica dello spazio. È utile, inoltre, menzionare Federica Castelli, l’autrice infatti nel volume Corpi in rivolta: spazi urbani, conflitti e nuove forme della politica (Mimesis, Milano 2015) riattualizza alcune direttrici lefebvriane per sviluppare la propria riflessione sullo spazio pubblico nel XXI secolo e il volume monografico dal titolo Il tempo del possibile: l’attualità della Comune di Parigi edito dalla rivista “Il Ponte” dedicato al dibattito suscitato da Lefebvre sull’esperienza comunarda del 1871. ((F. Biagi, M. Cappitti, M. Pezzella, Il tempo del possibile. L’attualità della Comune di Parigi, supplemento monografico al n. 3 della rivista “Il Ponte”, Firenze, 2018.)) 
Un’ulteriore pista di riflessione molto feconda è quella di Niccolò Cuppini che utilizza l’eredità lefebvriana per lo studio sociologico del fenomeno dello sfruttamento nella logistica prodotto dalla globalizzazione neoliberista. Cuppini, a tale proposito, ha curato – per la rivista bolognese “Scienza&Politica” – la traduzione dell’ultimo articolo scritto da Lefebvre dal titolo Quand la ville se perd dans la métamorphose planétaire. ((H. Lefebvre, Quand la ville se perd dans la métamorphose planétaire, in «Le Monde Diplomatique», n. 89, maggio 1989, pp. 16-17. Poi ripubblicato due volte nella rivista Manière de voir che ha come editore il medesimo mensile Le Monde Diplomatique: Id., Banlieue, numero monografico di Manière de voir, n. 89, octobre-novembre 2006 e Id., L’urbanisation du monde, numero monografico di Manière de voir, n. 114, décembre 2010 – janvier 2011. La traduzione italiana a cura di Niccolò Cuppini è la seguente: Id., Quando la città si dissolve nella metamorfosi planetaria, in «Scienza & Politica», vol. XXIV, n. 56, 2017, pp. 223-239, online. Si veda anche l’articolo di Cuppini che introduce la traduzione.))

Infine, possiamo dire che la rinascita degli studi lefebvriani in Italia è appena cominciata: nel corso di quest’anno la rivista Sociologia Urbana e Rurale (Franco Angeli, Milano) dedicherà un volume monografico a Lefebvre grazie alla curatela di Guido Borelli; la rivista Critica degli Ordinamenti Spaziali – CRIOS, su impulso di Attilio Belli, darà alle stampe un altro volume monografico che discute la reciproca influenza tra Italia e Francia nel dibattito urbanistico e architettonico e la rivista Altraparola (Pisa, Edizioni Textus), su iniziativa di Mario Pezzella, Massimo Cappitti, Pier Paolo Poggio, Gianfranco Ferraro e il sottoscritto pubblicherà una riflessione sulla critica della vita quotidiana a cinquant’anni dalle intuizioni di Lefebvre e Debord.