L’industria delle bilance

C’era, alla fine della seconda guerra mondiale, una fabbrica che stava per chiudere e per licenziare decine di operai. I lavoratori, come talvolta avviene in questo nostro strano paese, invece di piangersi addosso si sono rimboccati le maniche, hanno costituito una cooperativa, hanno rilevato l’azienda e in pochi decenni hanno creato un piccolo impero industriale … fabbricando bilance.

Se imboccate a Modena l’autostrada del Brennero, quella che porta a Verona e a Trento, dopo pochi chilometri, sulla sinistra, trovate Campogalliano, la cittadina ben riconoscibile per i grandi capannoni industriali degli stabilimenti delle bilance e che gli abitanti chiamano con orgoglio, “Città della bilancia”. Il simbolo della fonte della ricchezza di Campogalliano si trova nei monumenti, nei “murali” che colorano i muri delle fabbriche, nello stemma del Comune e nel “Museo della bilancia”, per quanto ne so unico al mondo.

Basta guardarsi intorno per rendersi conto dell’importanza delle bilance e come sia possibile creare un impero industriale con la loro fabbricazione: si va, infatti, dalla pedana elettronica pesa-persone, alle bilance dei farmacisti, a quelle dei laboratori chimici e fisici, fino alle bilance che pesano le decine di tonnellate di interi vagoni ferroviari o camion e rimorchio.

A Campogalliano fabbricano soprattutto le bilance tecniche e industriali che vengono esportate in tutto il mondo; nel museo si trova una collezione quasi completa dalle bilance del passato a quelle modernissime. Con i profitti la Cooperativa bilanciai e le altre fabbriche che sono proliferate intorno, create spesso da ex-operai della cooperativa, hanno “fatto cultura”, realizzando laboratori scientifici, scuole artigiane e attività sociali.

Il “Museo della bilancia”, per esempio, sta curando la pubblicazione di numerosi volumi; in uno di questi sono illustrate le bilance antiche trovate nelle collezioni private o dagli antiquari; in un altro sono riprodotte alcune illustrazioni di antichi libri e codici, soprattutto della Biblioteca Estense di Modena, sulla bilancia, sia come strumento di misura di granaglie e spezie sia come costellazione. Un altro volume, pubblicato alcuni anni fa, raccoglie gli atti di una conferenza internazionale, storica e tecnico-scientifica, sulla “Massa e la sua misura”.

Occorre fare alcune precisazioni; quello che interessa conoscere dei corpi e’ la massa, che si misura in grammi o chilogrammi. Le bilance, invece, misurano il peso dei corpi, cioè la massa nelle particolari condizioni in cui si trovano al momento della misura, per esempio, sulla superficie della Terra, sottoposta all’accelerazione di gravita’ che e’ poco meno di 10 metri al secondo per secondo.

Nei satelliti artificiali che girano intorno alla Terra non si ha accelerazione di gravita’, tanto che i corpi che vi si trovano appaiono “galleggiare” nell’aria. Tali corpi hanno, naturalmente, una massa, il cui valore, in chilogrammi-massa e’ lo stesso che avrebbero sulla superficie terrestre,   ma non hanno un peso, che e’ il prodotto della massa per l’accelerazione di gravita’, in questo caso zero.

Il risultato delle pesate con le bilance dipende quindi dalla accelerazione di gravita’ che varia, sia pure di poco, a seconda delle rocce circostanti e sottostanti, della latitudine, dell’altezza sul livello del mare, eccetera. All’equatore, per esempio, il peso e’ 1,5 per cento in meno che al polo.

Ci sono appositi uffici internazionali che stabiliscono come deve essere corretto il peso misurato dalle bilance per tenere conto delle differenze di gravità e speciali laboratori “ufficiali” – in Italia ce ne sono tre, e uno di questi è a Campogalliano – che effettuano la taratura di precisione delle bilance.

Se questo è il lato tecnico-scientifico delle bilance, il Museo della bilancia offre un panorama suggestivo dell’evoluzione di questo strumento. Qualsiasi traccia delle civiltà passate ci mostra strumenti di misura del peso e ci offre dei campioni di pesi, diversi da luogo a luogo e nelle varie epoche, tanto che lo storico e il merceologo fanno fatica per capire a quanto corrisponde, in grammi, una libbra di sale della Sardegna del 1600 o un’oncia di pepe pesata a Cipro nel 1300.

Ci sarebbe voluta la rivoluzione francese, con la sua mania dell’ordine e dell’unificazione, per stabilire le unità di peso che avrebbero dovuto sostituito tutte le altre; ma in Italia la misura unica di peso e’ stata adottata per legge soltanto settant’anni dopo, con l’unificazione dei vari stati nel Regno d’Italia. In Inghilterra soltanto l’ingresso nella Unione Europea, pochi anni fa, ha indotto ad abbandonare le unità di peso libbre e once, che sono ancora usate negli Stati Uniti.

Nel Museo della bilancia di Campogalliano si trova anche la riproduzione di una pittura murale egiziana che rappresenta una bilancia per pesare … l’anima. Il defunto, dopo la morte, si presenta al dio che ne controlla la virtù con una bilancia a due piatti, non molto diversa da quelle che si usano ancora oggi.

La storia della bilancia si intreccia con quella delle frodi, che tanto spesso accompagnano le attività commerciali. Per decine di secoli i mercanti truccavano i “pesi” delle bilance, diminuendone il peso, in modo da dare ai compratori meno merce di quella pagata. Contro queste frodi occorreva istituire dei servizi di polizia addetti al controllo delle bilance usate dai commercianti; nell’Islam medievale, essendo la frode commerciale un “peccato” contro la religione, le autorità religiose nominavano dei funzionari che giravano per i mercati con dei campioni di peso per controllare l’onestà di quelli usati dai vari mercanti.

Col passare del tempo le tecniche si sono raffinate ed esiste, in tutti gli stati moderni, un ufficio “metrico” che controlla, con l’apposizione di timbri e marchi, la corrispondenza dei pesi al valore dichiarato e la affidabilità delle bilance e che verifica che non avvengano manomissioni nei negozi.

Con l’introduzione delle bilance elettroniche i controlli si sono fatti più raffinati e delicati; le attuali bilance devono avere dei dispositivi che consentano di riconoscere, di ciascuna merce, il peso “netto”, detratto l’imballaggio e devono essere fornite di due indicatori, uno dalla parte del negoziante e uno dalla parte dei consumatori. La qualità e l'”onestà” delle bilance sono stabilite da norme comunitarie e, naturalmente, ogni innovazione che fa aumentare la sicurezza dei consumatori, comporta il cambio delle bilance e l’acquisto – e la fabbricazione – di nuove bilance. Se si pensa alle centinaia di migliaia di bilance esistenti nei negozi di un solo paese, come l’Italia, ci si rende conto che l’industria delle bilance ha di fronte un mercato vastissimo che garantisce utili e crea posti di lavoro anche per tecnici nel campo dell’elettronica e dei controlli scientifici.

La misura del peso (anzi della massa) dei corpi è solo un aspetto della produzione di strumenti di misura; dei corpi non interessa soltanto conoscere la massa, ma anche la massa per unita’ di volume, o massa volumica – grandezza che una volta si chiamava peso specifico.

Ogni corpo ha una sua massa volumica per cui da tale proprietà – misurata in grammi per centimetro cubo o in chilogrammi per litro, e così via – è possibile sapere se siamo in presenza di un corpo genuino o di uno sofisticato.

La leggenda vuole che Archimede, per fare un piacere al suo ospite, il re Gerone di Siracusa, che voleva sapere se la sua corona era fatta con oro puro o con una lega più vile, abbia “scoperto” che era possibile svelare la frode pesando prima il corpo nell’aria e poi il corpo immerso nell’acqua. Anche se l’applicazione merceologica non e’ certa, e’ certo invece che Archimede ha scoperto che un corpo immerso in un liquido riceve una “spinta” proporzionale al peso del volume del liquido spostato, cioè il noto principio che porta il suo nome. La leggenda della corona d’oro di Gerone deve però avere colpito tanto la fantasia degli antichi che e’ stata ripetuta innumerevoli volte nelle traduzioni latine e poi arabe delle opere greche di Archimede, e poi nelle traduzioni latine delle opere arabe, e ogni autore ci ha messo qualche aggiunta o perfezionamento.

Sempre nel Museo della bilancia di Campogalliano c’è la riproduzione di una “bilancia” per la misura del peso specifico dei corpi, elaborata dall’arabo al-Khazini intorno al 1100 e chiamata la “bilancia della saggezza”. Con questa bilancia – dissepolta dall’oblio dalla prof. Nicoletta Nicolini dell’Università di Roma e non diversa da quelle si usano ancora oggi nei laboratori di chimica e di merceologia – al-Khazini riusciva a distinguere l’olio di oliva da quello di sesamo, e misurava il peso specifico dei metalli e delle pietre preziose ottenendo gli stessi valori che troviamo noi oggi – e per quel tempo era un bel risultato.