Marino Ruzzenenti, Giorgio Nebbia precursore della decrescita. L’ecologia comanda l’economia, Milano, Jaca book, 2022
Dall’introduzione e dalle conclusioni dell’opera.
Il titolo riassume, credo, l’essenza del contributo scientifico offerto da Giorgio Nebbia al pensiero ed alla cultura dell’ecologismo non solo italiano. In queste poche parole si compendiano con grande efficacia la sua opera e la concezione che l’ha guidata: da un canto la necessità per l’umanità di fare i conti con i limiti naturali dell’economia, dall’altro il dovere morale di permettere a tutti gli umani, all’interno di questi limiti, di condurre una vita dignitosa e pacificata.
E la sua lunga esistenza, che ha attraversato buona parte del Novecento e il primo scorcio dell’attuale secolo, è sempre rimasta fedele a questa missione, confortata da una profonda fede religiosa, vissuta intensamente e con grande riservatezza, ispirata direttamente al Vangelo e poi alla rivoluzionaria svolta giovannea del Concilio Vaticano secondo, infine corroborata dai testi e dalla prassi del migliore comunismo critico. Insomma, si è trattato di un percorso che, partendo da una visione originale del rapporto tra ecologia ed economia, ha cercato di approfondirne scientificamente le motivazioni, di svilupparne le implicazioni, di prefigurarne le ricadute sugli assetti sociali, sulla tecnica, sul rapporto con l’ambiente e con la natura, infine di assecondare i necessari cambiamenti sia con l’incessante opera divulgativa, sia con la sua diretta militanza nelle piazze, tra il popolo e nelle aule del Parlamento.
A questo punto è legittimo chiedersi perché il lavoro di Nebbia non abbia avuto seguito, non sia stato raccolto e proseguito da altri studiosi e dai governanti che a parole sembrano molto sensibili, negli ultimi anni, ai temi della “transizione ecologica”. È evidente che questi studi sul Prodotto interno materiale lordo hanno senso se si ipotizza una politica davvero pianificatrice da parte dell’autorità che istituzionalmente dovrebbe rappresentare gli interresi generali, i beni collettivi e quindi i destini di una comunità, di un popolo, dell’umanità, del Pianeta. Ma se, come sta avvenendo con il Pnrr italiano, ci si affida alle grandi imprese ed alle logiche del mercato, effettivamente il lavoro di Giorgio Nebbia può tranquillamente rimanere in un cassetto. Dunque nessun ripensamento neppure dopo mezzo secolo di insuccessi dimostrati da un sistema economico orientato dal mercato e dal neoliberismo, che ci hanno portato all’attuale drammatica gravità della crisi ecologica.
Gli ammonimenti di Giorgio Nebbia di decenni fa sull’incompatibilità tra ecologia e tutela dell’ambiente, da un lato, ed economia fondata sul pil, sulla crescita infinita, sul perseguimento dell’utile monetario, ovvero del profitto privato, dall’altro, potevano allora apparire viziati da pregiudizi ideologici, anche se, come abbiamo visto, erano fondati su solide basi scientifiche. Ma alla prova dei fatti chi può negare, oggi, che avesse ragione? Solo chi è viziato davvero e inguaribilmente dal pregiudizio ideologico che il sistema attuale è comunque il migliore, soprattutto se garantisce lauti profitti.