Massimo Livi Bacci, Per terre e per mari. Quindici migrazioni dall’antichità ai nostri giorni, Il Mulino, Bologna 2022
Da tremila anni a questa parte. Per il Mediterraneo, per altri bacini e per ogni terra del mondo occidentale. La migrazione è un fenomeno fisico sociale politico, la cui intima sostanza non è molto cambiata nei millenni; un fenomeno difficilmente classificabile, per la varietà delle motivazioni, delle selezioni e delle modalità con cui avviene; per l’intermittenza del suo fluire nel tempo; per la molteplicità delle circostanze che lo accompagnano; per convenienze e conseguenze che determina. Duemila anni fa Seneca (esiliato in Corsica dall’imperatore Claudio) aveva già capito tantissimo (certo più dei decisori politici attuali): per lui il mondo conosciuto era già da tempo un crogiolo di etnie, culture e lingue, conseguenza della stratificazione storica delle migrazioni; un mondo di migranti mossi dalla natura umana e per mille spinte concrete lungo vie spesso impervie e ignote, assicurando a tutti (anche a chi non migra) il rinnovo e il ricambio delle società. Possiamo esaminare quindici episodi di migrazione, storicamente e geograficamente determinati, diversissimi per luoghi e tempi, moventi o modi o effetti, raggruppati a seconda del grado di libertà individuale che ha informato la scelta di migrare (termini oculati e scelta saggia). Per spostare intere etnie da un capo all’altro dell’impero bastava un cello dell’Inca in Perù, o una decisione del Politburo in Unione Sovietica, ma per insediare il continente nordamericano occorsero milioni di decisioni individuali. Le migrazioni poste in atto dall’attività militare di Roma furono di soli uomini, le filles du roi furono solo donne, i tedeschi reclutati da Caterina la Grande solo famiglie, i Goti e i Longobardi e altre etnie barbariche interi popoli. I Greci ápoikoi nel Mediterraneo erano poche migliaia, la migrazione transoceanica riguardò decine di milioni di persone. I migranti stagionali in Europa coprivano distanze ridotte, gli haitiani vittime di disastri hanno viaggiato su e giù per un intero continente.
Il grande demografo Massimo Livi Bacci (Firenze, 1936) realizza uno splendido nuovo testo, intelligente nella concezione, multidisciplinare nel contenuto, godibile nello stile. Non un’impossibile storia di tutte le migrazioni umane, non un improbabile campione globale sistematico, piuttosto occasioni di riflessione comparata sul fenomeno antico e ubiquo della nostra capacità di migrare (sempre e ovunque), “qualità istintuale connaturata agli esseri viventi” (come opportunamente sostiene l’autore, forse poteva aiutare qualche riferimento alla biologia evolutiva), “fattore di ricambio e rinnovo delle collettività” capace di influenzare le decisioni di governo (e qui forse poteva aiutare la definizione del fenomeno come diacronico e asimmetrico). Le prime storie riguardano l’antichità euromediterranea: le colonie di città greche almeno dall’VIII al VI secolo a.C.; l’estensione del mondo romano soprattutto tramite selezione di veterani (delle tante guerre) guidati dallo Stato centralizzato; la pressione dei popoli germanici sulle frontiere dell’impero a partire dal III secolo. Seguono storie di migrazioni forzate politiche, in tutto o in larga parte: volutamente non la già trattata deportazione degli schiavi, bensì i tre casi dell’impero Inca nel XV e XVI secolo, dell’impero ottomano al tramonto (da poco più di un secolo fa), dell’Urss negli anni della seconda guerra mondiale. Poi le storie di migrazioni forzate a seguito di “misfatti della natura”, in tutto o in larga parte: le siccità (in particolare la Grande Seca del 1877-1879 nel nord-est brasiliano e il Dust Bowl in almeno tre stati americani negli anni Trenta del Novecento), i disastri geomorfologici e climatici (come ad Haiti il terremoto del 2010 e l’uragano del 2016), le carestie alimentari conseguenti a “malattie” negli ecosistemi (come la distruzione della patata in Irlanda tra il 1845 e il 1850, causa peronospora). Fra le migrazioni più libere la distinzione essenziale è fra quelle organizzate (le giovani donne inviate dalla Francia al Québec dal 1663 al 1673; i tre secoli del Drang nach Osten, la germanizzazione dell’est europeo; la colonizzazione della valle del Volga operata da Caterina la Grande tra il 1674 e il 1767) e quelle più individualmente libere, a ondate da contesti impoveriti o verso nuovi mercati del lavoro, sia internazionali che nazionali. Qualche mappa, un colorato inserto iconografico, buon apparato di note, indici dei luoghi e dei nomi.