Missili nel bosco

Chi sale da Gravina, bella cittadina della Puglia, a una cinquantina di chilometri sia da Bari sia da Matera, verso il “Bosco”, in località” Difesa grande”, e si guarda intorno con un poco di pazienza, trova, in mezzo agli alberi, una casetta abbandonata e tre piattaforme rotonde di cemento armato, ormai coperte di sterpi. Nessuna indicazione che si è di fronte ad una delle pagine drammatiche della guerra fredda che ha portato in Puglia trenta missili Jupiter, con testate nucleari ciascuna cento volte più potente delle bombe atomiche esplose a Hiroshima. 

La storia era cominciata nel settembre 1958 quando gli americani, allora era presidente Eisenhower, insistettero presso il governo italiano perché accettasse l’installazione di alcuni missili a gettata intermedia, con testate nucleari, in grado di colpire i paesi satelliti dell’Unione sovietica come Albania, Romania, Bulgaria. Le trattative durarono a lungo (rigorosamente segrete) non certo per ottenere garanzie sulla sicurezza del popolo italiano, ma per cercare di spillare più quattrini dagli americani in cambio di questa nuova servitù militare. 

La storia è stata raccontata con grandi dettagli, ricavati dai documenti segreti militari, resi accessibili grazie ad una speciale legge americana sulla “Libertà di accesso alle informazioni”, dal prof. Leopoldo Nuti, dell’Università Roma Tre, in vari articoli che sono stati anche utilizzati per un recente libro di Philip Nash sui “Missili di ottobre”, pubblicato dall’Università della North Carolina. 

Come località per l’installazione dei missili fu scelta la Puglia, per la sua posizione orientale, più vicina al “nemico”; il quartier generale fu installato a Gioia del Colle dove i primi missili arrivarono dal febbraio al settembre 1960; oltre che a Gioia, i trenta missili furono schierati in altre nove postazioni, quasi allineate da nord-ovest a sud-est: Spinazzola, Gravina, Acquaviva delle Fonti, Altamura (due postazioni), Irsina, Matera, Laterza, Mottola. 

I missili usavano come carburante cherosene e come ossidante ossigeno liquido e ciascuno era dotato di una bomba a fusione, una bomba H, insomma, da 1,45 megaton, con una potenza distruttiva, come si è detto, cento volte superiore a quella delle bombe che rasero al suolo Hiroshima e Nagasaki. 

C’è stato quindi un periodo in cui, sulla testa degli abitanti della Puglia, a loro insaputa, sono state sospese bombe H per una potenza distruttiva equivalente a quella di 50 milioni di tonnellate di tritolo. Una drammatica situazione, ben nota al governo italiano che sapeva anche che si trattava di “missili obsoleti, pericolosi e non molto efficaci”. 

Senza contare che le basi missilistiche americane in Puglia erano sotto il tiro diretto dei missili collocati nelle simili basi, collocate nell’Europa orientale, e che la popolazione della Puglia sarebbe stata immediatamente colpita dalle bombe atomiche sovietiche se anche un solo missile, anche per errore, fosse partito da Gioia del Colle o Gravina o Spinazzola. 

Per la costruzione delle piazzole e dei depositi del carburante e delle bombe, devono pur essere stati impiegati muratori, operai, imprese di costruzioni, devono pur essere circolati, per mesi, camion carichi di cemento e degli stessi missili e dei propellenti, devono pure essere andati avanti e indietro, soldati americani e italiani. Le piazzole di Gioia del Colle erano dentro la base militare, ma le altre erano in aperta campagna, in zone impervie; i missili erano in postazione verticale, pronti al lancio, visibili dalle strade vicine. Le ricerche del prof. Nuti spiegano bene che tutte le operazioni di installazione dei missili Jupiter in Puglia furono condotte sotto un rigoroso segreto. 

I militari americani erano meno di quattrocento e in ogni piazzola l’eventuale lancio poteva avvenire soltanto con l’uso di due “chiavi” di sicurezza, nelle mani di due ufficiali, uno americano e uno italiano. 

Nel gennaio del 1961 al presidente americano Eisenhower, che aveva insistito per l’installazione di bombe atomiche nei paesi europei, successe Kennedy, con una nuova politica di distensione nei confronti dei sovietici e del loro presidente Krusciov. 

La storia di quei trenta missili nucleari in Puglia finisce con la crisi cubana; come i lettori ricordano, nell’ottobre 1962 gli americani scoprirono che una nave sovietica stava trasportando dei missili nucleari a Cuba e Kennedy minacciò la guerra contro l’URSS se le navi fossero arrivate nell’isola caraibica. 

Si ebbero frenetici contatti fra Kennedy e Krusciov e intervenne anche il Papa Giovanni XXIII: alla fine i missili sovietici tornarono indietro e l’America si impegnò a ritirare i trenta missili Jupiter dalla Puglia e gli altri quindici installati in Turchia. 

Veloci e segreti come erano arrivati, i missili delle basi pugliesi furono smantellati fra l’aprile e il giugno 1963, lasciando i ruderi delle piazzole di lancio; a quanto pare, a differenza delle proteste che si ebbero negli anni ottanta del Novecento, quando Reagan voleva installare i missili americani a Comiso, nel caso dei missili pugliesi, per quanto ne so, una volontà politica e una protesta popolare per liberarsi dei missili non c’è stata, anche perché, a quanto pare, ben pochi in Puglia si resero conto del pericolo a cui erano esposti.