Pensieri sugli anni Settanta del Novecento

1958 – 1982. Qualche riflessione e qualche ipotesi di lavoro, sui problemi ecologici, ambientali, dei beni culturali, dell’economia, dello sviluppo sostenibile, avendo come osservatorio Italia Nostra: i nuovi problemi che stavano sorgendo trovarono forti resistenze e reazioni non solo della destra, ma anche della sinistra, comunista ed operaia, e del mondo cattolico più avanzato. Proprio le aree nelle quali militavo.

La guerra in Iraq e la crisi energetica

La terribile guerra del 2003 capita a trent’anni giusti dalla prima grave crisi petrolifera. È quasi una celebrazione di quegli avvenimenti. Nel 1973 fu l’epoca delle domeniche a piedi, il simbolo della drammatica crisi energetica dei sistemi produttivi dell’Occidente. Qualcuno imprecò contro gli sceicchi. Qualcun altro, inascoltato, cercò di spiegare che la minoranza industrializzata dell’Occidente non poteva usare l’80% dell’energia e delle risorse mondiali dei beni della terra.

Quello fu il momento degli appelli degli intellettuali per l’Austerity. Chi non ricorda il convegno all’Eliseo? L’uso frugale dei beni della terra; la sobrietà degli stili di vita; il malessere del mondo legato al malessere dell’uomo; i rapporti tra ecologia e economia, tra ecologia e cultura; la solidarietà; la necessità di progettare un futuro alternativo possibile e desiderabile; le proposte per una società neotecnica, con nuovi modelli di vita (promozione, distribuzione, organizzazione politica e sociale) a basso consumo di energia e di risorse, attraverso le corrispondenti riconversioni tecnologiche e il riequilibrio delle attività e degli insediamenti nel territorio; ecc.ecc.

Erano e sono queste le condizioni per la pace nel mondo. Ma persino le reazioni del mondo cattolico democratico, della sinistra e del movimento sindacale andarono, come ricorda Nebbia, dal distacco, al fastidio. Lo stesso mondo che dimenticò troppo facilmente l’appello all’austerità dell’Eliseo.

Certo non possiamo nasconderci più dietro il paravento dell’ignoranza dei problemi. E allora facciamoci alcune domande, altrimenti, fra pochi anni, o pochi mesi, ci ritroveremo di nuovo a far cortei per la pace ed a tappezzare di bandiere le nostre finestre. Io per precauzione non l’ho tolta. Servirà presto.

È possibile la pace senza cambiare gli stili di vita?

Le parole sviluppo sostenibile furono pronunciate la prima volta nel 1972 in California in una conferenza del prof. D.Pirages. Le iniziative culturali e politiche per proporre la tematica dello sviluppo sostenibile sono infinite. I partiti politici l’hanno presto accantonata perché non genera consenso.  Perché?

Ma come può generare consenso se la “conoscenza” è tenuta rigorosamente sotto controllo e se, attraverso la scuola, la formazione, l’informazione, i media e la cultura vengono proposti modelli di vita rigorosamente legati alla società dei consumi?

Ma come può generare consenso se anche nella formazione e nell’istruzione, la “dignità” è riservata all’antropologismo dell’uomo colto, ricco e bianco, occidentale, a quel 20 % che, anche in Italia, di fatto, anche se dice di no, rivendica i diritti di proprietà sull’80% di tutto l’ecosistema?

Ma come può generare consenso se, anche nella formazione e nell’istruzione, si presta attenzione solo all’eurocentrismo, definendolo, malgrado non abbia mai avuto una popolazione superiore al 15/20% del mondo intero, l’unico mondo conosciuto?. Come è possibile parlare dell’80% degli altri uomini che da sempre abitano il pianeta Terra, se abituiamo i nostri giovani a pensare o che non sono mai esistiti o che non hanno diritti?

Ma come può generare consenso se continuiamo ad insegnare che la cultura occidentale, forte del suo ruolo, vero o presunto nei secoli, è l’unica, la vera, la perfetta, l’ultima, la definitiva?

Quindi non tollera altro da sé, nelle forme sacralizzate dalle oligarchie al potere: modalità e stili conoscitivi e comunicativi, conoscenze storiche, convinzioni scientifiche e organizzazioni teologico-religiose, individualismo. Le domande potrebbero continuare a lungo. 

Gregorio Magno, il papa romano morto nel 604, vedendo la sua Roma ridotta ad un povero villaggio di pescatori, in preda alla fame, alle alluvioni del Tevere, alla peste, agli assedi dei Longobardi, si abituò a guardare al presente. A leggere nel presente quelli che noi oggi chiamiamo i segni dei tempi. Superò la concezione ellenistico-romana, ripresa dalla tradizione ebraica e cristiana, del mondo che conosce solo il passato ed il futuro collegati, di tanto in tanto dal Kairòs, dalle occasioni, dagli eventi. Gregorio diceva che nemmeno Dio può profetizzare il futuro se non conosce il passato e non vive il presente. E noi dobbiamo imparare a tuffarci nella storia, a vivere fino in fondo il presente, l’oggi, il quotidiano, per essere in grado di progettare il futuro.

La crisi energetica dell’occidente esplose nel 1973 ed io ho consapevolmente vissuto quella stagione che si può chiamare “gli anni settanta” del Novecento. Nel 1958-9 entrai in contatto con Italia Nostra. Questo per me è stato uno degli osservatori privilegiati almeno fino al 1982, anno della Carta di Gubbio, che assemblai in una notte di solitudine nella definiva, mediata stesura.

Oggi – agli inizi del XXI secolo – che Italia Nostra attraversa una gravissima crisi di identità e di credibilità, abbandonando tutto il proprio bagaglio di esperienze, per rituffarsi nella parcellizzazione della conservazione di un patrimonio da contemplare, incurante della vita quotidiana delle stragrandi maggioranze della gente comune, provo a rivivere quelle esperienze non per rimpiangere i tempi passati, ma per capire dove abbiamo sbagliato, perché non abbiamo trovato consenso, anzi perché abbiamo trovato tante avversità, e per essere in grado di progettare il futuro.

Tuffarsi nella storia: le “esperienze” in “Italia Nostra”

Io ho avuto il privilegio -e la disgrazia- di essere protagonista e testimone di molte occasioni per rinnovare la democrazia, in osservatori importanti. In Rai, dove ho curato in quegli anni molte trasmissioni televisive e radiofoniche sulla scuola, gli unici interventi organici per l’aggiornamento degli insegnanti e poi sui “beni culturali”, occupandomi infine della “multimedialità”; in “Italia Nostra”, alla quale aderii nel 1958-59, oggi una piccola, insignificante associazione, ma allora uno dei più importanti centri, in Italia, di elaborazione culturale; negli istituti di ricerca accademica (sono uno specialista del Primo Millennio e perciò abituato a guardare alla storia antropologica nel tempo e nello spazio avendo come scenario le alterità di tutto il mondo); nella società dei movimenti, o come si diceva allora, nel territorio. Per otto anni ho fatto il Consigliere Circoscrizionale e per tre il membro della Commissione Edilizia a Roma.

“Italia Nostra” ha rappresentato per circa 25 anni, nel periodo 1958 – 1982 un centro di elaborazione culturale e di formazione primario nella storia d’Italia. Negli anni Sessanta e Settanta è nato e si è sviluppato il forte disegno di ecologia-economia, natura-cultura, o se più piace: ambiente fisico, biologico, antropico. Emersero e, cosa più importante, si intrecciarono i temi dei beni e servizi culturali, della pianificazione del territorio, della città, del sistema Terra. Sembrò ad un passo la democratizzazione della conoscenza e del sapere (si sviluppò la convinzione che bene culturale è ogni testimonianza del lavoro dell’uomo, del fare umano nella storia), il superamento delle due culture (umanistica e scientifica), la partecipazione di tutti al governo della cosa pubblica, l’attenzione per i problemi del pianeta Terra, nostra unica casa.

Fu subito evidente che grandi trasformazioni erano possibili solo attivando un sistematico, capillare ed energico progetto di educazione ambientale e di organizzazione dei servizi culturali nel territorio.

Almeno per 20 anni l’elaborazione culturale, molto alta e sostenuta da una forte tensione etica verso il bene comune delle cose e verso il riconoscimento della dimensione antropologica dell’uomo, solo raramente affrontò problemi ideologici. La cultura accademica si mescolava con la cultura antropologica. Le culture della destra storica “convivevano” con quelle radicali, marxiste, cattoliche. Erano evidenti e naturali profonde differenze e scontata la convivenza di alterità alla ricerca di un progetto unitario.

Le emergenze quotidiane di un patrimonio in rovina, sottoposto alla speculazione più incontrollata e dei nuovi temi ecologici che venivano emergendo, facevano da collante, sotto la presidenza Bassani. Patrimonio comune di tante alterità (ma poi diventerà il terreno di scontro) era la presa di coscienza e la convinzione delle enormi potenzialità conoscitive, economiche e sociali di questo patrimonio culturale e naturale per tutti e non solo per poche élite che volevano conservarlo e utilizzarlo per sé.

Solo intorno alla metà degli anni Settanta, quando l’attività dell’Associazione aveva portato alla nascita (ma alcuni di noi di Italia Nostra avemmo subito la sensazione di essere genitori degeneri) dei nuovi ministeri dei beni culturali e dell’ambiente, cominciarono a nascere all’interno dell’Associazione dei problemi sempre più seri, specie con la presidenza Luciani. Venne meno la capacità di far convivere esigenze ed aspettative diverse. Venne meno la possibilità di perseguire un disegno utopico di cambiamento. Furono evidenti i segni del cedimento, anche mentre continuava, ma non più da parte di tutta l’Associazione, ma da parte di pochi, quasi per spinta inerziale, una forte elaborazione culturale.

Allora divenne evidente quello che era sembrato impossibile. L’avventura non era più solo “civilmente etica”. Lavorare a quelle tematiche poteva tornare, non più socialmente, ma individualmente utile per intrecciare una rete di relazioni. L’associazione poteva servire a trovare un posto nella società o nell’accademia. L’università cominciò a sostituirsi alla fitta rete di strutture territoriali che organizzavano la conoscenza (ad esempio le società di storia patria). Il sapere popolare cominciò a diventare non più pratica quotidiana da incentivare, ma oggetto di studio di pochi specialisti. Mutarono radicalmente i meccanismi dell’informazione e della comunicazione (basterà pensare alle “novità” della nascita di radio e televisioni private). La partecipazione ed i movimenti furono stroncati. Le elezioni del 1976 portarono molti ad assumere incarichi amministrativi locali, con un duplice danno. L’Associazione si svuotò e perse il suo ruolo propositivo. Gli ambientalisti verificarono presto la forte differenza tra le proposte etico-associative e le scelte politiche.

Le speranze di un’Italia nuova fallirono. Perché? Estremamente “interessante”, come nota Giorgio Nebbia,“sarebbe una analisi approfondita”, per “tracciarne un quadro complessivo” “delle reazioni della sinistra, comunista ed operaia, ai nuovi problemi che stavano sorgendo”.

Non vanno dimenticate le tre drammatiche crisi politiche di quegli anni che sconvolsero l’Italia: 1964, 1969-70, 1973-75. Sul Corriere della Sera di mercoledì 6 dicembre 2000, alla pagina 10, Paolo Emilio Taviani dice: “In sintesi: la chiave di lettura della storia italiana, dalla primavera del 1947 al 1989 sta nella doppia politica estera. In uno scenario di tale gravità sono esplose tre drammatiche crisi: 1964, 1969-70, 1973-75″. Possiamo e dobbiamo discutere molto sulle cause dello scenario (la doppia politica estera è una concausa, spesso un paravento), non certo sulle drammatiche crisi. Il ’68 e l’uccisione di Moro sono evidentemente fatti complementari. Importanti, ma non centrali, ai margini delle drammatiche crisi. Un ruolo centrale ebbe lo stragismo, inteso come strategia politica, che prese avvio nel 1969 dalla strage di Piazza Fontana. Fu evidente la ridistribuzione del potere tra alcune grandi famiglie, un affare di personaggi che scelgono il terrorismo per perpetuarsi nella gestione del potere. “Il 12 dicembre 1969 segna una frattura, nella storia della repubblica, in quella della sinistra, in quella dei movimenti…, scrive il politologo Marco Revelli nel suo libro Le due destre. Luciano Lanza, Bombe e segreti, Piazza Fontana 1969, eléuthera 1997, 124-125, aggiunge: “un coinvolgimento così esteso alimenta anche un dubbio. Quanto sapeva della strage di piazza Fontana il principale partito dell’opposizione: il PCI, oggi PDS [oggi DS]? Molto, certamente, ma quanto? E fino a che punto la paura delle bombe e del colpo di Stato ha ammorbidito le posizioni del PCI? Fino a che punto questa paura ha portato a proporre il compromesso storico e ad accettare poi il consociativismo? La risposta è solo negli archivi di via Botteghe oscure, impenetrabili come quelli del Vaticano.

Forse in questi drammatici avvenimenti vanno ricercate le ragioni “delle reazioni della sinistra, comunista ed operaia ai nuovi problemi che stavano sorgendo”, reazioni che andarono, “dal distacco, al fastidio”. Sta di fatto che negli anni Settanta fu annientato, come ricordato, lo straordinario tessuto di movimenti e di partecipazione che coinvolgeva larga parte della popolazione italiana e che dava vita alle mille “opportunità” di cambiamento (vedi allegato) che presto entrarono nel libro dei sogni.

Vale la pena, per cominciare, rileggere alcune vicende sulle pubblicazioni di Italia Nostra.

Ripercorrere, attraverso la propria memoria, il bollettino e le pubblicazioni di Italia Nostra, questo periodo della storia d’Italia, significa ripercorrere gran parte dei tentativi di democratizzare la conoscenza, di promuovere la consapevolezza dei problemi del proprio sapere, del proprio territorio, del pianeta Terra, di esaltare la partecipazione delle stragrandi maggioranze dei cittadini comuni.

Italia Nostra è nata nel 1955 come associazione per la tutela del patrimonio storico, artistico e naturale, avendo subito chiara la dimensione della “memoria storica” che non riguardava solo le opere ed i manufatti eccezionali, ma tutte le manifestazioni del fare, del lavoro dell’uomo nei suoi ambienti di vita. Si cominciava a parlare di “patrimoni storici” e ben presto di “beni culturali”. È del novembre 1956 il primo grande convegno: «Difesa del patrimonio storico, artistico e naturale della Nazione». Del 1959 è il Convegno  «Tutela e valorizzazione delle ville dei giardini italiani».

È il primo ampliamento delle tematiche. Alla fine degli anni Cinquanta del Novecento alcune grandi città, Roma fra le altre, cominciarono a discutere i loro piani regolatori. E le osservazioni ai piani regolatori, alla vita quotidiana, furono la palestra per esercitarsi a definire il patrimonio genetico dell’Associazione. Allora si cominciò a parlare anche di verde, di parchi, di fiumi, di territorio, di pianificazione, di urbanistica, di inquinamento, di “sistemi” culturali ed ambientali. Si, la parola “pianificazione” è fondamentale.

Fu il momento in cui i giovani, che in alcune città, come Roma, dove nacque l’associazione giovanile amici di Roma (AGAR), si andavano organizzando autonomamente, scoprirono Italia Nostra. Nel 1960 la Sezione Romana di Italia Nostra ebbe oltre 1.000 iscritti “giovani”. Conferenze e dibattiti nelle scuole sui temi del patrimonio storico artistico e culturale, dei piani regolatori e della pianificazione diventarono un fatto abituale.

Nel 1961 fu pubblicata l’enciclica Mater et Magistra, nel 1963 la Pacem in Terris, definita da La Pira «il manifesto del mondo nuovo». Erano due encicliche che aprivano prospettive e problemi del tutto nuovi, anticipaori di uno sviluppo – come diciamo oggi – sostenibile e che davano un forte contributo alla definizione dei problemi dell’Associazione, ma furono avvertite solo a livello di coscienza individuale, dal mondo laico e dallo stesso mondo cattolico, anche quello molto democratico. In Italia Nostra era molto forte, radicale, il senso laico dello stato e della cosa pubblica e non ci fu tempo per avvertire, se non marginalmente, la straordinaria novità delle due encicliche.

Dagli inizi degli anni Sessanta, non c’era tema nuovo, emergente che non riguardasse Italia Nostra. Del 1960 è il Convegno nazionale dell’Associazione, «Problemi e proposte su Napoli», dello stesso 1960 quello  «Per la difesa del verde», del 1961 «Il futuro della Brianza», del 1964 «Tutela del paesaggio e sviluppo turistico della costa Venezia-Ancona».

Nel 1961 era stato ripubblicato in italiano il libro di L.Mumford, “Tecnica e cultura”. Camminavano come fiumi carsici una serie di temi emersi con la pianificazione e l’urbanistica e che esploderanno negli anni Settanta del Novecento. Gli anni Sessanta, infatti, servirono soprattutto a maturare le tematiche dei Beni culturali e naturali, anche perché esisteva una commissione parlamentare (la commissione Franceschini) per la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico, archeologico, artistico e del paesaggio, che concluderà i suoi lavori nel 1967. Il termine beni culturale è ormai ufficiale. E’ del 1966 è il convegno «Nuove leggi per l’Italia da salvare».  «Proposte per il rinnovamento della legislazione di tutela», del 1969 quello su «Nuove strutture per l’amministrazione dei beni culturali».

Non mancò attenzione ai problemi “ambientali”. Di volta in volta emerge il fiume carsico del sistema territoriale, dell’ecologia: del 1962 è il «Programma per l’azione in difesa del verde», del 1963 i «Contributi alla conservazione del paesaggio costiero», con Problematiche relative all’inquinamento costiero, al depauperamento del patrimonio ittico, ai Contributi alla conservazione del paesaggio costiero, ai Piani di massima per lo sviluppo del comprensorio turistico della penisola Sorrentina, sotto gli aspetti economico-territoriale ed urbanistica.

Del 1966 è lo Studio per un progetto di legge-quadro sui parchi nazionali, del 1968 il Piano di riassetto del Parco nazionale d’Abruzzo, del 1969 lo Studio per una legge-quadro per i parchi nazionali e le riserve naturali, del 1971 i Contributi per la difesa della natura e la

indicazione delle nuove prospettive ed indirizzi per la loro conservazione di Paludi, lagune e stagni costieri in Italia, e sempre del 1971, le proposte relative a Riserve e parchi naturali del mare. Del 1969 è lo Studio per un progetto di legge istitutiva del Parco Nazionale dell’Etna.

I parchi naturali furono la nuova palestra di addestramento ai temi nuovi dell’ecologia che ormai erano pronti ad esplodere. Intanto, nel 1967 viene pubblicata l’encilica Populorum progressio.

Il tema dell’educazione

Subito, già nel 1959, come ricordato, era emerso, come logica conseguenza dell’impegno associativo, il tema della scuola, il tema dell’educazione dei giovani alla complessità dell’ambiente fisico, biologico ed antropico, dell’educazione ambientale. 

Un tema che ha trovato grandi appoggi, tolleranze e grandi opposizioni in Italia Nostra. Il tema era evidentemente di fondo. Nascondeva la domanda, a volte esplicitata, se l’associazione dovesse essere un “pensatoio” che tutelava ed organizzava la “cultura” per le élite, oppure un’associazione che attraverso l’educazione ambientale mirava alla formazione dei cittadini.

Le molte insistite iniziative sull’“educazione”, perseguite da pochi con caparbietà, sfoceranno comunque il 23 marzo 1970 nel convegno presidi e professori a Roma al ridotto dell’Eliseo, con la partecipazione del Ministro Ferrari Aggradi (boll. 67-68). Seguirono tante iniziative. Corsi residenziali e di aggiornamento, tante le pubblicazioni; sistematici gli interventi del bollettino, e l’avvio di una politica con un chiaro “invito ai giovani”.

Il 4-5-6 dicembre del 1971 si svolgerà il grande convegno nazionale “Il Museo come esperienza sociale”. Sembrano aperte prospettive nuove. Il punto di partenza è dato dall’acuta osservazione già del 1934 di J. Dewey, allora molto in voga nella sparuta cultura pedagogica progressita: «lo sviluppo del capitalismo è stato un potente fattore nello sviluppare il museo come domicilio appropriato delle opere d’arte, e nel promuovere il concetto che esse sono separate dalla vita comune».

Non esisteva ancora in Italia una cultura scientifica. I musei della scienza, quasi del tutto inesistenti, intervennero ovviamente in modo quasi inesistente, ma secondo le loro forze e consistenze. Il convegno era stato promosso, tra gli altri dalla Commissione per la didattica dei musei del Ministero della P.I., Commissione che era in naturale scadenza ed attendeva di essere confermata o rinnovata.  Il Convegno servì per sintetizzare gli ultimi due anni di attività e per dichiarare le intenzioni future. Non esisteva ancora il Ministero dei Beni culturali e le antichità e belle arti (come allora si chiamavano) dipendevano dal Ministero della P.I. La Commissione, visti i propositi dichiarati dal convegno, non fu più ricostituita.

Nel 1972 si svolge a Trevignano Romano il Corso residenziale nazionale, «I beni culturali quale fattore di qualificazione dell’ambiente». 

1973: la necessità dei modelli alternativi per lo sviluppo economico e della città

Nel 1972 il Club di Roma pubblicò i limiti della crescita (nella traduzione italiana, già nel titolo, si parlò erroneamente de il limite dello sviluppo. Il 1972 vede anche la pubblicazione in Italia del libro di B.Commoner il cerchio da chiudere. Già nel giugno del 1973 Italia Nostra sottolineò la necessità un modello di sviluppo alternativo e nello stesso anno, mettendo a frutto dieci anni di impegno sul Piano regolatore, ha riaffermato la necessità di uno sviluppo alternativo della città (seminario e mostra Roma sbagliata – Roma da rifare).

Il 1973, l’anno della crisi petrolifera, sembra l’anno del rinnovamento: viene presentata una proposta legge del PCI (L’Unità del 10.5.73): dalla difesa del suolo allo sviluppo del territorio; si svolge un convegno OCSE: strumenti economici e protezione dell’ambiente; Giorgio Nebbia entra nel direttivo nazionale di Italia Nostra ed il 5-7 novembre 1973: si svolge il Seminario della società Italiana Economisti sul tema: Economia ed ecologia. È annunciato il I corso interdisciplinare per insegnanti di Italia Nostra che avrà come tema centrale: l’ambiente come progetto umano di etica sociale.  Il bollettino richiama l’attenzione sulle leggi della natura e leggi degli uomini (Nebbia). E’ allora, con il tema dei limiti dell’energia, che si prende coscienza dei temi del clima e dell’effetto serra, della distruzione degli strati di ozono, della crisi delle foreste, della violenza delle merci. È del 1973 la pubblicazione della lettera la terra è di Dio, relativa a Genesi 2 e a Lçevitico 25, di G. Franzoni. E’ ormai evidente che serve una società nuova, neotecnica.

I comitati di quartiere e 2000 delegati nelle scuole.

I decreti delegati per la partecipazione nella scuola e la nascita dei comitati di quartiere per sostenere uno sviluppo alternativo della città, con la lettura dei piani regolatori su scala territoriale, rappresentarono le nuove (ma ultime) palestre di discussione per la ricerca di una democrazia dal basso. Vorrei ricordare che le numerose riunioni del seminario Roma sbagliata, che si svolgevano alla Sala Borromini, erano affollate all’inversosimile e duravano molte ore fino a notte inoltrata.

Nel maggio 1974 una nota della sede centrale richiama l’attenzione sulla la crisi del petrolio e l’ambiente, mentre il tema dell’educazione ambientale sembra ormai inarrestabile e si accompagna con quellodei distretti scolastici e gestione del territorio, si realizza un ciclo di 14 riunioni scuola-città-territorio e c’è la circolare Malfatti per delegati Italia Nostra scuola. Subito si forma una rete di 2.000 delegati nelle scuole.

Nel 1975 il I Corso residenziale nazionale di aggiornamento per insegnanti delegati di «Italia Nostra», e nel 1976 il II Corso residenziale nazionale di aggiornamento per insegnanti delegati di «Italia Nostra sul tema»: «Scuola e ambiente». Nel 1975 si richiama l’attenzione sugli incendi di boschi in Italia.

Ma sono evidenti i primi chiari segnali della “crisi”. La sezione romana di Italia Nostra promuove un convegno sul paesaggio. C’è aspra discussione: tema ecologico ed antropologico o estensione del tema dei “giardini” all’ambiente?  Sembra trovato un accordo, ma poi nel programma stampato figura una relazione che giudicati “inaccettabile” a tal punto che lasciai per sempre il Direttivo della stessa sezione. E’ rotto ormai il principio della “convivenza”, della pluralità di attese e di scelte.

Comunque l’apertura a tematiche nuove continua. Nel 1976, la storia dell’arte è vista come disciplina storica fondamentale ed il CLUB di Roma a Berlino discute sul tema: Per uno sviluppo più equo della società umana. Nel 1976 si svolge anche il Forum di Vancouver sulle Prospettive di sviluppo alternativo e Italia Nostra lancia il tema della ricerca di una società neotecnica. Nello stesso 1976 un convegno al CNR sottolinea la necessità di un sistema di lettura che coinvolga, con servizi specifici, il mondo della ricerca, dell’Università, del territorio, dell’educazione permanente.

Nel 1977 il Club di Roma tiene il suo terzo rapporto. Nello stesso 1977 è nata la collana «Italia Nostra»/Educazione – Ed. La Nuova ltalia, che collega i temi dell’associazione con le esperienze di educazione ambientale. Il successo di vendita è notevole, ma il vento sta cambiando. Escono anche i nuovi libri di educazione tecnica per la scuola media dell’obbligo. Italia Nostra vuole tutto e subito. Li condanna tutti e non appoggia quei libri che presentano un quadro innovativo in modo non eclatante, ma perciò più persuasivo.

La collana «Italia Nostra»/Educazione – Ed. La Nuova ltalia,

– “L’uomo e l’uso del territorio” di Bernardo Rossi Doria, 1977, pagg. 127.

– “Come leggere la città” di Fabrizio Giovanette, 1977, pagg. 123.

– “Ambiente e educazione” di Donato Goffredo e Antonio Thiery, 1977, pagg. 127.

– “Il Pianeta avvelenato” di Grazia Francescato, 1977, pagg. 126.

– “Il destino dei centri storici” di Mario Fazio, 1977, pagg. 107.

– “Città sognate” di Antonino Terranova, 1977, pagg. 192.

– “L’acqua e la vita” di Ferruccio Mosetti, 1978, pagg. 117.

– “Agricoltura e dibattito ecologico” di Luigi Nicolini, 1978, pagg. 128.

– “Come leggere il territorio” di Massimo Olivieri, 1978, pagg. 123.

– “La vita del mare” di Ferruccio e Viviana Mosetti, 1978, pagg. 119.

– “Parchi nazionali” di Franco Tassi, 1979, pagg. 123.

– “Partecipazione e territorio” di Carlo Bagnasco, Pio Baldi e Francesca Grasso, 1979, pagg. 139.

Nel 1978 avanza il problema energetico. Oramai la ricerca di Italia Nostra è fortemente centrata sui temi ecologici ed antropologici. Il 1978 è anche l’anno  «Dal museo civico al museo del territorio», il 1979 vede l’associazione impegnata «Per una gestione coordinata dei beni culturali e del territorio», e sull’«Energia: verso il XXI secolo», il 1980 sono di scena le «Norme generali sui parchi nazionali e le altre riserve naturali».

I temi centrali d’Italia Nostra sono sottolineati e scanditi dai Bollettini monografici. Questi bollettini sono il frutto di esperienze composite e plurali. Nascono per lo più da seminari ristretti e non aperti al pubblico a livello nazionale, chiamando gli esperti, non necessariamente dell’associazione, più impegnati e qualificati, di aree culturali diverse. Al termine dei seminari si commissionano gli articoli a chi ha partecipato al seminario, con la richiesta che siano una puntualizzazione sullo stato della discussione. Nascono una serie di schede di grande rilevanza scientifica, culturale e politica.

Ormai è evidente, anche per motivi organizzativi, che si va esaurendo la spinta propulsiva. Il 1982 con il Seminario Mater Terra in occasione dell’anno francescano, l’associazione riesce a raccogliere le sue energie e dà un contributo decisivo alla Carta di Gubbio. Ma quello che dovrebbe essere il documento per il definitivo rilancio del tema ecologico, fu in realtà il canto del cigno. Promulgata da Giorgio Bassani nel Comune di Gubbio e da papa Giovanni Paolo II a S. Pietro, cadde presto nel dimenticatoio. I redattori credevano di fare un lavoro di sintesi delle idee volte al futuro. In realtà avevano sintetizzato un’esperienza ormai consegnata alla storia. Il testo della “Carta di Gubbio”, un documento ormai raro, è riportato in Appendice:

Perché il tema ecologico non trovò diffusione? O fu così contrastato e ridimensionato? Riflettere sull’esperienza della Carta di Gubbio sarebbe certo utile. Nacque subito dopo l’ecologismo dei percorsi natura, delle cliniche per curare ali spezzate degli uccelli, della pulizia delle spiagge e delle pinete, delle oasi protette, dei contributi statali a pioggia su tutti. Nemmeno il referendum sulla caccia servì negli anni successivi a riproporre un’attenzione verso i grandi temi ecologici.

La palazzina dell’Algardi a Villa Pamphilj è l’emblema di questa ascesa e della parabola discendente dei temi ambientali. Utilizzata dal Belgio (che voleva tramutare l’affitto in proprietà) come sede amministrativa dell’Ambasciata, provocò il lancio di una pubblica sottoscrizione per l’acquisto. Intanto, con la discussione sul piano regolatore, Villa Pamphilj era sottratta all’edificazione di sessanta ville lussuose. Villa Pamphilj e la palazzina dell’Algardi segnano la nascita delle lotte ambientali in Italia. Villa e palazzina furono successivamente acquistate dal Comune e dallo Stato. Il primo maggio del 1970 la palazzina fu solennemente donata ai romani, per il centenario di Roma capitale, per farne il centro sistema delle attività culturali romane. Dopo anni di abbandono fu requisita dal governo Craxi in occasione di un semestre di presidenza italiana alla CEI. Lunghe lotte dei cittadini per salvare almeno la villa. Il governo D’Alema perfezionò il passaggio della palazzina al demanio della Presidenza del Consiglio.

Nel 1971 la Sezione romana di Italia Nostra chiedeva un piano globale per la Villa ed in particolare riteneva che dovesse «essere studiata un’utilizzazione a fini concretamente sociali dei numerosi edifici esistenti all’interno della Villa.  Non va dimenticato che le zone che circondano Villa Pamphilj denunciano una vistosa carenza di servizi sociali e culturali».

Dopo anni gli edifici sono diventati sede di musei dei costumi (sic!) di altissimo uso sociale.

Mia moglie, malata, non ha potuto usufruire neppure di un secondo dei 160/180 ettari della villa, pur abitando a poche centinaia di metri. Siamo dovuti andare per tanti mesi a trovare nel traffico un po’ di aria che altrimenti mia moglie doveva trovare attraverso la cannula dell’ossigeno.

Appendici

1.    Bollettini monografici di Italia Nostra

Bollettino     per il centenario di Roma Capitale, 1970.

Bollettino     100: «Italia-Europa», 1972.

Bollettino     118: «Centri storici», 1974.

Bollettino     119: «Beni culturali», 1974.

Bollettino     121: «Educazione e ambiente», 1974.

Bollettino     124: «Restauro urbanistico», 1975.

Bollettino     128: «Restauro e Beni culturali», 1975.

Bollettino     138: «La biblioteca come servizio pubblico», 1976.

Bollettino     143: «Per un codice del territorio», 1976.

Bollettino     157: «Alla ricerca di una società neotecnica», 1977.

Bollettino     158: «Dal museo civico al museo del territorio», 1978.

Bollettino     171: «Per una gestione coordinata dei beni culturali e del territorio», 1979.

Bollettino     175: «Energia: verso il XXI secolo», 1979.

Bollettino     183: «Norme generali sui parchi nazionali e le altre riserve naturali», 1980.

Bollettino     185: «Piano conoscitivo e Piano urbanistico di un centro storico.  Assisi: un’esperienza in atto», 1980.

Bollettino 191: «Legislazione in itinere sui parchi nazionali e altre aree protett », 1980.

Bollettino 192: «Indici generali del Bollettino (1957-1979)», 1980.

2. Le dispense della Sezione di Milano:

n. 1 «Tutela del Patrimonio Italiano» di Italo Insolera, 1971, pagg. 21.

n. 2 «I conti sbagliati dell’economia» di Alfredo Todisco, 1971-, pagg. 17.

n. 3 «Cieli sporchi» di Giancarlo Masini, 1976, pagg. 38.

n. 4 «L’acqua muore» di Mario Albertarelli, 1975, pagg. 31.

n. 5 «Il problema della sovrappopolazione» di Marcello Bernardi, 1973, pagg. 37.

n. 6 «Inquinamenti attentato alla salute. La diossina a Seveso» di Alfredo Leonardi e Luciano Manara, 1978, pagg. 83.

n. 7 «Città senza verde» di Antonio Cederna, 1975, pagg. 19.

n. 8 «Parchi Nazionali» di Fulco Pratesi, 1975, pagg. 24.

n. 9 «Strade e paesaggio» di Carlo Cavallotti, 1974, pagg. 23.

n. 10 «La difesa del suolo» di Lucio Susmel, 1971, pagg. 30.

n. 11 «L’inquinamento del suolo» di Vittorio Parisi, 1978, pagg. 27,

n. 12 «Specie in estinzione» di Vittorio Parisi, 1978, pagg. 13.

n. 13 «Ecologia – Introduzione al problema dell’equilibrio ambientale» di Francesco Albergoni, 1973, pagg. 28.

n. 14 «L’archeologia oggi» di Andrea Carandini e Gíuseppe Pucci, 1974, pagg. 33.

n. 15 «Invito all’agricoltura – problemi e rilancio» di Giorgio Amadei, 1975, pagg. 16.

n. 16 «Appunti per un’urbanistica moderna» di Antonio Cederna, 1972, pagg. 62.

n. 17 «Crisi del patrimonio artistico italiano.  Pittura-scultura – arti minori» di Marco Valsecchi, 1972, pagg. 26.

n. 18 «Crisi del patrimonio artistico italiano.  Architettura e complessi ambientali» di Rossana Bossaglia, 1972, pagg. 15.

n. 19 «Gli errori urbanistici di Milano» di Pier Fausto Bagatti Valsecchi, 1972,

pagg. 25.

n. 20 «Il restauro architettonico» di Amedeo Bellini, 1979, pagg. 90.

n. 21 «L’agonia di Venezia» di Renato Bazzoni, 1971, pagg. 18.

n. 22 «Gli errori urbanistici di Napoli» di Cesare de’ Seta, 1973, pagg. 16.

n. 23 «Quale energia – per chi?» di Giorgio Nebbia, 1976, pagg. 34.

n. 24 «Il suolo avvelenato – dalla distruzione dei boschi all’inquinamento con i pesticidi e con i rifiuti» di Giancarlo Masini, 1972, pagg. 28.

n. 25 «Gli incendi dei boschi in Italia» di Mario Broglia, 1977, pagg. 57.

n. 26 « I rifìuti solidi – Un problema e una miniera» di Stefano Lanzavecchia, 1978, pagg. 39.

n. 27 « Primi elementi di ecologia» di Domenico Gíusto, 1979, pagg. 27.

n. 28 « Il punto di vista cristiano sull’ecologia» di Giorgio Nebbia, 1972, pagg. 33.

3. La “Carta di Gubbio”

In occasione dell’800- anniversario della nascita di Francesco d’Assisi, i partecipanti al Seminario internazionale «Terra Mater» si sono riuniti a Gubbio, luogo francescano di riconciliazione e di pace, dal 23 al 26 settembre 1982.

Come risultato dei lavori, i partecipanti ricordano che il futuro dell’umanità e del pianeta Terra -nostra unica casa – è in pericolo e che, nonostante gli allarmi lanciati 10 anni fa dall’Onu a Stoccolma, la situazione ambientale a livello planetario si va sempre più deteriorando. Perciò richiamano con urgenza l’attenzione dì tutta l’umanità, che sente il disagio di vivere nel deterioramento dei rapporto uomo-ambiente e nel logoramento dei rapporti sociali, sulla necessità di superare rassegnazione e fatalismi, e di reagire progettando un futuro alternativo possibile e desiderabile.

Dichiarano che è urgente sostituire l’attuale orientamento di dominio-sfruttamento da parte dell’uomo, soprattutto da parte di una minoranza industrializzata dell’umanità (orientamento che. finora, ha caratterizzato il rapporto uomo-natura ed uomo-uomo), con un atteggiamento di partecipazione-custodia, di rispetto e di fratellanza di tutte le creature.

L’esempio fondamentale di Francesco d’Assisi, che consapevole delle implicazioni ambientali e della necessità di un rapporto armonico e conoscitivo con la natura, ha creato, sperimentandolo nella sua comunità, un sistema alternativo di fratellanza universale nel quale l’umanità, gli animali, le piante e i minerali erano considerati fratelli e sorelle, si ripropone ancora oggi in tutta la sua attualità e il suo rigore.

Per accettare il messaggio francescano che richiama ad un uso frugale dei beni della terra, è necessario:

– abbandonare il concetto di progresso misurabile in termini quantitativi di possesso e accumulo di beni materiali, come politica di potenza e come attenzione volta esclusivamente al presente, assegnando, invece al progresso l’obiettivo della promozione della qualità della vita;

– promuovere il rispetto della natura e delle identità delle persone, delle comunità e delle culture;

– acquisire la certezza che questo progetto alternativo è attuabile attraverso l’impegno di tutti, soprattutto dei giovani;

– riconoscere l’esigenza di ridimensionare, contenere, riequilibrare le attività produttive, industriali, abbandonando le tecnologie distruttive per la natura e dannose per la salute umana e per la società;

– applicare modelli di vita (promozione, distribuzione, organizzazione politica e sociale) a basso consumo di energia e di risorse, attraverso le corrispondenti riconversioni tecnologiche e il riequilibrio delle attività e degli insediamenti nel territorio;

– richiamare l’attenzione sul problema della fame dei mondo, come manifestazione della crisi dell’ambiente e della squilibrata ripartizione delle risorse, accresciuta dalle logiche distorte di mercato;

– sviluppare, su queste linee, la formazione, la ricerca scientifica, la tecnologia;

– riaffermare che la tecnologia, una delle più qualificate espressioni dell’identità e della creatività dell’uomo, di per se non è dannosa, e che può soddisfare i bisogni soltanto se rispetta la dignità dell’umanità e la dinamica naturale dei pianeta Terra;

– applicare i principi dell’etica anche nei rapporti con tutte le creature viventi, e riconoscere la necessità della tutela di forme di vita vegetale e animale contro estinzioni di specie, prelevamenti eccessivi, usi voluttuari a carattere distruttivo (caccia, maltrattamenti e distruzioni inutili), e alterazioni dei rispettivi habitat;

– richiamare l’attenzione su tre problemi che oggi interessano la popolazione umana: la crescita, l’ineguale distribuzione sul pianeta, l’invecchiamento;

– rifiutare ogni forma di violenza fisica contro la natura e contro l’uomo;

– riconoscere che la conservazione dell’ambiente naturale ed umano rappresenta la condizione essenziale per un giusto sviluppo;

– ricercare nella memoria storica gli elementi conoscitivi per progettare il futuro alternativo, ricostruendo un sistema di comunità solidale;

– riconsiderare, in quest’ottica, il recupero dell’interesse per la valorizzazione dei patrimoni culturali (preesistenze architettoniche, artistiche, storiche, tradizionali) come fonti primarie di arricchimento per la qualità della vita in ogni paese;

– riaffermare il rifiuto degli aspetti massificati e massificanti dell’esistenza umana (dagli unanimismi politici ai consumi uniformizzati), e la massima valorizzazione dell’entità personale di ogni essere umano attraverso forme di organizzazione socio-politica miranti alla maggior possibile articolazione, diversificazione, qualificazione di attività, mansioni, contributi singoli alla vita della collettività.

I partecipanti al Seminario «Terra Mater» in particolare chiedono:

1 ) che nelle istituzioni, nella società, nei comportamenti si promuova, con ogni possibile mezzo, lo sviluppo delle potenzialità umane attraverso forme di apprendimento innovativi basate sull’anticipazione (attenzione responsabilmente volta al nostro futuro) e sulla partecipazione dei cittadini alle scelte per l’avvenire;

2) che i responsabili della cultura e dell’informazione diffondano con correttezza e rigore le conoscenze relative alla crisi ambientale e alle sue cause;

3) che i responsabili dell’istruzione pubblica di tutti i paesi inseriscano nei programmi della scuola di ogni ordine, grado e indirizzo, l’educazione ambientale, e le tematiche della crisi dei rapporti umanità-risorse, in forme tali da determinare al riguardo la massima consapevolezza:

4) che i Capi di ogni religione, e le Chiese di ogni confessione, richiamino i propri credenti alla sacralità della natura e al diritto-dovere morale dei rispetto dell’ambiente naturale ed umano. ed a tal fine riaffermino nella formazione dei propri ministri il valore religioso di tali principi. In particolare è auspicabile che il Consiglio mondiale delle Chiese e la Santa Sede istituiscano a tal fine appositi organismi per l’ecologia e che vescovi, pastori e chiese locali sensibilizzino costantemente i fedeli ad essere responsabilmente partecipi ed attivi nella promozione di una diversa qualità della vita e nella protezione naturalistica e ambientale;

5) che i Parlamentari e i Governi concorrano al risanamento delle ferite già inferte al pianeta, dando ogni possibile priorità nel campo degli investimenti pubblici, e delle attività lavorative, ai programmi di difesa dei suolo, regolazione delle acque, rimboschimento, recupero alla natura di terre inaridite o degradate, disinquinamento e depurazione, ripristino di ambienti naturali e degli equilibri ecologici relativi;

6) che le organizzazioni non governative precisino e rafforzino i loro programmi relativi ai problemi di sopravvivenza umana ai fine di influenzare le decisioni politiche ed economiche in tema di rapporti ambientali.

I partecipanti al Seminario «Terra Mater» esortano infine i Governi di ogni Paese a perseguire la pace, il disarmo, la reciproca solidarietà nei rapporti internazionali, la rinuncia a forme di nazionalismo isolazionista contrastanti con tali finalità, la risoluzione degli squilibri tra, Nord e Sud, dei pianeta. L’attuazione di questi fini deve concretamente attivarsi tramite una riduzione delle spese militari.

La qualità della vita, della società e dell’ambiente, sono pertanto affidate alla responsabilità, tradotta in azioni immediate e concrete, di ogni uomo, di ogni donna, e di ogni comunità, per una prospettiva non di catastrofe, ma di speranza per il domani.

ORDINI FRANCESCANI, Segretario Generale Famiglie Francescane P. Ernesto CAROLI

ASSOCIAZIONE NAZIONALE ITALIA NOSTRA, Presidente Giorgio LUCIANI

ASSOCIAZIONE ITALIANA PER IL WORLD WILDLIFE FUND, Presidente Fulco PRATESI

ENTE NAZIONALE PROTEZIONE ANIMALI, Presidente Giancarlo ROMBALDI

LEGA ITALIANA DIRITTI ANIMALI, Presidente Laura GIRARDELLO

P. Gabriele ANDREOZZI, T.O.R.. storico

Sartaj AZIZ, ex Presidente S.I.D.

Giorgio BASSANI, Presidente Onorario, «ltalia Nostra,

Gianfranco BOLOGNA, Coordinatore Nazionale settore conservazione W.W.F

P. Mario DE MARZI, O.F.M. Cap., dottore in teologia, scrittore

P. Eric DOYLE, O.F.M., docente di teologia

Cosimo Damiano FONSECA, Rettore Università di Potenza. cons. nazionale ,Italia Nostra

Fabrizio GIOVENALE. architetto urbanistica, vice-Presidente nazionale, Italia Nostra

Edward GOLDSMITH, direttore del «The Ecologist

Mario GRASSO.  Ordinario Istituto Biologia Animale Università di Lecce

P. Corpus IZQUIERDO, rappresentante dei Terzo Ordine Regolare

Serena MADONNA, professoressa.  Segretario generale Nostra.,

P. Marco MALAGOLA,  O.F.M. Segretario Giustizia e Pace

Emanuele MARZOCCA, professore responsabile Dip., Studi e Ricerche

Planning Environmental Institute

Eleonora MASINI, Presidente World Future Study Federation

Armando MONTANARI. architetto. segretario scientifico I.S.S.C.-Vienne Centre; consulente «Italia Nostra

Antonio MORONI, Presidente Società Italiana di Ecologia; Direttore Istituto Ecologia Università di Parma

Giorgio NEBBIA, consigliere nazionale di «Italia Nostra

Franco PEDROTTI.  Direttore Istituto Botanica Università di Camerino

P. Semardo PRZWOZNY, O.F.M. Conv.. docente di teologia:

Carío SAVINI, professore, Presidente Planning Environmental and Ecological lnstitute for the Quality of Life

Antonio THIERY, professore, storico, operatore culturale RAI-D.S.E.

Per Von HOLSTEIN, consigliere diplomatico Eurogroup per la protezione animale.