Presentazione del fondo Giovanni Francia (1911-1980)

Premessa

Il fondo di Giovanni Francia è stato ritrovato dallo scrivente nel 2004, nell’ambito del programma del Gruppo per la storia dell’energia solare (GSES), mirato a riscoprire e valorizzare le figure dei pionieri italiani dell’energia solare del novecento.

Tra il 2005 e il 2006 il fondo è stato acquisito per donazione da parte degli eredi per il costituendo “Archivio nazionale sulla storia dell’energia solare”, il cui primo e principale nucleo ha cominciato a essere creato presso la Fondazione Luigi Micheletti e il Museo dell’Industria e del Lavoro “Eugenio Battisti” di Brescia già dagli inizi degli anni 2000 con la donazione di vari fondi, tra cui il fondo di Giorgio e Gabriella Nebbia.

La creazione dell’Archivio nazionale sulla storia dell’energia solare è sostenuto anche dal Comitato Nazionale “La Storia dell’Energia Solare” (CONASES), istituito dal Ministero per i beni e le attività culturali nel 2006 su proposta del GSES.

Questa mia presentazione del fondo Francia avviene dopo il completamento, nel 2007, della sua catalogazione da parte della Fondazione Luigi Micheletti e del Museo dell’Industria e del Lavoro “Eugenio Battisti”. Pertanto dopo che ho potuto effettuare un esame dei suoi contenuti solo molto sommario.

Giovanni Francia (1911-1980)

Giovanni Francia, primo di quattro figli, nasce a Torino il 15 luglio 1911 da una madre colta e dall’animo aristocratico. Il padre farmacista ha la passione per le invenzioni. Nel 1904 crea il “Gastrol Francia”, un prodotto farmaceutico naturale, che tuttavia non commercializza. Si tratta di un’esperienza che Francia ricorderà quando si impegna nel brevettare le sue invenzioni.

L’acquisto da parte del padre di una farmacia a S. Germano Chisone portò il giovane Francia a vivere in questo centro non lontano da Torino e a frequentare le scuole a Pinerolo, dove si recava in bicicletta.

Il pioniere dell’energia solare pare che non avesse una grande attitudine allo studio. Alla quarta ginnasio riportò 5 in tutte le materie, ad eccezione di matematica 6/6, condotta 10/10 e religione 7/10. Fu bocciato. A 18 anni Francia perde il padre. Con due sorelle e un fratello più piccoli è investito di alcune responsabilità di famiglia. Allo stesso tempo viene colpito dalla turbecolosi. La malattia lo costringe per quattro anni in un sanatorio di montagna. Deve rinunciare al suo desiderio di fare gli studi universitari di ingegneria e ripiegare su quelli di matematica. Studia da autodidatta. Nonostante la lontananza dall’Università supera con ottimi voti tutti gli esami ad eccezione dell’ultimo di matematica generale.  Si interessa di astronomia e studia le orbite delle stelle doppie. In montagna impara a fare il rocciatore.   Si laurea in matematica con voti 90/100 nel 1935.

Dal 1935 al 1938 insegna presso il Politecnico di Torino in qualità di assistente straordinario con incarico provvisorio alla cattedra di “Analisi matematica e geometrie”. Dal 1938 inizia ad insegnare all’Università di Genova, città dove trasferisce da Torino la propria residenza nel 1941 al fine di poter continuare ad insegnare in quella Università.

Abita a Nervi, a circa 15 km dal centro di Genova, presso la Pensione Letizia. È in questa pensione che Francia conosce Anna Colli che sposerà nel  1944. Quello tra Anna Colli e Giovanni Francia è un incontro unico, che dà vita a un forte sodalizio nella vita e nelle professioni. Colli si occupa di editoria scientifica (Edizioni Scientifiche Genova) e pubblica testi universitari, alcuni di geometria e matematica scritti dallo stesso Francia e da altri docenti. 

Francia unisce all’attività professionale quella accademica. All’Università di Genova insegna in più facoltà (Scienze, Matematica, Architettura, Ingegneria) e più materie (geometria analitica e proiettiva, geometria descrittiva, disegno di macchine e progetti, meccanica applicata). Si mette in luce per la sua notevole dimistichezza con le matematiche superiori, impiegate come mezzo di indagine unitamente alla sperimentazione su modelli e dal vero.

Da notare che non svolge mai un’attività accademica diretta in alcuni dei campi dei quali si occupa da consulente e nei quali ottiene risultati di grande rilievo, a volte anche dal punto di vista economico, tra cui in quelli automobilistico, aeronautico, spaziale, tessile, elettromeccanico e solare,  a conferma della sua versatilità e della sua padronanza delle materie tecnico scientifiche.

Dalla consultazione del fondo emerge un metodo di lavoro “Francia” che, partendo dall’osservazione di un problema o di un fenomeno, ne intuisce i principali aspetti fisici e le possibili implicazioni pratiche. Procede quindi alla spiegazione teorica, quindi alla sperimentazione e infine all’applicazione pratica con una particolare attenzione alla integrabilità della soluzione proposta nella realtà esistente, alla sua semplicità e ai bassi costi.

Quando Francia veniva a conoscenza di un problema, piuttosto che studiare come lo avevano risolto gli altri, si applicava per capire come avrebbe potuto risolverlo lui, sfruttando le sue grandi capacità di sintesi e la sua padronanza delle materie tecnico scientifiche, dalla fisica, alla matematica, alla geometria, e cogliendo con la sua genialità la soluzione più semplice, ricorrendo quindi alla sperimentazione, spesso utilizzando i mezzi, i luoghi e i contatti al momento disponibili.

Per il suo primo brevetto del 1955 sul perfezionamento dei blocchi di una diga a gravità fece le prove su un modellino nel giardino della sua casa di Nervi.

Per le prove sul suo primo assorbitore solare le svolse in alta montagna nel Sestriere e a Cesana Torinese, potendo contare sulla collaborazione di Lillo Colli, proprietario del Rifugio Gran Pace sui Monti della Luna, che Francia e Anna Colli avevano conosciuto nel 1948 durante una vacanza in montagna e con il quale nacque una duratura amicizia e collaborazione. 

La stazione di S. Ilario dove sperimenterà i suoi sistemi solari a concentrazione per oltre un decennio era non lontano da dove abitava e la utilizzerà fino a poco prima della morte nell’ambito della sua collaborazione  con la società Ansaldo, iniziata nel 1973.

È con questo approccio pratico e essenziale, che Francia tra il 1955 e il 1980 sviluppa e registra in Italia e in altri paesi 21 brevetti,  di cui alcuni di grande rilevanza tecnico scientifica, industriale nonché economica. 

Di questi 21 brevetti 10 riguardano il settore dell’energia solare, quello che Francia priviligerà durante tutta la sua vita. 

L’interesse principe di Francia per l’energia solare è testimoniata da tutte le persone che lo conobbero e con le quali ho avuto occasione di parlare. La si può cogliere chiaramente in una lettera inviatagli da un promotore industriale del 1966, il quale quasi lo rimprovera aspramente per il fatto che tralasci lo sfruttamento economico di tante sue importanti invenzioni per interessarsi solo di energia solare “dormono così lo studio completo del desalinizzatore, il brevetto dello stabilizzatore di frenata, quello del servofreno meccanico e altri mentre lei è tutto preso nella realizzazione del motore solare”.

Un impegno che lo vedrà tra i maggiori protagonisti dell’energia solare del novecento a livello mondiale, fino alla sua morte avvenuta il 25 aprile 1980.

Nel darne l’annuncio il 26 aprile il Secolo XIX titolava “È morto Giovanni Francia padre delle centrali solari – In un armadio tutti i suoi segreti”. I contenuti di quell’armadio (certamente parte di essi) costituiscono il fondo Francia che sto qui presentando.

La storia del fondo di Giovanni Francia

Ho rintracciato il Fondo “Giovanni Francia” nel febbraio 2005, nel corso dei miei studi e ricerche su questo grande pioniere italiano dell’energia solare.

Avevo iniziato questi studi praticamente nel luglio del 1999, a seguito di un incontro tenuto a Genova su proposta di David Mills. Dagli inizi degli anni novanta Mills stava sviluppando presso l’Università di Sydney (Australia) degli impianti solari a concentrazione basati su principi analoghi a quelli che Francia, primo al mondo, aveva adottato per i suoi impianti solari sperimentali a concentrazione lineare e puntuale fresnel, costruiti agli inizi degli anni sessanta del novecento a Marsiglia (Francia) e presso la stazione solare di S.Ilario vicino a Genova.

Approfittando che Mills ed io ci saremmo trovati allo stesso tempo in Italia, l’incontro fu programmato presso il Dipartimento di Meccanica della facoltà di ingegneria dell’Università di Genova, presso il quale Francia aveva lavorato fino alla sua morte. L’incontro fu organizzato con la collaborazione del Prof. Aleramo Lucifredi dello stesso Dipartimento e vi parteciparono, oltre a Lucifredi, Mills e lo scrivente tre ex collaboratori di Francia, Gino Beer, Aventino Barutti, Romano Floris, e un collaboratore di Mills, Philipp Schramek.

Questo incontro mise in luce come il lavoro di Francia fosse stato completamente dimenticato e come esso fosse sconosciuto nella sua interezza anche a coloro che in periodi di tempo diversi avevano avuto occasione di collaborare con lui.

Personalmente mi indusse a una maggiore determinazione nel rintracciare altre notizie su Giovanni Francia e sul suo lavoro.

Non è stato né facile né breve. In primo luogo non mi fu possibile accedere ai documenti di Francia conservati presso l’Università di Genova e presso la Stazione solare di S. Ilario, luogo assurto a notorietà internazionale agli inizi degli anni sessanta per le sperimentazioni ivi condotte da Francia. 

Fu in occasione del Festival della Scienza di Genova del 2004 che avvenne la svolta, casualmente. Durante il Festival conobbi  la Prof. Orietta Pedemonte, la quale era stata assistente di Francia per l’insegnamento di analisi matematica nei primi anni settanta e collega del figlio Paolo, anche lui matematico, scomparso all’improvviso nell’anno 2000.

Quando le riferii delle mie ricerche e sulle difficoltà incontrate nel rintracciare maggiori notizie su Francia, mi diede tutta la sua disponibilità per contattarne gli eredi, che, fino a quel momento, mi erano stati dati sempre per irraggiungibili.

Le buone notizie arrivarono circa un mese e mezzo dopo. Il 15 dicembre 2004 potei conoscere per telefono Anna Colli, moglie di Francia, e la moglie del figlio Paolo. La nuora di Francia mi spiegò che la documentazione conservata da Francia presso il suo studio laboratorio in via Casaregis restò nelle mani del figlio Paolo e che al momento era conservata (almeno una parte di essa) nel soppalco della sua abitazione, né catalogata né studiata. Mi invitò quindi a farle visita a Genova per un primo esame della stessa. 

La visita la effettuai nel febbraio 2005. Fu l’inizio di un cordiale rapporto con gli eredi di Francia che avrebbe condotto, d’accordo con Pier Paolo Poggio, Direttore della Fondazione Luigi Micheletti, alla donazione e al trasferimento della documentazione di Francia a Brescia. Il materiale fu consegnato in tre riprese: l’11 luglio 2005, il 6 dicembre 2005 e l’11 luglio 2006.

Caratteristiche del fondo Giovanni Francia (primi tre paragrafi da documento della Fondazione Luigi Micheletti)

La prima consegna del fondo Francia dell’11 luglio 2005 occupa complessivamente a scaffale metri lineari 4,60. Le pubblicazionii a stampa (libri, testi specialistici sul solare e sulle fonti di energia, riviste specializzate, Comples e varie internazionali) occupano 190 cm equivalenti a circa 60 libri, 15 testate per 60 numeri circa. Le carte d’archivio attualmente raccolte in 8 faldoni e 8 scatole sono equivalenti a circa 22 buste; i documenti d’archivio, da ordinare, contengono: carteggi e corrispondenza di lavoro personale; brevetti; pubblicazioni di lavori; rassegna stampa e ritagli di articoli; lettere e documenti; congressi, conferenze e seminari; progetti; consulenze, ecc.

La seconda consegna del 6 dicembre 2005 comprende 3 scatole contenenti vari materiali d’archivio dalla fine degli anni Cinquanta alla metà  degli anni Sessanta per 6/7 faldoni circa: in particolare disegni tecnici e studi riguardanti cinematismi, riscaldatori d’acqua, desalinatori, distillatori, freni e apparecchi di controllo.

La terza consegna dell’11 luglio 2006 comprende sia documentazione d’archivio che reperti museali. Per l’Archivio una ventina di rotoli con disegni tecnici originali su lucidi e copie eliografiche; per il Museo dell’Industria e del Lavoro 8 componenti riconducibili a cinematismi per specchi ad inseguimento del sole; 2 pezzi di prototipo di caldaia solare(?); un contenitore cilindrico realizzato artigianalmente con strati di materiali e struttura interna a nido d’ape (cm 30 x ?32); un corpo rettangoloide con due specchi e disegni su lucido ad esso associabili dal titolo “Paralipomeni” (cm 60 x 30 x 18); un involucro esterno a forma di razzo (cm 127 x ?9) con due eiettori; una scatola contenente piccoli motori, eliche e vari pezzi di aereomodellistica.

Questi materiali ordinati dalla Fondazione Luigi Micheletti nel corso del 2007, sono catalogati in un volume di 216 pagine, disponibile anche in formato digitale.

Il materiale donato dagli eredi di Francia ha un rilevante valore storico per il settore dell’energia solare non solo a livello italiano.

Molte delle analisi teoriche e delle soluzioni tecniche di Francia sono tutt’oggi attuali e stanno dimostrando di avere un potenziale applicativo di grande portata, come lo stesso Francia aveva intuito.

A titolo esemplificativo si fa notare che è del 2007 la notizia della costruzione di grandi centrali solari termoelettriche a concentrazione lineare fresnel negli Stati Uniti e in Europa. Al mondo, il primo prototipo in scala reale di questo tipo di impianti fu progettato e costruito da Giovanni Francia a Marsiglia tra il 1961 e il 1964 con la collaborazione di Marcel Perrot.

Nel fondo di Francia sono conservati anche altri numerosi studi che offrono di Francia l’immagine dello studioso notoriamente attento e rivoluzionario nel trattare argomenti di natura complessa e generale, come nel “Progetto di città solare-Ipotesi di struttura urbana” del 1970 e nello  studio su “Il sole e limiti dell’energia sulla terra” del 1974.

Il fondo contiene inoltre una varia documentazione fotografica di esperimenti e prototipi nonché alcuni documenti personali che aiutano a conoscere meglio la personalità di Giovanni Francia.

La maggior parte dei documenti sono in lingua italiana. Numerosa la corrispondenza e i documenti anche in lingua francese, relativi soprattutto ai rapporti di Francia con Marcel Perrot del Gruppo di ricerca sull’energia solare della facoltà di scienze dell’università di Marsiglia e con la COMPLES (La Coopération Méditerranéenne pour l’Energie Solaire). 

Nei paragrafi che seguono cercherò di illustrare i contenuti del fondo Giovanni Francia illustrando brevemente studi, invenzioni, esperimenti e prototipi, da lui realizzati a cominciare dalle prime sperimentazioni nel giardino della sua casa di Nervi in Via S.Ilario 17, agli inizi degli anni cinquanta, fino alla realizzazione delle centrali solari ad alta temperatura alla fine degli anni settanta.

Francia, passo dopo passo, nell’arco di venti anni, con mezzi a volte anche artigianali ma efficaci, a volte impegnando persino risorse finanziarie sue e di sua moglie Anna Colli, arrivò a spiegare come si potesse e perché il mondo dovesse utilizzare solo l’energia solare. 

Studi, invenzioni, esperimenti e prototipi di Giovanni Francia

La vita e il lavoro di Giovanni Francia ebbero luogo nel Nord Ovest dell’Italia alla latitudine di 44°, tra Torino, capitale dell’industria automobilistica italiana, S. Germano Chisone, Nervi, S.Ilario, il Sestriere e Cesana Torinese, Genova, quest’ultima a quel tempo sede di un importante polo industriale siderurgico, elettromeccanico e nuclere.

Di seguito passo in rassegna in ordine cronologico (le date fanno riferimento a una pubblicazione o alla registrazione di un brevetto e non al momento nel quale Francia ha cominciato a interessarsi all’argomento), partendo dal 1955, solo alcune delle molteplici attività documentate nel fondo Francia e relative a studi, invenzioni, esperimenti e prototipi realizzati tra il 1955 e il 1980.  

Stabilizzazione di un veicolo durante la frenatura (1955)

Intorno al 1955 Francia rivoluziona la tenuta degli autoveicoli durante la frenata con un’invenzione di natura universale che interessò case automobilistiche quali la FIAT e la Dunlop, con risultati lusinghieri per Francia anche dal punto di vista economico.

Non è esagerato affermare che se oggi viaggiamo sicuri in automobile con l’ABS, lo dobbiamo anche al determinante contributo che diede Francia con i suoi brevetti.  

Come in altri settori, anche in questo campo Francia ha avuto il merito di ripensare dalla base tutto il problema della frenata ed impostandola con assoluto rigore, di elaborare una teoria completa che tiene conto di tutte le forze che la strada trasmette attraverso le singole ruote della macchina.

Ha inventato così un sistema pratico capace ad ogni istante di controllare l’equilibrio dinamico della macchina cioè tale da fare variare le forze frenanti su tutte le ruote e tenere sotto controllo in qualunque condizione l’aderenza della macchina alla strada. Il brevetto relativo a questo sistema fu registrato da Francia in Italia nel 1955 e negli anni successivi esteso in Francia, Gran Bretagna, USA e Germania. Francia studiò l’applicazione del suo sistema frenante anche agli aerei, in particolare a quelli militari, per ridurre la lunghezza della pista di atterraggio.

Sviluppò anche una teoria sulla distribuzione della temperatura nei freni e sulle conseguenti implicazioni per la loro progettazione. I risultati di questo studio gli consentirono di avviare una stretta collaborazione  con la nota casa automobilistica Ferrari, che lo porterà ad avere anche stretti rapporti con Enzo Ferrari, documentati nel fondo. 

Molti che conobbero Francia ricordano la sua guida sportiva e, a volte, forse anche troppo disinvolta, alla guida della Ferrari.

Celle a nido d’ape o antirraggianti e motore solare (1960)

L’interesse per l’energia solare di Francia pare che abbia cominciato a manifestarsi alla fine degli anni cinquanta dopo un viaggio di lavoro sui sistemi di frenatura negli Stati Uniti.

Francia partì dall’idea che il calore solare, abbondante ma a bassa densità e a bassa temperatura, deve essere raccolto in modo da ottenere le temperature in uso nell’industria, quindi a temperature elevate, utili per azionare le grandi e moderne turbine delle centrali elettriche. Sosteneva quindi che l’energia solare sarebbe stata competitiva solo quando la caldaia solare avrebbe potuto fornire vapore a pressioni superiori a 150 atmosfere e temperature superiori a 500 °C.

Fu questo il campo di ricerca nel settore dell’energia solare nel quale Francia si impegnò per tutta la vita, ma non il solo, come vedremo in seguito.

Al fine di innalzare la temperatura di raccolta dell’energia solare fa un primo passo inventando la struttura a nido d’ape, un insieme formato da un gran numero di tubicini paralleli, lunghi e sottili di un materiale tipo vetro, quarzo, materie plastiche, che, trasparente alla radiazione solare e opaco per i raggi termici emessi dalla superficie calda, riduce le perdite del collettore per reirraggiamento e per convezione.

Nei 1960 costruisce il primo assorbitore solare con nido d’ape con il solo scopo di fare la verifica sperimentale della teoria che andava sviluppando. In questo caso, il nido d’ape era formato da tubicini esagonali di 8 mm di diametro e 160 mm di lunghezza. In questo dispositivo furono raggiunte temperature di 230-240 °C contro i 500 °C previsti sul piano teorico. 

Tra il 1960 e il 1961 realizza a Cesana Torinese la prima stazione di prova dove sperimenta la prima caldaia accoppiata con un concentratore protetta da una struttura a nido d’ape di 2000 sottili tubicini di vetro. Raggiunge la temperatura di 600 °C.

La struttura, la teoria e i risultati sperimentali sul nido d’ape li traduce nel suo primo brevetto solare e li presenta alla “United Nations Conference on New Energy Sources (solar, wind, geothermal)”, tenuta a Roma nell’agosto 1961 presso la sede centrale della “U.N. Food and Agriculture Organization (FAO)”.

Questa presentazione fa conoscere Francia a livello internazionale e fa crescere l’interesse per lo studio delle strutture a nido d’ape, ancora oggi oggetto di tante ricerche dalle prospettive di applicazione di larga portata, come per esempio quelle dei materiali isolanti trasparenti, studiati in particolare in Germania, soprattutto a partire dagli inizi degli anni ottanta.

Prima di Francia studi che possono essere considerati in qualche modo precursori dell’invenzione delle strutture a nido d’ape erano stati condotti nel 1929 da Veinberg in Russia e, circa nello stesso periodo, in Germania e negli Stati Uniti.  

Concentratori lineari e puntuali fresnel (1960)

Francia fu il primo al mondo a sperimentare e costruire dei prototipi di concentratori fresnel (vale a dire dei concentratori la cui superficie ottica che riflette la radiazione solare è divisa in tanti segmenti), lineare a Marsiglia nel 1964 e puntuale a S. Ilario nel 1965. 

Per aumentare la temperatura di raccolta dell’energia solare Francia utilizzò nei due impianti due tecniche: quella nota della concentrazione della radiazione solare con specchi e quella delle celle a nido d’ape da lui inventata. Quest’ultima presenterà vari limiti dovuti alla resistenza termica e alla stabilità dei materiali utilizzati per le celle, un problema esistente tutt’oggi.

Il primo impianto ad essere costruito tra il 1961 e il1964 fu il Concentratore lineare fresnel con il sostegno del CNRS e della NATO a Marsiglia (38 kg/h di vapore a 100 atm e 450 C)°.

Seguì poi nel 1965 la costruzione di un concentratore puntuale o a torre fresnel, realizzato con il sostegno del CNR e della NATO (21 kg/h di vapore a 150 atm e 500 °C) presso la Stazione solare di S. Ilario.

La competività economica di un impianto è per Francia un fattore chiave nella progettazione.  Per questo impianto costruito a S. Ilario adottò nella progettazione un processo inverso a quello tradizionale. Si chiese quanto dovesse costare l’impianto per essere competitivo e cosa offrisse l’industria per quei costi per realizzare un campo specchi, la parte più costosa. Trovò la brillante e geniale soluzione di un unico cinematismo per un’intera fila di specchi, quindi fabbricabile in serie, che, con un unico movimento, orienta ogni specchio, appositamente predisposto, sulla caldaia.

Alla prima centrale di S.Ilario del 1965 (121 eliostati, 30 m2)  ne seguiranno altre tre rispettivamente negli anni 1966 (121 eliostati, 52 m2), 1967 (271 eliostati, 265 m2) e 1972 (217 eliostati, 135 m2), nelle quali Francia sperimentò di volta in volta i vari componenti della caldaia e del campo specchi.

Nel 1973, a seguito del primo shock petrolifero, il lavoro di Francia viene notato dalla grande industria che chiede la sua consulenza per la costruzione di impianti  dimostrativi di taglia industriale negli Stati Uniti (400 kWth, Georgia Technology Institute, Solar Thermal Facility) e in Italia (1 MWe  Eurelios entrato in esercizio in Adrano, a 40 km da Catania nell’aprile del 1981).

Nell’ultima parte della sua vita Francia sarà impegnato a S.Ilario nello sviluppo della caldaia solare a gas ad alta temperatura come vedremo in seguito.

Il lavoro svolto da Francia a S. Ilario restò ancora oggetto di qualche interesse dell’industria anche dopo la sua morte. Per esempio l’Ansaldo e l’ENEA presso il centro della Casaccia costruirono nel 1982 un impianto a torre di 800 kW, che tuttavia non fu mai praticamente utilizzato e fu smantellato qualche anno dopo.

La conclusione delle prove di Eurelios nel 1984 fecero infine cadere il silenzio sullo straordinario lavoro di Giovanni Francia, almeno in Italia. 

In altri paesi, infatti, le attività di ricerca sono proseguite e nel mondo sono in esercizio o in costruzione oggi vari impianti a concentrazione solare a torre ed è del 2007 la notizia della costruzione di grandi centrali solari a concentrazione lineare fresnel. 

L’eredità di Giovanni Francia nel campo degli impianti solari a concentrazione, quindi, anche se dimenticata in Italia, sembra viva e riemergere con forza a ormai più di quaranta anni dalle sue pionieristiche imprese condotte a Marsiglia e a S. Ilario.

Progetto di città solare – Ipotesi per una nuova struttura urbana (1970)

Alla fine degli anni sessanta Francia non si lascia sfuggire l’occasione di progettare una città solare a seguito del fortunato incontro con due giovani architetti, Karim Amirfeiz e Bruna Moresco. 

Francia sa cogliere l’entusiasmo e i suggerimenti dei due architetti, che, insieme ad altri collaboratori, tra cui R. Morozzo, P. Bertalotti, M. Lusetti e C. Pagano, guidò nella elaborazione del  “Progetto di città solare – Ipotesi di struttura urbana”. 

Il gruppo di progettazione coordinato da Francia inventa un complesso urbanistico del tutto nuovo per una popolazione di circa 100.000 abitanti, strettamente collegato allo sfruttamento dell’energia solare, e tale da costituire un nucleo ripetibile, indipendente ed autonomo dal punto di vista energetico.

Furono realizzati  disegni, calcoli, studi particolareggiati, plastici ed esperienze varie (I plastici pare siano ancora conservati presso l’Università di Genova). Alla base di questo progetto, vi era la convinzione di Francia e dei suoi collaboratori che fosse possibile realizzare un’ “unità urbana in cui i servizi essenziali – illuminazione, riscaldamento, elettricità – fossero assicurati in maniera autonoma dall’energia solare”.

L’illuminazione diurna, secondo questo lungimirante progetto, sarebbe stata fornita tutta dalla radiazione solare, attraverso 100.000 metri quadrati di aperture capaci di far penetrare la “luce guidata” del sole all’interno degli spazi di vita e di lavoro.

Per il riscaldamento invernale sarebbe stato utilizzato l’eccesso dell’energia solare estiva immagazzinata nel terreno sottostante la città. Si ipotizzava che la piccola quantità di energia elettrica richiesta dal nucleo urbano per i soli fabbisogni domestici potesse essere fornita da centrali termoelettriche solari, come quelle progettate e sperimentate da Francia a S. Ilario. 

Il sole e limiti dell’energia sulla terra (1974)

Nel 1974 Francia condusse uno dettagliata analisi fisico matematica sull’equilibrio termico della terra, del quale pubblicò una breve sintesi in francese.  Lo studio completo in italiano, con tutta l’analisi fisico matematica, ritengo invece che non sia mai stato pubblicato.

Nel suo studio Francia concentra l’attenzione sulla temperatura della superficie della terra che è la temperatura di equilibrio tra l’energia irraggiata dalla terra verso lo spazio e l’energia ricevuta dal sole.

Sulla superficie della terra arrivano le energie solari (circa 65.000×10 tep/anno, con delle fluttuazioni della potenza solare che provocano delle variazioni sulla terra di 2,9×10 tep/anno ogni undici anni ), delle maree (2×10 tep/anno), geotermica (24×10 tep/anno) e, infine, l’energia prodotta dall’uomo con l’uso delle fonti fossili e fissili, stimata nel 1974 in 8×109 tep/anno.

Quest’ultima energia si è aggiunta nell’ultimo secolo.  Poiché la quantità di energia termica solare che arriva sulla terra è alcune migliaia di volte la somma delle energie non solari, a prima vista, secondo Francia, la modesta quantità di energia termica prodotta  artificialmente dall’uomo potrebbe condurre alla conclusione che essa non ha nessun effetto sull’equilibrio termico della terra.

Al contrario, Francia dimostra, con una serie di ragionamenti relativi al modo in cui le varie superficie acqua, neve e terreno assorbono e riflettono la radiazione solare, nei vari periodi dell’anno, estivi e invernali, che non è così. Anzi, questa modesta quantità di energia termica prodotta artificialmente dall’uomo, se dovesse, nell’ordine di un secolo, raggiungere valori cinquanta, cento volte superiori a quelli del 1974, potrebbe produrre  secondo Francia fenomeni di instabilità termica della terra con la nascita di una catena di eventi a retroazione positiva che potrebbero portare il nostro pianeta ad un equilibrio molto lontano da quello di partenza, con velocità assai grandi rispetto alle capacità di adattamento degli esseri viventi.

Pertanto Francia conclude sull’urgenza di ricorrere all’energia solare, l’unica che non comporta inquinamento termico della terra.

Caldaie solari a gas per temperature fino a 800-1000 °C (1977)

Alla fine degli anni settanta Francia, al fine di ampliare le possibilità di applicazione degli impianti solari a concentrazione, progettò la prima caldaia solare a gas, utilizzando come fluido di lavoro aria.

Questo tipo di caldaia, non avendo bisogno di essere raffreddata con acqua, avrebbe consentito di installare gli impianti solari a concentrazione nelle zone dove l’insolazione è massima, ma che sono anche quelle desertiche, quindi con poca disponibilità di acqua. Avrebbe inoltre consentito di avere tante piccole unità di produzione elettrica distribuite, connesse ad un’unica rete.

La prima caldaia solare a gas progettata da Francia, della potenza di 50 kW, fu installata nell’agosto 1979 nella stazione di S. Ilario e sottoposta a 190 ore di prove.  L’8 settembre 1979 raggiunse la temperatura di 670 °C con una intensità della radiazione solare di 650 W/m2. Nelle prove successive furono raggiunti gli 880 °C.

Nel rapporto di lavoro del gennaio 1980, pochi mesi prima di morire, l’infaticabile pioniere Giovanni Francia, lamentava come non avendo ricevuti gli attesi finanziamenti dal CNR il lavoro avesse dovuto essere limitato e che esso era stato possibile grazie all’abnegazione dei collaboratori e alla fiducia delle industrie e dei fornitori.

 

La stazione solare di S. Ilario (Nervi, Genova)

In questa mia sommaria illustrazione di alcuni dei contenuti del fondo Francia ritengo importante accennare alla Stazione di S. Ilario, il luogo nel quale Giovanni Francia sperimentò il primo sistema solare a concentrazione puntuale o a torre agli inizi degli anni sessanta, che a sua volta ispirò, come abbiamo visto, la realizzazione degli impianti solari a concentrazione a torre del Georgia Technology Institute da 400 kWth e di Adrano da 1 MWe.

Inoltre sono legati alle attività svolte da Francia presso la Stazione di S. Ilario vari materiali del Fondo, alcuni dei reperti museali, come specchi, cinematismi e prototipi di caldaia, e dei disegni tecnici originali degli impianti ivi costruiti e sperimentati.  

Non so quale è lo stato in cui si trova la Stazione di S. Ilario oggi. Ma posso riferire di come la vidi io nell’autunno del 2004, quando volli di persona andare a visitare questo luogo.

S.Ilario è ubicato sulla ripida e, in quel tratto, densamente popolata costa ligure, a circa 15 chilometri dal centro di Genova, ed è premiato tuttavia da un ottimo clima e dalla vista del mare.  Una volta arrivato sul posto ebbi conferma di quanto in qualche modo avevo già ipotizzato: a S.Ilario nessuno avrebbe saputo dirmi dove fosse la stazione solare, che, su un documento del 1981 dell’Ansaldo avevo letto da quell’anno dedicata a Giovanni Francia.

Dopo vari tentativi cominciai a chiedere informazioni a delle persone anziane. Fu decisivo. Ho finito per chiedere a Ludovico Marzano, che, coincidenza volle, negli anni sessanta era stato il portiere del complesso dove la stazione si trova e che, pertanto, rispose con interesse  e emozione alla mia domanda. Con poche e semplici parole mi diede il suo ricordo di Giovanni Francia: “come se fosse uno di noi, arrivava con la moto, era un entusiasta, brava persona, finché c’è stato lui tutto funzionava, con la sua morte tutto è finito”.

La stazione o meglio, quel poco che io potei vedere nel 2004, sorge su una superficie di circa 500 metri quadrati, all’interno dell’Istituto di Agraria di S. Ilario, Istituto che ha le sue origini in un’idea sempre legata all’uso dell’energia solare, ma per scopi agricoli.

Nel 1882, un ricco commerciante, Bernardo Marzano, orginario di S. Ilario, creò la Regia Scuola Pratica di Agricoltura, che nel suo progetto avrebbe dovuto introdurre le tecniche agricole necessarie a trasformare la terra ligure a orto e giardino d’inverno sfruttando l’energia solare e dando alle popolazioni locali un’altra opportunità di sviluppo economico.

All’interno di questa storica scuola di agricoltura restavano tre anni fa, a ricordare Giovanni Francia, solo alcuni specchi rotti e i cinematismi arrugginiti dell’ultimo impianto da lui progettato, sopravvissuti a un quarto di secolo di dimenticanza. 

Proprio di fronte a questi rottami, sul muro dell’Istituto vidi invece una epigrafre in ricordo della frequenza di quella scuola, tra il 1910 e il 1912, prima che emigrasse ancora adolescente negli negli Stati Uniti, dello studente Rodolfo Valentino, diventato poi un famoso divo del cinema muto.

La visita a S. Ilario mi ispirò una riflessione sulla eccezionalità data allo sviluppo dell’uso dell’energia solare da Giovanni Francia utilizzando per i suoi esperimenti un piccolo “fazzoletto” di terra.

Credo che il fondo Francia costituisca un patrimonio storico di particolare rilievo anche perché collegato alla Stazione di S.Ilario e alle straordinarie pionieristiche imprese in essa condotte da Giovanni Francia. Si tratta di un luogo che meriterebbe di essere inserito tra il patrimonio culturale italiano da conservare e valorizzare. A tal fine il fondo Francia potrebbe fornire numerosi spunti.

 

Conclusioni

Dagli studi da me condotti su Giovanni Francia e del suo ritrovato fondo è emersa l’esigenza di estendere la ricerca anche in altri archivi che riguardano la sua opera e che mi risulta potrebbero essere conservati presso: università di Genova; Fondazione Ansaldo; archivio personale di Marcel Perrot con il quale Francia collaborò strettamente nella realizzazione dell’impianto a concentrazione lineare fresnel a Marsiglia; Consiglio Nazionale delle Ricerche; ENEA; archivio centrale di stato; scuola di agricoltura di S.Ilario, Archivio società Ferrari; ecc. 

Queste ricerche potranno avantaggiarsi di quanto contenuto nel fondo Francia ora conservato presso la Fondazione Luigi Micheletti e il Museo dell’Industria e del Lavoro “Eugenio Battisti” di Brescia.

Infine, desidero sottolineare che attraverso la pubblicizzazione della storia di Francia nell’ambito dei programmi del GSES in occasione del Congresso mondiale dell’energia solare tenuto nel 2005 in Florida, il suo pionieristico lavoro è ora ampiamente ricordato sul sito web della società Ausra, che, fondata da David Mills in Australia nel 2006, ha spostato nel 2007 la sua sede negli Stati Uniti, dove sta avviando, per la prima volta al mondo, la costruzione di grandi centrali solari a concentrazione lineare fresnel per la produzione di energia elettrica.

Ringraziamenti

Per scrivere questa presentazione, oltre la consultazione del fondo Francia, mi sono state utili testimonianze e contatti con molte persone. Desidero in particolare ringraziare Amirfeiz Karim; Barutti  Aventino;  Beer Gino;  Clavarino Giovanbattista;  Aleramo Lucifredi; Facchini Ugo; Nebbia Giorgio;  Moresco Bruna; Morozzo  Donatella; Poggio Pier Paolo; Sacco Gianpaolo; Vittorio Storelli. Un particolare ringraziamento a Pedemonte Orietta. Infine il mio ringraziamento sentito a Anna Colli, a sua nuora Andreina De Mattia e ai nipoti Lucia, Pietro e Laura per le utili informazioni fornitemi.

Roma, dicembre 2007