Quale coinvolgimento degli scienziati con la società?
In memoria di Andrés Carrasco (1946-2014), presidente onorario permanente della Unión de Científicos Comprome-tidos con la Sociedad y la Naturaleza de América Latina
Quale posto per i cittadini nel dibattito scientifico?
In uno scritto recente, prendendo spunto dall’attivismo comunicativo della scienziata e senatrice Elena Cattaneo, ho stigmatizzato un certo modo abbastanza diffuso di “comunicare la scienza” che riassumo nella formula: “io scienziato/a ti dico, tu cittadino/a ascolta e evolviti”. ((Augias e Cattaneo: Quante storie …… al vento. www.kanankil.it)) Nello scritto accennavo alla riflessione, che è iniziata anche nel mondo della scienza, sulla necessità di una nuo-va relazione fra scienza e pensiero comune, e citavo la corrente di pensiero definita come “scienza post-normale”, intesa come nuovo modello di scienza da affiancare alla “scienza normale” in casi di particolare criticità.
Secondo i suoi promotori, in contesti particolari, quando l’incertezza elevata dei dati si accom-pagna a effetti largamente indeterminati conseguenti alle scelte da compiere, è necessario allargare il campo dei soggetti coinvolti nelle decisioni, comprendendovi i cittadini. C’è chi va oltre, augurando una complementarietà fra sapere scientifico e sapere ‘popolare’, ma non è questa la sede per allarga-re il discorso.((Solo una piccola nota: la caccia accanita delle grandi industrie farmaceutiche ai saperi medici dei popoli indigeni… Per espropriarli, naturalmente.
A parte pubblicazioni specialistiche, che non conosco, i grandi giornali hanno relegato l’argo-mento nelle pagine dedicate all’informazione scientifica ma l’argomento, nonostante la sua estrema delicatezza non mi risulta che ad oggi abbia suscitato alcun dibattito pubblico.- A parte pubblicazioni specialistiche, che non conosco, i grandi giornali hanno relegato l’argo-mento nelle pagine dedicate all’informazione scientifica ma l’argomento, nonostante la sua estrema delicatezza non mi risulta che ad oggi abbia suscitato alcun dibattito pubblico.)) Voglio invece affrontare un caso attuale di estrema criticità che mi sembra corri-spondere perfettamente alle preoccupazioni della scienza post-normale e che in Italia non mi sembra ancora essere oggetto di un dibattito allargato, come invece è ormai in atto per gli OGM.
Si tratta della nuova biotecnologia detta del gene drive (“condurre” un gene attraverso le succes-sive trasmissioni ereditarie) o anche CRISPR/Cas9((Clustered regularly interspaced short palindromic repeats (CRISPR, pronuncia crisper) ovvero<<brevi ripetizioni palindrome raggruppate e separate a intervalli regolari>>. Gene drive e CRISP in realtà non sono la stessa cosa ma sono fra loro legate per cui molti usano intercambiabilmente le due espressioni. La CRISPR/Cas9, o più correntemente CRISPR, è una tecnica di ‘editing genetico’ ovvero di modifica del DNA tramite un enzima detto Cas9 e un filamento di RNA-guida che tra-sporta il Cas9 in una specifica posizione del genoma, permettendo all’enzima di intercettare e ta-gliare il DNA, togliendo uno o più geni inserendo uno o più altri geni presi in altro punto della cate-na del DNA. Non si tratta quindi di introdurre geni esterni, come accade per gli OGM, ma di modi-fiche interne al DNA stesso.)), che promuove l’ereditarietà di un gene -o di un segmento di più geni- per accrescere la sua percentuale in una data “popolazione” (cioè specie animale o vegetale) che si riproduca per via sessuale e che pertanto, per inciso, non è applicabile, come gene drive, a virus e batteri ((Il gene drive pertanto non è applicabile a virus e batteri mentre è comunque possibile applicare su di loro la tecnica CRISPR.)). Ricordiamo che nella genetica mendeliana un certo gene ha il 50% circa di probabilità di essere trasmesso. Prove di laboratorio con la nuova tecnologia -che i più giudicano “rapida, economica e precisa” mentre altri la definiscono “complessa, rischiosa e aleato-ria”- hanno dimostrato che nel giro di poche generazioni una certa caratteristica, quale ad es. il colo-re degli occhi, viene trasmessa al 99% della popolazione della drosofila o di alcuni tipi di zanzare su cui è stata sperimentata (altri dicono 100%…).
Promettente e preoccupante, no? “Promettente” perché questo aggettivo è diventato ormai d’ob-bligo per ogni innovazione delle bioscienze, al fine di attirare finanziatori. Ma anche per sue innega-bili attrattive (debellare la malaria…). Preoccupante se si considerano fra le possibili conseguenze anche l’estinzione di un’intera popolazione (specie), ma non solo per questo, come dirò dopo.
Prima di proseguire però è opportuna una precisazione. Le note che seguono non hanno tanto lo scopo di descrivere i meccanismi del funzionamento di questa biotecnologia quanto di riflettere sul-le sue ricadute viste dal punto di vista di un cittadino ‘preoccupato’ di fronte a quella che è stata de – scritta <<la scoperta scientifica più promettente del secolo>>. Come scrive Eric Lander, scienziato già a capo del Progetto genoma umano, << abbiamo tra le mani una tecnologia straordinaria che potrà essere sfruttata in molti campi. Ma se qualcuno volesse compiere un passo decisivo come il riscrivere la linea germinale (dell’essere umano ma non solo, nda), dovrà avere degli ottimi motivi per farlo ed essere in grado di spiegarli. E dovrà anche avere il pieno sostegno della società; in mancanza di un ampio consenso una cosa simile non accadrà mai. Al momento la comunità scienti-fica non ha l’autorità sufficiente per rispondere a certi interrogativi. E non saprei neanche dire chi possa averla. >> <<Eh già!>> pensa il cittadino critico dubbioso, << ma intanto gli esperimenti in laboratorio vanno avanti a tutto vapore, anche su embrioni umani … >>.
Dove sta andando la biotecnoscienza? ((Termine coniato da Hilary Rose e Steven Rose (Geni, Cellule e Cervelli. Speranze e delusioni della nuova biologia, Codice ediz./Le Scienze, Torino 2012).))
Gli anni del secondo dopoguerra videro un ampio dibattito, nel mondo scientifico e anche fuori di esso, sulle responsabilità della scienza per aver “liberato” l’energia nucleare. Il dibattito col tem-po non si è estinto ma certo ha perso molto del suo pathos (cioè sofferenza, emozione, nel suo signi-ficato etimologico) mentre l’opinione pubblica oggi, ammaliata dalla scienza (ridotta a tecnoscien-za, è bene ricordarlo), sembra non sottoporre più il suo procedere a una riflessione critica. Forse un serio dibattito si riaprirà di fronte alla nuova biotecnologia del gene-drive?. Sarà questa l’occasione per riflettere su dove sta andando la biotecnoscienza nelle sue varie ramificazioni?
Descriviamo un po’ meglio il nocciolo degli effetti di questa tecnologia attraverso le parole di un suo critico, Jim Thomas, direttore dei programmi dell’ETC Group, un’organizzazione civile canade-se presente in varie aree geografiche.((Vedi www.etcgroup.org.))
<< Ciò che il gene drive fa, è semplice: esso assicura che una caratteristica genetica predeterminata verrà trasmes-sa in modo certo alla successiva generazione e a tutte quelle che seguiranno. Questo supera la normale genetica Men – deliana dove una caratteristica può venire diluita o persa nelle successive generazioni. L’effetto è che questa caratteri – stica “ingegnerizzata” ((Sinteticamente : manipolazione del gene. Più estesamente: <<Con il termine generico di inge-gneria genetica (più propriamente tecnologia del DNA ricombinante) si fa riferimento ad una branca della biologia applicata che consiste in un insieme molto eterogeneo di tecniche che permettono di isolare geni, clonarli, introdurli ed esprimerli in un ospite eterologo (differente dall’ospite originale). Queste tecniche permettono di conferire caratteristiche nuove alle cellule riceventi. Le cellule così prodotte sono chiamate ricombinanti. L’ingegneria genetica permette anche di alterare la sequenza di DNA del gene originale e di produrne uno più adatto a rispondere ad esigenze specifiche, come avviene ad esempio per quanto riguarda gli OGM.>>(Da wikipedia))) è trasmessa ad un’intera popolazione, “re-ingegnerizzando” non un singolo organismo ma determinando il cambiamento in ogni discendente -rimodellando intere specie e ecosistemi a comando. E’ il caso per-fetto di una tecnologia avente un forte effetto-leva. Archimede notoriamente disse “Datemi una leva sufficientemente lunga e un fulcro su cui imperniarla e solleverò il mondo. Gli sviluppatori del gene drive stanno dicendo effettivamente “Datemi un gene drive e un organismo su cui applicarlo e io posso spazzare via specie, modificare ecosistemi e pro-durre modificazioni su larga scala >>((Jim Thomas, Estudio de la Academia de Ciencias de Estado Unidos … Pubblicato su The Guar-dian, June 9, 2016)).
Vediamo cosa ne pensa Kevin Esvelt, uno dei primi sviluppatori di questa tecnologia. Egli si è chiesto:<< Si ha veramente il diritto di condurre un esperimento nel quale, se tu commetti un errore, questo si ripercuote sul mondo intero? >>((Antonio Regalado, Meet the Moralist Policing Gene Drives, a Technology That Messes with Evolution)). La domanda non è peregrina visto che, come si è giàdetto, il gene drive è una tecnologia che non solo può alterare permanentemente un carattere geneti-co in una popolazione, ma può, volendo, portare all’estinzione della popolazione stessa.
Per questo motivo Jim Thomas fa un’analogia con l’energia atomica: << Come con la reazione nucleare a catena, iniziare una reazione mutagenica a catena denota un enorme potere sul futuro e ha significative ramificazioni geopolitiche. ((https://www.technologyreview.com/s/601634/meet-the-moralist-policing-gene-drives-a-technology-that-mes)) In una prospettiva evolutiva un gene drive può esse-re meglio considerato come una bomba genetica: fatta cadere nel normale meccanismo dell’eredi-tarietà, essa distrugge la naturale diversità e determina l’evoluzione di una specie da quel momen-to in avanti. Può anche estinguere la stessa specie. >>
Lo “stato dell’arte”
Per sapere qualcosa sullo stato di applicazione della tecnologia ricorro ad un recente articolo ap-parso sull’edizione italiana diNational Geographic: << La tecnologia CRISPR consegna all’uomo un potere del tutto nuovo. Per la prima volta gli scienziati possono modificare, cancellare e riorga-nizzare in modo rapido e preciso il DNA di quasi tutti gli organismi diversi, inclusi gli esseri uma-ni. Negli ultimi tre anni questa tecnica ha letteralmente rivoluzionato la biologia. Lavorando con modelli animali, ricercatori in laboratori di tutto il mondo hanno già utilizzato CRISPR per correg-gere importanti difetti genetici,incluse le mutazioni responsabili della distrofia muscolare, della fi-brosi cistica e di un tipo di epatite. Di recente, alcune équipe di ricerca l’hanno sperimentata per eliminare il virus Hiv dal DNA di cellule umane. I risultati sono stati positivi solo in parte, ma mol-ti scienziati sono convinti che questa tecnologia possa contribuire alla scoperta di una cura contro l’AIDS >>.((Valentino M. Gantz, Ethan Bier, The mutagenic chain reaction: A method for converting hete-rozygous to homozygous mutations, https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4687737/Rivoluzione DNA , di Michael Specter, pubblicato sul numero di Agosto scorso dell’edizione italiana di National Geographic, pagg. 8,12))
Non possiamo chiedere a un articolo giornalistico, destinato a ‘stupire’ il lettore, di essere più chiaro circa il già e il non ancora di questa tecnologia((L’articolo, come intonazione generale, mi pare rientrare nel genere di magnificazione della scienza e non manca di alcuni punti discutibili, ad es. quando attacca gli oppositori del “riso dorato”, ignorando la discussione in corso su questo tema, o quando afferma che il CRISPR è un “processo naturale” come la selezione genetica praticata dai coltivatori da migliaia di anni, col van-taggio di essere più precisa, e ripetendo così un ritornello abusato nella polemica, che è presente fin dalla creazione degli OGM. Inoltre si sofferma molto sui vantaggi dell’estinzione di specie ‘selvag-ge’ (wild) e assai meno su altri aspetti, mentre è più sfuggente invece sulle applicazioni agli esseri umani o sul loro utilizzo a scopi militari, predisponendo il lettore a un certo favore verso questa tec – nologia. Su questo punto scrive: <<[…] James Clapper, il direttore della National Intelligence (il coordinatore di tutte le agenzie di intelligence americane) ha lanciato un allarme sulle tecnologie come CRISPR che, a suo dire, andrebbero considerate come potenziali armi di distruzione di mas-sa. Secondo molti scienziati l’affermazione sarebbe infondata, o quanto meno esagerata. I terroristi conoscono modi più facili per attaccare che creare virus letali o nuovi parassiti che distruggano i raccolti >>. L’autore sembra ignorare le armi biologiche!)). Pare comunque chiaro che essa è oggi sotto sperimentazione nei laboratori di biogenetica di molti paesi. E ciò in assenza di regolamenti nazionali e internazionali.((Un articolo pubblicato su Science nell’agosto 2014 dal titolo Regulating gene drive, informava che già allora erano state ingegnerizzate, in laboratorio, più di una dozzina di specie diverse.))Per rasserenarci apprendiamo però che << in via sperimentale CRI-SPR è stata impiegata anche per liberare i maiali dai virus che impediscono il trapianto dei loro organi negli esseri umani >>. Il nostro futuro quindi è … roseo!
Torniamo al pensiero di Kevin Esvelt: <<Questo è l’esempio perfetto di una tecnologia che deve essere guidata comunitariamente fin dall’inizio>>. E ancora: << E’ privo di senso parlare di coin-volgere il pubblico nella scienza se la scienza procede a sviluppare il prodotto e alla fine dice “Cosa ne pensate”? >>. Esvelt, che lavora al MIT Media labdi Boston, assieme a due altri ricercato-ri, uno (Kenneth Oye) in scienze politiche e l’altro (Sam Weiss Evans) in scienze sociali, hanno << lanciato un nuovo progetto definito Responsive Science (Scienza Risponsiva?((Nella lingua inglese l’aggettivo responsive significa “ciò che reagisce o risponde rapidamente e in modo appropriato ad uno stimolo”.))) col quale pro-pongono che gli scienziati in competizione fra loro rendano pubblici tutti i loro piani e proposte prima di iniziare a operare, così che questi possano essere conosciuti e dibattuti, pubblico compre-so >>.((In realtà la proposta sta muovendo solo i primi passi.))Esvelt, per la precisione, non è contrario alla tecnologia in questione ma vuole solo cheessa venga usata in condizioni di sicurezza. Anzi pensa che nella natura ci siano molti errori da cor-reggere.
Il Rapporto NAS: le luci.
La consapevolezza dei rischi che questa tecnologia comporta e della conseguente necessità di re-golamentarla urgentemente ha spinto la NAS, National Academies of Sciencies. Engineering and Medicine degli Stati Uniti, dopo ampie consultazioni e incontri di gruppi di scienziati a livello inter-nazionale, a stendere un rapporto di 216 pagine che è stato reso pubblico nel giugno scorso. Nel do-cumento, prendendo atto della criticità della tecnologia e i molti interrogativi non ancora risolti, si raccomanda << una maggiore ricerca sulle implicazioni ecologiche e le dinamiche delle popolazio-ni, una più rigorosa investigazione ecologica, un nuovo genere di regolamentazione e un maggiore coordinamento fra le agenzie di finanziamento per assicurare le ricerche necessarie a colmare i vuoti nella conoscenza >>.((Elizabeth Pennisi, U.S. Academies gives cautious go-ahead to gene drive, Jun. 8, 2016 http:/ / www.sciencemag.org/news/2016/06/us-academies-give-cautious-go-head-gene-drive))
In Inghilterra, paese che ha sempre primeggiato nelle biotecnologie e che non vuole perdere l’oc-casione di restare all’avanguardia, la Camera dei Lord già dallo scorso anno si è occupata del tema. E in Italia? ((Non so se la biologa e senatrice Elena Cattaneo, attivissima sugli OGM, abbia sollevato il pro-blema in Senato o ne abbia parlato nel suo libro Ogni giorno. Fra scienza e politica.))
Il rapporto NAS auspica un più ampio coinvolgimento del pubblico fin dai primi stadi dello svi-luppo della tecnologia e nella sua accettazione (mancato fino ad ora, a quanto sembra, ma ancora in tempo per regolamentarla prima che essa abbia via libera fuori dai laboratori …), nonché di non procedere a sue applicazioni in paesi terzi finché questi non siano dotati delle conoscenze e delle in-frastrutture adeguate.((<<Un consorzio di 5 partner (incluse due agenzie governative) diretto dal gruppo conservazio-nista Island Conservation sta sviluppando un gene drive anti-ratti che sarà applicato sulle isole fina-lizzato a distruggere i ratti che nuocciono agli uccelli. Essi denominano il progetto GBRd (Genetic Biocontrol of Invasive Rodent) e programmano di realizzarlo nel 2020. Inoltre c’è una proposta pro-mossa con forza per promuovere un gene drive sulle zanzare da applicare alle Hawaii dove alcune specie di zanzare sono portatrici di malaria aviaria che colpisce gli uccelli nativi nonostante che al-meno una delle specie di questi uccelli alle quali il progetto è mirato abbia sviluppato una resistenza naturale a questa malaria e che esistano ancora zone libere dal MALE. Questo progetto è promosso da The Long Now Foundation’s Revive and Restore project>>. Reckless Driving: Gene drives and the end of nature, http://www.etcgroup.org/content/reckless-driving-gene-drives-and-end-nature.)) La strada dell’inferno sarà lastricata solo di buone intenzioni? Forse già troppi, oltre ai due accennati in nota, sono i progetti messi in cantiere? Quanto lucrativo è ciascuno di questi?
Il rapporto NAS: le ombre
Il costoso lavoro svolto per mobilitare le forze necessarie per produrre il rapporto N.A.S. è stato finanziato da DARPA ( Defense Advanced Research Projects Agency) -una struttura del Pentagono (sic!) creata per valutare le applicazioni militari delle nuove conoscenze scientifiche, nonché per fare ricerche- e dalla Fondazione Bill & Melinda Gates, nota per i suoi finanziamenti atti a “moder-nizzare”, fra l’altro, l’agricoltura africana con monocoltivazioni OGM. Per inciso, proprio nei giorni scorsi ho letto del coinvolgimento di questa “benefica” fondazione in sperimentazione di medicinali non autorizzate su bambine indiane e africane.((Vedi ; Bill Gates se enfrenta a un juicio en la India por probar vacunas de manera ilegal en niñas marginales http://www.rebelion.org/noticia.php?id=191427 ; una cosa analoga è venuta alla luce in questi giorni anche in Africa, con il coinvolgimento di 30mila bambine.))
Le lacune politiche da colmare …
Forse hanno a che fare con la fonte di questi finanziamenti alcune omissioni rilevate da Jim Tho-mas il quale, pur riconoscendo che <<non è un cattivo rapporto, ed è anzi eccellente in alcune parti>>, osserva come dei quattro temi chiave implicabili in una Rapporto esaustivo sul gene drive -militarizzazione, commercializzazione, sicurezza alimentare, biodiversità- solo quest’ultimo sia stato seriamente preso in considerazione. Infatti <<Il rapporto NAS osserva correttamente che “un gene drive non conosce i confini politici” e indica opportunamente la necessità del coinvolgimentodella Convenzione per la Diversità Biologica delle Nazioni Unite (CDB), ma non fa riferimento a ENMOD (Trattato sulla proibizione dell’impiego di tecniche di modificazione dell’ambiente a fini militari e comunque ostili), alla Convenzione sulle Armi Biologiche (BWC) né alla FAO, l’Organiz-zazione delle Nazioni Unite per il Cibo e l’Agricoltura.
Jim Thomas si chiede se forse è grazie a questa messa in ombra del potere politico del gene drive che le autorità statunitensi hanno dato luce verde alla pubblicazione del rapporto.
… e quelle tecnologiche
<<Il Rapporto NAS rende abbondantemente chiaro che molte incertezze scientifiche e di regola-mentazione esistono tuttora per la tecnologia detta del gene drive>>.((Elizabeth Pennisi, vedi nota 14.)) Molto brevemente: la mo-dificazione di una specie animale o vegetale può ripercuotersi su altre specie, consimili e no, e ad esempio può influenzare il raccolto di uno Stato-isola, magari con intenzioni ostili. Dal punto di vi – sta militare, è noto che DARPA da tempo è interessata a irrobustire il fisico dei militari, per creare un ‘super-combattente’, ed ha già fatto conoscere il suo interesse a sviluppare l’uso del gene drive in tal senso. La foto a piena pagina su National Geographic del ricercatore cinese con in braccio un cane dalla muscolatura raddoppiata è significativa in questo senso. Altra applicazione militare po-trebbe essere rappresentata dalla diffusione di un insetto che produce punture, tipo la zanzara, e che sia stato preventivamente modificato per renderlo portatore di una tossina.
Il rapporto sottolinea come, prima di dare il via a qualsiasi progetto sui territorii, sia indispensa-bile mettere a punto una tecnologia che consenta la reversibilità del fenomeno in caso di sorprese negative che lo rendessero necessario. Cosa che apparentemente mi sembra ben difficile per quelle specie aventi vita breve e quindi alta velocità riproduttiva (2 o 3 settimane nel caso di alcuni tipi di zanzare). Alcuni ricercatori osservano che, anche una volta risolto il problema di rendere il fenome-no reversibile per la specie trattata, probabilmente sono irreversibili invece le modifiche già appor-tate all’ambiente. Una certa concordanza esiste inoltre sul fatto che poco si sa come la modificazio-ne di una specie, o la sua scomparsa, si ripercuote sull’insieme dell’ambiente. Altri sostengono di essere in grado di regolare la tecnologia in modo che la modificazione del gene perduri solo per un numero limitato di generazioni, ma non ho trovato in letteratura consenso su questo. Un’altra obie-zione, che sembra più consistente, è che una cosa è l’efficacia verificata in laboratorio e un’altra è ciò che accade nella vita silvestre. Altri ancorainfine mettono in dubbio la precisione del processo: Shengdar Tsai, ricercatore al Massachusetts General Hospital in Boston, ha rilevato che il suo team di analisi del metodo applicato a cellule umane ha rilevato almeno due dozzine di risultati fuori obiettivo, dove il DNA non è risultato modificato, concludendo quindi che il luogo ove viene inseri-to il CRISP è difficile da predire.((Elizabeth Pennisi, Gene drive workshop shows technology’s promise, or peril, remains far off . Oct. 29, 2015))
Per tutto questo trovo opportuna la richiesta concordata fra un certo numero di organizzazioni in-dipendenti di vari paesi di porre una moratoria sulle applicazioni del gene drive e di porre la gover-nance delle ricerche sotto il controllo delle Nazioni Unite, nonché l’immediata decadenza dei bre-vetti concessi o in via di concessione.((Reckless Driving: Gene drives and the end of nature, http://www.etcgroup.org/content/reck-less-driving-gene- drives-and-end-nature. Le organizzazioni sono: The Civil Society Working Group on Gene Drives includes Biofuelwatch, Econexus, ETC Group, Friends of the Earth US, Hawai’i SEED, Navdanya and independent author and lawyer Claire Hope Cummings, M.A., J.D.)) Da notare che l’Università di Harvard ha già reso note ol-tre 50 richieste di brevetto relative a applicazioni del gene drive a erbe infestanti e oltre 200 a erbici-di per i quali la tecnologia potrebbe venire applicata.
Le ricadute sull’agricoltura
In effetti, al di là delle applicazioni militari o di estinzione di specie, il settore a rischio più im-mediato è il settore dell’agricoltura, come l’interesse dell’Università di Harvard per questa massa di brevetti sembra confermare. <<Il comitato (di elaborazione, nda) del NAS ha preso in considerazio-ne uno studio di caso di ‘ingegnerizzazione’ del “wild pigweed” (il Palm Amaranth, un parente sel-vatico dell’amaranto, nda) per renderlo sensibile all’erbicida Roundup, ma ha dimenticato di osser-vare come un’applicazione di questo genere potrebbe chiaramente accrescere il monopolio agricolo di Monsanto -il produttore del Roundup- e come il suo impiego potrebbe trasformare l’agricoltura e i sistemi alimentari. Il rapporto rileva che se il pigweed fosse fatto scomparire in America del Nord da una operazione di gene drive ciò potrebbe inavvertitamente finire per danneggiare le colti-vazioni del suo parente stretto, l’amaranto, una fonte di alimentazione importane in America del sud. >>((The National Academies’ Gene Drive study has ignored important … .))
Gli sviluppatori del gene drive sanno che l’agribusiness è interessato a questa tecnologia per molti aspetti, fra i quali la lotta alle erbe infestanti (vedi sopra) o l’eliminazione di insetti nocivi come la Drosophila Suzukii, i ratti, le locuste, le falene etc. o anche la riduzione dei tempi necessari ad introdurre nei semi caratteristiche modificate.
Mi permetto una illazione. L’acquisto recente da parte della società Bayer della società Monsan-to, leader negli OGM e produttrice del diffusissimo diserbante Roundup, ad essi strettamente legato, ha suscitato molto clamore ed è stato per lo più interpretato come un fenomeno compulsivo di cre-scita proprio delle società transnazionali. Difficile però pensare che ciò avvenga per sola ‘mania di grandezza’, ma ha obiettivi precisi anche se non sempre subito evidenti. L’ingentissimo impegno fi-nanziario profuso dalla Bayer, che per l’operazione (66 miliardi di $) ha dovuto abbondantemente indebitarsi, non mi era sembrato giustificare l’acquisizione dei due suddetti punti di forza della Monsanto, in quanto entrambi oggi a rischio, con gli OGM che negli ultimi due anni hanno visto una diminuzione delle semine, e il Roundup (più comunemente noto col nome di glifosato) alle pre-se con le accuse di cancerogenicità e con la minor efficacia già rilevata su ben 24 erbe infestanti che si stanno progressivamente immunizzando alla sua azione. Più comprensibile, in questa situazione incerta, la decisione di vendita da parte di Monsanto. Meno logica mi sembrava la decisione di ac-quisto da parte della Bayer e mi chiedevo quale motivo reale potesse esserci alla base dell’operazio-ne. Forse le possibilità aperte dal gene drive per superare questi ostacoli, e le specifiche competenze di Monsanto nella modifica genetica dei semi, possono aiutare a spiegare la cosa?
“Sulla strada degli Argonauti”
Non sto comunque discutendo se i problemi tecnologici citati verranno risolti (o creduti di essere risolti) o meno. Il problema che mi pongo è un altro: la nostra società è giunta ad un livello di com – plessità tale che il suo è oggi un equilibrio instabile, situazione che è stata l’anticamera storica di molti collassi di civiltà (Impero romano, impero Maya …).
Leggo che la semplicità della tecnologia CRISPR presto renderà possibile acquistare in internet dei kit fai da te mettendola così a disposizione di chiunque. Leggo anche che ho appena parlato di questa scoperta scientifica come l’ultimo grido della biotecnologia e vedo che già si sta andando ol-tre:
<<Sulla strada degli Argonauti. In maggio (1916, nda), un articolo su “Nature Biotechnology” ha svelato un siste-ma di editing genetico completamente nuovo. Secondo i ricercatori si potrebbe usare una proteina chiamata NgAgo per tagliare il DNA in un sito predeterminato senza bisogno di un RNA guida o di una specifica sequenza del genoma vici – na. La proteina – che è prodotta da un batterio – è stata programmata con una breve sequenza di DNA che corrisponde alla zona di destinazione. >>((Non solo CRISPR: i tanti modi per manipolare un genoma ,))
Lo scenario di profonde trasformazioni dell’ambiente naturale che oggi si è aperto, dove alle ulti-me biotecnologie si stanno affiancando vari impressionanti progetti di geoingegneria(()), è più che preoccupante. Condivido fortemente quanto scrive Scott Eastham nel saggioVisioni del mondo in collisione. La sfida dell’ingegneria genetica: <<Forse, prima di lasciare alla scienza moderna l’ulti-ma parola sull’evoluzione dell’homo sapiens, abbiamo bisogno di ascoltare altre culture e di speri-mentare alcuni degli altri modi di “essere” umani>>.
La complessità e quindi la criticità cui è giunta la nostra organizzazione sociale impone a noi cit-tadini uno sforzo nuovo per misurarsi consapevolmente con i problemi che abbiamo di fronte. Con-temporaneamente al dialogo con le altre culture, dobbiamo rompere nella nostra cultura tecnologica la sacra acritica riverenza verso la scienza, impegnandoci con modestia ma senza complessi in un dialogo serrato su quale mondo noi vogliamo, per confrontarlo con quello degli ‘altri’
Ma la vita è anche poesia. Mi cade l’occhio sulla copertina del n.2 di InterCulture dove è pubbli-cato il saggio di Scott Eastham:
Rispetto per quel tipo di intelligenza che permette al seme dell’erba di germogliare come erba,
al nocciolo di ciliegia di produrre ciliege
Aldo Zanchetta 5 novembre 2017