Rifiuti elettronici

Si fa presto a dire riciclo, inteso come recupero di materiali utili dai residui e rifiuti, ma le relative operazioni richiedono tecnologia, chimica e merceologia. La società dei consumi esige che ogni fabbricante metta in commercio oggetti con speciali caratteri, di speciale composizione, spesso segreti, per cui non esistono due modelli di motori di automobile con la stessa proporzione di metalli, due modelli di televisori uguali. I numeri dei rifiuti sono noti: nella sola Italia sono circa 35 milioni di tonnellate all’anno i rifiuti solidi domestici, circa 150 milioni di tonnellate all’anno gli “altri” rifiuti comprendenti macchinari, residui industriali e minerari, residui agricoli, materiali ottenuti dalla demolizione di strade e edifici.

Proprio nei giorni scorsi la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile ha pubblicato l’edizione 2011 di “L’Italia del riciclo”, un documento molto importante perché confronta la quantità di ciascuna merce immessa al consumo e quindi finita nei rifiuti, con la quantità di rifiuti raccolti separatamente, idonei al riciclo, e con la quantità di materiali recuperati dal riciclo stesso; soltanto circa la metà dei materiali immessi in commercio ridiventa qualcosa di ancora utile commercialmente; il resto finisce in inceneritori o in discarica “da qualche parte”, spesso con effetti ambientali dannosi. Le percentuali oscillano molto a seconda delle regioni e a seconda dei materiali. Eppure la raccolta differenziata e il riciclo sono fonti di guadagno per gli enti locali e per diecine di imprese e diecine di migliaia di lavoratori e ancor più potrebbero diventarlo con opportuni perfezionamenti tecnici.

Lo dimostra la fame di rifiuti esistente nei paesi in via di industrializzazione, fame soprattutto dei rifiuti più difficili da trattare e da cui ricavare materiali preziosi e di alto valore. In particolare i prodotti ad alta tecnologia, come telefoni cellulari, apparecchiature elettroniche, computers, televisori, quando vengono buttati via rappresentano delle vere miniere urbane. Un documento del programma ambientale delle Nazioni Unite (Unep) ha indicato in 40 milioni di tonnellate la quantità di rifiuti elettronici prodotti ogni anno nel mondo. Una quantità crescente considerata la frenetica immissione nel mercato di sempre nuove e più raffinate apparecchiature la cui vita si riduce spesso a pochi mesi, dopo i quali telefoni mobili, televisori e computers finiscono fra i rifiuti. Solo di telefoni cellulari nel 2010 sono stati venduti nel mondo 1400 milioni di pezzi, molti buttati via dopo solo pochi mesi.

Fra i consumatori ci sono anche gli abitanti dei paesi emergenti e poveri, per i quali spesso rappresentano il principale o l’unico mezzo per comunicare anche a grandi distanze; ancora una volta uno strumento liberatorio per le necessità umane si sta trasformando in una fonte di nocività per la natura. I rifiuti elettronici contengono una grande quantità di differenti materiali, variabili come tipo e quantità da modello a modello. Nel complesso le sostanze pericolose comprendono molti metalli pesanti come piombo, cadmio, mercurio, antimonio; vi sono poi, in genere in piccolissima quantità, elementi preziosi come oro e metalli delle terre rare che possono essere recuperati soltanto con complicati processi, dopo averli separati dalle materie plastiche, dal vetro, dal ferro, rame, alluminio, cobalto.

Una tonnellata di telefoni cellulari usati (senza batteria)n contiene 3,5 chili di argento, 340 grammi di oro, 140 grammi di palladio. Purtroppo in molti paesi i rifiuti elettronici sono trattati in maniera “selvaggia”; esiste un commercio triangolare, in gran parte illegale: dai paesi industriali i rifiuti elettronici vengono esportati nei paesi africani dove le materie combustibili vengono bruciate all’aria aperta, con liberazione di fumi e gas tossici, senza alcuna precauzione per la salute e per l’ambiente; le preziose ceneri vengono poi esportate nei paesi come India e Cina dove vengono trattate per estrarne i metalli preziosi i quali ridiventano materie prime, anzi materie seconde, per costruire nuove apparecchiature elettroniche da esportare nei paesi più ricchi.

Le cose andrebbero molto meglio se le principali parti delle apparecchiature elettroniche fossero separate all’inizio. Una parte delle schede con i circuiti elettronici potrebbe essere impiegata per ricostruire altre apparecchiature a basso costo; le altre schede potrebbero essere avviate al recupero dei materiali preziosi. Una simile operazione richiede pazienza, abilità e tempo; è interessante che in alcune carceri sia stata organizzata una attività di frazionamento dei prodotti elettronici usati, col vantaggio che si forma una mano d’opera specializzata che potrà trovare, alla fine della pena, una occupazione in un settore destinato ad avere un ruolo crescente nella società tecnologica. Così il consumismo elettronico può diventare fattore di crescita personale e sociale.