Servizio sanitario, prevenzione sul lavoro, partecipazione democratica: un seminario (a distanza) sugli anni ’70 al tempo del Covid-19

Nel marzo 2019 la Società Italiana di Storia del Lavoro (SISLav) ha dato vita ad un gruppo dedicato ad Ambiente, salute e lavoro (https://www.storialavoro.it/gruppi/ambiente-salute-e-lavoro/). Il terreno della salute dei lavoratori e dell’ambiente di lavoro, negli ultimi anni, non è stato particolarmente battuto dagli storici del lavoro italiani, piuttosto da alcuni valenti storici della medicina come Franco Carnevale e Alberto Baldasseroni((F. Carnevale-A. Baldasseroni, Mal da Lavoro. Storia della salute dei lavoratori, Laterza, Roma-Bari 1999. Cfr. anche S. Luzzi, Il virus del benessere. Ambiente, salute, sviluppo nell’Italia repubblicana, Roma-Bari, Laterza, 2009.)), sensibili con continuità e costanza anche quando queste tematiche – presenti in modo significativo nel dibattito storiografico fino agli anni ’80 – sono poi declinate a causa della marginalizzazione del lavoro manuale e industriale nel discorso pubblico. Eppure la cronaca ci rimanda in continuazione la rilevanza e attualità del problema, mentre la storiografia internazionale è molto meno disattenta di quanto non lo sia quella italiana((A solo titolo d’esempio, A. McIvor, R. Johnston, Miners’ Lung: a History of Dust Disease in British Coal Mining, Aldershot, Ashgate, 2007; A.-S. Bruno et al. (dir.), La santé au travail, entre savoirs et pouvoirs (19e-20e siècles), Rennes, PUR, 2011; P.-A. Rosental (eds.), Silicosis. A World History, Baltimore, John Hopkins U.P., 2017.)).

Il processo di costruzione del gruppo di lavoro SISLav si è inserito all’interno di un movimento molecolare di risveglio dell’interesse, negli ultimi anni, verso il nesso fra ambiente, salute e lavoro, non solo industriale. Se la storia ambientale – in piena autonomia – si è avvicinata alla questione industriale e in genere produttiva dal punto di vista del territorio, delle risorse limitate e dell’impatto sulle comunità((F. Paolini, Environmental History in Italy. Some Considerations on Historiography, in «Storia e Futuro», 2019, 50 (http://storiaefuturo.eu/environmental-history-in-italy-some-considerations-on-historigraphy/).)), la storia del lavoro ha cominciato a fare il percorso inverso, come si sarebbe detto negli anni ’70, “dalla fabbrica al territorio”. La costituzione del richiamato gruppo SISLav, negli ultimi anni, ha incrociato alcune iniziative rilevanti per riprendere il filo di un approccio che aveva avuto fino ad allora un andamento carsico: un numero speciale del Giornale di storia contemporanea del 2016, dedicato a lavoro, salute, ambiente di lavoro, prevenzione fra ‘800 e ‘900((P. Causarano (a cura di), Lavoro, salute e sicurezza dei lavoratori, prevenzione tra Ottocento e Novecento, n. sp. «Giornale di storia contemporanea», 2016, 2.)); un numero speciale della rivista Venetica dedicato alla medicina del lavoro nel Nordest del 2019((A. Boschiero, G. Zazzara (a cura di), Articolo Nove. Esperienze di medicina del lavoro a Nordest, n. sp. «Venetica», 2019, 1 (https://edizioni.cierrenet.it/html/uploads/2019/07/Venetica-1-2019.pdf).)); un convegno di Clionet, sempre del 2019, dedicato a genere, salute e lavoro dal fascismo alla Repubblica e i cui atti poi sono stati pubblicati all’inizio del 2020 da BraDypUS((E. Betti, C. De Maria (a cura di), Genere, salute e lavoro dal fascismo alla Repubblica. Spazi urbani e contesti industriali, Roma, BraDypUS, 2020 (https://books.bradypus.net/sites/default/images/free_downloads/genere_lavoro_salute.pdf).)).

Il gruppo SISLav, dopo una seminario di riflessione interna a Firenze nel giugno 2019 e un seminario pubblico presso l’Università della Campania a Santa Maria Capua a Vetere nel novembre 2019 (https://www.letterebeniculturali.unicampania.it/dipartimento/avvisi/1350-seminario-ambiente-salute-e-lavoro), nel 2020 avrebbe dovuto proseguire la sua attività, ma è stato bloccato – come tutti – dalla pandemia da Covid-19 e dalla sospensione di tutte le iniziative pubbliche. Però la pandemia ha sollecitato diversi aspetti su cui il gruppo aveva iniziato a riflettere: il tema delle zoonosi ci ha messi di fronte agli effetti di una promiscuità socio-ambientale e senza diaframmi fra spazi umani e non umani a causa dell’impatto della nostra invadenza e aggressività produttiva e di consumo; il tema della prevenzione, del limite e del principio di precauzione sono tornati prepotentemente alla ribalta anche se nei termini di polizia sanitaria; la pandemia ha evidenziato un problema di sanità pubblica che l’Occidente pensava non avrebbe più dovuto affrontare, con il corollario di tutte le diseguaglianze sociali, di genere e generazionali, di fronte alle quali si è scoperto impreparato; è esplosa poi la fragilità dei sistemi sanitari e dei loro modelli organizzativi, logorati da decenni di crisi e disinvestimento dal Welfare; le politiche di intervento e di chiusura in molti paesi hanno assunto, in forme più o meno esplicite e forse inevitabilmente, un andamento direttivo e prescrittivo senza concertazione con gli attori sociali (o con forme opache di negoziazione separata); né pare vada meglio di fronte alle nere prospettive di profonda crisi strutturale delle economie globali e delle relazioni di interscambio.

Nel caso italiano, in una prima fase, molti osservatori, non solo sindacali, sono stati colpiti dall’incapacità e qualche volta dalla mancata volontà di coinvolgere in maniera sistemica nel processo decisionale i lavoratori non solo della sanità ma anche quelli legati alle altre attività produttive e di servizio, con molte incertezze a più livelli rispetto alla individuazione di quelle essenziali e all’implementazione dei protocolli di protezione degli addetti. Gli effetti si sono visti nelle ambiguità e nelle falle della prevenzione dell’organizzazione del lavoro, a cominciare dalla sanità. I sindacati hanno dovuto minacciare lo sciopero per farsi prendere in considerazione e comunque con un evidente minor peso rispetto ad altri portatori di interesse economico. La differenza fra i settori produttivi, di dimensionamento di impresa e di modelli organizzativi (si pensi alla logistica e al ruolo che ha svolto di connettivo socio-economico ma anche di vettore del contagio), hanno accentuato, magari ribaltandole momentaneamente, le differenze territoriali del nostro paese. Analoghi problemi si sono poi riproposti al momento di decidere la graduale riapertura, con atteggiamenti a volte irrazionali dal punto di vista della responsabilità sociale degli attori, soprattutto delle imprese ripiegate nell’angosciosa (e in parte comprensibile) autarchica difesa dei propri interessi primari. Produzione e ambiente sub specie salute pubblica, nella pandemia, sono entrati per l’ennesima volta in frizione: e il lavoro però si è trovato nel mezzo, a garantire responsabilità sociale verso la collettività ma senza vedersi garantite sempre adeguate misure di protezione e prevenzione.

Se negli anni le crisi ambientali avevano spesso visto confrontarsi da una parte le ragioni dell’impresa e del lavoro e dall’altra quelle dell’ambiente, in questo caso la pandemia ha reso palese quanto sia molto più complessa la dinamica sociale del conflitto e quanto la debolezza del lavoro e dei lavoratori non pesi soltanto su di loro ma anche sull’ambiente e quindi sulla cittadinanza, se – come nei tempi andati, fortunatamente con minore virulenza e violenza – l’ambiente ci piomba addosso in forma primordiale e basica, mettendo a nudo la nostra fragilità biologica in termini di salute individuale e collettiva e evidenziando la persistente limitatezza di risorse e strutture di cui disponiamo per la nostra sicurezza ambientale, per quanto incomparabilmente superiori rispetto al passato. Il gruppo SISLav ha pensato così di organizzare un seminario online, rigorosamente a distanza, intitolato Servizio sanitario, prevenzione sul lavoro, partecipazione democratica: sull’attualità di Ivar Oddone, svoltosi il 22 maggio 2020.

Il seminario, introdotto dal sottoscritto e da Gilda Zazzara (Università di Ca’ Foscari Venezia), vedeva i contributi di Gianni Marchetto (pensionato, ex delegato FIAT e funzionario FIOM torinese, presidente dell’associazione Mappe Grezze), Franco Carnevale (medico del lavoro e storico della salute dei lavoratori), Fabio Capacci (responsabile del Servizio territoriale di prevenzione, igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro della ASL 10 Toscana Centro). Su sollecitazione di Gianni Marchetto, riflettendo polemicamente sulle defaillances del sistema sanitario regionale di fronte alla pandemia e sulle scelte politiche effettuate negli ultimi decenni dalle classi dirigenti, il punto di partenza era quello di confrontarsi con la dimensione di partecipazione che negli anni ’70 accompagnò due movimenti: da una parte, il movimento dei delegati di fabbrica (e poi, più limitatamente, di zona) per costruire un sistema di prevenzione della salute e dell’ambiente di lavoro che modificasse in profondità l’organizzazione del lavoro, con ricadute anche esterne alla fabbrica (le prima forma di “ambientalismo operaio”)((S. Barca, On Working-Class Environmentalism: A Historical and Transnational Overview, in «Interface », 2012, 2, pp. 61-80; suggestioni anche in M. Armiero, L. Sedrez (eds.), A History of Environmentalism: Local Struggles, Global Histories, New York, Bloomsbury, 2014, e F. Paolini (ed.), Industrial Labour and the Environment. Notes for a History of a Global Transformation, Newcastle, Cambridge Scholars Pub., 2020.)); dall’altra, il movimento per la riforma sanitaria, la nascita di un sistema nazionale articolato sulle Unità Sanitarie Locali e costruite sulla logica della prevenzione di comunità e sulla medicina territoriale di base, quella che – depotenziata negli ultimi decenni – è andata in crisi con la pandemia. Il 2020 è l’anno del cinquantennale dello Statuto dei diritti dei lavoratori del 1970, che proprio attorno al diritto alla salute e all’integrità psico-fisica dei lavoratori, ai diritti di formazione e informazione, costruì le premesse giuridiche per cui quei due movimenti poterono ottenere straordinari risultati. Gli anni ’70 furono gli anni in cui si cercò provvisoriamente di superare lo scambio ineguale fra lavoro e salute, fra lavoro e ambiente. Il seminario è stata anche l’occasione per ricordare una figura determinante di quelle vicende e dell’elaborazione di un modello sindacale della prevenzione, Ivar Oddone (1923-2011)((A. Re, T.C. Callari, C. Occelli (a cura di), Sfide attuali, passate, future: il percorso di Ivar Oddone, Torino, Otto, 2014.)), medico e psicologo del lavoro, innovatore, grande organizzatore scientifico e culturale((I. Oddone, A. Re, G. Briante, Esperienza operaia, coscienza di classe e psicologia del lavoro, Torino, Einaudi, 1977; I. Oddone, Psicologia dell’ambiente. Fabbrica e territorio, Torino, Giappichelli, 1979.)), e per capire quanto ancora di quegli anni può parlare all’oggi. In questo gli interventi dei tre relatori e poi la discussione sono stati molto utili e illuminanti.