Spinaci

Ci sono strane strade con cui si può fare cultura ambientale e economica. Una di queste, curiosa, è raccontata nell’ultimo numero del notiziario della prestigiosa, antichissima, Accademia dei Georgofili di Firenze, “GeorgofiliInfo”, che si può consultare in rete. La storia comincia in una zona povera del Texas, uno degli stati del Sud degli Stati Uniti, abitata da immigrati messicani, ancora più povera nel pieno della crisi economica americana degli anni trenta. Elzie Crisler Segar (1894-1938), un autore di fumetti, ebbe l’idea di disegnare un personaggio che, con il suo comportamento, desse coraggio agli Americani depressi e contribuisse a far vendere una delle verdure coltivate in quella parte del Texas, gli spinaci. Il 17 gennaio 1929 nacque così Popeye, protagonista di una “striscia”, di quelle che apparivano a puntate nei quotidiani americani, e poi di moltissimi cartoni animati.

Popeye arrivò anche in Italia col nome di Braccio-di-Ferro. Braccio-di-Ferro è un marinaio maltrattato da tutti che, ad un certo punto, mangia gli spinaci in scatola e diventa fortissimo al punto da sconfiggere i prepotenti. Gli spinaci, la gradevole verdura ben nota anche in Italia, sono originari della Persia, da cui passarono verso est in Cina e verso ovest, grazie all’espansione araba, nel Mediterraneo, in Sicilia, Spagna e da qui nel resto d’Europa dove divennero alimenti apprezzati dal 1400 in avanti.

Gli spinaci, che devono il nome al fatto che il loro seme è dotato di piccole “spine”, appartengono alla specie “Spinacia oleracea, della famiglia delle “Amaranthaceae”. 100 grammi di foglie fresche contengono circa 3,6 grammi di carboidrati, 2,2 g di “fibre” cellulosiche, 2,2 g di proteine e 0,4 g di grassi. Il bel colore verde è dovuto alla clorofilla e copre il colore giallo degli abbondanti carotinoidi, beta-carotene, luteina e zeaxantina, che fanno sì che gli spinaci abbiano un contenuto di vitamina A equivalente di circa 0,5 mg, sempre per 100 g di foglie fresche. Sono presenti anche acido folico, vitamina C e altre e anche rame, fosforo, zinco, calcio, potassio. Per molti decenni è circolata la leggenda che gli spinaci facessero bene perché “contenevano ferro”; quando sono state fatte analisi accurate si è visto che contengono, si, ferro, ma circa 3 mg per 100 g di foglie fresche, molto meno di quanto ritenuto precedentemente; si trattava di un errore delle prime analisi fatte nell’Ottocento.

Braccio-di-Ferro comunque “sapeva” che gli spinaci facevano bene per il contenuto di vitamina A, anzi di “tutte le vitamine dell’alfabeto”. Gli spinaci sono un alimento di largo consumo in tutto il mondo; si stima che la produzione mondiale ammonti a circa 20 milioni di tonnellate all’anno, per l’85 % in Cina; il secondo produttore mondiale sono gli Stati Uniti con circa 400.000 t/anno. La produzione italiana è stimata, secondo l’Istat, di 100.000 t/anno. La comparsa di Braccio-di-Ferro nei giornali americani fece di colpo aumentare la produzione e la trasformazione industriale degli spinaci, di un terzo dal 1931 al 1936, e nel 1937 la cittadina texana di Crystal City, autoproclamatasi “capitale mondiale degli spinaci”, ha eretto un monumento a Popeye, uno dei pochi monumenti dedicati ad un personaggio di fantasia; un altro è quello di Pinocchio a Collodi (Pistoia). Per inciso, durante la seconda guerra mondiale a Crystal City fu installato un campo di concentramento di prigionieri di guerra giapponesi, tedeschi e anche italiani.

Nei fumetti – che furono disegnati da vari autori, dopo la morte di Segar – Braccio-di-Ferro è circondato da una serie di personaggi divenuti popolarissimi, alcuni portatori anche loro di pubblicità merceologica: la dolce “fidanzata” del coraggioso marinaio in italiano si chiama Olivia, ma nell’originale è “Olive Oyl”, il nome, storpiato nel dialetto texano, dell’olio di oliva; il fedele amico è Wimpy (in italiano Poldo) gran mangiatore di hamburger; un altro personaggio, stizzoso, si chiama “Castor Oyl”, olio-di-ricino. In tutti i casi, nel corso di molti decenni, i fumetti di Braccio-di-Ferro hanno orientato il consumo verso alimenti ottenuti con la produzione e trasformazione di prodotti agricoli americani, con effetti positivi sull’economia, sull’occupazione e sull’ambiente.

Ho ricordato questa piccola storia perché nella crisi economica di queste settimane, sarebbe opportuno uno scossone di orgoglio, in Italia e nel Mezzogiorno, per riconoscere l’importanza del settore primario dell’economia, quello dell’agricoltura. La storia non si ripete, ma chi sa che qualche artista italiano incoraggi, con le sue opere, il consumo dei cocomeri o della frutta che stanno andando al macero, con scoramento degli agricoltori e abbandono e degrado dell’ambiente naturale che dell’agricoltura è la base fisica irrinunciabile.