Storia e Futuro: un Forum di discussione sui “Beni culturali”

“Oggi il patrimonio culturale non riveste certamente più quel significato “nazionale” e patriottico che ha avuto nei primi quarant’anni del ventesimo secolo. In parte esso è tornato ad essere una risorsa economica, da gestire a livello pubblico, come opportunità per attirare nel Paese valuta pregiata, oppure a livello privato, come accadde nella prima fase dello Stato liberale. Eppure, al paesaggio, alle antichità e alle ‘belle arti’ sono ancora collegati processi di costruzione dell’identità assai delicati e importanti. […]”

A partire da queste considerazioni Roberto Balzani (Università di Bologna) lancia il primo forum di “Storia e Futuro”, rivista di storia e storiografia, su Belle arti, patrimonio, tutela: alle origini della legislazione italiana (http://www.storiaefuturo.com/forum).

Il forum che vorrebbe aprire Roberto Balzani, partendo da elementi di carattere storico, si snoda lungo alcuni percorsi.

Il primo riguarda il nesso istituzioni/opinione pubblica, ovvero il rapporto fra la politica “che fa” e ciò che presso il pubblico si afferma come priorità – vera o immaginaria – delle forze politiche e dei governi. Quanto conta il discorso pubblico sui beni culturali? Che distanza c’è fra questo discorso e le normative concrete varate dagli esecutivi?

Un secondo percorso riguarda il rapporto fra tema economico e tema patriottico. In fondo, secondo Balzani, i beni culturali nel nostro Paese oscillano fra questi due poli: quando la bilancia pende verso il primo, la pressione del privato si rivela più forte; quando verso il secondo, i meccanismi di tutela sembrano rafforzarsi. Ma – v’è da chiedersi – nel momento in cui l’identità nazionale si appanna, a quale criterio forte di cittadinanza si può fare appello?

Un terzo percorso riguarda l’allargamento della sfera delle cose che, in qualche misura, sentiamo far parte del patrimonio. Non più solo “antichità e belle arti”; non più solo paesaggio. Ma anche culture gastronomiche, attività industriali, espressioni sociali nel senso più vasto del termine. A fronte di un ampliamento (e di una complicazione) di ciò che facciamo rientrare nella categoria generale del “bene culturale”, misuriamo la carenza di una strategia di tutela davvero organica. Come evitare, è la domanda di Balzani, che un tale archivio di cose finisca, poi, per andare perduto? O che la selezione delle cose da preservare dipenda, alla fine, solo dal loro grado di mercificazione, dalla loro capacità, in altre parole, di trasformarsi in beni di mercato?

Gli interrogativi sono, credo, interessanti. Anche i lettori di altronovecento sono pertanto caldamente invitati a partecipare al Forum con eventuali contributi.