Storia naturale del succo d’arancia
Per la serie delle “Cose” alimentari di Giorgio Nebbia pubblichiamo questo articolo uscito per la prima volta in “ambiente-plus.it”, 13 ottobre 2014.
Il succo d’arancia è una importante merce del commercio internazionale e viene fabbricato su larga scala dalla spremitura delle arance. Da un chilo di arance si ottengono circa 400-500 grammi di succo (circa 90 grammi per ogni arancia) sotto forma di soluzione contenente circa il 12% di sostanze solide costituite da zuccheri, vitamina C e altre vitamine, acido citrico e aromi.
La concentrazione delle sostanze solide si esprime in unità Brix che prendono il nome dal matematico e ingegnere tedesco Adolf Brix (1798-1870); una unità Brix corrisponde ad una concentrazione di 1 grammo di sostanze solide disciolte in 100 grammi di soluzione. La densità Brix si misura con densimetri o per via refrattometrica (con uno speciale apparecchio ottico) nei succhi di frutta e nelle soluzioni zuccherine. Il succo di arancia, dopo essere stato filtrato dalla polpa sospesa e liberato dell’olio aromatico sospeso, può essere messo in commercio come tale, con densità di 12 Brix, oppure, per comodità di trasporto, può essere concentrato a circa 65 Brix per evaporazione dell’acqua.
Di succo d’arancia si parlerà certamente in occasione dell’EXPO 2015 di Milano in quanto saranno presenti i grandi produttori internazionali. La produzione mondiale di arance si aggira intorno a 70 milioni di tonnellate all’anno; il maggior produttore mondiale di succo d’arancia è il Brasile, seguito dagli Stati Uniti; la produzione mondiale ammonta a circa 7 milioni di tonnellate all’anno di succo d’arancia che però viene trasportato e commerciato principalmente come succo di arancia concentrato congelato.
In Italia vengono avviate alla trasformazione ogni anno circa 900.000 tonnellate di arance. Il principale campo di utilizzazione del succo di arance così ottenuto è rappresentato dalla fabbricazione delle aranciate; una legge del 1961 prescrive che una bevanda possa essere venduta come aranciata se contiene, come minimo, il 12% di succo d’arancia. Una quantità ben modesta perché corrisponde ad appena circa un grammo e mezzo (!) di sostanze nutritive dell’arancia in 100 grammi di aranciata. Gli agricoltori italiani hanno chiesto che tale percentuale venisse aumentata almeno al 20%: maggiore uso di succo d’arancia nelle bevande, maggiore la quantità delle arance vendute, ma sarebbe anche aumentato, quasi raddoppiato, il valore nutritivo delle aranciate. Un decreto italiano del 2012 che imponeva di usare almeno il 20% di succo d’arancia nelle aranciate ha incontrato l’opposizione dei fabbricanti di bevande gassate italiani e europei i quali hanno dichiarato che le nuove norme avrebbero fatto aumentare i costi di produzione delle loro bevande e hanno ottenuto che tali norme fossero bocciate dalla Unione Europea.
L’importanza del settore è dimostrata anche dal fatto che l’estrazione del succo di arance è accompagnata dalla formazione di grandi quantità do sottoprodotti ricchi di molte sostanze che possono essere recuperate e commercializzate, dall’olio essenziale di arance alla pectina, eccetera.