Tremolite
Johann Georg Albrecht Höpfner (1759-1813) fu un tipico rappresentante degli studiosi del XVIII secolo, quando il mondo si apriva alla curiosità di chi lo voleva osservare e offriva innumerevoli sostanze belle e utili; la curiosità scientifica, la ricerca di bellezza nelle foglie e nei fiori, negli animali e nei minerali, non erano separati dal desiderio di ricavare dalla natura anche cose utili ai commerci e alle fabbriche. Höpfner viveva a Berna e faceva il farmacista e il giornalista e, diremmo oggi, l’operatore culturale. Curava la pubblicazione di un notiziario contenente le ultime scoperte scientifiche e teneva un salotto di divulgazione della cultura naturalistica. Nel suo vagare per il Canton Ticino trovò vari nuovi minerali e fra questi uno era verde azzurro, di carattere fibroso, che descrisse nel 1789 e chiamò tremolite dal nome della Val Tremola che collega Airolo con il passo del Gran San Bernardo, una breve valle percorsa da una tortuosa ripida strada stretta, delizia dei cultori di ciclismo di montagna. Anche se, a dire la verità, la tremolite non fu trovata nella Val Tremola ma lì vicino a Campolungo, sempre nella valle del Ticino.
La tremolite, una delle forme in cui si presenta l’amianto, è stata riconosciuta come possibile fonte di tumori in una zona del Pollino dove si trovano rocce contenenti questo minerale. Negli anni passati si era già parlato della tremolite in Basilicata nella zona di Lauria, e anche in Sicilia nella zona di Biancavilla Etnea, in relazione al potenziale pericolo del suo uso come materiale da costruzione nelle strade e negli edifici. La tremolite descritta da Höpfner è una delle molte forme dell’amianto ed è abbastanza diffusa in natura, soprattutto nelle zone interessate a manifestazioni vulcaniche anche antiche.
La tremolite, silicato di calcio e magnesio, appartiene al gruppo degli anfiboli insieme all’actinolite, all’amosite, all’antofillite e alla crocidolite (amianto blu); alla classe dei serpentini appartiene invece il crisotilo, o amianto bianco. I vari tipi di amianto si presentano sotto forma fibrosa tanto da essere classificati come fibre tessili minerali, le uniche note.
L’amianto (di cui si è già parlato in altronovecento, n. 6, dicembre 2002 http://www.fondazionemicheletti.it/altronovecento/articolo.aspx?id_articolo=6&tipo_articolo=d_cose&id=21), era noto a Plinio in epoca romana ed era usato in Cina per tessuti resistenti al calore, come tovaglie che potevano essere lavate… mettendolo sul fuoco, sorprendenti proprietà che incantarono Marco Polo nel Milletrecento. A partire dall’Ottocento l’estrazione dell’amianto ha dato vita ad una importante industria. In Italia un grande giacimento di amianto è stato sfruttato a cielo aperto dal 1918 al 1990 a Balangero, in Piemonte; altri grandi giacimenti, contenenti anche tremolite, sono stati a lungo sfruttati nello stato americano del Montana e in Siberia. Nelle operazioni di estrazione, purificazione e nelle varie manipolazioni che portano ai prodotti finiti, il minerale si frantuma in microscopiche fibre che, immesse nell’aria e respirate, sono molto pericolose. Sulle condizioni di lavoro nella cava di Balangero in Piemonte ha scritto pagine drammatiche Primo Levi (1919-1987) nel libro “Il sistema periodico”.
Per molti decenni le fibre di amianto sono state impiegate per la produzione di indumenti antincendio, di isolanti elettrici, di isolanti termici per caldaie e motori, per i freni e le frizioni di veicoli, e poi per la produzione di tubi, serbatoi, vasche, lamiere di amianto-cemento, sotto vari nomi commerciali come Eternit, ad indicare il carattere “eterno” di tali tubi e vasche e tettoie, Fibronit e simili. Col passare del tempo si è visto che gli addetti all’estrazione dell’amianto e alla sua lavorazione manifestavano frequenti forme di tumori ai polmoni (mesoteliomi) dovuti alle fibre di amianto respirate durante il lavoro, tumori che si manifestano in genere dopo un lungo (di anni) periodo “di induzione” dopo l’esposizione delle persone alle fibre di amianto. La crocidolite è il tipo di amianto più nocivo per la salute. Uno dopo l’altro molti paesi hanno vietato l’uso dell’amianto e la sua estrazione; per l’Italia la “uscita dall’amianto” si è avuta con la legge 257 del 1992. Purtroppo nel corso del Novecento sono stati impiegati e messi in circolazione anche in Italia milioni di tonnellate di amianto la cui distribuzione in tantissimi manufatti deve essere identificata per procedere alla loro sepoltura in forma inerte, fuori dal contatto con le persone, e alla bonifica delle zone contaminate.
Purtroppo le proprietà di resistenza agli agenti chimici e al calore, che avevano decretato il successo commerciale dell’amianto e dei suoi prodotti, rendono difficile il loro smaltimento, adesso che ce ne vogliamo liberare; una vera e propria bomba ad orologeria. Esiste una lunga casistica di malattie e morti di operaie e operai addetti alla filatura e tessitura dell’amianto, alla coibentazione di navi e vagoni ferroviari e, adesso, allo smantellamento dei manufatti di amianto e di amianto-cemento. Si può quindi ben comprendere la preoccupazione degli abitanti delle zone d’Italia in cui è stata riconosciuta la presenza di tremolite, i quali chiedono che sia vietato l’uso e l’estrazione di questa forma di amianto; la tremolite è praticamente inerte nelle rocce, ma diventa anche lei fonte di mortali fibre quando viene estratta e trasformata anche in semplici manufatti come blocchi per la pavimentazione stradale. La tremolite rappresenta un altro classico caso di trappola tecnologica, considerata inerte e utile per molto tempo ma rivelatasi dannosa quando ne sono state approfondite le proprietà.