Vetro

Il vetro rappresenta uno dei più antichi prodotti; la sua scoperta sembra risalire a 7000 anni fa e in Egitto sono stati trovati dei manufatti databili a 2600 anni avanti Cristo; le testimonianze materiali trovate nelle tombe dei Faraoni mostrano che gli Egiziani sapevano produrre il vetro e lavorare la massa fusa in modo da ottenere vasi, bottiglie, coppe.

Plinio, nella “Storia naturale”, racconta che la formazione del vetro sarebbe stata scoperta da alcuni marinai fenici osservando la reazione fra sabbia e nitro (nitrato di sodio, NaNO3) scaldati ad alta temperatura. I Fenici certamente conoscevano la lavorazione del vetro fra il 1200 e il 1000 a.C., ma, come si è detto, la scoperta del vetro è certo molto precedente e può essere avvenuta per caso durante le operazioni che portavano prima alle terrecotte, poi alle porcellane.

Probabilmente 2000 anni fa è stata fatta la scoperta rivoluzionaria della soffiatura del vetro: essa consiste nel fissare una massa di vetro fuso all’estremità di un sottile tubo metallico. Soffiando l’aria all’altra estremità della canna, il vetro si rigonfia a forma di bolla, come avviene con le bolle di sapone. La bolla di vetro può assumere varie forme grazie all’abilità del soffiatore oppure perché viene soffiata dentro uno stampo.

Nel Medioevo l’industria del vetro in Europa ebbe un fiorente sviluppo a Venezia, in Boemia, in Inghilterra. Molti centri vetrari medievali sono sedi ancora oggi di industrie in questo settore.

Il vetro è un materiale rigido e trasparente che ha certe proprietà dello stato solido e altre proprietà caratteristiche dello stato liquido. A differenza dei solidi che sono cristallini, il vetro è allo stato amorfo. Il vetro è costituito da una miscela di silicati di sodio e di calcio e presenta massa volumica fra 2,5 e 3 g/cm3 e indice di rifrazione fra 1,50 e 1,55.

Le materie prime per la produzione del vetro sono la silice SiO2, sotto forma di sabbia o di feldspato (silicato di calcio e alluminio), ossidi o carbonati di sodio, potassio, calcio ed eventualmente piombo. Le varie materie prime sono omogeneizzate e poi scaldate gradualmente in forni rivestiti di materiali refrattari fino alla fusione che avviene alla temperatura di circa 1200-1300ºC. Durante il riscaldamento gli ingredienti aggiunti sotto forma di carbonati si decompongono con formazione di anidride carbonica e di silicati omogenei e trasparenti.

Ad esempio, la reazione fra silice e carbonato sodico Na2CO3 è la seguente:

SiO2 + Na2CO3 —> Na2SiO+ CO2

Il silicato sodico ha una temperatura di fusione di circa 900ºC; esso non può essere l’unico ingrediente del vetro perché è solubile in acqua. Per rendere il vetro insolubile in acqua, la silice e il carbonato sodico vengono addizionati con CaO (per lo più sotto forma di carbonato di calcio) la quale stabilizza la struttura del silicato sodico.

Una tipica carica di materie prime per la produzione di una t di vetro è la seguente:

Sabbia 0,6 t

Carbonato di sodio 0,2 t

Carbonato di calcio 0,2 t

Feldspato 0,1 t

Rottami di vetro 0,1-0,2 t

I vetri più comuni contengono circa il 72% di silice, il 5% di Na2O e il 10% di CaO, oltre a piccole quantità di altri ossidi metallici. A seconda degli ingredienti e dalla loro concentrazione si ottengono diversi tipi di vetro, bianco o colorato. Quando nel forno la reazione fra i vari ingredienti è completata, la temperatura viene ancora innalzata fino a 1400-1500ºC, col che la massa diventa ancora più omogenea.

Il vetro viene utilizzato per la preparazione sia di lastre piane, sia di oggetti cavi, come bottiglie e flaconi con pareti più o meno sottili.

Il vetro piano, adatto per lastre da finestre, viene ottenuto in gran parte col processo float, un termine inglese che significa “galleggiare” perché la massa fusa di vetro viene stesa su una superficie di metallo fuso su cui galleggia e genera lastre di dimensioni e spessore molto regolari.

La vetreria da laboratorio deve essere resistente alle alte temperature e agli agenti chimici ed è costituita da vetri borosilicati contenenti il 10-13% di ossido di boro B2O3.

I “cristalli” sono vetri ottenuti dalla fusione della silice con carbonato potassico (K2CO3) e minio (ossido di piombo Pb3 O4). La fusione e il successivo affinaggio della miscela di ingredienti avvengono a circa 1500ºC nel corso di molte ore in speciali forni. I cristalli devono avere un contenuto di ossido di piombo superiore a 24% (espresso come PbO) e un indice di rifrazione superiore a 1,545. Essi sono caratterizzati da particolari doti di trasparenza e di “sonorità”: emettono uno speciale suono quando urtano un altro corpo. I cristalli possono essere colorati mediante l’addizione di sali vari: bianchi o colorati trovano impiego per la preparazione di bottiglie, di bicchieri e di flaconi, merci generalmente abbastanza pregiate.

La produzione mondiale di vetro si aggira (2012) intorno a 110 milioni di tonnellate all’anno, quella dell’Unione Europea intorno a 35 milioni di t/anno e quella italiana intorno a 5 milioni di t/anno. La produzione italiana di vetro piano si aggira (2013) intorno a 750.000 t/anno, le importazioni e le esportazioni si equivalgono, intorno entrambe a 280.000 t/anno.

Più rilevante è la produzione italiana, nello stesso 2012, di vetro cavo, nei suoi quattro comparti di vetro cavo, di bottigliame, flaconeria, vasi alimentari e articoli per uso domestico. Tale produzione si aggira intorno a 3,6 milioni di t/anno, quasi tutte sotto forma di bottigliame; l’importazione e l’esportazione si equivalgono, più meno intorno a 550-600 mila tonnellate/anno La produzione di fibre di vetro si aggira intorno a 130.000 t/anno. La produzione italiana di cristalli è di circa 100.000 t/anno, per metà destinati all’esportazione.

I manufatti di vetro si prestano bene ad essere riciclati dopo l’uso. Rispetto ad una quantità di circa 2,2 milioni di tonnellate di imballaggi di vetro immessi in commercio, circa la metà viene recuperata con la raccolta differenziata e viene utilizzata dalle vetrerie che, nel 2013, hanno utilizzato complessivamente circa 1,4 milioni di tonnellate di rottame proveniente da tale raccolta differenziata.

Utili informazioni sul vetro si trovano nei volumi “L’Italia del riciclo”, pubblicati annualmente dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, www.fondazionesvilupposostenibile.it.

Se si trattasse del materiale di cui parlano i libri di Merceologia — il prodotto di fusione di calcare, soda, sabbia, feldspato — per rifusione non sarebbe difficile ottenere altro vetro. Ma il vetro, per soddisfare presunte domande dei consumatori, è addizionato con altri sali, con altri agenti, con coloranti, eccetera, variabili da fabbricante a fabbricante, il che rende sempre più difficile il riciclo: dal riciclo del vetro colorato si ottiene vetro colorato più scuro, di più scadente qualità e accettabilità merceologica, tanto che i rottami di vetro di diversi colori hanno un diversi valore commerciale. Il vetro dei tubi fluorescenti e dei video televisivi è contaminato da agenti tossici ed è difficilmente lavabile e ricuperabile, eccetera.

L’ideale sarebbe che venissero raccolte, separatamente, le bottiglie di vetro bianche, quelle verdi, quelle marroni, eccetera. Se avessimo un “diavoletto di Maxwell” (simile a quello suggerito per l’energia) capace di separare ogni particella di vetro di ciascun colore, potremmo ricuperare (e riutilizzare) il 100 % degli imballaggi di vetro. Non solo tale “diavoletto di Maxwell” delle merci non esiste, ma i produttori di ogni merce si affannano a modificare, a fini commerciali, le materie prime originali quanto più possibile con sostanze contaminanti, il che rende ancora più difficile il loro riutilizzo. Il grande economista americano Georgescu-Roegen aveva ben parlato di un “quarto principio” della termodinamica che spiega come anche la materia si degrada da un passaggio all’altro, dalla natura, ai fabbricanti, ai consumatori, il che ne rende sempre più difficile il recupero in forma di nuovo utilizzabile, per cui la massa di vetro riutilizzabile è inevitabilmente inferiore a quella del vetro immesso in commercio.