Recensione di Emilio Bartolini, La riserva mancata. Il Padule di Fucecchio fra crisi ambientale e difficile tutela (1970-1989), Pistoia, Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea in Pistoia, 2023, e Alessandra Caputi, Storie di resistenza ambientale. La tutela di Napoli e della costa campana negli anni Settanta, Napoli, Fondazione Biblioteca Benedetto Croce, 2022.
Se il libro di Salvatore Romeo recensito in questo stesso numero di “altronovecento” presenta un quadro generale e aggiornato dell’intreccio tra questione ambientale, evoluzione economica e contesto politico-culturale nell’Italia degli anni del miracolo economico e poi della crisi degli anni Settanta, i libri di Emilio Bartolini e di Alessandra Caputi rappresentano dal canto loro due riusciti tentativi di approfondimento locale di quelle stesse dinamiche, realizzati da un ricercatore e una ricercatrice della stessa generazione di Romeo, che si muovono all’interno di coordinate culturali e metodologiche vicine e che possono basarsi su una letteratura storiografica che negli ultimi anni è molto cresciuta, sia per qualità che per quantità.
L’oggetto del libro di Bartolini è una vertenza che investe un territorio ben delimitato e con caratteri ambientali molto particolari. Il Padule di Fucecchio è infatti una delle più grandi e pregiate aree umide dell’Italia centrale, sfuggito per una serie di ragioni storiche alla bonifica, testimone del progressivo declino della difficile e povera economia tradizionale rivierasca e al tempo stesso oggetto – a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta – di diverse e contrastanti risignificazioni e rifunzionalizzazioni. Nel corso dell’impetuoso sviluppo economico del secondo dopoguerra esso diviene infatti un enorme collettore di sostanze inquinanti, meta di una caccia sportiva molto impattante e che non ha ormai quasi più nulla a che fare con le cacce tradizionali e al tempo stesso un ambiente naturale liberato da antichi pregiudizi, visto anzi per la prima volta come prezioso e la cui tutela comincia di conseguenza ad essere considerata strategica non solo a livello locale ma anche e soprattutto a livello nazionale e internazionale. Bartolini ha da un lato il merito di descrivere con competenza la storia ambientale e sociale di lunga durata del Padule e da un altro lato quello di mettere a fuoco queste risignificazioni e rifunzionalizzazioni e mostrare come nel trentennio 1970-1989 esse si convertono in visioni, progetti, interessi diversi e per lo più conflittuali: tra ambientalisti, cacciatori, proprietari dei terreni, proprietari delle fabbriche e amministrazioni locali che scaricano liquami nel sistema idrico del Padule, vari uffici tecnici, forze politiche. Nel periodo considerato da Bartolini la vertenza del Padule di Fucecchio si anima così di confronti pubblici aspri, di studi, di convegni, di istituzioni di commissioni, di progetti ambiziosi, ma questo intensissimo lavorìo – molto ben documentato dall’autore – finisce con lo sfociare in un sostanziale nulla di fatto. Alla fine degli anni Ottanta, quando si chiude la narrazione (e oggi la situazione non appare poi tanto diversa), l’area umida è sempre fortemente inquinata dagli scarichi urbani e industriali, la tutela è stata realizzata solo su una porzione minuscola del Padule, gli attacchi ai già depauperati equilibri biologici da parte di cacciatori e dissodatori continuano pressoché indisturbati. Grazie all’utilizzo di una letteratura locale ampia e di qualità e di una notevole varietà di fondi documentari Bartolini descrive la dialettica tra un universo di micro-interessi che si battono per la conservazione dello status quo, alcuni segmenti di società civile che da una situazione di iniziale isolamento crescono negli anni e diversificano e ampliano competenze e obiettivi e un mondo di amministratori locali di vario livello (comuni, province, regione) prevalentemente social-comunisti occupati nel difficile compito di non scontentare nessuno. Un ceto di amministratori – questa sembra essere la nota dominante del libro e la causa principale dello stallo finale – che evita quindi per quanto gli è possibile di prendere precisamente e recisamente parte e si barcamena tra provvedimenti parziali e tattiche dilatorie.
La storia della vertenza sulle sorti del Padule di Fucecchio così come ricostruita da Bartolini non è solo interessante e appassionante in sé ma ha il pregio di riflettere diverse dinamiche più ampie: la nascita e lo sviluppo, la diversificazione e l’influenza crescente dell’ambientalismo; le trasformazioni economiche e sociali di un territorio articolato e dinamico come quello che circonda il Padule; le trasformazioni ambientali di un ecosistema molto delicato a causa degli insediamenti e delle attività economiche del circondario; l’onnipresente dialettica di questi anni – già al centro del libro di Romeo – tra regionalismo e centralismo, che qui si mostra in alcuni dei suoi esiti più fallimentari; l’indeterminatezza progettuale e decisionale e di conseguenza anche i limiti di efficienza amministrativa derivanti anzitutto al Pci dalla pretesa di essere contenitore ecumenico di interessi divergenti e spesso conflittuali.
Il libro di Alessandra Caputi ha per oggetto delle vertenze ambientali che si svolgono all’incirca nello stesso arco di tempo e animate da soggetti locali appartenenti a universi culturali e associativi che sono più o meno gli stessi di coloro che combattono per la tutela del Padule di Fucecchio – Italia Nostra in testa – ma ha un taglio leggermente diverso e soprattutto è ambientato in un contesto sociale e politico notevolmente differente.
Storie di resistenza ambientale non ruota anzitutto attorno alle vicende di un singolo territorio, di una singola vertenza, ma alle iniziative di un nucleo di ambientaliste e ambientalisti ristretto ma capace di raccogliere attorno a sé collaborazioni e consensi di rilievo, sia a livello locale che nazionale, sia presso l’opinione pubblica che all’interno delle istituzioni. Delle numerose vertenze condotte da questo piccolo nucleo tra l’inizio degli anni Sessanta e la metà degli anni Ottanta Caputi ne ha selezionate sette, probabilmente le più significative, e le ha accuratamente illustrate a partire dai due fondi archivistici che conservano le carte dei maggiori protagonisti: le sorelle Elena e Alda Croce, figlie del grande filosofo, e Antonio Iannello. Se attorno al Padule si agitano figure agguerrite e generose ma di rilevanza e di influenza sostanzialmente locale, qui siamo di fronte a personaggi di grande spessore tecnico e intellettuale, eredi di grandi tradizioni politiche e intellettuali, protagonisti della vita culturale di una capitale storica come Napoli ma anche della vita culturale nazionale, capaci di confrontarsi da pari a pari con le più alte cariche dello Stato. E personaggi al tempo stesso animati da una passione civica e da una propensione all’attivismo instancabili e senza incrinature. Questo piccolo nucleo capace di innervare una straordinaria rete di relazioni nazionali si trova a inoltre operare in un contesto radicalmente diverso da quello del Padule di Fucecchio, quali sono Napoli e la Campania del grande arrembaggio ai beni pubblici e all’ambiente di Achille Lauro e dei fratelli Gava, della criminalità organizzata, di una Democrazia cristiana tra le più corrotte d’Italia, di un’illegalità diffusa, di una speculazione edilizia profondamente incistata nel governo locale, di un assistenzialismo e un clientelismo capaci di muovere cifre colossali dal bilancio dello Stato. Un contesto apparentemente disperato, insomma, per chi ha l’ambizione di salvaguardare l’ambiente urbanizzato e quello naturale di una delle città più articolate, antiche e belle del mondo e di una costiera altrettanto articolata e preziosa ma anche un contesto nel quale paradossalmente diverse vertenze si risolvono con successi di notevole portata e significato. Le vertenze raccontate da Caputi dopo una bella descrizione dei protagonisti sono varie per dimensioni, importanza ed esiti. Si va dalla drammatica vicenda del piano regolatore, che affonda le sue radici negli anni Trenta e che rappresenta la posta decisiva per il futuro della città, ad alcune vertenze urbanistiche puntuali ma significative, dall’aspro e difficile conflitto sulla sorte dell’area industriale di Bagnoli a due notevoli successi nella salvaguardia della costiera campana tra cui quello riguardante l’ecomostro di Fuenti, per anni al centro dell’attenzione mediatica nazionale. A dispetto della loro estrema difficoltà diverse vertenze si risolvono infatti in modo positivo non solo grazie al dinamismo e alla tenacia delle sorelle Croce, di Iannello e dei loro collaboratori, ma anche alla loro capacità di mobilitare costantemente reticoli culturali, giornalistici, politici e istituzionali che vanno ben al di là della sola dimensione napoletana.
Gli scandagli di Bartolini e Caputi su realtà ambientali e di movimento diverse tra loro come quelle del Padule di Fucecchio, di Napoli e della costa campana costituiscono insomma da un lato delle letture senz’altro appassionanti e da un altro lato preziose analisi in grado di dettagliare, articolare ma anche confermare il quadro storico tracciato nelle sue linee più generali da Salvatore Romeo in L’altra faccia del benessere.