Il breve, incisivo, saggio di Luigi Piccioni necessita di un minimo di contestualizzazione storica. Alla metà degli anni Sessanta del Novecento prendevano forma le proteste contro le esplosioni di bombe atomiche nell’atmosfera, contro i pesticidi persistenti (il libro di Rachel Carson era stato pubblicato nel 1962), l’aumento della popolazione e l’aumento dell’inquinamento dell’aria e delle acque, la scarsità delle risorse naturali.
Quasi contemporaneamente cresceva il dibattito sul rapporto fra aumento della popolazione mondiale e crescente violenza contro l’ambiente, sotto forma di risorse naturali trasformate in beni di consumo destinati a diventare rifiuti inquinanti; una spirale dovuta all’aumento dei consumi, in alcune aree e fasce sociali, e all’aumento complessivo della popolazione che, allora, era di circa 80 milioni di persone all’anno.
Si affaccia, nelle società industrializzate e sviluppate, la consapevolezza che i rapporti fra gli esseri umani e gli altri viventi – vegetali e animali – e l’ambiente naturale fatto di acque, aria, suolo, implicano aspetti etici e politici.
Quelli politici, per chi voleva, erano facili da leggere. Gli esseri umani modificano l’ambiente, in certi casi in modo violento, sotto forma di caccia, inquinamenti, estrazione di combustibili e minerali dal sottosuolo, distruzione delle foreste etc., sotto la spinta dell’economia capitalistica. L’accumulazione di denaro è possibile attraverso la produzione e il commercio di crescenti quantità di beni materiali tratti dalla natura. Nel linguaggio di Marx, D-M-D’.
D’altro canto la chimica e la fisica spiegano che, in un pianeta di dimensioni limitate, l’aumento della produzione di beni materiali comporta un’inevitabile diminuzione delle riserve di risorse naturali non rinnovabili e l’altrettanto inevitabile immissione nell’ambiente di scorie persistenti, spesso tossiche che compromettono la salute e in qualche caso la vita umana.
La risposta politica alla crisi ambientale implicava, niente di meno, che il superamento del capitalismo, ovvero la sua subordinazione alle leggi dell’ecologia, un’impresa evidentemente impossibile per ideologie forgiatesi nell’era dell’industrializzazione. Il che valeva ugualmente per le varie forme esistenti di socialismo più o meno reale, non meno industrialista del primo, dato che faceva dell’aumento della produzione lo strumento principe se non unico per la liberazione dalla povertà.
La risposta etica implicava un radicale riorientamento, ad un tempo necessario e utopico, venendo a coinvolgere in modo significativo il mondo cristiano negli anni Sessanta e, a seguire, quello cattolico, con contraddizioni non da poco: la violenza alla natura è proporzionale al numero di esseri umani e al miglioramento delle loro condizioni di vita; essa si manifesta come violenza non solo verso i corpi naturali, ma anche verso altri esseri umani, privati di parte dei beni naturali comuni e avvelenati dagli inquinamenti. In altre parole come violenza “al prossimo” che secondo i cristiani si dovrebbe amare come se stessi. Nello stesso tempo il mondo cattolico era restio alla limitazione della popolazione con mezzi che la dottrina cattolica non accettava.
D’altro canto la conservazione della natura in quanto “valore” contraddiceva con una lettura letterale del primo capitolo del libro della Genesi in cui Dio “ordina” all’uomo di “dominare la terra” e tutti i suoi abitanti non umani.
In questa atmosfera la Santa Sede, come paese osservatore delle Nazioni Unite, fu invitata, alla fine del 1970, a partecipare alla preparazione della Conferenza sull’ambiente umano convocata a Stoccolma per la primavera del 1972.
Che cosa avrebbe potuto dire il mondo cattolico su un tema così contraddittorio e quasi mai affrontato? Il dibattito al riguardo fu approfondito e vivace e il saggio di Luigi Piccioni ne dà un resoconto dettagliato, accennando rapidamente anche ai rapporti fra mondo cattolico e “ecologia” nei decenni successivi, fino al graduale riconoscimento che, nel libro della Genesi, Dio ordina all’uomo anche di coltivare e custodire la terra, di usarne, quindi, le risorse per soddisfare i bisogni umani nel rispetto delle generazioni che verranno. Concetti, estranei al mondo politico di allora e di oggi, ribaditi nella recente enciclica di papa Francesco Laudato si’ e nei continui inviti a una produzione e consumo di beni non dominati dal “dio denaro”.
Arricchiscono il saggio cinque appendici contenenti i documenti ufficiali della Chiesa sull’ecologia del triennio 1970-1972, alcune delle prime riflessioni cattoliche sulla questione ambientale, una documentazione del gruppo incaricato dalla Segreteria di Stato di seguire la preparazione e lo svolgimento della Conferenza, documenti della Commissione pontificia “Iustitia et pax”, materiali sulla questione del controllo delle nascite e infine un piccolo corredo iconografico.