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Il Convegno SISAm di Napoli: la storia ambientale italiana tra bilanci e prospettive

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Il II Convegno nazionale della Società Italiana di Storia Ambientale (SISAm), tenutosi a Napoli dal 26 al 28 settembre del 2024, ha indiscutibilmente segnato una tappa significativa del complesso processo di affermazione degli studi di storia ambientale nel nostro Paese. L’iniziativa si è rivelata un successo di portata non pronosticabile sino a pochi anni fa: le tre giornate hanno visto la partecipazione di circa 190 relatori provenienti da tutt’Italia (nonché da alcuni Paesi del bacino mediterraneo come Portogallo e Spagna), i cui interventi sono stati organizzati in sette sessioni parallele. Stilare un bilancio delle tre giornate è un compito certamente arduo, per cui cercherò di avanzare alcune considerazioni su alcuni aspetti emersi dal Convegno che ritengo più interessanti anche per riflettere sulle prospettive future aperte per la SISAm e le responsabilità cui dovrà farsi carico la Società stessa. In primo luogo, colpisce la ricchezza, pluralità e varietà tematica degli interventi e delle relative linee di ricerca che hanno costellato la tre giorni. Ormai, la storia ambientale italiana travalica ampiamente i confini cronologici dell’epoca contemporanea, promuovendo approfondimenti sulle questioni ambientali nel mondo antico e medievale, incrociando altre discipline come l’archeologia e la letteratura.

La SISAm, nata alla fine del 2021 e divenuta operativa dai primi mesi del 2022, coltivava (e coltiva) l’ambizione di dare una rappresentanza autorevole a quello che era il composito e sfilacciato mondo della ricerca scientifica sulle questioni ecologiche e dell’attivismo ambientalista in Italia, divenendo un solido riferimento nel nostro Paese per la platea degli interessati a quest’ordine di problematiche, non costituita necessariamente dai soli storici di professione. In effetti, in linea con l’approccio interdisciplinare che la SISAm promuove, il Convegno ha confermato la capacità attrattiva della Società anche nei confronti di studiosi di altre discipline (antropologi, economisti, filosofi, sociologi, urbanisti, architetti, ecc.…), che hanno arricchito con le loro categorie e metodologie la discussione. Lo scambio con altri ambiti disciplinati impegnati nello studio delle problematiche ambientali è stato baricentrico nel Convegno napoletano, con una scelta chiara di sostituire la formula del Keynote Speech con alcuni momenti di confronto con diverse società e associazioni scientifiche. I forum tematici tenuti con rappresentanti della Società italiana di ecologia del paesaggio, della Società italiana di Public History e della Società italiana di storia urbana hanno dimostrato ulteriormente la tendenza della SISAm nel modellare la propria identità non arroccandosi e ripiegandosi su se stessa, ma relazionandosi con le altre realtà associative. In tal senso, nei saluti finali in conclusione al Convegno è stato concesso spazio anche per l’intervento di una rappresentante del Laboratorio di Ecologia Politica di Napoli, consolidando l’apertura al confronto della Società anche verso i movimenti ambientalisti e confermando la linea inaugurata già nel I Convegno nazionale di Catania del 2022, quando erano stati ospiti alcuni attivisti di Friday for Future.

Un altro importante momento è stato dedicato alla rivista Global Environment, che a 18 anni dalla sua fondazione ha consolidato la sua vocazione di strumento di discussione e di studio sulle problematiche ambientali in prospettiva storica e con un’apertura internazionale, attenta soprattutto alle implicazioni ambientali dei processi di sviluppo nel Sud globale.

Oltre alla dimensione interdisciplinare della storia ambientale, oggetto di un’accesa discussione nel corso dell’assemblea dei soci tenutasi nel pomeriggio del secondo giorno, altra questione che mi pare cruciale e mi preme sottolineare, anche per un coinvolgimento personale (lo scrivete è un dottorando in scienze storiche) è l’elevata partecipazione della macro-categoria di “non strutturati”, ovvero della galassia di lavoratori precari della ricerca italiana. Il più dirompente elemento di novità che ci consegna la tre giorni napoletana è rappresentato proprio dalla presenza maggioritaria, tra i 190 relatori, di giovani ricercatori e ricercatrici, che ci indica come si sia diffusa in modo vertiginoso negli ultimi una domanda di storia ambientale in Italia. La discussione attorno ai molteplici nodi aperti dal dibattito sulla sostenibilità ambientale ha agevolato, dopo decenni di marginalizzazione nelle università italiane, la penetrazione degli studi di storia ambientale nei dipartimenti umanistici e nei corsi di laurea in scienze storiche. Tante borse e assegni di ricerca erogati con fondi PNRR e in qualche modo vincolati ai problemi della sostenibilità hanno consentito a giovanissimi ricercatori di intraprendere studi innovativi. La domanda che mi pongo, in linea con alcuni dubbi emersi giustamente proprio durante la discussione in sede di assemblea, è: chiusa questa stagione si avrà la forza di riproporre nell’università la centralità delle ricerche di storia ambientale? Rispetto a questo l’altro tema spinoso, e divisivo per la stessa comunità degli storici ambientali, è legato alla possibilità di avanzare la richiesta di un settore scientifico disciplinare di storia ambientale, il quale permetterebbe il definitivo consolidamento di questo filone di ricerca nell’accademia italiana. Infatti, un rischio ravvisato è proprio quello che la proliferazione di studi e ricerche di storia ambientale possa rivelarsi una “moda” congiunturale, determinata dalle condizioni favorevoli di questi ultimi anni. Perciò, tra le prospettive future aperte dal Convegno di Napoli, credo che una responsabilità importante della SISAm sia quella di intercettare questi fermenti che animano la ricerca nell’ambito della storia ambientale, coordinando questa ventata positiva per quanto possibile e soprattutto formando sul piano metodologico una nuova generazione di storici ambientali, trasmettendo loro le categorie e gli approcci di una disciplina sì aperta all’ibridazione e al confronto con altre, ma che ha una propria solida identità scientifica, come dimostrato dai tre giorni napoletani.

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