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L’altra faccia del benessere: la questione ambientale in Italia dalla Ricostruzione alla crisi dei Settanta nel libro di Salvatore Romeo

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Recensione di Salvatore Romeo, L’altra faccia del benessere. Una storia ambientale nell’Italia contemporanea (1950-1979), Roma, Carocci, 2024.

L’altra faccia del benessere di Salvatore Romeo è l’ultima di una serie di opere che a partire dal 2009 hanno tentato di tracciare un bilancio della storia ambientale dell’Italia repubblicana. Tra il 2009 e il 2011 si sono infatti già cimentati nell’impresa Saverio Luzzi1 e Gabriella Corona2: il primo ha analizzato la seconda metà del Novecento a partire dall’impatto sanitario dello sviluppo industriale mentre la seconda ha abbracciato l’intero secolo e l’inizio del nuovo cercando di integrare la dimensione ambientale in sé, le sue trasformazioni ad opera dell’uomo e gli approcci politici e culturali ai problemi posti da queste trasformazioni. Romeo adotta una periodizzazione e un taglio ancora diversi, che integrano utilmente gli altri.

Il periodo esaminato in L’altra faccia del benessere, anzitutto, è un poco più ampio di quello dei cosiddetti “trenta gloriosi” e va dall’inizio del miracolo economico fino a comprendere la crisi della seconda metà degli anni Settanta mentre il titolo del libro vuole sottolineare come il degrado ambientale abbia rappresentato prima di tutto un risvolto per lungo tempo poco visibile di un periodo di euforica crescita dell’economia e del tenore di vita degli italiani. Il titolo non rende però pienamente giustizia alla ricerca di Romeo, perché il vero centro dell’opera è costituito dai diversi modi in cui si è manifestata e si è sviluppata in Italia la “questione ambientale” intesa come l’intreccio di percezione delle crisi ambientali, strategie e politiche ambientali adottate da vari soggetti e nascita e sviluppo di culture e movimenti propriamente ambientalisti.

Il periodo preso in esame è – per l’Italia come per tutto il mondo industrializzato – quello della “grande accelerazione” che nel nostro caso ebbe un impatto maggiore che altrove in quanto implicò non solo ritmi di crescita della produzione e dei consumi inediti e assai forti ma modificò a fondo la struttura produttiva, sociale e culturale del paese. La trasformazione dell’Italia in un paese di consumi di massa non si arrestò con la crisi degli anni Settanta ma almeno dal 1973 molte cose cambiarono profondamente. Il processo di espansione industriale rallentò e in parte iniziò a invertirsi, l’influenza dell’Europa si fece più forte, le forme di mediazione politica che avevano caratterizzato il dopoguerra cominciarono ad andare in crisi e gli effetti del neoliberismo e della globalizzazione cominciarono a dispiegarsi; tutti fenomeni che contribuirono a determinare il declino dei tentativi avviati negli anni Sessanta di affermare un controllo e una direzione pubblica dell’economia e di riformare lo Stato in senso più moderno.

Uno dei principali meriti di L’altra faccia del benessere è di aver mostrato efficacemente non soltanto come di tutte queste dinamiche generali la questione ambientale fu pienamente partecipe, ma in che modo contribuì a sua volta a plasmarle. Questo risultato è stato possibile grazie al fatto che Romeo è riuscito a descrivere il dispiegarsi della questione ambientale come il risultato del gioco reciproco di cinque soggetti in un’arena costantemente mutevole: la rappresentanza politica, le burocrazie amministrative, la ricerca scientifica e tecnologica, le imprese e la società civile.

Schematizzando al massimo si può dire che la storia raccontata da Romeo – tassello, come si è detto, del più vasto mosaico delle trasformazioni del paese – si struttura attorno a quattro grandi processi.

Il primo è quello del manifestarsi, negli anni Cinquanta, dei primi effetti diffusi della crescita economica sull’ambiente, di alcune forme di consapevolezza della necessità di farvi fronte, ma da parte di poche amministrazioni locali e di pochi organismi centrali dello Stato. In questa fase l’efficacia dei provvedimenti è limitata sia perché sono rari e isolati, sia perché vengono spesso inquadrati in cornici teoriche invecchiate e inadeguate.

Il secondo è quello del lento ma inarrestabile emergere – nel corso degli anni Sessanta – di una nuova e diversa visione delle problematiche ambientali, effetto a sua volta di diverse dinamiche. Vi contribuiscono infatti l’imporsi di nuovi paradigmi tecnico-scientifici, il moltiplicarsi delle crisi ambientali, l’affermarsi – grazie all’urbanizzazione, alla scolarizzazione e alla crescita del tenore di vita – di nuovi bisogni immateriali e di nuove domande di diritti e di partecipazione politica, la stagione delle politiche keynesiane e programmatorie portata dalla formula del centro-sinistra, l’affacciarsi di visioni critiche del consumismo e della crescita economica. La svolta ambientalista di Italia Nostra, la nascita del Wwf e poi la più ricca e articolata fioritura ecologista del 1970 e degli anni successivi sono figlie e parte di questa grande effervescenza.

Il terzo processo è quello che investe – anche a causa di tutto questo – il mondo delle imprese, costrette sempre più a fare i conti con un contesto che dai primi anni Sessanta non è più quello del laissez faire e del consenso acritico degli anni Cinquanta. Pressate prima dal rafforzarsi dell’iniziativa sindacale, poi dai vincoli – pur quanto deboli – posti dalle politiche di centro-sinistra e infine dalle radicali critiche ambientaliste esse danno risposte in ordine sparso che in alcuni momenti paiono delineare delle strategie di presa in carico della questione ambientale, a volte di notevole interesse, ma che sono in gran parte travolte dalla crisi del 1973 e degli anni seguenti, in un clima di crescente e drammatica competizione internazionale.

L’ultimo dei processi che Romeo evidenzia – e che necessariamente connette con tutti gli altri – è quello che vede confrontarsi aspramente negli anni Settanta diverse ipotesi di riforma dello Stato: una regionalista, sostenuta anzitutto dal Partito comunista e dai nuovi enti regionali, una modernizzatrice e centralista imperniata sulla programmazione nella quale si impegnano vari soggetti sia politici che economici e associativi e una, se così si può dire, di conservazione dello status quo centralista e burocratico. Romeo mostra come la questione ambientale giuochi un ruolo di grande importanza in questo scontro, perché alcune grandi questioni e linee di intervento riguardanti la gestione del territorio e della produzione diventano terreni privilegiati di scontro tra regionalisti, modernizzatori e centralisti “tradizionali”.

L’altra faccia del benessere rappresenta anzitutto lo sforzo, inusuale e riuscito, di individuare e comporre in un quadro organico tutti questi elementi. E questo è già un punto di merito. Questo sforzo permette però anche di illuminare un gran numero di vicende specifiche, alcune delle quali poco note o spesso fraintese. Tra le tante, per dare un’idea, se ne possono citare tre. La prima è quella dell’intensa interazione degli anni Cinquanta tra tecnici dell’acqua e alcune amministrazioni locali, soprattutto del triangolo industriale, per mettere a fuoco e cercare di risolvere inediti problemi di inquinamento e, più in generale, di degrado dei corpi idrici. La seconda è quella della progressiva conversione di Italia Nostra da associazione consacrata quasi esclusivamente alla salvaguardia del patrimonio storico artistico a sodalizio aperto a tutto lo spettro delle problematiche territoriali e ambientali capace di diventare in tal modo non solo un apripista dell’ecologismo italiano ma anche il brodo di coltura di molte esperienze successive, come il Wwf ma anche come molto dell’ambientalismo scientifico degli anni Settanta. La terza è quella di un’esperienza ambigua e contraddittoria ma all’epoca molto visibile e espressione avanzata di un contesto come fu il rapporto Tecneco sull’ambiente del 1973. Ma, è bene ripeterlo, questi sono solo alcuni esempi. Il merito di La faccia del benessere è di offrire una cornice ampia nel quale tutti i processi e gli eventi più significativi della questione ambientale in Italia sono coerentemente collocati.

In tutti i casi il lavoro sulle fonti, il ragionamento sulle motivazioni e sulle modalità di intervento dei soggetti e lo scavo delle interazioni tra gli attori e tra questi e il contesto sono condotti in modo solido, senza infiorettature teoriche superflue, con molta laicità, autorevolmente ma lasciando spazio a nuove domande e alla possibilità di interpretazioni e tagli diversi.

L’altra faccia del benessere rappresenta in conclusione sia un affresco prezioso che fa efficacemente tesoro della grande crescita qualitativa e quantitativa delle ricerche di storia ambientale dell’ultimo quindicennio sia un utile deposito di domande e di suggerimenti per piste di ricerca ulteriori.

1 Saverio Luzzi, Il virus del benessere. Ambiente, salute, sviluppo nell’Italia repubblicana, Roma-Bari, Laterza, 2009, pp. 298.

2 Gabriella Corona, L’Italia dell’Antropocene. Percorsi di storia ambientale tra XX e XXI secolo, Roma, Carocci, 2023, pp. 280, preceduto nel 2017 da Breve storia dell’ambiente in Italia, Bologna, il Mulino, 2017, pp. 140, più snelloma esteso all’indietro fino all’unificazione nazionale.

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