La Risoluzione per l’istituzione del Nuovo Ordine Internazionale citata in questo resoconto è pubblicata nella sezione “Documenti” di questo stesso numero di “altronovecento”.
Il 10 e 11 maggio 2024, l’Università Ca’ Foscari di Venezia ha riunito un gruppo di studiosi e studiose di spicco per il convegno “The New International Economic Order. Lessons and Legacies 50 Years Later”, dedicato alla storia e all’eredità politica della campagna internazionale per il Nuovo Ordine Economico Internazionale (NOEI) che, a metà degli anni Settanta, sembrò brevemente in grado di cambiare gli equilibri istituzionali dell’economia politica mondiale. L’evento è stato organizzato congiuntamente dall’Università Ca’ Foscari di Venezia, dal Colegio de México, dal Berggruen Institute Europe e dall’History and Political Economy Project della Johns Hopkins University.
L’obiettivo della conferenza, secondo Vanni Pettinà (Università Ca’ Foscari di Venezia), era quello di cogliere l’opportunità offerta dal cinquantesimo anniversario dalla Sesta Sessione Speciale dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 1974 – quando la Risoluzione per l’istituzione del Nuovo Ordine Economico Internazionale fu approvata per consenso, nella data simbolica del 1° maggio – per rivalutare il significato storico del progetto del NOEI. I temi trattati sono stati estremamente vari e di seguito si potrà offrirne solo una brevissima sintesi.
Nel suo discorso keynote, Quinn Slobodian (Università di Boston) ha ricordato che il NOEI deve essere considerato come un insieme di “futuri non realizzati”. Tra questi: multinazionali regolamentate, economie miste, intergovernamentalismo egualitario, un “New deal globale” e un diritto internazionale decolonizzato, associati a nozioni di “sovranità permanente” sulle risorse naturali, “patrimoni comuni dell’umanità” e persino di un Nuovo ordine dell’informazione. Un confronto tra queste aspettative e gli eventi successivi mostra come l’attuazione di grandi aspirazioni abbia portato a una serie di “presenti compromessi”. Tuttavia, Slobodian ha suggerito la necessità per gli storici di evitare anacronismi e inquadramenti eroici/tragici, di disaggregare l’ideologia, sottolineare le linee di frattura settoriali e nazionali e mostrare le continuità tra passato e presente.
Nel primo dei cinque panel del convegno, moderato da Ana Sofía Rodríguez Everaert (Colegio de México), Michael Leger (Università di Cambridge) ha discusso la storia dell’idea di collegare i Diritti Speciali di Prelievo del FMI al finanziamento di specifici progetti di sviluppo nel Terzo Mondo. David Yee (Metropolitan State University, Denver) ha sottolineato l’intersezione tra ambientalismo e sviluppo del Terzo Mondo nel contesto della Conferenza ONU di Stoccolma sull’ambiente umano del 1972 e della Seconda Conferenza ONU sul Commercio e lo Sviluppo tenutasi a Santiago del Cile nell’aprile dello stesso anno. Il problema della gestione delle risorse nazionali è stato affrontato da Fred Shaia (Brown University, Rhode Island), che si è soffermato sul tentativo del Gruppo dei 77 di promuovere una più equa redistribuzione delle risorse economiche internazionali nel contesto della già citata Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente umano. Filip Batselé (Istituto di diritto internazionale Rolin-Jaequemyns di Gand) ha discusso la richiesta, contenuta nel Programma d’azione per il NOEI del 1974, di un Codice di condotta internazionale per le imprese transnazionali, mostrando anche come la Camera di commercio internazionale abbia svolto un ruolo centrale nella sua elaborazione.
Il secondo panel, moderato da Chiara Bonfiglioli (Università Ca’ Foscari di Venezia), ha prestato particolare attenzione al modo in cui gli Stati e gli attori subnazionali hanno intessuto strategie diplomatiche per navigare nelle dinamiche geopolitiche e istituzionali del NOEI. Bradley Simpson (Università del Connecticut) ha analizzato l’Indonesia, inquadrandola come un attore “moderato” nel NOEI, guidato sia dall’ideologia che dalla necessità. Bérenice Guyot-Réchard (King’s College di Londra) ha evidenziato l’attivismo pionieristico dello Sri Lanka nel ristrutturare le rotte marittime negli anni Settanta, anche attraverso un Codice di condotta per la navigazione, per rimodellare spazi imperiali tradizionali come le strutture marittime in aree di organizzazione politica ed economica autonoma. Elizabeth Banks (Università di Edimburgo) ha esaminato il Centro africano di formazione per le donne (ATRCW) della Commissione economica delle Nazioni Unite per l’Africa (UNECA) e la sua risposta al NOEI. Miriam Pensack (New York University) ha esplorato la lotta di Panama per la sovranità sulla Zona del Canale di Panama, inquadrata nel contesto del NOEI e della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti e i doveri degli Stati del 1974.
Il terzo panel è stato incentrato su “I movimenti sociali e il NOEI” ed è stato moderato da Luis Beneduzi (Università Ca’ Foscari di Venezia). La questione della giustizia ambientale è stata profondamente legata al NOEI – al punto che si è parlato anche di un “Nuovo ordine ambientale internazionale”, come ha sottolineato Frank Gerits (Università di Utrecht) nel suo intervento sulla creazione del Programma ambientale delle Nazioni Unite (UNEP) nel 1982. Per quanto riguarda il controllo della popolazione, Joanne Meyerowitz (Università di Yale) ha messo a fuoco il legame tra il NOEI e il movimento internazionale Women in Development. Roxanne Houman (Columbia University) ha affrontato la “soluzione ponte”, elaborata da Oxfam, uno dei primi schemi di “commercio equo e solidale” in cui i consumatori avrebbero pagato prezzi più alti (e più equi) per i prodotti primari. Infine, Ihab Shalbak (Università di Sydney) ha collegato la storia del NOEI con quella dell’OLP, mostrando che quest’ultima è stata un movimento di liberazione nazionale tardivo che “ha dovuto fare i conti con la consapevolezza che la liberazione fisica della terra è insostenibile senza “il potere della decolonizzazione di cambiare altre relazioni, in particolare quelle economiche”.
Il secondo giorno della conferenza si è aperto con il panel intitolato “Le sfide del NOEI”, moderato da Duccio Basosi (Università Ca’ Foscari di Venezia). Vivien Chang (Jackson School of Global Affairs dell’Università di Yale) ha parlato del Third World Forum, una rete transnazionale di intellettuali, diplomatici e politici degli anni Settanta, tra cui spiccavano l’egiziano Samir Amin, il nigeriano Ikenna Nzimiro e il tanzaniano Justinian Rweyemamu. Alanna O’Malley (Università di Leiden) ha sottolineato gli sforzi del G77 per promuovere la solidarietà tra i Paesi in via di sviluppo e sfidare la mancanza di volontà politica del mondo sviluppato nella promozione dello sviluppo economico nel Terzo Mondo. Mirek Tobiáš Hošman (Università di Bologna) ha esaminato l’evoluzione della posizione della Banca Mondiale sotto diverse presidenze, con particolare attenzione al mandato di McNamara e al suo progressivo allontanamento da alcune strategie innovative, relativamente allineate al NOEI.
Le “eredità del NOEI” sono state approfondite nel quinto e ultimo panel, moderato da Juan Flores Zendejas (Università di Ginevra, Svizzera). Timothy Nunan (Università di Regensburg) ha sfidato la prospettiva mainstream sull’islamismo come attore che ha contribuito alla scomparsa del Progetto Terzo Mondo, mostrando invece che la Rivoluzione iraniana del 1979 e il panislamismo dell’Arabia Saudita sono stati impegnati nella riforma dell’economia globale. David Adler (Università di Oxford) ha presentato un lavoro co-autorato con Alexandros Kentikelenis (Università Bocconi) e Sachin Peddada (Università del Massachusetts Amherst), cercando di verificare la tesi se stiamo vivendo un nuovo “momento NOEI” e sostenendo che “senza la forza di [una] leva strutturale”, il “nuovo NOEI rimarrà uno zombie”. Infine, Aldo Marchesi (Universidad de la República Uruguay) si è soffermato sulla CEPAL e sulla sua evoluzione dopo gli anni Settanta verso “un fragile equilibrio tra il suo passato strutturalista, alcuni aspetti del nuovo contesto neoliberale e una sensibilità sociale”.
La tavola rotonda finale è stata moderata da Alessandro Iandolo (University College London) e ha riunito David Engerman (Università di Yale), Giuliano Garavini (Università Roma Tre), Artemy Kalinovski (Temple University di Philadelphia), Christy Thornton (ora alla New York University), Nils Gilman (Berggruen Institute) e Vanni Pettinà (Università Ca’ Foscari venezia). La discussione ha sottolineato l’utilità di riflettere sul NOEI, per imprese diverse come la concettualizzazione delle condizioni interne di un Paese e dello “sviluppo”, nonché per le discussioni su un nuovo sistema economico globale, sul declino del fascino del socialismo negli anni ‘90, sul rapporto tra sovranità, interdipendenza e Stato, nonché per inquadrare alcuni sviluppi recenti dell’economia politica internazionale, come la nascita dell’OPEC+.