Alla prima pagina del Volume I degli Atti di questa Accademia vi è uno scritto di Benedetto Croce del 13 Gennaio 1949 che dice:
“L’Accademia Pontaniana è stata due volte soppressa nel corso dei secoli e due volte è risorta. Nata la prima volta nel 1443 intorno ad Alfonso quinto d’Aragona, primo re di Napoli, sotto la direzione del Panormita e, nella nuova generazione, di Giovanni Pontano, del quale le restò il nome, visse un secolo giusto. Fu fatta chiudere nel 1542 dal viceré spagnuolo don Pedro de Toledo per sospetti di spiriti ereticali e di cospirazioni antispagnuole.
“Ma dopo oltre due secoli e mezzo, fra le riforme civili che si attuarono nel Regno di Napoli sotto i Napoleonidi, si ripensò anche alla antica Accademia del Pontano, della quale era rimasta una memoria circondata di riverenza; un gruppo di dotti, di scienziati e di letterati, radunati in casa di Giustino Fortunato (Rionero sul Vulture 1777-Napoli 1862), la fece risorgere, e i sessantasette volumi dei suoi Atti attestano che non fu inoperosa.
“Ma nel 1934 il governo fascista, che si era dato a immischiarsi nelle cose delle accademie e a imporre a queste giuramenti politici, pensò addirittura di sopprimere la Pontaniana, col pretesto che a Napoli c’erano due accademie, e ciò infrangeva la legge dell’unità, sacra a quell’alto regime. Rammento che il provvedimento fu così bene eseguito che la biblioteca rimase abbandonata, in preda di chiunque entrasse nell’edificio di Tarsia. Io, avvertito di ciò dall’ultimo Presidente, Pasquale del Pezzo, mandai segretamente, per mezzo di un amico, un appunto ad un impiegato, che sapevo a me devoto, del Ministero dell’Istruzione, suggerendogli di telegrafare immediatamente al Rettore dell’Università affinché consegnasse la biblioteca al segretario della Reale Accademia di scienze morali e politiche o alla direzione della Biblioteca Nazionale. E così avvenne.
“M’illusi d’aver salvato quella biblioteca, che conteneva circa 3800 volumi, e serbava un bellissimo codice miniato del De liberalitate del Pontano, quattro volumi di documenti sull’antica Accademia messi insieme nel Settecento da Gian Vincenzo Meola, che, avendoli ricevuti dagli eredi del marchese Arditi per mezzo della nostra socia Enrichetta Carafa d’Andria, ebbi l’onore di presentare all’Accademia. Serbava, inoltre, manoscritti del Pietro Napoli – Signorelli e tutti i lavori giudicati dall’Accademia nei concorsi che regolarmente bandiva. Ma nove anni dopo, nel 1943, nei pochi giorni che le soldatesche germaniche tennero Napoli e dintorni, furono da queste, per vendetta e con freddo proposito, bruciate, insieme col nostro glorioso e secolare Archivio di Stato, le biblioteche della Società Reale e della Pontaniana.
“Ciò non ostante, l’anno appresso, 1944, l’Accademia, spoglia di tutto, spiritualmente risorse, raccolse i suoi vecchi soci, ne nominò di nuovi, ed ebbe forze giovani a sua disposizione sotto la presidenza della chimica Maria Bakunin, insegnante nella nostra Università, validamente coadiuvata dal segretario generale Riccardo Filangieri Superate le difficoltà finanziarie, cominciò a ricomporre una biblioteca e a pubblicare i suoi Atti, dei quali questo è il primo volume della nuova serie, curato con alta competenza dal vicepresidente Fausto Nicolini.
“Il primo volume è interessante anche perché riporta i verbali delle sedute del periodo 1944 – 1948. Il primo verbale reca la data del 12 Novembre 1944. L’Accademia si riunisce nella sala Tasso degli Archivi di Stato offerta dal socio Riccardo Filangieri. Su proposta del Comitato viene eletto il Consiglio della Accademia che risulta così costituito:
– Presidente Onorario lo storico e filosofo Benedetto Croce socio dal 1892
– Presidente Maria Bakunin socio dal 1905
– Vice Presidente il giurista e papirologo ma anche Ministro di Grazia e Giustizia e Pubblica Istruzione (1944-1945), Vincenzo Arangio-Ruiz socio dal 1928.
– Segretario Generale lo storico ed archivista Riccardo Filangieri socio dal 1927.
– Segretario Aggiunto il letterato Emanuele Ciafardini socio dal 1929.
– Tesoriere il matematico Enrico Ascione socio dal 1912.
– Amministratori il letterato Guido della Valle socio dal 1921 e lo zoologo Umberto Pierantoni socio dal 1928.
“Nello stesso periodo il 15 Febbraio 1944 furono eletti, su proposta del Comitato dei Dieci (Bakunin, De Lorenzo, Nicolini, Pierantoni, Omodeo, Arangio-Ruiz, Quagliarello, Carrelli, Cacciopoli, Filangieri), nella Classe seconda (Scienze Naturali), due soci stranieri che si rivelarono di grande aiuto per l’Accademia: il Generale USA Edgard Erskine Hume, da civile Chief Military Surgeon Association; il Colonnello scozzese George Robert Gayre of Gayre, da civile Direttore dello Istituto di Antropologia della Università di Edimburgo.
“Alla fine della Presidenza Bakunin, trascorso cioè il triennio, il matematico tesoriere Ascione presentò un bilancio positivo per L.569.000. I soci erano in numero di 121 (oggi 237). Essi avevano pubblicato e lavorato alacremente ma non ricevettero, come nella tradizione, alcun stipendio né vitto né alloggio.
“Il successivo triennio ebbe come Presidente Fausto Nicolini e come Segretario Generale Riccardo Filangieri. Alla fine del 1948 l’Accademia era così composta nelle Classi:
– Scienze Matematiche, Presidente Mario Gleyeses, segretario Carlo Mirando, soci 29.
– Scienze Naturali, Presidente Gaetano Quagliarello, Segretario Geremia D’Erasmo, Soci 43.
– Scienze Morali, Presidente Romualdo Trifone, Segretario Ludovico De Simone, Soci 27.
– Storia, Archeologia, e Filologia, Presidente Amedeo Maiuri, Segretario Nicola Nicolini, Soci 31.
– Lettere e Belle Arti, Presidente Fausto Nicolini, Segretario Francesco Sbordone, Soci 22.
“Dunque a reggere la prima Presidenza dell’Accademia fu Maria Bakunin, una chimica. Come mai Croce la preferì ad altri?
Maria Bakunin, Marussia per gli amici, la Signora per gli altri, era nata in Siberia a Krasnojarsk il 2 Febbraio 1873, figlia del rivoluzionario e filosofo russo il principe Michail Aleksandrovic e di Antossia Kwrathovoska, (cratovoska) figlia di un deportato politico polacco. Dopo un lungo periodo trascorso in Siberia dove il Bakunin scontava una condanna a vita, l’intera famiglia con i figlioletti Carlo, Sofia, e Maria riuscì a riparare in Europa. Morto il padre a Berna nel 1876, Antossia ed i figli vennero a Napoli prendendo alloggio in una bella
villa di Capodimonte di proprietà di un noto socialista l’avvocato Gambuzzi che il Bakunin dovette conoscere in una delle tante incursioni segrete a Napoli, città prediletta dal Bakunin che la riteneva il luogo ove meglio erano realizzati i suoi ideali anarchici. Dopo poco Antossia sposò il Gambuzzi dalla cui unione nacque una figlia Tatiana.
Maria ebbe la sua educazione a Napoli; frequentò il Liceo Umberto e si laureò con grande onore nel 1895 in chimica. Poco dopo sposava Agostino Oglialoro-Todaro direttore dello Istituto di Chimica Generale della Università di Napoli.
Segnalo alcune date:
1909 – Professore di Chimica Applicata presso la Scuola Politecnica di Napoli.
1911 – Professore di Chimica Tecnologica Organica sempre presso la stessa Scuola.
1936 – Professore di Chimica Industriale presso la Scuola Politecnica.
1940 – Professore di Chimica Organica presso la Facoltà di Scienze della Università di Napoli fino al 1948 anno in cui il milanese Luigi Panizzi occupò la cattedra di chimica organica.
Per il biografo è necessario sapere che le date relative alla vita di Maria Bakunin non sono sempre di facile interpretazione perché spesso fu preso, come riferimento della data di nascita un certificato di battesimo ove la piccola Maria aveva già 8 anni circa.
Maria Bakunin, fu una grande scienziata, donna forte e coraggiosa fino alla audacia da taluni ritenuta violenta e prepotente. Esercitò un forte potere su chiunque, uomo o donna che fosse, ricco o povero, debole o potente. Fu temuta e riverita da tutti e nessuno si ribellò. Ma non fu sempre cosi. In una sessione di esami del 1941 un ufficiale in divisa si presentò a sostenere l’esame di chimica organica (secondo una disposizione Ministeriale i militari in divisa godevano di molte agevolazioni e non potevano essere bocciati). La Signora l’apostrofò: cosa fa lei qui così travestito? L’ufficiale, sentendosi offeso, mise mano alla pistola e solo l’intervento tempestivo ed intelligente dello Ing. Bonifazi evitò una tragedia.
Rivelò un carattere forte e generoso fin da giovinetta. Quando passeggiando per via Toledo in calesse con i fratellini, riuscì a domare il cavallo improvvisamente imbizzarrito o quando caduta la sorellina Sofia in un pozzo di Capodimonte si fece calare essa stessa nel pozzo riuscendo ad afferrarla per i capelli.
Quando i Tedeschi nel 1943 misero a fuoco le biblioteche di via Mezzocannone, la Bakunin si sedette in prossimità delle fiamme incrociando le braccia. Il tenente tedesco comandante, stupefatto da tanto coraggio dette ordine di ritirarsi ed i danni furono meno gravi.
Io penso che Maria Bakunin fosse la persona adatta a guidare in quel periodo di violenti emergenze e di forti contrasti l’Accademia e che quindi la scelta di Croce fosse giusta.
La Signora abitava, con alcuni gatti, in locali ampi e tetri attigui al numero civico 8 ed ai quali si accedeva da una porticina. Quando usciva di casa per recarsi all’Istituto al civico n° 4, vi era un fuggi fuggi generale, mentre l’Istituto Chimico appariva straordinariamente operoso. La Bakunin era molto dura ed esigente con il personale. Ho una sua pubblicazione scientifica dove nell’angolo destro in alto è scritto: prendere a calci Vincenzino (il custode) perché non si è fatto le basette. Ma se qualcuno di loro si ammalava allora correva a visitarli ed ad assisterli. Dopo la seduta Accademica che allora aveva inizio alle ore 11, i soci erano invitati a colazione. Assidui furono i Professori Torelli, Masone, de Lorenzo, Bassani, Longo, Del Pezzo, De Dominicis, e poi Giordani, Ippolito, Carrelli, D’Erasmo, Malquori, Cacciopoli. Si
parlava di Scienza e di affari Accademici come al tempo del Pontano.
A differenza dai tempi del Pontano i cibi erano molto semplici e sempre gli stessi: pasta nera scondita, carne di cavallo e patate lesse, un caffè di semi da Lei stessa tostati. All’inizio tre o quattro gatti balzavano sul grande tavolo e finivano col mangiare nel piatto dell’ospite. Per me che non amavo gli animali la scena era disgustosa. Un giorno la Signora in vena di confidenze mi disse: ricordatevi Nicolaus (mi dava sempre del voi) che se uno degli ospiti torna costui è uno di cui fidarsi.
Durante la guerra autorità civili, militari e religiose sedettero al tavolo della Bakunin o vennero semplicemente per aiuto e consiglio. Nel 1943 la città di Napoli era priva di acqua, luce, gas, lacera, affamata distrutta nei suoi edifici. Frequentatori della Bakunin erano anche i due ufficiali militari alleati (forse presentati da Croce o forse da un certo Montagna come risulta da una lettera indirizzata al Conte Filangieri e trovata di recente dalla Cancelliera Signorina Badessa) il Generale Hume ed il colonnello Gayre of Gayre. Un giorno Hume dopo un pranzo particolarmente squallido, chiese alla Signora: “Ha bisogno di qualche cosa?” La inaspettata risposta fu: “alcool ed ovatta”. Migliaia di litri di alcool e centinaia di chili di ovatta riempirono via Mezzocannone. Batuffoli di ovatta imbevuti di alcool servirono a riscaldare le nostre provette mentre bruciatori alimentati ad alcool facevano funzionare le nostre attrezzature e i gruppi elettrogeni. I due ufficiali di passaggio per Napoli seguendo la linea del fronte furono molto generosi con la Accademia Pontaniana con regali di libri e denaro adoperandosi perché l’Accademia non divenisse un alloggio per le truppe. Dopo la guerra il contatto con questi nostri soci fu perso.
Il mio incontro e il successivo rapporto con la Bakunin fu diverso da quello che interviene generalmente fra docente ed allievo. Esso è rimasto nella mia memoria. Nella primavera del 1941 studente del secondo anno di Economia e Commercio, mi trovai dalle parti di Via Mezzocannone ed entrai a Chimica. Un luogo triste, un silenzio rotto solo da un lontano brusio di macchine, molto diverso da Economia di Via Caracciolo.
Entrai in una camera del secondo piano ove incontrai una giovane assistente romana, la Dottoressa Giuseppina Riverso che era stata mandata dal Prof. Giacomello di Roma ad elaborare i dati ottenuti ai Raggi X degli acidi orto e para nitrofenilcinnammici. Mentre parlavamo venne una Signora dal portamento fiero che mi sbirciò mentre si informava con la Riverso di come andassero i calcoli. Dopo una settimana la Bakunin credendomi uno studente di Chimica mi fece chiamare e mi propose di entrare nel suo laboratorio per fare una ricerca sui pigmenti neri. Non dissi che ero uno studente di Economia e Commercio ma provvidi subito a cambiare Facoltà e mi misi a studiare la chimica organica frequentando intensamente il laboratorio e ciò mi portò ad essere additato come uno studente modello Litigai spesso con la Bakunin perché ero uno spirito libero. Liti violente diverse da quelle che intervengono fra docente e discente. Ricordo la lite, quando, suo assistente, contro la mia volontà, mi cedette al Prof. Luigi Panizzi il nuovo Professore di Chimica Organica o quando trasferitosi il Panizzi a Roma io lo volli seguire. Ciò nonostante la sua mano protettrice mi seguì sempre fino alla cattedra ed oltre.
Verso la fine della sua vita usciva raramente di casa ma si dedicava allo studio delle lingue. In questo periodo il Cardinale Ursi le faceva visita di frequente. Un giorno disse: questa donna è come l’arcangelo dalla spada fiammeggiante.
Il 17 Aprile 1960 Maria Bakunin moriva nella sua casa di via Mezzocannone. Scompariva un professore universitario autoritario ma di grande fascino e prestigio. Il ricordo per il contributo dato da Maria Bakunin accanto a Croce alla rinascita della Accademia Pontaniana non potrà essere facilmente cancellato.
Ricordo di Maria Bakunin del Socio R.A.Nicolaus in occasione della presentazione del ritratto alla Accademia Pontaniana. 30 Gennaio 2003.