Ambiente Tecnica Società. Rivista digitale fondata da Giorgio Nebbia

Vaclav Smil o della scienza fra catastrofismo e tecno-ottimismo

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Ci si trova sovente a vedere additati come catastrofisti gli ambientalisti che con gesti eclatanti, da Greta Thunberg agli attivisti di Extinction Rebellion o Ultima generazione, cercano di sollevare l’attenzione sulle crisi climatica e ambientale planetarie. Meno facilmente si osserva che i media tecnologici più diffusi – in particolare quelli della Silicon Valley e dell’industria aerospaziale – tendono a suggerire che come specie umana siamo in marcia incessante verso la crescita economica e tecnologica e la prosperità. Questa narrazione tecno-ottimista è certamente più attraente e consolatoria del catastrofismo e trova molti adepti: dopo tutto, nel corso del XX secolo abbiamo assistito a progressi enormi che hanno cambiato la civiltà, migliorando la vita di miliardi di persone (ma non esattamente di tutta l’umanità) e influenzando sviluppi in settori vitali come l’agricoltura, i trasporti e la sanità. Tuttavia, molte voci autorevoli, come quella dello scienziato ambientale e analista politico Vaclav Smil consigliano di mantenersi scettici sia di fronte alle previsioni apocalittiche sulla fine del pianeta, sia di fronte alle affermazioni degli evangelisti della tecnologia, sostenendo anzi che proprio alla luce dei fallimenti del passato possiamo trarre lezioni fondamentali per affrontare le emergenze ambientali, climatiche, socio-economiche e geo-politiche attuali.

Smil, le cui ricerche spaziano nei campi dell’energia, dell’ambiente e dell’innovazione tecnica, è nato nel 1943 a Pilsen in Cecoslovacchia, oggi Repubblica Ceca. Naturalizzato poi cittadino canadese è attualmente professore emerito di Scienze ambientali all’Università di Manitoba (Winnipeg, Canada) e rappresentante della Royal Society of Canada. Tutti i suoi libri suscitano ampio interesse. Nel corso della sua carriera, Smil, forse il più importante scienziato al mondo sull’energia di ogni tipo, ha cercato di fare chiarezza attraverso una quantificazione dei termini in discussione (energia, clima, produzione e consumo di biomassa, inquinamento, salute etc.) anche quando questi non si prestavano a una facile riduzione numerica (si veda Numbers Don’t Lie: 71 Things You Need To Know About The World. Penguin 2020). In realtà, spaziando tra i massimi esperti di scienze tecnologiche e ambientali, con l’aiuto di quantificazioni – che mutuando dall’esperienza di Giorgio Nebbia potremmo definire merceologiche – Smil descrive con straordinaria chiarezza i complessi meccanismi che consentono il nostro benessere affrontando i possibili modi per mantenerlo disponibile anche in futuro.

Dal suo studio vicino all’Università ha sfornato decine di libri negli ultimi quarant’anni. Qualunque sia il punto di vista del lettore, l’autorevolezza di Smil è ampiamente riconosciuta e i suoi scritti – più di 40 libri e circa 500 articoli – offrono informazioni preziose in termini di dati, interconnessioni e prospettive storiche su questioni fondamentali correlate alla tecnologia, alle risorse e ai cambiamenti che coinvolgono le popolazioni (p.es. attesa di vita, abitudini alimentari, consumi etc.) e che chiunque può utilizzare come riferimento per i propri studi, con approcci sia scientifici sia umanistici. I suoi titoli affrontano infatti una lunga serie di argomenti, tra cui i problemi ambientali della Cina (China’s Environment: An Inquiry into the Limits of National Development, M. E. Sharpe 1993; The Bad Earth: Environmental Degradation in China. M.E. Sharpe 1984) e la transizione alimentare dai vegetali alla carne del Giappone (Japan’s Dietary Transition and Its Impacts. The MIT Press 2012), oppure i fallimenti tecnologici epocali e lo sviluppo umano correlato all’uso di energia (Energy at the Crossroads: Global Perspectives and Uncertainties. The MIT Press 2013). La loro prosa è asciutta e raramente vendono più di qualche migliaio di copie, ma ciò non ha impedito che alcuni di questi – in particolare quelli che esplorano le correlazioni sviluppo umano e tecnica, come Energia e Civiltà. Una storia, traduzione di Luciano Canova, Milano, Hoepli 2021 o come numerosi testi dedicati all’agricoltura (si veda la bibliografia a fine testo) – influenzassero profondamente generazioni di scienziati, politici, amministratori e filantropi: un suo fan accanito, il cofondatore di Microsoft Bill Gates, sostiene di aver letto tutti i suoi lavori. “Aspetto i nuovi libri di Smil – ha scritto Gates – come alcune persone aspettano il prossimo episodio di Guerre Stellari”.

Nel 2022, presentando uno dei suoi libri Come funziona davvero il mondo. Energia, cibo, ambiente, materie prime: le risposte della scienza (Einaudi, 2023. Titolo originale How the world really works, Penguin, 2022) Smil ha affermato di non essere né pessimista né ottimista sul mondo contemporaneo. Si è definito “uno scienziato che cerca di spiegare come si regge un sistema globale in cui per portare un pollo a tavola ci vuole tanta energia quanto mezza bottiglia di petrolio grezzo”.

Per quanto riguarda le catastrofi ambientali e climatiche, che siano naturali o provocate dall’uomo, da sempre esse sfidano la presunta grandezza dell’umanità. I miti ancestrali narrano terribili discontinuità ambientali (alluvioni, siccità, terremoti) assunte come catastrofi ineluttabili volute dal fato per la fondazione di tempi nuovi. Letteralmente, in greco antico, katastrophé indica “il cielo che crolla” più che “un nuovo inizio”; ma analogamente a quanto accadde con altri termini, per esempio quelli di apocalisse e crisi, solo nei secoli successivi all’epoca classica per il termine catastrofe andò via via assumendo valenza il significato che gli diamo oggi, marcatamente negativo di calamità, sciagura o rovina. In origine, la katastrophé corrisponde al capovolgimento della trama nel teatro greco con abbinata una soluzione della situazione, tragica o comica, che chiude la peripezia del personaggio principale, sciogliendo i nodi, i conflitti e gli equivoci creati dalla trama, spesso con la rivelazione di un fatto ignoto ai personaggi e al pubblico.

Se e quanto dobbiamo preoccuparci anche noi e di quali catastrofi soprattutto, è la questione affrontata da Vaclav Smil in molti suoi studi cercando di identificare assieme alle potenzialità, i principali rischi delle tecnologie correnti e il loro probabile impatto sul futuro di tutti per evitare che, nonostante la sua potenza mondiale high-tech, un destino di fallimento diventi ineluttabile anche per la nostra “civiltà”. Alle catastrofi Smil ha dedicato un intero libro Global Catastrophes and Trends: The Next Fifty Years (MIT Press, 2012) –si veda anche Why America Is Not a New Rome. MIT Press 2010 – delineando fin dalle prime pagine il suo scetticismo sulle previsioni super pessimiste.

Eppure, che si tratti di Atlantide, del diluvio, delle cavallette o dell’Armageddon, l’unica lezione indiscutibile della storia è che prima o poi, improvvisamente o gradualmente, le civiltà finiscono per crollare. Ciononostante, Smil osserva che le tendenze generali dello sviluppo umano seguono uno schema di lenti guadagni e graduale diffusione, segnati da discontinuità sparse. Secondo Smil, considerazioni pessimiste e negative come quelle di Jared Diamond (Collasso, 2004) o di Paul e Ann Ehrlich (One With Nineveh: Politics, Consumption, and the Human Future, Island Press, 2004) si basano su proiezioni dei livelli di popolazione, dell’economia e dell’ambiente trattati su base statica, estrapolando la tendenza che appare al momento dell’analisi. Piuttosto, presentando le prospettive per i problemi dei prossimi 50 anni, Smil sottolinea le potenzialità di sovvertimento degli equilibri intrinseca nella complessità dei sistemi antropogeni e le incertezze della nostra limitata comprensione delle dinamiche che li governano. La sua tesi è che le discontinuità fondamentali si verificano generalmente come fenomeni a bassa probabilità ma ricorrenti (terremoti, eruzioni, pandemie, guerre), o come tendenze persistenti e graduali (esaurimento delle risorse, progressione demografica, cambiamenti ambientali, economici e politici). In entrambi i casi, comunque, la comprensione del cambiamento può aiutarci a invertire le tendenze negative e a minimizzarne i rischi prima che questi portino a crolli economici, conflitti (scriveva ben prima della guerra fra Russia e Ucraina), o ampi disordini sociali.

Per quantificare i rischi catastrofici, Smil confronta le diverse probabilità di un loro impatto. L’elenco di pericoli planetari che Smil fornisce per l’ambiente comprende catastrofi mai verificatesi in precedenza, come la guerra nucleare e il cambiamento climatico indotto dall’uomo. Sebbene le inondazioni e i terremoti catastrofici possano verificarsi mediamente in un territorio fino a due volte a decennio, i loro effetti globali sono limitati e la probabilità che si verifichino disastri naturali locali che cambiano il mondo – come accadde con alcune eruzioni che modificarono la composizione atmosferica centinaia di milioni di anni, causando un’estinzione di massa – sta svanendo. Piuttosto, dato che la lotta contro le malattie sta rallentando, con una crescente incidenza delle patologie contagiose assieme a fallimenti nella loro eradicazione, dovremmo aspettarci – scriveva Smil già nel 2012 – una nuova pandemia nel giro di mezzo secolo, che avrà l’impatto peggiore nel mondo povero.

La sua analisi in Global Catastrophes and Trends è ponderata; esamina anche l’impatto umano sul ciclo globale dell’acqua, la massiccia alterazione del ciclo dell’azoto e la crescente tendenza alla resistenza agli antibiotici di comuni patogeni. Le nostre azioni hanno modificato gli equilibri naturali ben oltre quello del ciclo del carbonio – spiega Smil – con conseguenze che stanno già creando problemi ambientali e sociali (siccità, inondazioni, salinizzazione, deforestazione, declino della pesca). Inoltre, osserva che le fondamenta tecniche del mondo industriale, gettate nel secolo scorso, necessitano di enormi forniture di energia, le cui fonti e infrastrutture sono soggette a cambiamenti. In ogni caso, ogni ipotesi di equilibrio è irraggiungibile se non si cambiano le vecchie gerarchie dello scenario geopolitico e non se ne costruiscono di nuove. Ogni possibile rivoluzione energetica dipenderà dalle dinamiche dell’ordine mondiale, analizzate a fondo da Smil nel loro attuale assetto: declino delle principali economie (Giappone, Europa, Russia, Stati Uniti), trasformazione del mondo musulmano e ascesa di Cina e India.

In Harvesting the Biosphere (MIT press, 2015) Vaclav Smil ha tentato una ricostruzione quantitativa degli sviluppi di lungo periodo avviati dall’umanità con l’avvento delle tecnologie (a partire dall’agricoltura), che, seppur di dimensioni incerte, colgono l’inesorabile sfruttamento da parte dell’uomo della biosfera: lo strato di superficie e crosta della Terra che comprende l’habitat di ogni organismo vivente.

Rispetto ai 4,6 miliardi di anni di storia della Terra – spiega Smil – la specie umana è diventata l’organismo supremo del pianeta in un brevissimo lasso di tempo dalla sua comparsa. L’Homo habilis è emerso 2,5 milioni di anni fa, l’Homo sapiens 200.000 anni fa. Quest’ultimo gruppo è passato dall’essere formato da cacciatori e raccoglitori all’esistenza stanziale solo 10.000 anni fa. In seguito, le capacità di espansione del nostro genere sono cresciute costantemente. Con la nascita delle prime civiltà, la popolazione umana iniziò a richiedere sempre più risorse alla biosfera, fino a raggiungere l’insostenibile intensità di consumo dei nostri giorni.

Attingendo dalla letteratura scientifica e da suoi precedenti lavori (si vedano p.es. Energy Analysis in Agriculture: An Application to U.S. Corn Production. Westview Press 1982 scritto con P. Nachman e T. V. Long, ed Energy in the Developing World. Oxford University Press 1980 scritto con W. E. Knowland), Smil fornisce a partire dalla preistoria una prospettiva globale di tutti i possibili usi fatti dall’uomo della biomassa, tra cui l’estrazione di energia, il cibo e le materie prime. Con stile sempre divulgativo e informativo offre anche un resoconto delle caratteristiche attuali della biosfera, concentrandosi sui cambiamenti ambientali causati dall’uomo. La fotosintesi da parte degli organismi autotrofi (fitomassa) rimane il processo di conversione energetica fondamentale sulla Terra, che sostiene anche la vita degli organismi eterotrofi (zoomassa). Il 75% dell’intera fitomassa terrestre è disponibile nelle foreste tropicali. Gli organismi di dimensioni e durata di vita maggiori sulla Terra sono le sequoie giganti del Nord America, che possono raggiungere le 3.000 tonnellate di massa e 3.000 anni di vita. Rispetto alla fitomassa, la zoomassa eterotrofa è molto più diversificata; è dominata comunque dai semplici tessuti degli organismi unicellulari e, come aveva intuito Darwin, i vermi terrestri sono tra i suoi più cospicui contributori. Al contrario, la zoomassa aggregata di tutti i più famosi predatori, come i felini selvatici e gli squali, è solo una piccolissima frazione dei loro rispettivi ecosistemi.

Alla fine del XIX secolo, la quantità di fitomassa utilizzata annualmente dall’uomo è aumentata smisuratamente; Smil la quantifica pari a circa 400 milioni di tonnellate di materia secca a livello mondiale. Poi, la densità delle piantagioni, l’apporto ottimale di sostanze nutritive e l’applicazione di pesticidi hanno incrementato le rese cerealicole, che nel 1950 rispetto a inizio secolo sono raddoppiate una prima volta e nel 1975 sono nuovamente raddoppiate. All’inizio del ventunesimo secolo, le rese agricole erano di circa 2,7 miliardi di tonnellate, metà delle quali erano destinate ad alimentare animali che producono carne, latte e uova.

Per sollevare l’attenzione sui tassi di declino (o di aumento) della biomassa nei diversi momenti dello sviluppo umano, Smil esprime il livello dei raccolti come quota della produttività della biosfera utilizzando il concetto di “appropriazione umana della produzione primaria netta globale”, che, secondo varie stime, si aggira tra il 10% e il 55% di tutta la fotosintesi terrestre.

Concentrandosi sulla tecnica, Smil osserva che l’uso dell’energia nelle prime civiltà si limitava alla legna e ai residui delle coltivazioni; durante l’Impero Romano il consumo medio annuo di energia naturale era pari a 10 Giga Joule (1 GJ = 10 miliardi di Joule; il metabolismo umano consuma circa 100 Joule al secondo) pro capite. Nel 1800, in Gran Bretagna il consumo di energia raggiungeva i 50 GJ a persona. Nel 1900, l’approvvigionamento energetico medio degli Stati Uniti superava i 130 GJ e oggi i più grandi Paesi dell’Unione Europea sono a circa 170 GJ, mentre i consumi pro-capite di Stati Uniti e Canada sono circa il doppio.

La maggior parte delle quantificazioni presentate derivano da calcoli teorici la cui affidabilità dipende da transazioni di commercio nazionali e globali storicamente contabilizzate. Probabilmente non c’è bisogno di tale precisione nel quantificare il raccolto della biosfera, le valutazioni qualitative mostrano già come essa abbia sofferto perdite enormi per il sostentamento degli umani: lo quantità totale di biomassa, la biodiversità e la produttività della fitomassa sul nostro pianeta sono diminuite progressivamente in modo significativo e proporzionale con lo sviluppo umano.

Smil spiega, tuttavia, di avere speranza che una migliore definizione dei limiti della biosfera possa essere utile per mantenere il livello del “raccolto” globale umano delle sue risorse entro limiti accettabili. Altrimenti – conclude – le aspettative irrealistiche che mirano ad aumentare ulteriormente il già insostenibile consumo odierno non faranno altro che avvicinarci a risultati deleteri su scala globale, mettendo in discussione le basi stesse del benessere della civiltà.

Nonostante l’impatto sia atteso maggiormente nei paesi poveri, anche coloro che vivono nella società benestanti dovrebbero essere molto preoccupati del cambiamento climatico e dell’impoverimento dell’ambiente. Se si cerca una prospettiva sostenibile per ridurre l’impatto degli eventi naturali dannosi su scala globale, non dovremmo chiederci “per chi suona la campana”. I nostri sforzi dovrebbero convergere principalmente per scongiurare le catastrofi provocate dall’uomo, che degradano l’ambiente e alterano il clima. Se è vero che fra il 1989 e il nuovo millennio, i conflitti armati sono diminuiti, gli Stati Uniti e la Russia hanno ridotto gli arsenali nucleari e il terrorismo è stato raramente efficace fino alla tragedia dell’11 settembre, oggi – 35 anni dopo – la situazione è completamente invertita: il potenziale letale della guerra è di ordini di grandezza superiore a quello di tutte le catastrofi naturali. L’esodo di massa delle popolazioni in fuga dai conflitti, che si aggiunge al conto delle catastrofi, sovente è accompagnato dalla carestia, la più terribile catastrofe del nostro tempo. In termini di vittime, l’Armageddon moderno supera qualsiasi replica dell’Atlantide mitologica.

Anche se non presta sempre attenzione alle diramazioni sociali e geopolitiche delle problematiche ambientali che affronta, preferendo rimanere ancorato a grandezze quantificabili, Smil fornisce sempre dati affidabili e prospettive di sviluppo a lungo termine, insieme a tabelle, grafici e statistiche utili per stimare le tendenze dominanti e i rischi potenziali che l’umanità dovrà affrontare nelle prossime generazioni. Accade anche nel suo ultimo titolo: Invention and Innovation. A Brief History of Hype and Failure (MIT press, 2023, traduzione italiana in uscita per Hoepli), una sfida alla rappresentazione vanagloriosa delle opere dell’ingegno portata attraverso l’analisi dei principali sviluppi tecnologici e delle invenzioni scientifiche degli ultimi due secoli, e dei loro successi o fallimenti.

Attingendo alla sua vasta conoscenza scientifica e storica, accompagnata da fotografie, schemi e illustrazioni, Smil smitizza l’innovazione come motore sempreverde e incondizionato del progresso. Al contrario, ricorda al lettore quanti fallimenti, rimpianti e disastri abbiano segnato i percorsi della modernità a causa degli effetti controproduttivi e controintuitivi della tecnologia.

Affrontando la lunga e anche affascinante storia dello sviluppo tecnologico, Smil spiega la differenza tra l’invenzione – un’idea su un nuovo dispositivo tecnologico con più o meno spazio per le potenziali applicazioni – e l’innovazione – un concetto che comprende l’ampia diffusione e l’uso delle invenzioni tecnologiche. Poi, lungo tutto il libro, non si limita a considerare le invenzioni che hanno portato a una svolta innovativa, ma analizza in profondità anche le molte che non sono riuscite a imporsi come promesso, insieme a quelle che si sono rivelate disastrose, come la benzina al piombo, il DDT e i clorofluorocarburi (CFC). Queste ultime, definite da Smil “Invenzioni che si sono trasformate da gradite a indesiderate”, sono accompagnate da citazioni di Rachel Carson – il cui libro Primavera silenziosa (1962) sensibilizzò l’opinione pubblica sui rischi del DDT, – e dagli schemi dei primi anni del XX secolo riportati nelle domande di brevetto per l’uso della benzina al piombo nelle automobili e dei nascenti frigoriferi domestici che utilizzavano l’anidride solforosa, tossica, poi sostituita dai CFC, come fluido del ciclo di refrigerazione.

Parlando di “Invenzioni che dovevano padroneggiare e non lo fanno”, Smil avverte che anche quando riusciamo a percorrere l’intera traiettoria invenzione-sviluppo-innovazione, inseguendo applicazioni pratiche di nuovi dispositivi, potremmo lo stesso non ottenere mai nulla di concreto da impiegare. D’altra parte, peggio ancora, anche quando siamo felici di essere riusciti a sviluppare un’invenzione, il suo futuro può essere segnato da esiti controintuitivi: scarsità di diffusione, insoddisfazione d’uso, costo eccessivo o, peggio ancora, un danno inaspettato o sottovalutato legato al suo utilizzo. Anche in questo caso, sono tre gli esempi principali di grandi speranze iniziali disattese da invenzioni rivelatesi fallimentari: i dirigibili (strutture più leggere dell’aria, come le mongolfiere e gli aerostati); la fissione nucleare, sviluppata per generare elettricità pulita, economica e accessibile; il volo supersonico (cioè la velocità superiore a quella del suono, 1,235 km/h) per i trasporti. Se l’incidente dell’Hindenburg – avvenuto il 6 maggio 1937, quando un dirigibile tedesco fallì l’atterraggio a Lakehurst (New Jersey, USA), provocando 35 morti tra i 97 passeggeri – segnò la fine dei viaggi in dirigibile, sostituiti da velivoli più pesanti dell’aria, la fissione nucleare e il volo supersonico si pongono ancora come soluzioni discutibili, anche se legate più agli armamenti nucleari e aerospaziali che alla risposta ai bisogni umani. Tuttavia – afferma Smil – i loro costi, in termini di risorse naturali ed economiche necessarie per mantenere gli impianti esistenti o per sostenere la ricerca finalizzata al futuro sviluppo pratico di impianti elettro-nucleari e di flotte di passeggeri supersonici, sono saliti alle stelle, mentre i rischi legati al loro ampio utilizzo rimangono evidenti e poco sostenibili ma ben chiari sullo sfondo del loro impiego. Non è un caso per entrambe queste ultime “innovazioni” la tendenza rispetto al loro uso sia in fortissimo ribasso – nonostante la propagando nuclearista e aerospaziale.

Per ultime, Smil affronta le “invenzioni che continuiamo ad attendere” e che sarebbero davvero molto utili se fossero effettivamente realizzabili. L’autore offre quindi una “lista dei desideri impossibili”, tecnologie di cui avremmo più urgentemente bisogno per affrontare le straordinarie sfide del XXI secolo ma che difficilmente vedranno la luce. Gli esempi si riferiscono ai trasporti nel vuoto (Hyperloop), allo sviluppo di cereali geneticamente modificati per il fissaggio dell’azoto e al raggiungimento della fusione nucleare. Smil sviluppa il suo ragionamento e spiega perché – nonostante le aspettative fossero e rimangano incredibilmente alte per queste idee futuristiche – tutte sono affette da vizi di forma intrinseci che ne impediscono la realizzazione, dal mantenimento del vuoto in tunnel lunghi chilometri, al dosaggio della produzione di azoto nativo attraverso batteri radicali capaci di sviluppare nitrogenasi, al raggiungimento sulla Terra di temperature e pressioni così elevate come sulla superficie del Sole per la fusione nucleare. Inoltre, per queste ipotetiche invenzioni, se anche fossero mai realizzate, sono facilmente prevedibili effetti controproduttivi come la dispersione di enormi quantità di composti azotati nell’ambiente, che provocherebbero nuova eutrofizzazione delle acque, o il dispendio di enormi quantità di energia e di scorie costituite da materiali radioattivi utilizzati per creare campi magnetici di forza tale da garantire il contenimento degli isotopi di idrogeno allo stato di plasma, comunque irradiati da particelle ionizzanti durante la fusione.

I passaggi conclusivi di Smil in Invention and Innovation riguardano il ruolo che la tecnologia dovrebbe assumere a beneficio degli esseri umani che ne sono i padroni e responsabili. Come avvertiva metaforicamente Samuel Beckett in Aspettando Godot, prima di ricevere qualsiasi beneficio dalla tecnologia, dobbiamo prima ridurre gli atteggiamenti egoistici e distaccati tipici di gran parte del mondo tecnologico, che dominano le visioni magnifiche e progressiste moderne, per dare invece più spazio alla compassione fra umani e con il mondo naturale. Così, invece di aspettare che il prossimo salto tecnologico – similmente al sempre rimandato arrivo di Godot – risolva le sue preoccupazioni, l’umanità ha bisogno di muoversi in una prospettiva più realistica di ciò che è sostenibile e di ciò che non lo è in termini di aspettative tecnologiche, come Smil suggerisce quando discute di “Tecno-ottimismo ed esagerazioni e aspettative realistiche”. Smil ricorda i costi e i consumi legati alla società in cui viviamo (che ad esempio consuma ogni anno 370 milioni di tonnellate di plastica, 150 milioni di tonnellate di ammoniaca, 1,8 miliardi di tonnellate di acciaio e 4,5 miliardi di tonnellate di cemento). Per l’autore c’è un’unica certezza incrollabile: per affrontare efficacemente qualsiasi problema è necessario conoscere i fatti e partire dai dati accompagnati dall’esplorazione dei loro principi fondamentali e dei macrosistemi all’interno dei quali emergono. Tale esplorazione può portarci a essere sorpresi, indignati o fiduciosi, ma resta la nostra necessità urgente di essere continuamente e tempestivamente informati e consapevoli.

Molti dei libri di Smil offrono è una panoramica altamente educativa sulle eccessive promesse che troppo spesso accompagnano le affermazioni sulla tecnologia, dalle nuove cure per le malattie, ai viaggi spaziali, all’intelligenza artificiale – tema quest’ultimo verso il quale l’autore è decisamente impaziente. “Sia il riconoscimento della realtà – scrive Smil – sia la volontà di imparare, anche modestamente, dai fallimenti del passato e dalle esperienze di cautela sembrano trovare sempre meno accettazione nelle società moderne, dove masse di cittadini scientificamente analfabeti, e spesso sorprendentemente ignoranti anche della matematica, sono quotidianamente esposte non solo a resoconti condivisi con eccessivo entusiasmo di potenziali scoperte, ma spesso a pretese enormemente esagerate riguardo alle nuove invenzioni” (Invention and Innovation, op. cit. p. 152, trad. Autore). Caratterizzare questo stato di cose come una “società post-fattuale”, purtroppo, non è esagerato. Per questo motivo dobbiamo allineare meglio le nostre aspettative ai bisogni reali, alle risorse disponibili e alla loro equa distribuzione, rifiutando il linguaggio corrente che spesso si riferisce a cambiamenti hi-tech “dirompenti” pronti a “trasformare” le società moderne senza tener conto né della loro sostenibilità né della loro disponibilità ed equità a livello mondiale.

Ora che il mondo si trova ad affrontare l’ardua sfida di cercare di frenare il cambiamento climatico abbandonando i combustibili fossili, il lavoro di Smil sulle transizioni energetiche sta ricevendo più attenzione che mai. Da un ottimismo di tendenza delle opere giovanili, ora il suo messaggio è meno possibilista – ha invitato i sostenitori della transizione energetica, per esempio, a fare i conti con la grande inerzia che sostiene la dipendenza del mondo moderno dai combustibili fossili e a mettere in discussione molte delle ipotesi rosee prospettate alla base degli scenari di un rapido passaggio alle energie alternative – ma sempre e necessariamente fonda speranza sul cambiamento che è sempre possibile, indipendentemente dalla disponibilità di tecnologie innovative, sulle quali comunque Smil continua a invitarci a ragionare.

Bibliografia titoli di Vaclav Smil disponibili in italiano

2000

Storia dell’energia, Il Mulino

2021

I numeri non mentono. Brevi storie per capire il mondo, traduzione di G. Manconi, Einaudi

Energia e Civiltà. Una storia, traduzione di Luciano Canova, Milano, Hoepli

2022

Crescita. Dai microrganismi alle megalopoli, traduzione di L. Canova, Hoepli

2023

Come funziona davvero il mondo. Energia, cibo, ambiente, materie prime: le risposte della scienza, traduzione di G. Manconi, Einaudi

Bibliografia dei principali titoli di Vaclav Smil in inglese

1976

China’s Energy: Achievements, Problems, Prospects. Praeger

1980

(in collaboration with W. E. Knowland). Energy in the Developing World. Oxford University Press.

1982

(in collaboration with P. Nachman and T. V. Long, II). Energy Analysis in Agriculture: An Application to U.S. Corn Production. Westview Press

1983

Biomass Energies: Resources, Links, Constraints. Plenum Press

1984

The Bad Earth: Environmental Degradation in China. M.E. Sharpe

1985

Carbon Nitrogen Sulfur: Human Interference in Grand Biospheric Cycles. Plenum Press

1987

Energy Food Environment: Realities Myths Options. Oxford University Press

1988

Energy in China’s Modernization. M.E. Sharpe

1991

General Energetics: Energy in the Biosphere and Civilization. Wiley

1993

China’s Environment: An Inquiry into the Limits of National Development. M. E. Sharpe

Global Ecology: Environmental Change and Social Flexibility. Routledge

1994

Energy in World History. Westview Press

1997

Cycles of Life: Civilization and the Biosphere. Scientific American Library

1998

Energies: An Illustrated Guide to the Biosphere and Civilization. The MIT Press

2000

Feeding the World: A Challenge for the 21st Century. The MIT Press

2001

Enriching the Earth: Fritz Haber, Carl Bosch and the Transformation of World Food Production. The MIT Press

2002

The Earth’s Biosphere: Evolution, Dynamics and Change. The MIT Press

2003

Energy at the Crossroads: Global Perspectives and Uncertainties. The MIT Press

2004

China’s Past, China’s Future. RoutledgeCurzon

2005

Creating the Twentieth Century: Technical Innovations of 1867–1914 and Their Lasting Impact. Oxford University Press

2006

Energy: A Beginner’s Guide. Oneworld Publications

Transforming the Twentieth Century: Technical Innovations and Their Consequences. Oxford University Press

2008

Energy in Nature and Society: General Energetics of Complex Systems. The MIT Press

Global Catastrophes and Trends: The Next Fifty Years. The MIT Press

Oil: A Beginner’s Guide. Oneworld Publications

2010

Energy Myths and Realities: Bringing Science to the Energy Policy Debate. The AEI Press

Energy Transitions: History, Requirements, Prospects. Praeger

Prime Movers of Globalization: The History and Impact of Diesel Engines and Gas Turbines. The MIT Press

Why America Is Not a New Rome. MIT Press

2012

Japan’s Dietary Transition and Its Impacts. The MIT Press

2013

Harvesting the Biosphere; What We Have Taken from Nature. The MIT Press

Made in the USA: The Rise and Retreat of American Manufacturing. The MIT Press

Making the Modern World: Materials and Dematerialization. Wiley

Should We Eat Meat? Evolution and Consequences of Modern Carnivory. Wiley

2015

Natural Gas: Fuel for the 21st Century. Wiley

Power Density: A Key to Understanding Energy Sources and Uses. The MIT Press 

2017

Energy and Civilization: A History. The MIT Press

2019

Growth: From Microorganisms to Megacities

2020

Numbers Don’t Lie: 71 Things You Need To Know About The World. Penguin

2021

Grand Transitions: How the Modern World Was Made. Oxford University Press

2022

How the World Really Works: A Scientist’s Guide to Our Past, Present and Future. Viking/Penguin

2023

Invention and Innovation: A Brief History of Hype and Failure. The MIT Press

Size: How It Explains the World. Viking/Penguin

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A partire da Antonello Provenzale, “Coccodrilli al Polo Nord e ghiacci all'Equatore. Storia del clima della Terra dalle origini ai giorni nostri”, Milano, Rizzoli, 2021

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