Alla fine di ottobre del 1955 fa un gruppo di intellettuali, provenienti per lo più dalla Resistenza, dal movimento Giustizia e libertà e dal Partito d’Azione, indignati dallo scempio che veniva esercitato sull’Italia, sulle sue città, sulle coste, sui monumenti, sulle montagne, decideva di costituire una associazione, denominata Italia Nostra, avente come fine “la difesa del patrimonio storico, artistico e naturale” del nostro paese.
In quegli anni Cinquanta del Novecento il “miracolo economico” stava provocando una massiccia migrazione dal Sud al Nord di persone e famiglie alla ricerca del lavoro nelle fabbriche; la domanda di case veniva soddisfatta dalla speculazione privata che trasformava le terre agricole intorno alle grandi città in terribili periferie sovraffollate, con guadagni enormi per pochi arroganti nuovi ricchi (per avere una idea di quei tempi vale forse la pena di rivedere film come “Le mani sulla città” e “In nome del popolo italiano”). Pochi magistrati coraggiosi cercavano di fermare l’inquinamento delle acque e dell’aria, che veniva contrabbandato come segno del progresso; li chiamavano “pretori d’assalto” perché, in mancanza di leggi specifiche, riconoscevano i reati ambientali come violazioni delle leggi esistenti; un turismo selvaggio deturpava spiagge e montagne e le conseguenze del diboscamento, dell’erosione del suolo e delle frane si erano manifestati con le grandi alluvioni del 1951 e del 1966 e con la catastrofe del Vajont del 1963.
Erano pochi i primi soci di Italia Nostra, ma, con il loro prestigio intellettuale, potevano essere ascoltati quando chiedevano nuove leggi ed efficienti controlli pubblici; si trattava di rigenerare il senso “dello Stato” che, per definizione, ha il dovere di difendere la salute e la sicurezza dei cittadini, in quegli anni compromesse da inquinamenti e distruzioni dei beni storici e naturali collettivi, di tutti. Il poeta e scrittore Giorgio Bassani, che è stato per molti anni presidente di Italia Nostra, diceva che l’associazione avrebbe potuto sciogliersi il giorno in cui il paese avesse avuto “uno Stato”, parole amaramente profetiche in una società italiana in cui lo smantellamento dell’intervento dello stato sembra un dovere.
Fino agli anni settanta Italia Nostra è stata praticamente l’unica associazione ambientalista (il WWF è nato nel 1966, con una primaria attenzione alla difesa del mondo animale) e gli anni sessanta e settanta del secolo scorso sono stati “l’età dell’oro” di Italia Nostra, presente in tutte le grandi battaglie civili. L’associazione era presente nel 1972 a Stoccolma, alla prima conferenza internazionale dell’ambiente, con la mostra “Italia da salvare”, una documentazione che mostrò a tutti i governi del mondo i danni che un malinteso “progresso” aveva arrecato al patrimonio di città e monumenti storici e artistici, di boschi e fiumi, e che indusse i governi italiani ad ascoltare la voce dell’associazione quando si trattò di redigere la prima, dimenticata, relazione sullo stato dell’ambiente nel 1973.
Italia Nostra fu in prima fila nelle lotte contro le centrali termoelettriche e le raffinerie di petrolio inquinanti, contro le trivellazioni di petrolio che provocavano l’abbassamento del suolo, nel lungo periodo del dibattito sul nucleare quando i governi del tempo volevano costruire centrali a San Pietro Vernotico e ad Avetrana, a Caorso e a Mantova, mai con uno sterile rifiuto pregiudiziale, sempre con proposte costruttive.
Ma la maggior parte dell’impegno di Italia Nostra è stata rivolta ai problemi delle città, in tutti i loro aspetti; Antonio Cederna, ha scritto migliaia di pagine sullo stato dell’edilizia urbana, sulla violenza del traffico inquinante, sulla distruzione e il degrado di edifici e monumenti, del verde urbano e sulla protezione dei boschi e del territorio extraurbano; l’associazione ha sempre giustamente considerato la salvaguardia dei beni culturali, ambientali e naturali in una visione unitaria, come fonti della vera ricchezza italiana.
Nel 1980 sarebbe nata la seconda importante associazione ambientalista, la Legambiente (di cui in queste pagine è stato ricordato, qualche tempo fa, il primo quarto di secolo di vita), e Italia nostra ha continuato il suo cammino anche grazie ad una struttura diffusa nel territorio in centinaia di sezioni dedicate alle varie realtà locali.
Un ruolo importante l’associazione ha svolto nell’educazione ambientale. Italia Nostra ha ben capito che la realizzazione dei fini per cui era nata avrebbe richiesto la crescita di una cultura popolare diffusa e che si sarebbe dovuto cominciare con la scuola, soprattutto con la sensibilizzazione degli insegnanti. La sede centrale e le sezioni hanno organizzato, durante vari decenni, centinaia di corsi producendo un insieme di pubblicazioni, documenti, testimonianze che hanno raggiunto decine di migliaia di persone facendo conoscere i guasti e proponendo la salvaguardia di grandi realtà storiche, da Venezia a Lecce, da Noto a Ferrara, delle zone di importanza naturalistica che, grazie anche all’associazione, sono state gradualmente inserite nei parchi nazionali. Qualcuno farà bene, un giorno, a ricostruire la storia di questo immenso lavoro di alto valore culturale e scientifico.
Lo strumento principale di comunicazione è il “Bollettino”, che ha superato ormai il numero di 400 fascicoli; ha fatto bene l’associazione a ristampare lo storico “numero uno” del 1955, che contiene i principi a cui Italia Nostra si è mantenuta fedele nel suo “primo” mezzo secolo di vita.