Ambiente Tecnica Società. Rivista digitale fondata da Giorgio Nebbia

Dai pionieri dell’energia solare i possibili insegnamenti per il futuro

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In questi primi anni del XXI secolo la società umana si trova di fronte a vari vicoli ciechi: nel 2005 la popolazione mondiale ha raggiunto i 6.400 milioni di persone che diventeranno nel 2025 (non mi azzardo a spingere lo sguardo più in là) circa 8.000 milioni di persone. La popolazione terrestre “usa” oggi, complessivamente, circa 400 EJ (corrispondenti a circa 10 miliardi di tonnellate equivalenti di petrolio) di energia, nelle varie forme di petrolio, carbone, gas naturale, energia idroelettrica, energia nucleare, con grandissime differenze da paese a paese che oscillano (sempre medie grossolane), fra oltre 300 GJ/anno.persona negli Stati Uniti, a poche diecine o poche unità di GJ/anno per persona nei paesi più poveri.

La domanda di energia usata nel mondo aumenterà probabilmente intorno a 550 EJ/anno nel 2025, più o meno con le stesse differenze di domanda pro capite, fra paesi avanzati e paesi arretrati.

Il primo vicolo cieco riguarda l’approvvigionamento dei due principali combustibili fossili, petrolio e gas naturale, le cui riserve mondiali non sono illimitate, anzi tendono a diminuire, il che fa prevedere non solo aumenti del costo dell’energia e delle merci derivate, ma crescenti conflitti fra e con i paesi che possiedono le riserve.

Per uscire da questo vicolo cieco probabilmente sarà necessario imboccare l’altro, quello del crescente uso di carbone e lignite, le cui riserve mondiali sono molto più grandi ma il cui uso comporta problemi di sicurezza umana e di inquinamento. I due vicoli ciechi confluiscono comunque in un terzo vicolo cieco che è quello delle modificazioni climatiche dovute alla crescente immissione nell’atmosfera, da parte di tutti e tre i combustibili fossili, di gas che alterano l’equilibrio fra energia solare incidente e energia che la Terra irraggia negli spazi interplanetari.

Un vicolo alternativo è rappresentato dall’energia nucleare, ma è un vicolo cieco anche quello sul piano della sicurezza, del costo, della mancanza di prospettive di sistemazione delle scorie provenienti sia dal ciclo di fissione, sia dall’ipotetico successo del ciclo di fusione, delle inevitabili connessioni fra attività nucleari commerciali e tentazioni di costruzione di armi nucleari

Nell’orizzonte dei prossimi pochi decenni, dove abbiamo spinto lo sguardo, la società umana dovrà continuare a percorrere i quattro vicoli ciechi delle fonti energetiche fossili e nucleare, vicoli irti di conflitti sia economici, sia ambientali, sia politici.

L’invito a cambiare viene da lontano; già nell’Ottocento e nel Novecento, quando le prospettive energetiche erano scure ma non quanto oggi, vari studiosi hanno invitato la società umana a rivolgersi ad altre fonti energetiche, non soggette al vincolo della scarsità, meno inquinanti e pericolose; le quali sono una sola: l’energia che, proveniente dal Sole, si manifesta sulla Terra in diversissime forme, pur con diversa intensità alle varie latitudine, nei vari mesi dell’anno e nelle varie ore del giorno.

Si tratta comunque di circa 3.500.000 EJ/anno sull’intera superficie terrestre, di circa 1.000.000 EJ/anno sui continenti; quest’ultimo valore corrisponde a circa 2.000-2.500 volte l’energia usata dagli esseri umani in questi primi decenni del XXI secolo. La grande importanza dell’energia solare è che essa arriva sulla superficie terrestre e si manifesta come calore, vento, moto ondoso, produzione di vegetali, sempre nella stessa maniera, è, cioè una fonte di energia rinnovabile e tale resterà almeno nell’orizzonte temporale in cui, come umani, possiamo spingere lo sguardo. Una energia che, per ragioni geografiche, è più abbondante nei paesi oggi poveri.

Per l’uso dell’energia solare – attualmente meno di una diecina di EJ/anno sotto forma di calore, vento, fotoelettricità, combustione di vegetali – sono state imboccate finora varie strade che stanno rivelando alcuni limiti. Il principale è l’idea che si possa usare il Sole e le energie derivate per ottenere le stesse cose che finora abbiamo ottenuto dal petrolio e dal nucleare: elettricità in grandi centrali, riscaldamento di grandi condomini, carburanti per le attuali automobili, biomassa vegetale con le attuali colture, metalli con gli attuali minerali, eccetera.

Se si guarda alla storia, ogni volta che c’è stato un cambiamento delle fonti di energia c’è stato anche un cambiamento dei mezzi di trasporto, della struttura delle città, dell’occupazione del territorio. Ciò è spiegato bene in un celebre e dimenticato libro, “Tecnica e cultura” (1933), dell’urbanista e sociologo Lewis Mumford, il quale descrive la transizione dalla società paleotecnica basata sul carbone e sul petrolio (la nostra), ad una società neotecnica e poi biotecnica basata sulle fonti e sulle materie rinnovabili.

Il calore e le forze del Sole, del vento, del moto delle acque possono fornire energia e beni materiali per soddisfare i bisogni degli abitanti del Nord e del Sud del mondo a condizione che si sia disposti ad esaminarne con fantasia e lungimiranza prospettive e limiti.

La storia mostra che innumerevoli soluzioni scientifico-tecniche “solari” sono state studiate e inventate nel corso dell’ultimo secolo e mezzo – e poi sono state dimenticate perché non competitive, come comodità e costi, con lo strapotere delle fonti energetiche fossili; da qui la grande importanza di un lavoro di ricerca storica, che non è poi solo pura e semplice ricerca di storia dei dispositivi solari, ma anche riscoperta di fenomeni, di innovazioni, di persone, di imprese, di lavoro umano. Da questo patrimonio sepolto negli archivi e nelle biblioteche è possibile, con le conoscenze che nel frattempo abbiamo acquisito, imboccare una nuova via di perfezionamenti, macchine, imprese, occasioni di lavoro, aperta al futuro e al servizio dei bisogni della maggior parte dell’umanità.

Il successo dipende dalla capacità di vedere in un quadro unitario le diverse forme in cui il Sole può fornire energia per gli esseri umani; finora vari gruppi di studiosi e di interessi economici si sono polarizzati soltanto su uno o pochi aspetti delle grandi risorse del Sole. I limiti di questa frammentazione degli interessi appare anche guardando i contributi presentati negli innumerevoli congressi sul solare e branche affini che si susseguono senza tregua nel mondo, ciascuno dedicato ad un settore particolare, a differenza dei primi congressi di cinquant’anni fa, caratterizzati da uno spirito ben più profetico.

Citerò solo pochi esempi di nuove strade da percorrere, ricordando l’uso dell’energia solare nel passato.

Fin dall’alba dell’umanità i nostri predecessori hanno riconosciuto che l’esposizione al Sole assicura calore e luce e che una superficie di acqua marina esposta al Sole lascia come residuo, in seguito all’evaporazione dell’acqua, la prima importante merce industriale, il sale. Le saline solari sono state i primi esempi di impiego ”industriale” della radiazione solare; le società più antiche hanno imparato a costruire edifici con finestre capaci di far entrare luce abbondante e calore d’inverno e capaci di sfruttare la ventilazione spontanea generata dalla creazione di spazi esposti al sole e in ombra.

A tempi antichissimi risale l’osservazione che il calore solare è trattenuto in uno spazio coperto da una superficie trasparente, quello che noi chiamiamo effetto serra perché è stato utilizzato da secoli per far crescere d’inverno vegetali che richiedono calore per la loro formazione.

La forma più facile di utilizzazione della radiazione solare è quella con superfici piane, con o senza copertura trasparente, che ”catturano” la radiazione sia solare sia diffusa sotto forma di calore a bassa temperatura e che possono essere integrate con sistemi di conservazione e immagazzinamento dello stesso calore. Rientrano in questo campo i riscaldatori di acqua che consentono di risparmiare combustibili fossili e elettricità, cioè le forme di energia che sono usati nella maniera peggiore proprio quando vengono impiegate per scaldare l’acqua a poche diecine di gradi Celsius.

La radiazione solare a bassa temperatura è utilizzata per scaldare l’acqua o l’aria o l’interno degli edifici; per la migliore utilizzazione dell’energia solare come calore in inverno e per la ventilazione estiva è necessario riprogettare gli edifici “copiando” esperienze offerte dalla edilizia di paesi aridi. Un efficace accumulo del calore a bassa temperatura può essere realizzato provocando la fusione di adatti composti che restituiscono il calore latente di fusione ricevuto tornando allo stato solido quando non c’è più Sole. Un’idea proposta dalla fisica americana Maria Telkes negli anni quaranta del Novecento.

Un’altra efficace utilizzazione a bassa temperatura dell’energia solare sia diretta sia diffusa, come calore a bassa temperatura  è rappresentata dai distillatori solari, dispositivi molto semplici che sono in grado di trasformate l’acqua salina in acqua dolce, potabile; la distillazione ha luogo continuamente, a mano a mano che arriva, entro una adatta “serra”, la radiazione solare, la quale fornisce il calore latente di evaporazione dell’acqua, che subito condensa in forma liquida sulla parete della “serra” a contatto con l’aria esterna fredda. I primi distillatori solari sono stati costruiti nel Cile negli anni ottanta dell’Ottocento; successivamente decine di altri modelli sono stati sperimentati; ricerche sui distillatori solari sono state fatte anche nell’Università di Bari negli anni 50 e sessanta del Novecento.

Anche qui molti hanno considerato troppo “semplici” i distillatori solari a semplice effetto, ora descritti, e hanno proposto di usare il calore solare o l’elettricità solare per alimentare distillatori di acqua tradizionali, con prevedibile insuccesso perché i distillatori tradizionali sono progettati per utilizzare calore e energia diversi da quelli che il Sole fornisce.

Ma il più grande collettore di energia solare è il mare; in certe condizioni geografiche la superficie del mare è scaldata dalla radiazione solare ad alcune diecine di gradi Celsius (è tale riscaldamento localizzato che genera i tornado quando una parte del calore superficiale è trasferito all’aria sovrastante) e si vengono così a creare differenze di temperatura fra gli strati superficiali e quelli profondi degli oceani. C’è stato in passato (già ottant’anni fa) e ritorna adesso) l’interesse per la progettazione di macchine che sfruttino la differenza (alcuni diecine di gradi Celsius) fra le grandi masse superficiali e profonde degli oceani per ricavarne energia meccanica. Gli “stagni solari” sono grandi vasche in cui lo stesso fenomeno di stratificazione di acqua calda e fredda è creata artificialmente (una invenzione del fisico israeliano Harry Tabor nel 1950) per azionare motori.

E ancora: proprio sul modello dei tornado è possibile scaldare una estesa superficie di terreno o di acqua col calore solare, in  un dispositivo rivestito da una copertura trasparente; l’aria sovrastante, all’interno del dispositivo, si scalda e si sposta in un “camino” e aziona una turbina dentro il camino. Un modello di “camino solare” è stato sperimentato in Spagna, un “camino solare” con funzione di distillatore di acqua è stato costruito nel Politecnico di Milano nel 1960 su idea del prof. Bozza.

Sempre per ricavare energia meccanica il calore solare a bassa temperatura, raccolto senza concentrazione, può alimentare motori molto semplici e adatti anche a paesi con limitata disponibilità di conoscenze tecniche e di manutenzione. Un esempio è offerto dalle pompe Somor, costruite in Italia intorno al 1950, che riscossero grande interesse internazionale; un esemplare è stato donato, per iniziativa dell’ing. Silvi, dagli eredi del costruttore ing. Grassi, al Museo della Tecnica e dell’Industria della Fondazione Micheletti di Brescia. Il modello originale è suscettibile di perfezionamenti. Semplici motori solari possono essere utilizzati per azionare frigoriferi; frigoriferi possono essere costruiti anche con sistemi ad assorbimento, pure alimentati da energia solare. Non c’è bisogno di dire l’importanza di frigoriferi anche piccoli, molto semplici e solari, per la conservazione degli alimenti e di medicinali, specialmente nei paesi isolati e poveri.

Per concentrazione, mediante specchi, della radiazione solare è possibile ottenere calore ad alta temperatura; attualmente si pensa di utilizzare tale calore per azionare centrali termoelettriche tradizionali, una soluzione destinata all’insuccesso perché utilizza soltanto la radiazione diretta (il flusso di calore si ferma quando le nuvole “oscurano” il Sole) e richiedono complicati e inefficaci sistemi di accumulo di fluidi ad alta temperatura; i sistemi di concentrazione della radiazione solare si prestano invece nella maniera migliore per lo studio del comportamento di materiali ad alta temperatura, con esclusione di gas esterni, come non è possibile fare altrimenti.

Con modesta concentrazione, con piccole superfici riflettenti, è possibile cuocere alimenti con piccole cucine solari.

Energia meccanica può essere ottenuta dal vento, che è una delle forme in cui si manifesta l’energia solare, con motori di grande semplicità ed efficienza; per le sue caratteristiche il vento si presta meglio all’uso diretto come energia meccanica, piuttosto che per produrre elettricità mediante i grandi generatori eolici. Motori eolici per sollevare l’acqua sono stati costruiti anche in Italia per tutta la prima metà del Novecento.

A proposito di energia meccanica un esame critico delle invenzioni passate mostra che siamo appena all’inizio delle possibilità di utilizzare, in adatte condizioni geografiche, per esempio sulle coste degli oceani battute da onde regolari, la forza del moto ondoso; le poche realizzazioni passate sono state abbandonate e dimenticate, spesso per difetti di progettazione, e molto può ancora essere fatto in questo campo.

Le comunità umane hanno bisogno di elettricità; gli impianti fotovoltaici sembrano gli unici che sono passati dalla ricerca all’applicazione diffusa perché non richiedono concentrazione della radiazione solari, sono stazionari e forniscono elettricità anche utilizzando la radiazione solare diffusa; il rendimento delle fotocelle al silicio (inventate intorno al 1954) è basso anche perché non riescono a utilizzare tutta la frazione rossa vicina e infrarossa della radiazione solare. Ci sono stati in passato numerosi studi sull’effetto termoelettrico Seebeck, poi abbandonati per lo scarso rendimento delle termocoppie allora disponibili. Probabilmente si tratta di un settore da esplorare di sana pianta, alla luce delle conoscenze sui nuovi materiali. Oltre cento pagine del fascicolo del 3 ottobre 2005 della rivista Inorganic Chemistry (tutte disponibili in Internet) indicano il ruolo che la chimica sta per avere nell’uso delle fonti energetiche rinnovabili.

L’unica forma di elettricità rinnovabile attualmente usata è rappresentata dall’energia idroelettrica, solare anch’essa perché è il Sole che tiene in movimento il ciclo dell’acqua e il moto delle acque sulla superficie delle terre continenti; finora l’energia idroelettrica è stata pensata in termini di grandi laghi artificiali e grandi dighe, la cui realizzazione sarà sempre più difficile, per motivi di stabilità delle valli; e così la maggior parte della “forza” contenuta nel moto delle acque resta inutilizzata. Eppure l’utilizzazione di piccoli salti di acqua, ha permesso, per secoli, di alimentare impianti meccanici (segherie, mulini), poi le prime centrali idroelettriche, e tutto questo è stato dimenticato, sotto la pressione delle grandi società elettriche. Un progetto “solare” per il futuro farà bene ad andare a ricostruire la storia della produzione di energia meccanica ed elettrica nelle valli italiane, come sta avvenendo in altri paesi; anche in questo caso la storia delle invenzioni e delle realizzazioni del passato indica come, con le attuali migliori conoscenze, è possibile utilizzare energia potenziale dimenticata.

Infine la cosa che il Sole sa fare meglio è fabbricare per fotosintesi materia organica combustibile nei prati, nei campi coltivati, nei boschi; si calcola che sulla superficie delle terre emerse si formino per fotosintesi ogni anno 100 miliardi di tonnellate di vegetali con un “contenuto energetico” di 1.000-1.500 EJ all’anno. La recente gran passione per i “biocarburanti”, “bioetanolo”, “biodiesel”, non fa altro che appiccicare l’accattivante prefisso “bio” a carburanti utilizzati a lungo in passato. Un gran numero di trattati e scritti raccontano quanto è noto e sperimentato sulla utilizzazione dell’alcol etilico di origine agricola come carburante per autoveicoli da solo o in miscela con la benzina; una storia lunga un secolo e mezzo. L’uso dell’alcol etilico come carburante, meno inquinante, ad alto numero di ottano, è stato ostacolato in ogni modo dai potenti interessi petroliferi; adesso sta resuscitando un certo interesse come occasione per smaltire eccedenze agricole – e per prendere soldi stanziati dalla Comunità europea per le fonti rinnovabili.

Eppure alcol etilico o gas carburanti possono essere ottenuti per trasformazione delle innumerevoli sostanze – amidi, zuccheri, grassi, cellulose, lignine, eccetera – presenti negli innumerevoli vegetali spontanei o coltivati, nelle foreste tropicali o nei climi temperati; addirittura si possono far crescere, in vasche esposte al Sole, alghe, come la Chlorella, ad alto rendimento, trasformabile in carburanti. I congressi solari degli anni cinquanta del secolo scorso sono ricchi di esempi e stimoli – dimenticati.

Vorrei concludere con un invito: è certo che dovremo, volenti o nolenti, fare ricorso in maniera crescente al Sole e a tutte le forme energetiche e materiali derivati dal Sole. Si è perso finora molto tempo per scetticismo e pigrizia o per i freni frapposti da interessi particolari. Lo studio della storia dell’energia solare e delle sue applicazioni indica strade vecchie percorribili oggi con successo e che assicurano energia, ma soprattutto innovazioni tecnico-scientifiche e sociali e occasioni di creare lavoro e occupazione nei paesi industriali e di aiutare i paesi arretrati a liberarsi dall’arretratezza senza dipendere da fonti energetiche e materie altrui, ma utilizzando le forze e le materie che il Sole gli fornisce sul loro stesso posto e territorio.

Festival della Scienza di Genova 2005.

Giovedì 3 novembre 2005, ore 10-13 – Sala Alliance française, Via Garibaldi 20, Genova.

Incontro sul tema: “Le storie dei pionieri dell’energia solare per uno sguardo al futuro”

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