La scomparsa di Antonio Cederna, nell’agosto del 1996, ha rappresentato una perdita incolmabile non solo per coloro che combattono per la difesa dei beni storici e naturali italiani, ma per la società civile, intesa come quell’insieme di cittadini che credono fermamente che l’Italia possa diventare un paese moderno, civile, appunto, e che ciascuno possa e debba dare personalmente un proprio contributo al cambiamento.
Ad un conoscente superficiale Cederna poteva dare l’impressione di un uomo scontroso, sempre scontento e pronto a protestare; in realtà la sua forza e importanza stava proprio nell’avere scelto di vivere secondo l’invito di Martin Luther King: “Fratelli, vi prego, siate sempre indignati”.
Questa indignazione ha caratterizzato tutto il lavoro e l’impegno di Cederna come scrittore, giornalista, come persona impegnata politicamente (deputato della Sinistra indipendente, consigliere comunale a Roma), come fondatore e vicepresidente di Italia Nostra.
E un uomo di cultura, che ha attraversato la seconda metà del Novecento, ne ha ben avuti di motivi di indignazione, davanti all’assalto del territorio italiano e dei centri storici da parte della volgare arroganza dei nuovi ricchi, davanti alla miopia delle amministrazioni pubbliche.
Molte delle sue testimonianze sono raccolte nei libri, alcuni dei quali resteranno fondamentali per chi vorrà conoscere la storia dell’Italia dell’ultimo mezzo secolo. Ma la parte più ricca e, per me, più bella ella lunga battaglia civile di Cederna, va ancora cercata nelle migliaia di pagine dei suoi articoli, apparsi nei quotidiani e nelle riviste, in cui trasferiva, con rabbia e passione, la denuncia quotidiana dell’erosione delle spiagge, della distruzione dei monumenti, dell’assalto della motorizzazione selvaggia ai centri urbani, della distruzione dei boschi e delle valli, con particolare amore per la sua Valtellina. Cederna aveva previsto la catastrofica alluvione del 1987 in tanti articoli in cui aveva denunciato i pericoli della “modernizzazione” sportiva a spese della distruzione dei boschi e dell’abbandono delle valli all’erosione e alle frane.
Quando, e se, qualcuno avrà voglia di creare un archivio storico dei movimenti di difesa della natura e dell’ambiente, la raccolta completa degli scritti e degli interventi di Antonio Cederna offrirà una insostituibile fonte di informazioni, di osservazioni sempre acute e di grande e profonda cultura, ma soprattutto una grande fonte di educazione.
Il valore educativo di Cederna stava proprio nel fatto che la sua indignazione era un continuo invito alla speranza e alla lotta, nella convinzione che la protesta civile è l’unica condizione per il progresso. Un progresso fatto non dal possesso di merci e dall’esibizionismo, ma rappresentato dai reali valori, fra cui il silenzio, la bellezza del mare e dei boschi, la capacità di riconoscere i segnali lasciati dalle generazioni del passato, da trasmettere alle generazioni future.
La voce di Antonio Cederna sarebbe stata tanto più necessaria proprio in questi anni della fine del Novecento e dell’inizio del duemila, in cui in tanti si sforzano di far credere che tutti i gatti sono grigi, in cui tutti sembrano amici di tutti, e in questa indifferenza e distrazione generale finiscono per avere mano libera quei “vandali in casa” che Cederna ci ha insegnato a riconoscere nel corso di oltre quarant’anni.
Fra i molti scritti di Cederna – migliaia di articoli apparsi su il Mondo, sul Corriere della Sera, su La Repubblica, su l’Espresso e altrove – si possono ricordare i libri:
“I vandali in casa”, Bari, Laterza, 1956
“La distruzione della natura in Italia”, Torino, Einaudi, 1975
“Brandelli d’Italia: come distruggere il bel paese”, Roma, Newton Compton, 1991.