Ogni pezzo di carta, ogni libro usato, ogni fascicolo è un essere vivente, un pezzo non solo di storia, non solo di informazione, ma di vita umana. Come si fa a sapere chi l’ha comprato, usato, letto? In qualche raro caso, nelle Biblioteche pubbliche viene tenuto conto dei lettori; normalmente nelle biblioteche e negli archivi, un libro, un fascicolo, vanno “al loro posto”, un posto stabilito da severe regole “biblioteconomiche” (si dice così?) e archivistiche che sono regole “economiche”, fissate sulla base della reperibilità, dello spazio occupato, della vicinanza a libri dello stesso argomento. Ciò è particolarmente vero nelle grandi biblioteche per le quali falangi di scienziati hanno studiato sistemi di ordinamento e di classificazione.
Io sono un anarchico, un lettore e collezionista di libri e di carte irrispettoso di qualsiasi regola. Se ci fosse spazio sufficiente a me piacerebbe che ogni mio libro, ogni carta fossero vicini ad altre carte e libri che sono stati letti e sfogliati e toccati in occasioni vicine. Forse vorrei essere, finché campo, l’archivista e bibliotecario che accompagna un lettore per mano verso quello scaffale dove “io so” che ci sono i libri che trattano un argomento, che sono stati toccati in una certa occasione, che sono associati alla visita di una persona, ad una conferenza o lezione.
Capirete che questo è impossibile in una società ben ordinata; solo qualche volta mi capita la fortuna di trovare una raccolta di libri o scritti che mi aiutano a capire “che cosa leggeva” il tale o il talaltro. Una di queste fortune è rappresentata dai libri, inventariati presso la Biblioteca di Lovere, appartenuti al Cavalier Giovanni Andrea Gregorini (1819-1878), che ovviamente non ho conosciuto ma di cui traggo molte informazioni dalla preziosa “Enciclopedia Bresciana” di Mons. Fappani, vol. VI, pagina 67-68, di cui mi ha fornito le copie Pier Paolo Poggio.
Il proprietario del fondo depositato a Lovere, colui lui che si era procurato il trattato “Sui combustibili e sul miglior modo di adoperarli nelle macchine a vapore” di Felice Briglia, pubblicato a Torino nel 1861, e che è stato per anni abbonato al periodico “Zeitschrift” sulle attività minerarie nello stato prussiano, aveva ereditato dal padre le officine di fabbricazione del ferro a Vezza, aveva girato per visitare gli stabilimenti siderurgici in Stiria, Carinzia e Svizzera per trarne indicazioni sull’ammodernamento dei suoi stabilimenti. Trasferito, nei primi anni cinquanta dell’Ottocento, da Vezza a Lovere, aveva comprato una fonderia preesistente e aveva introdotto nuove tecnologie, fra cui i forni Siemens che permettevano di migliorare la resa di acciaio usando fonti di calore esterne; si capisce che gli stesse a cuore conoscere le caratteristiche dei combustibili e dei minerali. L’imprenditore che si era procurato i due tomi del trattato di metallurgia del Lampadius, pubblicati a Parigi nel 1840, e gli studi sull’acciaio di Cizancourt, pubblicati a Parigi nel 1863, leggeva anche gli scritti di Carlo Cattaneo del 1846 e la storia naturale di Buffon, in 31 volumi, del 1832, nell’edizione riordinata da Lecepede. Sarei curioso di sfogliare il volume di Amato Amati, “Elementi di geografia dell’Italia”, pure presente nel fondo Gregorini e pubblicato a Milano nel 1860, l’anno dell’unificazione.
A giudicare dai titoli dei libri della sua biblioteca credo che il Cavalier Gregorini preferisse leggere opere in francese o tedesco, piuttosto che in inglese; del trattato di metallurgia di John Percy (1817-1889), in cinque volumi, nella biblioteca è presente la traduzione francese del 1867.
Nella biblioteca figurano varie enciclopedie, come quella di chimica di Selmi, dell’UTET, 1869, e quella “popolare”, pure dell’UTET, in 18 volumi, del 1862, e una traduzione italiana del 1775 del “Dizionario universale” del Chambers (1680-1740).
Che siano stati la moglie o la vedova o una figlia a comprare quel trattatelo di economia domestica, ad uso delle giovinette italiane, del 1886?
Dopo questa breve camminata fra i libri del Cavalier Gregorini, che fu anche deputato al Parlamento per il collegio di Clusone dal 1870 fino alla morte nel 1878, mi sembra quasi di averlo conosciuto personalmente; lo immagino mentre sfogliava le riviste tecniche, cercando notizie di invenzioni e di innovazioni che rapidamente adottava, come avvenne per i processi Siemens e poi Martin, nei suoi opifici da cui usciva acciaio che fu esposto e apprezzato alle esposizioni di Londra e Parigi. La biografia del Cavalier Gregorini, contenuta nell’”Enciclopedia Bresciana” riferisce che egli fu in corrispondenza “con i più agguerriti metallurgisti d’Europa”. Chi sa dove sono finite queste lettere?
Dall’inventario del fondo Gregorini della biblioteca di Lovere appare che essa contiene anche molti volumi di cultura varia, posteriori alla morte di Giovanni Andrea Gregorini che probabilmente appartenevano ad Andrea Fortunato Ventura Gregorini. Fra questi alcuni libri sul Risorgimento; sulla spedizione dei Mille, a cui aveva partecipato un Ventura Gregorini (1836-1882); un libro di Dannunzio del 1923 e uno, del 1935, sui progetti di Napoleone di sfruttamento delle miniere di ferro dell’Elba.
Credo che alcuni volumi e alcune collezioni di riviste siano le uniche in Italia ed è utile che siano qui elencati e la loro esistenza sia resa nota ad altri lettori.
Se esistesse una bibliografia nazionale unitaria sarebbe utile che figurasse la presenza di questi libri e riviste. Se questo piccolo patrimonio bibliografico esiste a Lovere, mi chiedo quanti altri patrimoni bibliografici sono sepolti, e magari sconosciuti, nelle grandi e piccole biblioteche italiane. La Fondazione Micheletti potrebbe rendere un grande servizio non solo alla cultura, ma anche all’economia italiana continuando nell’opera di dissepoltura dall’oblio di libri delle biblioteche italiane.