La radioattività è diffusa “naturalmente” nell’ambiente, tutto intorno a noi; le rocce contengono uranio e torio che emettono continuamente radioattività; i raggi cosmici, provenienti dallo spazio, trasformano alcuni elementi – come il carbonio presente in tutti gli organismi viventi – nei loro isotopi radioattivi; il potassio, pure presente in tutti gli organismi viventi, contiene naturalmente un isotopo radioattivo, il potassio-40.
Ogni persona è perciò esposta ad una radiazione “di fondo”, naturale, non filtrabile e non evitabile, la cui intensità dipende dalla natura delle rocce terrestri, dall’altezza sul livello del mare, dall’ambiente circostante. Poiché la radioattività, in qualsiasi forma, è responsabile di alterazioni genetiche, il livello di esposizione deve essere tenuto al minimo. Esistono, per esempio, norme nazionali e internazionali che riguardano la massima concentrazione, ammessa nell’aria, del gas radioattivo radon che si forma sia dall’uranio sia dal torio.
Questi due metalli, presenti nella maggior parte delle rocce terrestri, per decomposizione radioattiva spontanea, si trasformano continuamente in numerosi altri elementi radioattivi solidi o gassosi. Si parla, così, di “famiglie radioattive” i cui “figli” sono presenti tutti nell’ambiente, in concentrazione maggiore o minore e per tempi più o meno lunghi. Fra i figli del decadimento radioattivo dell’uranio e del torio si trovano il radio, il gas radon, appunto, il polonio, il bismuto, fino al piombo di cui si conoscono alcuni isotopi “stabili”, cioè che non emettono più radioattività. (Gli “isotopi”, come è noto, sono elementi che hanno lo stesso comportamento chimico, ma un diverso numero di particelle all’interno del nucleo).
Del radon esistono due isotopi, quello con 222 particelle nucleari (86 protoni e 136 neutroni), derivato dal decadimento dell’uranio, e quello con 220 particelle nucleari (86 protoni e 134 neutroni) che si forma per decadimento del torio. Il radon-222 nel corso di alcuni giorni si trasforma, per ulteriore decadimento radioattivo, nei “figli” polonio, bismuto e piombo radioattivi.
È stato osservato che anche l’aria di alcuni edifici può contenere radon e che una persona che respira dell’aria con una concentrazione elevata del gas radon-222 è esposta, più di altre, ai tumori al polmone. Negli edifici costruiti in zone vulcaniche il radon si libera dalle rocce del terreno, contenenti uranio e torio, e si infiltra nelle stanze attraverso le fondamenta e il pavimento; è il caso, in Italia, di case di Todi e Orvieto in cui sono state misurate elevate concentrazioni di radon.
Alla contaminazione dell’aria dovuta al radon contribuiscono i materiali da costruzione: fra quelli naturali i più radioattivi sono i graniti, rocce diffuse in natura che si prestano ad essere trasformati in lastre, molto belli e resistenti, ma il cui contenuto in uranio è oltre dieci volte superiore a quello dei calcari, come i marmi e le pietre calcaree di cui sono ricche la Puglia, la Toscana, il Veneto. I marmi sono anzi le pietre naturali con più bassa concentrazione di uranio e torio.
Fra i materiali da costruzione artificiali, come i cementi, alcuni presentano una concentrazione elevata di uranio, soprattutto se sono ottenuti da miscele contenenti ceneri di carbone o residui industriali ricchi di uranio. Alcuni cementi possono avere un contenuto di uranio dieci volte superiore a quello di altri cementi ottenuti prevalentemente da rocce calcaree, tanto che è stato proposto che i cementi siano venduti anche con una indicazione del contenuto di elementi radioattivi da cui può liberarsi radon. .
La concentrazione di radon nell’aria si misura in unità becquerel per metro cubo (una unità becquerel corrisponde ad una disintegrazione radioattiva al secondo) e, all’interno delle case, essa dipende dalla ventilazione; nelle case a rischio è meglio ricambiare spesso l’aria.
L’Unione Nazionale Consumatori riferisce che negli Stati uniti sono consigliati interventi di bonifica degli edifici quando la concentrazione di radon nell’aria interna supera 150 becquerel per metro cubo; l’Agenzia nucleare europea consiglia di non superare la concentrazione di 200 becquerel per metro cubo; la Commissione europea consiglia di non superare il valore di 400. È stato stimato che fra 1500 e 6000 decessi ogni anno in Italia sono dovuti a tumori al polmone causati dal radon respirato negli edifici, tanto che le autorità sanitarie hanno avviato un “piano nazionale radon” al fine di identificare le zone in cui è prevedibile una maggiore concentrazione di questo gas nelle case e di mettere in guardia gli occupanti. Chi volesse misurare l’eventuale presenza di radon nell’aria della sua casa può comprare dei “rivelatori passivi”, pellicole sensibili in cui compaiono delle “tracce” in numero proporzionale alla concentrazione del radon.